Sentenza del 22/03/2019 n. 8105 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Testo

Motivi della decisione

1. L'unico motivo di ricorso denuncia violazione del D.P.R. 602 del 1973, art. 25, e del art. 2953 c.c. per aver la CTR escluso la decadenza in capo al concessionario per la riscossione della notifica della cartella di pagamento, effettuata oltre i termini di cui al D.P.R. 602 del 1973, art. 25, ritenendo applicabile il termine decennale di prescrizione.

Assume, in particolare, che la decisione n. 222/05/07 della CTP di Pisa, sulla cui base era stata emessa la cartella, si era limitata a dichiarare inammissibile il ricorso della contribuente perché tardivo, sicché l'atto di contestazione era già definitivo.

2. Il motivo è infondato.

2.1. Questa Corte, a Sezioni Unite, ha affermato il principio per cui "il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell'art. 2953 c.c., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta actio iudicati, mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 20, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l'obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario" (Sez. U, n. 25790 del 10/12/2009).

In applicazione di questo principio si è poi chiarito che "il diritto alla riscossione di un'imposta, conseguente ad avviso di liquidazione divenuto definitivo, perché confermato con sentenza passata in giudicato, non è assoggettato ai termini di decadenza e prescrizione che scandiscono i tempi dell'azione amministrativo-tributaria, ma esclusivamente al termine di prescrizione generale previsto dall'art. 2953 c.c., in quanto il titolo sulla base del quale viene intrapresa la riscossione non è più l'atto amministrativo, ma la sentenza" (Cass. n. 5837 del 11/03/2011; orientamento consolidato ed univoco: v. ex multis Cass. n. 330 del 09/01/2014; Cass. n. 16730 del 09/08/2016; Cass. n. 9076 del 07/04/2017).

2.2. Non assume poi alcun rilievo, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la circostanza che la statuizione giudiziale che ha determinato la definitività della pretesa erariale sia consistita nella declaratoria di tardività dell'originario ricorso, trattandosi di situazione che non è riconducibile nè alla mancata impugnazione, nè ad acquiescenza all'atto amministrativo, nè, infine, ad un caso di estinzione del giudizio tributario (che, invece, comporta, ex art. 393 c.p.c., D.Lgs. 546 del 1992, art. 63, comma 2, il venir meno dell'intero processo e, quindi, in forza dei principi in materia di impugnazione dell'atto tributario, la definitività dell'avviso di accertamento).

In una simile evenienza, infatti, la statuizione giudiziale non incide in alcun modo sull'effettività del processo - che resta pendente, con tutte le conseguenze fattuali e giuridiche che ne derivano, fino alla pronuncia della sentenza - ma lo chiude in senso sfavorevole al contribuente, così fondando la definitività della pretesa avanzata dall'Amministrazione, che, dunque, trova il suo titolo nel dictum giudiziale passato in giudicato e non sul pregresso atto amministrativo.

2.3. Va dunque affermato il seguente principio di diritto:

"Il diritto alla riscossione di un'imposta, azionato mediante emissione di cartella di pagamento e fondato su un accertamento divenuto definitivo a seguito di sentenza passata in giudicato, non è assoggettato ai termini di decadenza di cui al D.P.R. 602 del 1973, art. 25 (nel testo vigente "ratione temporis"), bensì al termine di prescrizione decennale previsto dall'art. 2953 c.c. per l'actio iudicati, irrilevante la circostanza che la statuizione giudiziale che ha determinato la definitività della pretesa erariale sia consistita nella declaratoria di tardività dell'originario ricorso del contribuente".

3. Nella specie, la riscossione è pacificamente riferibile all'accertamento derivante da sentenza passata in giudicato sicché nessuna decadenza poteva ritenersi operante con riferimento alla notificazione della cartella esattoriale, essendo l'azione di riscossione soggetta al solo termine prescrizionale decennale, rispettato dal concessionario della riscossione.

4. Il ricorso va pertanto rigettato con aggravio di spese, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la contribuente al pagamento delle spese a favore dell'Agenzia delle dogane, che liquida in Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito, nonché a favore di Equitalia Centro Spa, che liquida in Euro 5.600,00, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dì atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2019

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