Sentenza del 22/12/2000 n. 16076 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Testo

                      Svolgimento del processo  

Con atto pubblico del 30.1.1995 la s.r.l. ======== acquistava per il
corrispettivo di lire 400.000.000 un locale commerciale sito in Avezzano.
L'ufficio del Registro elevava il valore in lire 870.000.000 ed il valore
iniziale da lire 380.000.000 a lire 700.000.000.
Il ricorso proposto avverso l'accertamento veniva respinto dalla Commissione
Tributaria provinciale, cosi' come veniva respinto l'appello dalla
Commissione Tributaria Regionale.
Ha proposto ricorso la s.r.l. ======== deducendo tre motivi.
L'Amministrazione delle Finanze non si e' costituita in questa fase del
giudizio.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione
dell'art. 52, commi 1 e 2 del d.P.R. n. 131/86 perche' il giudice di appello
avrebbe errato a respingere una eccezione di nullita' dell'accertamento per
difetto assoluto della motivazione derivante dal fatto che l'ufficio si era
limitato ad enunciare il criterio astratto di valutazione prescelto, senza
alcun riferimento specifico alle caratteristiche oggettive del bene. In
particolare, e' stato sostenuto che anche a volere seguire l'orientamento
giurisprudenziale meno rigoroso l'ufficio del Registro di Avezzano avrebbe
dovuto almeno sottolineare gli elementi concreti posti a base della
determinazione del maggior valore anche in considerazione del fatto che le
caratteristiche dell'immobile de quo non consentivano di fare riferimento ad
altri cespiti, pur astrattamente classificabili nella medesima categoria.
Ritiene la Corte che la doglianza e' infondata poiche' il giudice di appello
ha esaminato la questione della dedotta nullita', ha ampiamente motivato la
propria decisione sul punto, ha fatto buon uso del suo potere interpretativo
ed applicativo della norma e non ha quindi commesso alcuna violazione di
legge.
L'art. 52 del d.P.R. 131/86 prevede che l'avviso di rettifica contiene gli
elementi di cui all'art. 51 in base ai quali il valore e' stato determinato
dall'ufficio; a sua volta, l'art. 51, comma 3, prevede che l'ufficio, ai
fini dell'eventuale rettifica, deve avere riguardo a trasferimenti anteriori
di non oltre tre anni, che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o
altri di analoghe caratteristiche e condizioni, nonche' ad ogni altro
elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni eventualmente
fornite dai comuni.
Dalla lettera e dalla ratio della norma discende che, ove esistono atti di
trasferimento da utilizzare come metro di comparazione, tali atti assumono
importanza decisiva e determinante nel contesto della valutazione, poiche'
l'ufficio "controlla" il valore dichiarato in primis con riguardo ai dati
emergenti da tali atti (che sono validi elementi "tipici" di carattere
oggettivo che esprimono la realta' del mercato previsti dal legislatore), e
poi con riguardo ad "ogni altro elemento di valutazione" (la cui atipicita'
non fa che rafforzare la validita' degli elementi derivati dagli atti di
trasferimento di beni similari). Il problema allora e' quello di verificare
se gli atti di trasferimento indicati dall'ufficio siano utilizzabili o meno
in relazione alle caratteristiche dei beni in essi contemplati ed in
relazione al bene da valutare. Ed e' questa la materia nella quale il
controllo del giudice puo' espandersi allorche' il contribuente contesti la
scelta dell'ufficio e ne dimostri la inconferenza.
Sotto questo profilo, la decisione del giudice di appello (che ha ritenuto
che l'ufficio non ha un onere di allegare gli atti, potendo il contribuente
chiederne la visione in ogni momento) e' corretta posto che l'art. 52, comma
2 citato, si limita a prevedere che l'avviso di rettifica deve contenere
l'indicazione degli elementi di cui all'art. 51. Una volta rilevata la
legittimita' dell'operato dell'ufficio, che ha utilizzato l'art. 51, l'onere
di contestazione compete al contribuente, che ha il diritto e l'onere di
articolare tutte le difese che ritiene piu' opportune.
Nella specie, si legge nel ricorso che l'ufficio ha determinato il valore
"tenuto conto dell'ubicazione, della consistenza, dello stato d'uso e della
destinazione del bene, sulla base del locale andamento del mercato
immobiliare alla data di riferimento e con riguardo ai valori definiti per
beni similari nell'atto reg. il 30.7.1992 al n. 1567; nell'atto reg. il
28.6.90 n. 1295; confermando in questa sede il valore accertato nel lodo
arbitrale reg. l'8.11.1993 al n. 1792".
Nulla, pero', stato dedotto dalla contribuente con riferimento al tipo di
atti indicati dall'ufficio, ai beni in essi trasferiti, alle loro
caratteristiche, e a quant'altro avrebbe potuto offrire al giudice di merito
utili elementi per valutare la correttezza dell'operato dell'amministrazione
con riferimento agli atti posto a base dell'accertamento. Le doglianze della
contribuente si sono incentrate su una pretesa nullita' dell'accertamento
per mancanza assoluta di motivazione per non avere l'ufficio fatto
riferimento a dati concreti e specifici, e per essersi limitato ad indicare
un criterio astratto, e per avere utilizzato atti registrati oltre il
triennio.
Le doglianze sono infondate poiche' l'ufficio ha rispettato la previsione
degli articoli 51 e 52 citati, anche se gli atti utilizzati come strumento
di comparazione sono anteriori di oltre il triennio previsto dalla legge.
Il giudice di appello ha ritenuto che cio' e' irrilevante e che anzi i dati
emergenti da tali atti potrebbero essere pili favorevoli al contribuente.
Ritiene la Corte che violazione del disposto dell'art. 51 consistente nella
utilizzazione di atti anteriori al triennio non comporta nullita'
dell'avviso di rettifica dal momento che una tale sanzione non e' prevista
dalla norma e non si giustifica sul piano sistematico per lo scarso spessore
della irregolarita'. Tale irregolarita' potrebbe avere una qualche rilevanza
sul piano della affidabilita' del metro di valutazione, non potendosi
escludere in astratto che in alcune situazioni particolari il mercato
conosca una diminuzione dei prezzi anziche' una lievitazione (fenomeno
normale ormai da molti anni a questa parte). Nella specie, la doglianza
della contribuente sul punto estremamente generica e non ha ad oggetto una
situazione particolare quale una consistente diminuzione del valore del bene
per il trascorrere di qualche anno, per cui non merita di essere accolta.
Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto violazione e falsa
applicazione dell'art. 2967 c. c. in ordine all'onere della prova della
pretesa tributaria da parte dell'amministrazione finanziaria, nonche'
violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c. p.c., per non avere
l'ufficio offerto alcuna prova del fatto costitutivo della pretesa,
essendosi limitato ad enunciare soltanto i dati di riferimento degli atti su
cui ha fondato la valutazione comparativa senza allegarli.
Ritiene la Corte che anche questa doglianza non e' fondata proprio perche'
l'avviso di rettifica in questa materia e' completo ai sensi dei citati
articoli 51 e 52 (e quindi legittimo) nel momento in cui contiene
l'indicazione degli atti specifici utilizzati e gli estremi della
registrazione, per consentire al contribuente che ne ha interesse di
richiedere tali atti e di contestarli nel mento nella maniera piu' opportuna
e producente.
Le norme in esame abilitano l'amministrazione ad usare tali atti; il
problema della loro affidabilita' e' problema che si pone nel giudizio per
effetto di una contestazione di tali atti da parte di chi ne subisce gli
effetti negativi, e cioe' da parte dei contribuenti. Ed e' chiaro che
l'onere di provare l'inaffidabilita', o peggio l'inconferenza di tali atti
non puo' che gravare sul contribuente che voglia contestare appunto uno
strumento previsto espressamente dalla legge. A fronte di un onere di
indicazione degli atti sorge un onere di contestazione del contenuto di tali
atti. Trattandosi di atti pubblici, il privato ne puo' conseguire la
disponibilita' in ogni momento, per cui correttamente la legge non prevede
per l'ufficio l'onere della allegazione (onere che non puo' essere
introdotto dall'interprete).
Con il terzo motivo la ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione
dell'art. 52, comma 4, del d.P.R. n. 131/86, nonche' omessa motivazione su
un punto decisivo della controversia per non avere il giudice di appello
motivato in ordine alla denegata applicazione della c. d. valutazione
automatica.
La doglianza e' infondata poiche' l'operativita' dell'art. 52, comma 4,
presuppone che gli immobili abbiano una rendita catastale, per cui tale
operativita' e' esclusa nel caso in cui gli immobili non siano forniti di
valori catastali e nel caso in cui non siano seguite le procedure specifiche
previste dall'art. 12 citato. Le statuizioni contenute nell'art. 12 citato
sono costitutive di situazioni giuridiche favorevoli per il contribuente che
manifesti la volonta' di avvalersene e per il contribuente che rispetti i
termini in essa previsti. Il mancato rispetto delle procedure e dei termini
piu' che produrre una decadenza non fa sorgere affatto la situazione
giuridica favorevole, per cui il principio secondo il quale la decadenza
puo' essere pronunziata solo se prevista espressamente dalla legge non e'
applicabile nella specie non avendo i contribuenti acquisito ancora alcun
diritto a causa del mancato rispetto delle formalita'. Nella specie, la
ricorrente non ha offerto la prova di avere conseguito il diritto ad avere
la valutazione automatica, ma anzi ha allegato al ricorso di primo grado
(come si legge nella sentenza qui impugnata) una relazione tecnica a firma
dell'ing. =========== che aveva determinato il valore dell'immobile in lire
467.000.000.
Nulla va deciso per le spese per la mancata costituzione
dell'Amministrazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Cosi' deciso in Roma il 21.6.2000 nella camera di consiglio della Sezione
Tributaria.

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