Sentenza del 28/11/1994 n. 10124 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio Sezioni unite

Massime

ACQUE - TRIBUNALI DELLE ACQUE PUBBLICHE - COMPETENZA E GIURISDIZIONE - IN GENERE - CONCESSIONI DI UTENZA DI RISORSE IDRICHE - CONTROVERSIE SULL'ESISTENZA E SULL'ENTITA' DEI CANONI - TRIBUNALI REGIONALI DELLE ACQUE PUBBLICHE - COGNIZIONE - DEVOLUZIONE - CONDIZIONE - PARAMETRI E CRITERI TECNICI DI DETERMINAZIONE DEI CANONI - RELATIVI ATTI AMMINISTRATIVI - ILLEGITTIMITA' - TUTELA ESPERIBILE - FATTISPECIE

L'art. 140, primo comma, lett. "c" T.U. n. 1775 del 1933 - che attribuisce alla cognizione dei Tribunali regionali delle acque pubbliche le con- troversie aventi ad oggetto qualsiasi diritto relativo alle derivazioni ed utilizzazioni di acqua pubblica - si riferisce anche alle controversie sull'esistenza e sull'entita' dei canoni delle concessioni di utenza di ri- sorse idriche, nelle quali sia in contestazione il diritto soggettivo del concessionario alla corretta applicazione delle disposizioni regolanti l'in- dicato canone in base a elementi oggettivi e certi, secondo parametri e cri- teri tecnici vincolanti per l'amministrazione. L'illegittimita' degli atti amministrativi determinanti detti elementi, invece, puo' essere fatta valere mediante impugnativa, in via principale, davanti al giudice amministrativo (Tribunale superiore delle acque pubbliche) o, alternativamente, sollecitan- done la disapplicazione da parte del giudice ordinario (nella specie, quello specializzato: Tribunale regionale acque pubbliche) nelle controversie sui diritti soggettivi che si assumano lesi da atti o provvedimenti conseguen- ziali (nell'ipotesi, la S.C. ha confermato la decisione del T.S.A.P. che a- veva ritenuto la propria giurisdizione sulla domanda concernente la legitti- mita', o meno, del d.m. Finanze 20 luglio 1990, contenente i criteri di de- terminazione dei canoni concessori di utenza di acqua pubblica, consideran- do, invece, attribuita alla cognizione del T.R.A.P. le domande volte a con- testare gli atti, non autoritativi, di rideterminazione del canone e del sovracanone emessi dall'Ufficio del Registro). * Massima tratta dal CED della Cassazione.


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

Gli artt. 11 e 12 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, nell'assoggettare i terreni posseduti dai comuni e gravati da uso civico di bosco e pascolo permanente ai vincoli di inedificabilita' e di destinazione - salva autorizzazione idonea a rimuovere detti limiti -, impongono di ricondurre i predet- ti beni immobili nell'ambito di quelli appartenenti al patrimonio indisponibile dell'ente territoriale, perche' destinati ad un pubblico servizio. Ne consegue, in tema di tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, che legittimamente il giudice considera in tal caso sussistente il presupposto impositivo della tassa, ai sensi dell'art. 38 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 (il quale assoggetta alla tassa le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate, anche senza titolo, nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province), sulla base della presunzione - operativa in mancanza di prova contraria, il cui onere grava sul contribuente - non solo di esistenza dell'uso civico anzidetto, alla stregua della formale iscrizione delle aree in questione tra i terreni del c.d. demanio comunale, ma anche dell'effettivo e permanente esercizio dell'uso stesso da parte della generalita' degli appartenenti all'ente territoriale. * Massima tratta dal CED della Cassazione.

La domanda di risarcimento del danno proposta da risparmiatori nei con- fronti della CONSOB per violazione degli obblighi di vigilanza sul credito e sul mercato mobiliare e' devoluta, anche in base al regime di riparto della giurisdizione introdotto dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205 - il quale ha sostituito, fra l'altro, gli artt. 33 e 35 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 -, al giudice ordinario. Pur avendo, infatti, il citato art. 33 del D.Lgs. n. 80 del 1998, nel testo vigente, attribuito alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare", la suddetta domanda esula dal- la giurisdizione medesima, atteso che la controversia con essa proposta deve farsi rientrare nella categoria delle "controversie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla persona o a cose" (che lo stesso art. 33 eccet- tua dall'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo), dovendosi intendere per tali le controversie - come quella in esame - che, di per se' (e non per il tipo di tutela che la parte chiede in concreto), possono assumere a loro contenuto soltanto una pretesa di risarcimento del danno. Ne' la giurisdizione del giudice amministrativo puo' essere affermata in relazione all'art. 35 del D.Lgs. n. 80 del 1998, nel testo vigente, atte- so che e' nelle controversie devolute alla sua giurisdizione che il giudice amministrativo puo' conoscere delle questioni relative al risarcimento del danno ed i risparmiatori, rispetto all'esercizio dei poteri di vigilanza verso gli operatori del settore, non versano in situazione di interesse le- gittimo, con conseguente insussistenza anche della giurisdizione di legitti- mita' del giudice amministrativo. * massima tratta dal ced della Cassazione.

Essendo il giudizio di cassazione "a critica limitata", cioe' con oggetto circoscritto ai motivi dedotti dal ricorrente, l'applicazione in esso dello "jus superveniens" puo' avvenire soltanto se esse riguardano punti fatti og- getto di censure. Ne discende che, in tema di giudizio promosso da una so- cieta' nei riguardi dell'amministrazione finanziaria, per ottenere il rim- borso della tassa annuale di concessione governativa pagata per gli anni dal 1985 al 1992, in dipendenza di contrasto della relativa normativa impositiva con la normativa comunitaria, la pretesa, svolta dall'amministrazione nella memoria difensiva in cassazione, di tenersi conto, ai fini dell'individua- zione delle somme eventualmente da rimborsare, della disciplina dettata dal- l'art. 11 della legge n. 443 del 1998 (sopravvenuto in corso di lite), per quanto attiene alla tassa per l'iscrizione iniziale nel registro delle im- prese e per quella dovuta per l'iscrizione degli altri atti sociali, nonche' in ordine al saggio degli interessi, non avendo formato detti punti oggetto di censura parte dell'amministrazione, dev'essere considerata inammissibile. VEDI Cass. sent. n. 5915/96 VEDI Cass. sent. n. 4182/97

L'art. 30 della legge provinciale di Bolzano n. 34 del 1980, nel modificare l'art. 35 della precedente legge provinciale n. 15 del 1972, ha conferito ai Comuni e ad altri enti locali il potere di assegnare le aree espropriate e destinate ad insediamenti produttivi a persone fisiche o giuridiche che presentino determinati requisiti, le quali, in caso di alienazione del suolo, devono pagare all'ente stesso la somma corrispondente alla differenza tra il valore di mercato dell'area al momento della sua alienazione e l'indennita' di esproprio che spetterebbe per l'area assegnata (art. 30 n. 14). Nel caso in cui La Provincia di Bolzano, avvalendosi della disposizione di cui all'art. 69 del d.P.R. n. 43 del 1988 (riscossione coattiva delle entrate patrimoniali di spettanza degli enti locali a mezzo di concessionario del servizio, previa creazione di un ruolo formato ai sensi dell'art. 67 della legge stessa), ingiunga all'assegnatario il pagamento della somma che questi avrebbe dovuto pagare in conseguenza dell'alienazione del suolo assegnatogli, l'eventuale giudizio di opposizione che ne scaturisce non appartiene alla giurisdizione delle commissioni tributarie (stante la tassativita' delle competenze di queste ultime, ex art. 2 del d.P.R. n. 636 del 1972), bensi' a quella del giudice ordinario, cosi' come prescritto in tutti i casi in cui non sia espressamente prevista la giurisdizione di un altro giudice per l'esame delle denunce di violazione di un diritto soggettivo.

A differenza degli atti e provvedimenti amministrativi generali - che sono espressione di una semplice potesta' amministrativa e sono rivolti alla cura concreta d'interessi pubblici, con effetti diretti nei confronti di una pluralita' di destinatari non necessariamente determinati nel provvedimento, ma determinabili -, i regolamenti sono espressione di una potesta' normativa attribuita all'amministrazione, secondaria rispetto alla potesta' legislati- va, e disciplinano in astratto tipi di rapporti giuridici mediante una rego- lazione attuativa o integrativa della legge, ma ugualmente innovativa rispetto all'ordinamento giuridico esistente, con precetti aventi i caratte- ri della generalita' e dell'astrattezza. A norma dell'art. 17 legge n. 400 del 1988, per i regolamenti di competenza ministeriale sono richiesti il pa- rere del Consiglio di Stato e la preventiva comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri (in forza di tali principi, la S.C. ha confermato la decisione del T.S.A.P. che, ritenuta la natura regolamentare del d.m. Finan- ze del 20 luglio 1990, contenente i criteri di aumento dei canoni di conces- sione di utenza di acque pubbliche, lo annullava per violazione del citato art. 17 legge n. 400 del 1988, non risultando osservato il modello procedi- mentale ivi previsto). * Massima tratta dal CED della Cassazione.

FONTI DEL DIRITTO - REGOLAMENTI - STATALI - MINISTERIALI E INTERMI - NISTERIALI - ATTI E PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI GENERALI E REGOLAMENTI - RISPETTIVA NOZIONE - REGOLAMENTI DI COMPETENZA MINISTERIALE - PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO E PREVENTIVA COMUNICAZIONE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - NECESSITA' - FATTISPECIE

A differenza degli atti e provvedimenti amministrativi generali - che sono espressione di una semplice potesta' amministrativa e sono rivolti alla cura concreta d'interessi pubblici, con effetti diretti nei confronti di una pluralita' di destinatari non necessariamente determinati nel provvedimento, ma determinabili -, i regolamenti sono espressione di una potesta' normativa attribuita all'amministrazione, secondaria rispetto alla potesta' legislati- va, e disciplinano in astratto tipi di rapporti giuridici mediante una rego- lazione attuativa o integrativa della legge, ma ugualmente innovativa rispetto all'ordinamento giuridico esistente, con precetti aventi i caratte- ri della generalita' e dell'astrattezza. A norma dell'art. 17 legge n. 400 del 1988, per i regolamenti di competenza ministeriale sono richiesti il pa- rere del Consiglio di Stato e la preventiva comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri (in forza di tali principi, la S.C. ha confermato la decisione del T.S.A.P. che, ritenuta la natura regolamentare del d.m. Finan- ze del 20 luglio 1990, contenente i criteri di aumento dei canoni di conces- sione di utenza di acque pubbliche, lo annullava per violazione del citato art. 17 legge n. 400 del 1988, non risultando osservato il modello procedi- mentale ivi previsto). * Massima tratta dal CED della Cassazione.


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l'art. 4, lett. a), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, che delega il Governo ad emanare uno o piu' decreti legislativi diretti all'istituzione della detta imposta, secondo i principi e criteri direttivi ivi indicati, ha, come tutte le leggi di delegazione, come unico destinatario il Governo, con la conseguenza che i principi in esso dettati - ancorche' eventualmente espressi in modo dettagliato - sono privi di autonomo vigore normativo e di efficacia innovativa diretta sull'ordinamento giuridico, la quale si produce soltanto con l'emanazione, nei termini fissati, della normativa delegata da parte del Governo. Ne consegue che, prima dell'entrata in vigore (1 gennaio 1993) del decreto delegato, e cioe' del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, l'imposta comunale sugli immobili non faceva ancora parte dell'ordinamento giuridico positivo e, pertanto, la delibera con la quale il Comune, anteriormente a detta data, abbia stabilito l'aliquota da applicare - nell'ambito della misura variabile tra il 4 ed il 6 per cento, prevista dalla legge di delega - deve considerarsi, in quanto emanata in carenza di potere, illegittima ed inefficace (ne' puo' ritenersi suscettibile di convalida per effetto del sopravvenuto conferimento di tale potere). * Massima tratta dal CED della Cassazione.

Prima dell'entrata in vigore dell'art. 37 - bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dall'art. 7 del D.Lgs. 8 ottobre 1997, n. 358, - che con disposizione, non avente efficacia retroattiva, ha attribuito all'Amministrazione Finanziaria ampio potere di disconoscere, a fini antielusivi, gli effetti degli atti compiuti dal contribuente al fine di beneficiare di un trattamento fiscale piu' vantaggioso - detta amministrazione non aveva il potere di riqualificare i contratti posti in essere dalle parti, prescindendo dalla volonta' concretamente manifestata dalle stesse, per assoggettarli ad un trattamento fiscale meno favorevole di quello altrimenti applicabile, neppure in virtu' degli artt. 1344 e 1418 cod. civ., che sanciscono la nullita' dei contratti che costituiscono "il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa". Tali disposizioni, infatti, considerano l'illiceita' quale causa di nullita' e non di conversione del con- tratto in frode alla legge nel contratto che costituisce presupposto per l'applicazione della norma, che le parti intendevano eludere; inoltre le norme tributarie, essendo poste a tutela di interessi pubblici di carattere settoriale e non ponendo, in linea di massima, divieti, pur essendo inderogabili, non possono qualificarsi imperative, presupponendo tale qualifica- zione che la norma abbia carattere proibitivo e sia posta a tutela di interessi generali, che si collochino al vertice della gerarchia dei valori protetti dall'ordinamento giuridico. * Massima tratta dal CED della Cassazione.

In tema di regimi speciali I.V.A., l'art. 1, comma primo, del d.P.R. n. 442/97, il quale dispone - con norma avente efficacia retroattiva per espresso disposto dell'art. 4 della legge 21 novembre 2000, n. 342 - che "L'opzione e la revoca di regimi di determinazione dell'imposta o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalita' di tenuta delle scritture contabili" e che "La validita' dell'opzione e della relativa revoca e' subordinata unicamente alla sua con- creta attuazione sin dall'inizio dell'anno o dell'attivita'", comporta che i contribuenti soggetti al regime speciale per produttori agricoli ed ittici di cui all'art. 34 del d.P.R. n. 633/72 non sono tenuti a manifestare in ma- niera esplicita la volonta' di optare per un regime contabile anziche' per un altro ne', tantomeno, sono tenuti al rispetto di forme vincolanti, essen- do sufficiente che adeguino il loro comportamento al regime prescelto. * Massima tratta dal CED della Cassazione.

Il D.M. 2.3.1998 emanato dal Ministero delle finanze in attuazione della delega di cui al D.L. 90/90 ed a convalida del precedente D.M. 20.7.1990 annullato, per vizi di procedura, dal tribunale superiore delle acque, e' illegittimo nella parte in cui (art. 7) prevede aumenti di canone dovuti dall'Enel per attraversamenti aerei con elettrodotti senza infissione di pali sui corsi d'acqua demaniali a far data dal 1990, poiche' la facolta' di rinnovazione dell'atto e' limitata all'eliminazione dei vizi che inficiavano l'originario D.M., si' che, se le ragioni dell'annullamento di quest'ultimo attengono al solo procedimento di adozione (nella specie, mancanza del parere del Consiglio di Stato), costituisce indebita utilizzazione di un potere regolamentare interamente consumato la modificazione dei precetti dell'atto di normazione mai attinti da annullamento. Ne consegue che, invocata in sede di giudizio di cassazione l'applicazione del citato D.M. cosi' come riprodotto dal competente ministero, la S.C., in ossequio al disposto dell'art. 5 della legge 2248/1865, deve scrutinarne la legittimita', e, se del caso, procedere alla sua disapplicazione diretta alla stregua della legge vigente.(*) ----- (*) Massima tratta dal CED della Cassazione.

L'art. 140, primo comma, lett. "c" T.U. n. 1775 del 1933 - che attribuisce alla cognizione dei Tribunali regionali delle acque pubbliche le con- troversie aventi ad oggetto qualsiasi diritto relativo alle derivazioni ed utilizzazioni di acqua pubblica - si riferisce anche alle controversie sull'esistenza e sull'entita' dei canoni delle concessioni di utenza di ri- sorse idriche, nelle quali sia in contestazione il diritto soggettivo del concessionario alla corretta applicazione delle disposizioni regolanti l'in- dicato canone in base a elementi oggettivi e certi, secondo parametri e cri- teri tecnici vincolanti per l'amministrazione. L'illegittimita' degli atti amministrativi determinanti detti elementi, invece, puo' essere fatta valere mediante impugnativa, in via principale, davanti al giudice amministrativo (Tribunale superiore delle acque pubbliche) o, alternativamente, sollecitan- done la disapplicazione da parte del giudice ordinario (nella specie, quello specializzato: Tribunale regionale acque pubbliche) nelle controversie sui diritti soggettivi che si assumano lesi da atti o provvedimenti conseguen- ziali (nell'ipotesi, la S.C. ha confermato la decisione del T.S.A.P. che a- veva ritenuto la propria giurisdizione sulla domanda concernente la legitti- mita', o meno, del d.m. Finanze 20 luglio 1990, contenente i criteri di de- terminazione dei canoni concessori di utenza di acqua pubblica, consideran- do, invece, attribuita alla cognizione del T.R.A.P. le domande volte a con- testare gli atti, non autoritativi, di rideterminazione del canone e del sovracanone emessi dall'Ufficio del Registro). * Massima tratta dal CED della Cassazione.

Registrati al nostro portale per accedere al motore di ricerca delle sentenze.

Registrati

Sentenze

Sentenze nel nostro database:
507,035

Cerca

Giudici

Giudici nel nostro database:
2,876

Cerca

Autorità

Tribunali nel nostro database:
331

Cerca

Sentenze.io 2023