Sentenza del 12/12/2008 n. 29225 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5
Svolgimento del processo
O.D., medico generico convenzionato con il SSN, premesso di aver
presentato istanza di rimborso di una quota pari al 35% delle ritenute Irpef
operate sull'indennita' di fine rapporto liquidatagli dall'Empam; premesso
che si era formato silenzio-rifiuto; cio' premesso, presentava ricorso alla
Commissione tributaria provinciale di Messina, la quale accoglieva il
ricorso. Proponeva appello l'ufficio.
La Commissione tributaria regionale di Palermo - sezione staccata di
Messina - respingeva l'impugnazione e compensava le spese di giudizio con
sentenza del 15.4.04. Avverso detta sentenza hanno quindi proposto ricorso
per cassazione il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l'Agenzia delle
Entrate per violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360
c.p.c., n. 4; violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986,
art. 16, lett. c) e art. 18.
Motivi della decisione
In via preliminare, va dichiarata l'inammissibilita' del ricorso
proposto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, posto che lo stesso
deve essere ritenuto privo della necessaria legittimazione ad impugnare la
sentenza di secondo grado in quanto il giudizio di appello, al quale non
aveva partecipato, e' stato introdotto dopo il primo gennaio del 2001 nei
confronti della sola Agenzia delle Entrate. A riguardo, e' appena il caso di
osservare che la data indicata coincide con quella in cui e' divenuta
operativa l'istituzione dell'Agenzia delle entrate, con conseguente
successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti
giuridici strumentali all'adempimento dell'obbligazione tributaria, per
effetto della quale deve ritenersi che la legittimazione "ad causam" e "ad
processum" nei procedimenti introdotti successivamente alla predetta data
spetti esclusivamente all'Agenzia (Sez. Un. n. 3118/06).
Giova aggiungere, con riferimento ai procedimenti introdotti
precedentemente alla detta data come nel caso di specie, che questa Corte ha
avuto modo di affermare il principio secondo cui, pronunciata la sentenza di
primo grado nei confronti del dante causa, il giudizio di appello da
quest'ultimo consapevolmente disertato e celebrato senza che alcuna delle
parti reclamasse l'integrazione del contraddittorio, con successiva sentenza
nei confronti del solo successore - cosi' come e' avvenuto nella vicenda
processuale in esame - consente di ritenere integrati i presupposti per
l'estromissione dell'alienante pur in assenza di un provvedimento formale
(cfr. Cass. n. 10955/07).
Alla luce di tali considerazioni, risulta pertanto evidente come nella
vicenda processuale in esame il Ministero, il quale non aveva partecipato al
procedimento di appello, introdotto con atto depositato il 15.3.2003, non
era legittimato a ricorrere in cassazione avverso la sentenza impugnata,
onde la declaratoria di inammissibilita' del ricorso proposto.
Passando all'esame del ricorso presentato dall'Agenzia, giova
evidenziare che il suo primo profilo di doglianza si fonda sulla
considerazione che la C.T.R. avrebbe violato il disposto dell'art. 112
c.p.c., omettendo di pronunciarsi sul "preciso distinguo tra due fattispecie
di rapporto di convenzione dei medici col Servizio Sanitario Nazionale",
effettuato nell'appello dall'Ufficio. Inoltre - ed in cio' si sostanzia il
secondo profilo di doglianza, strettamente connesso con il precedente - la
CTR avrebbe sbagliato quando ha trascurato che i medici generici
convenzionati col S.S.N., a differenza dei medici specialisti ambulatoriali
che non si avvalgono di autonomia del servizio, sono invece parti di un
rapporto di lavoro autonomo di natura privatistica, con la conseguenza che
l'indennita' erogata rientra nell'ipotesi del D.P.R. n. 917 del 1986, art.
16, lett. c), e ad essa si applica la disciplina del cit. D.P.R., art. 18 e
non dell'art. 17. La censura appare manifestamente fondata. A riguardo,
giova sottolineare che questa Corte con indirizzo ormai consolidato ha avuto
modo di affermare il principio secondo cui, "In tema di IRPEF, l'indennita'
di fine rapporto corrisposta dall'ENPAM ai medici di medicina generale, a
seguito dell'attivita' prestata per conto dei disciolti enti mutualistici e
del servizio sanitario nazionale, rientra tra le indennita' di cui al D.P.R.
22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. c), con conseguente
sottoposizione a tassazione separata secondo i criteri dettati dall'art. 18
del medesimo D.P.R. e non invocabilita' della regola di computo -
concernente la riduzione dell'imponibile per una somma pari alla misura di
tale indennita' corrispondente ai contributi previdenziali versati dal
contribuente - stabilita dal precedente art. 17 per le indennita' di fine
rapporto relative ai rapporti di lavoro dipendente" (Cass. n. 19047/04).
Ne consegue che in applicazione di questo principio il ricorso per
cassazione, siccome manifestamente fondato, deve essere accolto e che la
sentenza impugnata, che ha fatto riferimento, in modo non corretto, ad una
regula iuris diversa, deve essere cassata. Con l'ulteriore conseguenza che,
non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere
decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo della lite
proposto dalla contribuente. Sussistono giusti motivi per dichiarare
compensate fra le parti le spese dell'intero giudizio in quanto
l'orientamento giurisprudenziale riportato si e' consolidato solo dopo
l'introduzione della lite.
P.Q.M.
La Corte:
Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero, accoglie quello
dell'Agenzia, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta
il ricorso introduttivo della lite proposto da O.D.. Compensa integralmente
fra le parti le spese dell'intero giudizio.
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