Sentenza del 14/11/2014 n. 24309 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Testo

Fatto

Con l'impugnata sentenza n. 49/04/09, depositata il 5 maggio 2009, la Commissione Tributaria Regionale dell'Emilia Romagna, respinto l'appello del contribuente Consorzio della Bonifica Burana, confermava la decisione n. 143/07/07 della Commissione Tributaria Provinciale di Modena che aveva rigettato il ricorso del ridetto contribuente avverso l'avviso di accertamento n. (-----) emesso dal Comune di Mirandola (MO) a recupero ICI 2004, imposta che l'Amministrazione locale riteneva dovuta in relazione "a sponde di cavi ovvero porzioni di terreno a esse limitrofe … nonché a due corpi di fabbrica componenti un unico alloggiamento di servizio utilizzato da un guardiano idraulico".

A giudizio della CTR dovevano difatti ritenersi "sussistenti", in capo al Consorzio, sia il presupposto impositivo del possesso degli immobili di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 1, comma 2 e sia la "legittimazione passiva" di cui al cit. D.Lgs. n. 504, art. 3, comma 1. E questo perché, così sosteneva la CTR, dopo che inizialmente gli immobili demaniali in parola erano stati "assegnati a titolo di usufrutto come risulta dai dati catastali", il Consorzio era divenuto in seguito "proprietario" degli stessi. Invero, sempre secondo la CTR, ai sensi della L. 2 aprile 2001, n. 136, art. 2, comma 7, che stabiliva il trasferimento ex lege in proprietà ai Consorzi dei beni demaniali sui quali questi avevano usufrutto, anche gli immobili in discussione erano diventati proprietà consortile e ciò atteso che in catasto sugli stessi risultava "presuntivamente" costituito usufrutto. Infine, dopo aver escluso che il Consorzio potesse beneficiare dell'esenzione di cui al cit. D.Lgs. n. 504, art. 7, comma 1, lett. a), in quanto "l'elenco degli enti esentanti era tassativo", la CTR escludeva altresì che il ridetto Consorzio potesse beneficiare dell'esenzione di cui al cit. D.Lgs. n. 504, art. 7, comma 1, lett. b) e ciò in quanto "il successivo classamento in categoria E era avvenuto in data 31 agosto 2007, senza effetto retroattivo".

Contro la sentenza della CTR, il contribuente Consorzio proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Il Comune di Mirandola resisteva con controricorso.

Entrambe le parti si avvalevano della facoltà di depositare memoria.

Diritto

1. Con il primo motivo di ricorso, il Consorzio contribuente censurava la sentenza denunciando in rubrica "Violazione di legge per errata e falsa applicazione della L. n. 136 del 2001, art. 2, comma 7, in relazione al D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1 e 3". E questo perché, secondo il contribuente, non era affatto vero che i beni in discussione fossero divenuti proprietà consortile ai sensi della cit. L. n. 136, art. 2, comma 7. Difatti, a giudizio del contribuente, in assenza di specifico provvedimento amministrativo, sempre necessario ai sensi dell'art. 823 c.c., comma 1, sui ridetti beni demaniali non poteva dirsi costituito alcun usufrutto. In realtà, osservava il contribuente, la legge stabiliva invece che i beni demaniali trasferiti in proprietà consortile fossero solo quelli sui quali era stato ritualmente costituito usufrutto e che inoltre "non fossero più assoggettabili a funzioni pubbliche (e quindi in questo elenco non potevano trovare certamente posto le idrovore gravate dall'ICI)". Il quesito sottoposto era: "Se la L. n. 136 del 2001, art. 2, comma 7, debba essere interpretato, anziché nel senso palesato nella sentenza impugnata, ossia di prevedere un automatico trasferimento, a titolo gratuito, ai consorzi dei beni demaniali di bonifica, in forza di una sdemanializzazione ope legis, in quello di limitare il trasferimento ai soli beni demaniali di bonifica non più asserviti a finalità di pubblico interesse e, quindi, come tali suscettibili di trasferimento, e sui quali esista un diritto di usufrutto costituito anteriormente all'entrata in vigore della legge, previo specifico procedimento, iniziato su impulso dei Consorzi richiedenti, in cui, con il coinvolgimento delle Regioni, si siano individuati i beni demaniali da sdemanializzare e si sia accertata l'esistenza di un usufrutto; e per l'effetto, cassare la sentenza impugnata perché fonda la debenza dell'imposta comunale, D.Lgs. n. 504 del 1992, ex artt. 1 e 3, su di un preteso trasferimento in capo al Consorzio assunto sulla base di una errata interpretazione della disposizione di cui alla L. n. 136 del 2001, art. 2, comma 7".

2. Con il secondo motivo di ricorso, il contribuente Consorzio censurava la sentenza denunciando in rubrica "Violazione di legge per errata e falsa applicazione della L. n. 136 del 2001, art. 2, comma 7, in punto di esistenza di un diritto di usufrutto in capo al Consorzio: violazione del R.D. n. 215 del 1933, art. 18, della L.R. Emilia Romagna n. 42 del 1984, art. 14 e dell'art. 823 c.c.". E questo perché, secondo il contribuente Consorzio, pur prevedendo la L. 2 aprile 2001, n. 136, art. 2, comma 7, che "Sono trasferiti a titolo gratuito ai consorzi di bonifica costituiti ai sensi dell'art. 59 delle norme approvate con R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, le aree ed i fabbricati demaniali sui quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, risulti costituito il diritto di usufrutto a favore dei consorzi stessi", in realtà nessun usufrutto risultava costituito sugli "impianti idrovori"; e, questo, nonostante "l'indicazione che compariva in catasto e che appunto individuava il Consorzio come usufruttuario"; invero, secondo il contribuente Consorzio, in mancanza di specifico provvedimento amministrativo adottato ai sensi dell'art. 823 c.c., comma 1, nessun usufrutto era da considerarsi costituto sugli "impianti idrovori"; in realtà, terminava il contribuente Consorzio, tutto sarebbe derivato da uno storico misunderstood legislativo, questo generato dalla Circolare "del Provveditorato Generale dello Stato del 31 gennaio 1937", che aveva ritenuto che i Consorzi dovessero essere iscritti in Catasto quali usufruttuari le opere di bonifica in ragione di un'errata interpretazione del cit. R.D. n. 215, art. 100, comma 1, la quale disposizione stabiliva che "I proventi di cui sono suscettibili le opere pubbliche di bonifica appartengono allo Stato, che può cederli al concessionario per la durata della esecuzione delle opere"; in effetti, questa era la tesi del contribuente Consorzio, il Provveditorato Generale avrebbe inesattamente qualificato usufruttuari i Consorzi di Bonifica, pur in mancanza di alcun idoneo provvedimento amministrativo di costituzione di usufrutto, perché avrebbe erroneamente ritenuto, allo scopo di sottoporre a imposizione i proventi ceduti dallo Stato ai Consorzi di Bonifica ai sensi cit. R.D. n. 215, art. 100, che la norma desse luogo a un diritto di usufruttuari a favore delle Bonifiche sui terreni e opere idrauliche.

Il quesito sottoposto era: "Se i consorzi di bonifica, rispetto alle opere pubbliche di cui sono consegnatari ai sensi del R.D. n. 215 del 1933, art. 18 e della L.R. n. 42 del 1984, art. 14, al fine di curarne l'esercizio, la manutenzione e la vigilanza, abbiano la posizione giuridica di detentori, difettando in essi l'animus possidendi, anziché, come assunto nella sentenza impugnata, quella di usufruttuari, a nulla potendo rilevare, anche in considerazione del rigore formale previsto dall'art. 823 c.c., per la costituzione di diritti a favore di terzi su beni demaniali, la mera indicazione catastale; e per l'effetto, cassare la sentenza impugnata perché, difettando il diritto di usufrutto in capo al Consorzio ricorrente, non vi può essere stato alcun trasferimento in capo allo stesso dei beni demaniali di bonifica, in forza della L. n. 136 del 2001, art. 2, comma 7 e quindi non vi sono i presupposti oggettivi soggettivi per la debenza dell'imposta comunale sugli immobili".

3. I motivi, che essendo strettamente connessi è utile esaminare congiuntamente, sono infondati, ma per ragioni diverse da quelle esposte dalla CTR. Ragioni che, pertanto, sono semplicemente da correggersi ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 4.

4. Deve essere preliminarmente osservato che soggetti passivi ICI sono quelli indicati al cit. D.Lgs. n. 504, art. 3, quindi il proprietario o chi abbia un diritto reale o il concessionario. Tanto premesso, va considerato che ai sensi del cit. R.D. n. 215, art. 2, comma 1, lett. e), erano in effetti di competenza dello Stato, secondo l'ulteriore più programmatica previsione contenuta all'art. 859 c.c., "in quanto necessari ai fini generali della bonifica: …

e) le opere di difesa dalle acque, di provvista e utilizzazione agricola di esse". Pertanto, le opere idrauliche in parola appartenevano inequivocabilmente al demanio statale (Cass. sez. un. 8225 del 2007; Cass. sez. 1 n. 683 del 1980); e, questo, nonostante la loro manutenzione fosse stata affidata agli obbligatori Consorzi di bonifica dopo la "consegna" ex. lege degli stessi avvenuta ai sensi del cit. R.D. n. 215, artt. 16 e 18 e cioè a seguito dell'emanazione del "decreto di compimento dei singoli lotti". E' vero, come osservato dal Consorzio contribuente, che l'indicazione catastale non può esser costitutiva di diritti reali nè provare definitivamente i medesimi, in mancanza di legge o negozio che abbiano stabilito un diritto di usufrutto o altro diritto reale a favore del Consorzio contribuente ai sensi dell'art. 978 c.c. e in deroga all'art. 823 c.c., comma 1 (Cass. sez. trib. n. 22972 e n. 22973 del 2010). Cosicché è vero quanto affermato dal contribuente Consorzio, in contrasto con la CTR, per cui in assenza di un diritto di usufrutto stabilito a favore del Consorzio contribuente sugli "impianti idrovori", non poteva trovare applicazione la rammentata disposizione contenuta alla cit. L. n. 136, art. 2, comma 7, norma per il quale "Sono trasferiti a titolo gratuito ai consorzi di bonifica costituiti ai sensi dell'art. 59 delle norme approvate con R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, le aree ed i fabbricati demaniali sui quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, risulti costituito il diritto di usufrutto a favore dei consorzi stessi".

Ciò che permette altresì di comprendere il successivo trasferimento a Comuni, Province e Regioni, ai sensi del cit. D.Lgs. n. 85, art. 5, dei "beni appartenenti al demanio idrico e relative pertinenze, nonché le opere idrauliche e di bonifica di competenza statale, come definiti dagli artt. 822, 942, 945, 946 e 947 c.c. e dalle leggi speciali". Disposizione, quella appunto contenuta nel cit. D.Lgs. n. 85, art. 5, che trova il suo presupposto logico nel mantenimento del carattere demaniale delle opere di bonifica. Tuttavia va evidenziato che la legge, cioè i ridetti del cit. R.D. n. 215, artt. 16 e 18, ha provveduto a "consegnare" gli "impianti idrovori" al contribuente Consorzio; Consorzio che, quindi, non era affatto un semplice incaricato della loro manutenzione, bensì il concessionario ex lege degli stessi; ciò che anche spiega perché i proventi che derivano dalle opere di bonifica in discussione "passano al consorzio di manutenzione" secondo la previsione contenuta al cit. R.D. R.D. n. 215, art. 100, comma 2 e l'esigenza amministrativa di iscriverli a catasto come usufruttuari al fine di assoggettarli all'imposta. Nella sostanza, è la legge che ha dato in concessione ai Consorzi gli "impianti idrovori", i quali sono perciò assoggettati all'imposta ai sensi del cit. D.Lgs. n. 504, art. 3, comma 2, siccome modificato L. 23 dicembre 2000, n. 388, ex art. 18.

5. Con il terzo motivo di ricorso, il contribuente Consorzio censurava la sentenza denunciando in rubrica "Violazione di legge e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. a)". A riguardo il contribuente, dopo aver premesso che la CTR aveva escluso l'esenzione di cui al cit. D.Lgs. n. 504, art. 7, comma 1, lett. a), perché "il Consorzio non rientrerebbe nell'elenco tassativo dei soggetti a cui tale disposizione si riferisce", esponeva però di "mai aver richiesto l'applicazione di detta esenzione sull'assunto di rientrare direttamente tra i soggetti indicati nell'elenco". In realtà, concludeva il contribuente, il Consorzio aveva chiesto l'esenzione perché il possessore delle opere di bonifica era lo Stato. Il quesito sottoposto era: "Se in considerazione della proprietà e del possesso dei beni demaniali oggetto di accertamento, nonché della funzione e destinazione pubblica dei medesimi a essi vada applicato il disposto di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. a) e che, pertanto, la sentenza impugnata, in quanto lo ha escluso, debba essere cassata".

Il motivo è inammissibile.

In effetti, secondo quanto prospettato del contribuente Consorzio, la CTR non avrebbe affatto pronunciato sulla eccezione realmente proposta per cui essendo i beni in possesso dello Stato doveva trovare applicazione l'esenzione ICI D.Lgs. n. 504, ex art. 7, comma 1, lett. a). In realtà, sempre secondo il contribuente Consorzio, la CTR avrebbe statuito sulla differente e mai sollevata eccezione per cui l'esenzione di cui al cit. D.Lgs. n. 504, art. 7, comma 1, lett. a), doveva trovare applicazione a causa della inclusione del Consorzio nell'elenco degli enti beneficiari. E col che, nella sostanza, il Consorzio ha eccepito un vizio di omessa pronuncia che doveva denunciarsi ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell'art. 112 c.p.c.. Consegue inoltre che il motivo difetta di autosufficienza, perché la mancata trascrizione del ricorso introduttivo della lite fiscale e dell'appello, non permette a questa Corte di verificare il fatto processuale dell'effettiva proposizione dell'eccezione che il Consorzio dice di aver formulato e sulla quale la CTR avrebbe omesso di pronunciare e con ciò impedendo in radice qualsiasi attività nomofilattica (Cass. sez. 2 n. 11193 del 2009; Cass. sez. trib. n. 1170 del 2008).

6. Nella novità della questione, solo di recente esaminata, debbono farsi consistere le ragioni che inducono la Corte a compensare integralmente le spese processuali.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso; compensa integralmente le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 ottobre 2014.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2014

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