Sentenza del 08/09/2004 n. 18075 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 1

Massime

SANZIONI AMMINISTRATIVE - APPLICAZIONE - OPPOSIZIONE - PROCEDIMENTO - COMPETENZA - CRITERIO DEL LUOGO DI COMMISSIONE DELL'ILLECITO - LUOGO DI ACCERTAMENTO DEL MEDESIMO - COINCIDENZA - PRESUNZIONE - LIMITI

In tema di sanzioni amministrative ed ai fini della individuazione del giudice competente, ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689, a decidere sull'opposizione (art. 22), il luogo della commissione dell'illecito e' da reputarsi coincidente con il luogo dell'accertamento in relazione al presumibile perfezionarsi dell'infrazione nel posto in cui ne vengano acclarati gli elementi costitutivi, ovvero venga constatata parte della condotta attiva o passiva del trasgressore in se' idonea ad integrare contegno sanzionabile. L'operativita' di detta presunzione deve tuttavia essere esclusa, per assenza della base logica su cui riposa, quando la stessa imputazione indichi un luogo della commissione del fatto diverso da quello dell'accertamento, relegando questo a mero luogo del reperimento delle prove di un illecito commesso altrove. *Massima tratta dal CED della Cassazione.


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

In tema di sanzioni amministrative, il termine per la contestazione all'interessato, stabilito, a pena di decadenza, dall'art. 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, decorre, non gia' dal momento in cui il "fatto" e' stato acquisito nella sua materialita', ma, dovendosi tener conto anche del tempo necessario per la valutazione della idoneita' di tale fatto ad integrare gli estremi (oggettivi e soggettivi) di comportamenti sanzionati come illeciti amministrativi, da quando l'accertamento e' stato compiuto o avrebbe potuto ragionevolmente essere effettuato dall'organo addetto alla vigilanza delle disposizioni che si assumono violate. Qualora, pertanto, il soggetto abilitato a riscontrare gli estremi della violazione sia diverso da quello incaricato della ricerca e della raccolta degli elementi di fatto, l'atto di accertamento non puo' essere configurato fino a quando i risultati delle indagini svolte dal secondo non siano portati a conoscenza del primo, dovendo escludersi che le attivita' svolte dai due diversi organi possano essere considerate unitariamente al fine di valutare la congruita' del tempo necessario per l'accertamento delle irregolarita' e, conseguentemente, la ragionevolezza di quello effettivamente impiegato dall'amministrazione. Da tanto deriva che, in tema di violazioni della disciplina dell'attivita' di intermediazione finanziaria, sanzionabili con pena pecuniaria amministrativa irrogata dal Ministero dell'economia e delle finanze su proposta della Commissione nazionale per le societa' e la borsa (CONSOB), essendo la vigilanza delle norme, la cui violazione e' sanzionata come illecito amministrativo, affidata appunto alla CONSOB, e non alla Banca d'Italia (la quale non e' legittimata ad avviare il procedimento sanzionatorio), il momento iniziale di decorrenza del termine per la contestazione non puo' essere fatto coincidere con il deposito presso la Banca d'Italia della relazione ispettiva redatta, ad altri fini, dal Servizio di vigilanza della medesima Banca d'Italia. VEDI Sent. del 25/05/2001 n. 7143 VEDI Sent. del 18/06/2001 n. 8257 VEDI Sent. del 11/06/2003 n. 9357 VEDI 200316608 567898 *Massima tratta dal CED della Cassazione.

In tema di sanzioni amministrative, il termine per la contestazione (non immediata) degli addebiti, stabilito dall'art. 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, inizia a decorrere - dovendosi tener conto anche del tempo necessario per la valutazione della idoneita' del fatto ad integrare gli estremi dei comportamenti sanzionati come illeciti - dal momento in cui l'accertamento e' stato compiuto o avrebbe potuto "ragionevolmente" essere effettuato, in base ad una valutazione di congruita' rimessa, in considerazione delle caratteristiche e della complessita' della situazione concreta, al giudice di merito. Ad un tal riguardo, con riferimento alle violazioni in materia di disciplina dell'attivita' di intermediazione finanziaria, nel valutare la ragionevolezza del tempo complessivamente impiegato per l'accertamento dell'illecito, deve tenersi conto anche dell'attivita' compiuta, all'interno della CONSOB, da ogni altro soggetto stabilmente inserito nella sua struttura organizzativa, e, quindi, anche di quella espletata dagli addetti all'ufficio preposto allo svolgimento dell'attivita' ispettiva (avendo la ripartizione di funzioni tra gli uffici preposti agli accertamenti ispettivi e l'organo di vertice un rilievo meramente interno), con la conseguenza che il momento iniziale della decorrenza del termine previsto dalla suddetta norma per la contestazione dell'infrazione da parte della CONSOB legittimamente viene individuato dal giudice nella data di deposito della relazione ispettiva finale (fermo rimanendo che il decreto della corte d'appello sul punto non e' censurabile sotto il profilo della adeguatezza della motivazione, essendo impugnabile solo con ricorso straordinario ex art. 111 Cost., con il quale puo' essere fatta valere solo la carenza totale o la mera appa- renza della motivazione). Massima tratta dal CED della Cassazione.

Il principio posto dall'art. 3 della legge 24 novembre 1981, n. 689, secondo cui per le violazioni colpite da sanzione amministrativa e' richiesta la coscienza e volonta' della condotta attiva od omissiva, sia essa dolosa o colposa, deve essere inteso nel senso della sufficienza dei suddetti estremi, senza che occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa, atteso che la norma pone una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, riservando poi a quest'ultimo l'onere di provare di aver agito incolpevolmente. Ne consegue che l'errore sulla liceita' del fatto puo' rilevare come causa di esclusione della responsabilita' solo quando esso risulti inevitabile, occorrendo che l'ignoranza della sussistenza dei presupposti dell'illecito sia incolpevole, cioe' non superabile con l'uso della normale diligenza (nella fattispecie, la Suprema Corte ha ritenuto correttamente ed adeguatamente motivata la sentenza con cui il giudice di merito, in sede di opposizione avverso il decreto di ingiunzione di pagamento di sanzione amministrativa pecuniaria per violazione dell'art. 3 del D.L. n. 167 del 1990, in materia valutaria, aveva ritenuto dovesse escludersi l'inevitabilita' dell'ignoranza della normativa in tema di importazione di valuta, in considerazione della specifica qualita' del ricorrente di responsabile delle vendite all'estero di una societa' la cui principale attivita' consisteva nell'esportazione di macchinari). *Massima tratta dal CED della Cassazione.

Anche nella materia dell'illecito amministrativo disciplinato dalla legge n. 689 del 1981 deve ritenersi applicabile l'art. 5 del cod. pen., quale risulta a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 24 marzo 1988 n. 364, secondo la quale viene a mancare l'elemento soggettivo quando ricorra la inevitabile ignoranza del precetto da parte di chi commetta l'illecito. Per la configurabilita' di questa situazione, con riferimento alla posizione di colui che professionalmente risulta inserito in un determinato campo di attivita' ed e' quindi tenuto non solo all'obbligo generico di conoscenza ed informazione di ogni cittadino, ma anche a quello specifico in ordine alle norme che disciplinano quel campo di attivita', e' necessario che l'errore sulla liceita' del fatto si fondi su un elemento positivo estraneo all'agente ed idoneo a determinare in lui la convinzione della liceita' del suo comportamento. Massima tratta dal CED della Cassazione.

Nel caso di ricorrenza del reato di fatturazione di operazioni inesistenti, di cui all'art.4, n.5 della legge 7 agosto 1982, n.516, in merito alla possibilita' di dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione corre al giudice l'obbligo di accertare il termine del decorso prescrizionale che laddove, come nel caso di specie, concerna una fattispecie di reato continuato, va identificato non gia' nella data dell'accertamento , ne' in quella di presentazione della dichiarazione d'imposta, ma solo in quella in cui si deve ritenere cessata la continuazione del reato.

OBBLIGAZIONI IN GENERE - SOLIDARIETA' - LITISCONSORZIO INTEGRAZIONE DEL CONTRADDITTORIO - LITISCONSORZIO NECESSARIO - SUSSISTENZA - ESCLUSIONE - FATTISPECIE

Non ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessario quando la causa ha ad oggetto un'obbligazione solidale (nella specie, in tema di sanzioni amministrative, ai sensi dell'art. 6 della legge 24 novembre 1981, n. 689, tra la persona giuridica opponente ad ordinanza - ingiunzione ed il suo dipendente, anch'esso destinatario della ordinanza - ingiunzione). *Massima tratta dal CED della Cassazione.


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

Ai sensi dell'art. 57, comma 1, del d.P.R. n. 131 del 1986, l'obbligazione per il pagamento dell'imposta di registro grava sulle parti contraenti in solido, sicché deve essere esclusa la sussistenza tra le stesse, sul piano processuale, di un litisconsorzio necessario. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha confermato la sentenza impugnata in una controversia in tema di impugnazione dell'avviso di accertamento e liquidazione dell'imposta di registro, promossa dall'acquirente di un immobile nei confronti dell'amministrazione fiscale, nella quale non era stato evocato in giudizio il venditore).

Massima tratta dal CED della Cassazione

La sentenza che definisce il procedimento d'opposizione all'ingiunzione emessa dalla P.A. a norma del testo unico delle disposizioni di legge per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, di cui al R.D. 14 aprile 1910, n. 639, e' impugnabile in sede d'appello e non direttamente per cassazione, non trovando applicazione il sistema previsto dall'art. 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, che riguarda, invece, la sentenza del giudice che pronunzia sull'opposizione all'ordinanza - ingiunzione relativa a sanzioni amministrative. *Massima tratta dal CED della Cassazione.

Nel processo tributario, la sentenza che dichiari l'inammissibilita' del giudizio di ottemperanza, nella specie in ragione del contenuto della pronuncia di cui si richiede l'esecuzione e della ritenuta conseguente insussistenza del presupposto per l'esperibilita' del giudizio, esula dal novero di quelle a contenuto attuativo, contemplate dall'art. 70, comma, 7, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e non e' quindi soggetta ai limiti di impugnazione previsti dal successivo comma 10. Ne consegue che avverso di essa, se emanata, come nel caso di specie, dalla Commissione tributaria regionale - in sede di giudizio di ottemperanza per l'esecuzione di un precedente giudicato della Commissione tributaria centrale -, e' esperibile, trattandosi di pronuncia in unico grado, il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost. e dell'art. 362 cod. proc. civ.. *Massima tratta dal CED della Cassazione.

L'opposizione avverso il provvedimento irrogativo di pena pecuniaria per violazione delle leggi finanziarie, in quanto ha ad oggetto una sanzione conseguente all'omesso adempimento di un'obbligazione tributaria, integra una controversia tributaria, che nella disciplina della legge di depenalizzazione 24 novembre 1981, n. 689, nel testo applicabile , anteriormente alle modifiche apportate con i DD. Lgs. nn. 51 del 1998 e 507 del 1999, e' sottratta alle regole procedimentali ed alla competenza del pretore ivi contemplata, restando devoluta per materia alla cognizione del tribunale, ai sensi dell'art. 9 cod. proc. civ. (Fattispecie riguardante una violazione di legge doganale). Massima tratta dal CED della Cassazione.

Il termine di quindici giorni, fissato a pena di decadenza dall'art. 82 del D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 per l'opposizione avverso l'ingiunzione di pagamento di tributi doganali, e' inapplicabile ove si contesti radicalmente la sussistenza dello stesso potere impositivo in astratto, come si verifica quando, discendendo il debito fiscale dalla commissione di un delitto, si deduca l'inosservanza dell'Amministrazione finanziaria all'obbligo di conformarsi al giudicato penale assolutorio, in quanto tale controversia non e' riconducibile nell'ambito delle disposizioni proprie del contenzioso tributario. Massima tratta dal CED della Cassazione.

IMPUGNAZIONI CIVILI - IMPUGNAZIONI IN GENERALE - NOTIFICAZIONE - DELLA SENTENZA IMPUGNATA - IN GENERE - AD ISTANZA DI UN SOGGETTO ESTRANEO AL RAPPORTO PROCESSUALE - DECORRENZA DEL TERMINE - ESCLUSIONE - FATTISPECIE

La notificazione della sentenza ad iniziativa di chi non e' parte ne' procuratore della parte deve considerarsi giuridicamente inesistente, sia per la non configurabilita', nel vigente sistema del codice di rito, di una utile gestione processuale, che affiderebbe la disponibilita' della lite a persona estranea ai contendenti, sia perche', ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione, non e' configurabile una equivalenza tra conoscenza occasionale della sentenza da impugnare e conoscenza legale della stessa. (Nel caso di specie la notifica era stata richiesta dalla compagnia di assicurazione di una delle parti, estranea al rapporto processuale). *Massima tratta dal CED della Cassazione.


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

La notifica della sentenza di secondo grado, ai fini della decorrenza del termine breve per ricorrere per cassazione, va distinta dalla notifica del ricorso. Infatti, mentre la prima notifica attiene ancora alla fase del giudizio di merito (per cui la sentenza va notificata a che e' stato parte in quel giudizio) la seconda notifica, dalla quale si verifica la pendenza del ricorso, deve essere effettuata al soggetto legittimato a stare nel giudizio di cassazione. Pertanto, e' inammissibile il ricorso per cassazione notificato all'Avvocatura dello Stato anziche' all'Agenzia delle entrate, poiche' quest'ultima - non obbligata ad avvalersi del patrocinio dell'avvocatura - ha acquistato la titolarita' dei rapporti, poteri e competenze di natura tributaria prima esercitati dal Ministero delle finanze e dai suoi uffici. *Massima redatta dal servizio di documentazione economica e tributaria.

La notificazione della sentenza in un luogo diverso da quello prescritto, ma non privo di un astratto collegamento con il destinatario (nella specie, domicilio personale, anziche' domicilio eletto, ai sensi dell'art. 17 del D. Lgs. 546 del 1992), se non determina l'inesistenza, produce la nullita' della notifica, e impone, alla parte che ha interesse a far decorrere il termine breve per l'impugnazione, la sua rinnovazione presso il domicilio eletto del suo destinatario. Tale prescrizione e' applicabile anche quando la notificazione della sentenza sia stata eseguita a mani proprie del destinatario. In tal caso, percio', non trova applicazione la regola della prevalenza della notificazione personale su ogni altra e diversa forma di notificazione, valevole nell'ambito del processo tributario. *Massima tratta dal CED della Cassazione.

L'ipotesi della inesistenza giuridica della notificazione ricorre quando quest'ultima manchi del tutto o sia effettuata in modo assolutamente non previsto dalla normativa, tale, cioe', da impedire che possa essere assunta nel modello legale della figura, mentre si ha mera nullita' allorche' la notificazione sia stata eseguita, nei confronti del destinatario, mediante consegna in luogo o a soggetto diversi da quelli stabiliti dalla legge, ma che abbiano pur sempre un qualche riferimento con il destinatario medesimo. Conseguentemente, la notificazione della impugnazione al procuratore domiciliatario nel precedente grado del giudizio ma nelle more cancellato dall'albo, in quanto eseguita nei confronti di persona collegabile al destinatario, e' affetta non da giuridica inesistenza bensi' da nullita' sanabile ex tunc per effetto della sua rinnovazione, disposta ai sensi dell'art. 291 cod. proc. civ. o eseguita spontaneamente dalla parte. (Nella specie la Suprema Corte ha disatteso l'eccezione di inammissibilita' di un ricorso per cassazione notificato dopo la scadenza del termine utile per la proposizione del gravame alla parte personalmente ad opera del ricorrente che aveva di sua iniziativa rinnovato la notifica del ricorso gia' effettuata una prima volta, tempestivamente, presso il domicilio eletto ove il procuratore indicato, cancellatosi dall'albo dopo la conclusione del giudizio di secondo grado, si era ricevuto l'atto notificando). Massima tratta dal CED della Cassazione.

La notifica del ricorso per cassazione al domicilio reale della parte, anziche' al procuratore costituito nel giudizio nel quale e' stata resa la sentenza gravata, non determina l'inesistenza giuridica della notificazione dell'impugnazione ma la sua nullita', con conseguente onere per il collegio di ordinarne la rinnovazione, alla quale non deve tuttavia provvedersi se l'intimato si sia spontaneamente costituito, ancorche' solo in occasione della discussione innanzi alla Corte. * Massima tratta dal Ced della Cassazione.

La notificazione del ricorso per cassazione al curatore del fallimento, anziche' al fallito che aveva partecipato alle precedenti fasi processuali, non e' inesistente, ma solo viziata di nullita', essendo stata effettuata nei confronti di soggetto non privo di qualche relazione con il reale destinatario, dato che la dichiarazione di fallimento non comporta la nascita di un nuovo soggetto in luogo od accanto al precedente; ne consegue che la nullita' risulta sanata a seguito della notificazione del controricorso da parte del fallito. * Massima tratta dal Ced della Cassazione.

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