Sentenza del 12/07/2018 n. 18398 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5
Svolgimento del processo
1. L'Agenzia delle entrate ricorre, con cinque motivi, nei confronti di S.M. e di Equitalia Sud Spa, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dei Lazio (hinc: CTR) n. 295/38/10, che - in controversia avente a oggetto l'impugnazione di una cartella di pagamento, emessa in seguito a controllo automatico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, della dichiarazione dei redditi del 2002, recante la richiesta di pagamento di IRPEF su redditi soggetti a tassazione separata, derivanti da indennità percepite per la cessazione di rapporti di agenzia, oltre a sanzioni e interessi - accoglieva la domanda del contribuente.
Il giudice d'appello affermava la nullità della cartella di pagamento per omessa motivazione, omessa indicazione del responsabile del procedimento e per l'assenza del preventivo invio al contribuente del c.d. avviso bonario.
2. Il contribuente resiste con controricorso, mentre Equitalia Spa non si è costituita.
3. Ciascuna parte ha depositato una memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
1. Primo motivo di ricorso: "Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis nonché della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1 e della L. n. 241 del 1990, art. 3 in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3".
L'Agenzia delle entrate lamenta l'errore di diritto della sentenza impugnata che ha affermato la nullità della cartella di pagamento per omessa motivazione, trascurando che, secondo la giurisprudenza di legittimità, l'atto impugnato non richiede alcuna specifica motivazione perché costituisce la mera liquidazione della base imponibile indicata nella dichiarazione del contribuente.
2. Secondo motivo: "Insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5".
La ricorrente si duole del vizio di motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui è stato ritenuto che la pretesa tributaria non fosse comprensibile, in considerazione del fatto che il contribuente, grazie al contenuto della cartella di pagamento, aveva ben compreso la natura e l'oggetto della ripresa a tassazione e, infatti, ne aveva parzialmente contestato la fondatezza, adducendo che l'Amministrazione finanziaria non aveva computato gli acconti versati.
3. Terzo motivo: "Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis sotto altro profilo e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 e art. 35, comma 3 in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3".
Si denuncia il vizio della sentenza impugnata che - dopo avere constatato che l'Ufficio, in autotutela, aveva ridotto il petitum, conteggiando gli acconti versati dal contribuente e operando lo sgravio delle sanzioni, in ragione del mancato invio del c.d. avviso bonario aveva concluso per l'integrale illegittimità della pretesa tributaria, anziché procedere, come sarebbe stato corretto, alla determinazione dell'importo dovuto.
4. Quarto motivo: "Violazione e falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 412, della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3".
Si addebita alla sentenza impugnata di avere affermato la nullità dell'atto impositivo, in assenza del preventivo invio al contribuente del c.d. avviso bonario, L. n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 412, senza però considerare che, ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, come riconosciuto dalla Cassazione, l'avviso bonario esplica i propri effetti solo nei casi in cui sussistano: "incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione". L'Ufficio obietta che, nella specie, non v'era alcuna incertezza in quanto, indipendentemente dalla tipologia dell'imposta (nel caso in esame: IRPEF relativa a redditi soggetti a tassazione separata), la liquidazione degli importi dovuti era stata effettuata sulla base dei dati indicati dal contribuente in dichiarazione.
5. Quinto motivo: "Violazione e falsa applicazione della L. 20 luglio 2000, n. 212, della L. n. 241 del 1990, art. 21 octies della L. n. 31 del 2008, art. 36, comma 4 ter in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3".
L'ultimo rilievo critico attiene all'errore di diritto in cui sarebbe incorsa la CTR nel ravvisare la nullità dell'atto impositivo, per omessa indicazione del responsabile del procedimento, pur in assenza di una previsione normativa in tal senso, trattandosi di un atto anteriore alla novella del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 4-ter, convertito dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31 (che prescrive, a pena di nullità, tale requisito formale per le cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati dal 1/06/2008 e aggiunge che la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti, nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data, non è causa di nullità delle stesse).
6. Il contribuente, dal canto suo, in via preliminare, solleva alcune eccezioni di tardività e di nullità della notifica del ricorso per cassazione e, comunque, chiede che il ricorso sia respinto perché infondato.
7. Procedendo secondo una linea di continuità con la giurisprudenza della Corte (Cass. 13/04/2018, n. 9218; 19/06/ 2017, n. 15064; 18/11/2016, n. 23531), per il principio della ragione più liquida che - per esigenze di celerità del giudizio e di economia processuale, in adesione ai canoni costituzionali desumibili dagli artt. 24 e 111 Cost. - consente di modificare l'ordine delle questioni di cui all'art. 276 c.p.c. (richiamato dall'art. 380 c.p.c. riguardante il giudizio di cassazione); considerato, altresì, che l'accertamento di eventuali profili d'inammissibilità del ricorso per cassazione (preliminari, sul piano logico-giuridico, agli altri temi del giudizio), come subito si vedrà, non condurrebbe a un esito processuale più favorevole al contribuente, è opportuno esaminare il quarto motivo del ricorso dell'Ufficio.
7.1. Il motivo è infondato.
La CTR ha correttamente ravvisato la nullità della cartella di pagamento (quale presupposto sostanziale del rigetto dell'appello dell'Amministrazione finanziaria), in assenza della preventiva comunicazione, da parte dell'Agenzia delle entrate, al contribuente, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, del risultato dell'attività di liquidazione (c.d. avviso bonario), contenente l'indicazione dell'imposta, dei criteri di calcolo e delle modalità di pagamento.
La sentenza impugnata, infatti, si conforma al principio di diritto enunciato dalla Corte, secondo cui: "In tema di riscossione delle imposte, la L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 412, obbliga l'Agenzia delle Entrate, in esecuzione di quanto sancito dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, comma 5, a comunicare al contribuente l'esito dell'attività di liquidazione, effettuata ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata, sicché l'omissione di tale comunicazione determina la nullità del provvedimento d'iscrizione a ruolo, indipendentemente dalla ricorrenza, o meno, d'incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione." (Cass. 20/05/2014, n. 11000; in senso conforme: Cass. 24/07/2015, n. 15640; 23/11/2016 n. 23805; 23/02/2018, n. 4481).
Per maggior chiarezza, è il caso di rimarcare che una simile disciplina - derogatoria rispetto al canone generale secondo cui, ai sensi dell'art. 6, comma 5. cit., l'invio al contribuente, da parte dell'Amministrazione finanziaria, del c.d. avviso bonario, prima delle iscrizioni a ruolo che seguono la liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione dei redditi, è prescritto solo se sussistono incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione - trova applicazione esclusivamente nell'ipotesi di attività liquidatoria di redditi soggetti a tassazione separata.
8. L'accertamento dell'infondatezza di questo motivo rende superfluo lo scrutinio delle altre censure dell'Ufficio e comporta il rigetto ricorso.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 9.000,00 a titolo di compenso, oltre al 15% sul compenso a titolo di rimborso forfetario delle spese generali e oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2018
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