Sentenza del 10/03/1982 n. 1540 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 1

Testo

Motivi della decisione - Il ricorrente ….. ha censurato la decisione
impugnata con il motivo formalmente unico del ricorso, articolato in tre
parti, per violazione degli artt. 8, 54 e 55 del R.D. 30 dicembre 1923 n. 3269, 47 e 52 della relativa Tariffa all. A), 1665, e seg. e 1627 e seg. del
codice civile, deducendo rispettivamente:
A) Erroneamente la commissione centrale non aveva considerato che la
fattispecie normativa alla quale doveva essere raffrontato il concreto
contratto sottoposto a registrazione era quello previsto dagli art. 54 della
vecchia legge di registro e 47 della Tariffa all. A) denominato "locazione a
soccida", corrispondente a sua volta alla categoria contrattuale con uguale
denominazione degli art. 1665 e seg. del codice del 1865 vigente all'epoca
dell'entrata in vigore della suddetta legge di registro del 1923, cosi' come
alla locazione d'opera e di industria "ad appalto o cottimo" di cui all'art.
1627 n. 3 dello stesso codice precedente. Precisa, al riguardo, il
ricorrente che, secondo l'art. 1669 di quel codice, locazione a soccida
semplice era quella per cui "si da' ad altri del bestiame per custodirlo,
nutrirlo ed averne cura, a condizione che il conduttore guadagni la meta'
dell'accrescimento" e cio' con riferimento a qualsiasi specie di bestiame
che sia capace di accrescimento o di utilita' "all'agricoltura e al
commercio" (art. 1667). Erano percio' secondo il ricorrente, estranei al
contratto i termini di azienda, impresa, impresa agricola, in relazione ai
quali era stata emessa la decisione impugnata con l'affermazione di una
contrapposizione delle due aziende e con esclusione del carattere agricolo
di quella del ….. e doveva, comunque, ai sensi dell'art. 8 della legge di
registro, rilevarsi la corrispondenza o, almeno, l'analogia della
fattispecie in esame con quella figura contrattuale cosi' regolata dal
codice del 1865 B) Non diversa doveva essere la conclusione con riferimento
alle norme sulla soccida semplice dell'attuale codice civile, per non esservi
stato mutamento nella figura e nella disciplina del contratto pur se il
medesimo era stato collocato formalmente nel nuovo testo tra i
contratti agrari e con valorizzazione del momento associativo, gia'
presente anche nella disciplina precedente. Tale "momento associativo",
presente nella soccida e assente nell'appalto, giustificava la
identificazione, o almeno la equiparazione, della fattispecie con il
primo dei citati contratti ed era erroneo il diniego della comunione di
interessi e di rischio per essere diretti gli apporti di beni ed opere ad
unico risultato utile, pur se realizzabile per una parte con somme di
denaro. Non poteva negarsi, in ogni caso, l'analogia del contratto in
questione con quello di soccida invece che con quello di appalto, per la
differenza verso quest'ultimo dell'oggetto, della causa e degli effetti C)
Infine, il contratto in questione doveva essere inserito nell'ambito
dell'impresa agricola e non si poteva negare l'unicita' della stessa nella
specie, cosi' come nella soccida, perche' era identico e unico il risultato
prodotto, senza alcun rapporto di subordinazione ne', inversamente, senza
una totale autonomia tra le parti, mentre l'allevamento doveva essere
effettuato dal ….. e dai suoi familiari. L'impresa, percio', secondo il
ricorrente, era unica e agricola, avendo per oggetto l'allevamento di
animali, e cioe' l'avicoltura, cosi' come previsto da varie leggi e dalla
disciplina della Comunita' Europea e nel regime tributario dell'IRPEF, senza
che avesse rilevanza la connessione o meno con un fondo o la diversa specie
di animali Il motivo e' infondato nei suoi vari aspetti sopra considerati
e questa corte di legittimita' deve respingerlo, pur se non possono
trascurarsi, nella attuale diffusione di contratti del genere, i
piu' stretti collegamenti tra industria e agricoltura, che rendono
difficile la delimitazione dei rispettivi confini, tanto da richiedere in
taluni casi lo specifico intervento del legislatore (v. ad es. art. 28, secondo comma, lett. B) D.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, nel testo
modificato dell'art. 1 D.P.R. 5 aprile 1978 n. 132 Circa il riferimento
sub A) alle norme del codice civile del 1865 va preliminarmente rilevato
che l'indagine sull'applicabilita' delle stesse, essendo ormai individuati
e precisati e comunque pacifici gli elementi di fatto del rapporto in
oggetto, non importa questioni diverse dalla qualificazione giuridica
del rapporto stesso e sono percio' ammissibili in questa sede le relative
deduzioni Peraltro, e' facile osservare che la legge tributaria non
puo' essere permanentemente "ancorata" nel collegamento, menzionato sub
A) con gli istituti richiamati nella struttura o nella disciplina vigente
all'epoca della sua entrata in vigore, pur se, per ragioni di tecnica
legislativa e di chiarezza e unitarieta' dell'ordinamento giuridico,
considerato nel suo complesso, le denominazioni devono essere, per quanto
possibile, comuni e tra loro corrispondenti. Ma, indubbiamente, il
mutare delle condizioni sociali ed economiche con la introduzione di nuove
forme contrattuali o di adeguamenti di quelle precedenti e, infine, i
mutamenti degli stessi testi legislativi in entrambi i casi considerati
impongono, quando non vi siano specifici richiami recettizi a particolari
leggi, che le norme tributarie debbano trovare applicazione con
riferimento alla disciplina degli istituti vigenti all'epoca
dell'applicazione stessa e secondo le innovazioni legislative ad essa
apportate. Non e' di ostacolo a tale adeguamento la eventuale
sopravvenuta differenza di terminologia o di contenuto delle varie norme
contrattuali rispettivamente previste perche' proprio l'art. 8 del R.D. 30 dicembre 1923 n. 3269 prevede espressamente la applicazione
analogica quando l'atto sottoposto a registrazione non si trovi (come nel
caso di una nuova e diversa intitolazione o disciplina) nominativamente
indicato nella tariffa allegata al suddetto decreto Pertanto e' del tutto
fuor di luogo il richiamo alla disciplina del codice del 1865, nel quale
il contratto di soccida era una sottospecie della locazione (cio' che
non aveva impedito alla dottrina prevalente di considerarlo contratto
agrario), dovendosi applicare la legge di registro in riferimento alla
attuale disciplina del codice civile vigente, nel quale la soccida e' stata
inserita fra i rapporti di associazione agraria, insieme con la mezzadria e
la colonia parziale Viene, percio', ora in rilievo il secondo profilo
di censura, sopra riassunto sotto la lettera B, con il quale si sostiene la
natura associativa del rapporto in questione, che ne giustificherebbe
quanto meno la sua equiparazione alla soccida e la sua distinzione
dall'appalto Al riguardo, non puo' sfuggire che l'art. 2135 c.c.,
posto tra le disposizioni generali del capo relativo all'impresa
agricola, indica come agricole anche le attivita' dirette all'allevamento
del bestiame e quelle connesse di trasformazione e alienazione dei
prodotti relativi "quando rientrano nell'esercizio normale
dell'agricoltura", mentre il successivo art. 2170 nel definire unitariamente
il contratto di soccida, regolato nei paragrafi successivi nelle sue varie
forme, lo indica quale il contratto in cui "il soccidante e il
soccidario si associano per l'allevamento e lo sfruttamento di una certa
quantita' di bestiame e per l'esercizio delle attivita' connesse al fine
di ripartire l'accrescimento del bestiame e gli altri prodotti e utili che
ne derivano" Cio' premesso, va considerato che la decisione impugnata,
pur avendo prevalentemente motivato la sua pronunzia di esclusione del
rapporto soccidario o di altro analogo sulla base della assenza di
un'impresa agricola per la mancanza di ogni collegamento funzionale
dell'allevamento avicolo in questione con lo sfruttamento di terreni
agricoli, ha altresi' fatto un riferimento sintetico ma preciso anche
all'assenza di un rapporto di subordinazione tra i due contraenti e
alla presenza di due aziende distinte ed autonome (con relativi rischi e
vantaggi) " non gia' di una azienda finalizzata alla ripartizione in una
determinata proporzione tra i contraenti medesimi dell'accrescimento del
bestiame". Deve pure porsi in rilievo che nella precedente esposizione del
fatto era stato precisato che il compenso dell'allevatore era stato
liquidato, sulla base di particolari documenti, secondo il peso dei polli,
"tenuto conto attraverso una formula predeterminata del mangime
impiegato, di modo che detto compenso, fermo restando il dato carne,
risultava, in un certo modo, inversamente proporzionale al mangime
impiegato per allevarlo" Ne consegue che legittimamente la commissione
centrale aveva negato la configurabilita' della soccida perche', avendo
lo stesso ricorrente sostenuto che il momento associativo era
innegabilmente presente nella stessa sia nella vecchia sia nella
nuova disciplina legislativa, quest'ultimo e' stato, invece, escluso
dalle commissioni tributarie sulla base della citata esistenza di sue
imprese distinte e contrapposte, corrispettivi rischi e vantaggi e per la
assenza di una ripartizione "in una determinata proporzione" tra i
contraenti dell'accrescimento del bestiame.
Invero, e' stato riportato nelle precedenti decisioni l'accertamento, non
contestato, della Guardia di Finanza sul sistema di liquidazione del
compenso commisurato al peso degli animali e ridotto "attraverso una formula
predeterminata, del mangime impiegato", con la conseguenza che, fermo il
dato del quantitativo di carne con il relativo prezzo unitario, il compenso
era inversamente proporzionale al mangime suddetto Ne' e' da trascurare che
la motivazione della decisione impugnata su tal punto corrispondeva a
quella delle decisioni di primo e di secondo grado con i rilievi in esse
contenuti sulla autonomia e indipendenza delle due imprese impegnate in
quella produzione, con realizzo di guadagni in base alla razionalita'
delle rispettive gestioni, e non di quella comune, e sul fatto, non
contestato, che, mentre nella soccida entrambi i contraenti guadagnano o
perdono insieme, nel rapporto in questione il maggior guadagno
dell'allevante costituiva perdita per la ….. e viceversa Pur senza
entrare nella interpretazione del contratto, istituzionalmente sottratta
alla competenza della corte di legittimita', non puo' non rilevarsi
che, come precisato nelle precedenti decisioni emesse nel
procedimento tributario non contestato per tali accertamenti, la
determinazione del compenso secondo un prezzo unitario prestabilito sulla
quantita' del prodotto con la successiva detrazione del prezzo del mangime
fornito aveva il carattere e il contenuto di un corrispettivo da parte della
…… quale committente, cosi' come in ogni appalto il cui corrispettivo
sia pattuito sulla base del prodotto consegnato. La detrazione per il
mangime importava, percio', solo una detrazione per la materia fornita,
cosi' come avviene normalmente nei particolari appalti previsti dall'art. 1658 c.c. nei quali, in difformita' dalla regola generale, essa sia data
dal committente secondo la convenzione o un uso Neppure e' fondato
l'argomento che, per altro profilo viene addotto sotto la lettera b), cioe'
che ad una delle parti era attribuito il potere di direzione
dell'impresa, in conformita' alla previsione dell'art. 2173 cod. civile L'argomento infatti, e' soltanto suggestivo, giacche' una volta
che il giudice del merito ha accertato l'esistenza di due distinte imprese,
di cui l'una ha come oggetto la commercializzazione della carne e
l'altra l'allevamento del pollame fornito dalla prima, quella che viene
chiaramente chiamata direzione dell'impresa altro non e', come
esattamente rilevato dalla difesa dell'Amministrazione, se non esercizio dei
poteri di controllo e di vigilanza ai fini della realizzazione dell'opera
Ne' puo' ravvisarsi l'altra violazione di legge dedotta dal ricorrente per
quanto concerne l'esclusione del citato carattere agrario del contratto per
l'assenza di connessione dell'attivita' prevista con fondo agricolo, di cui
sub c) Invero, pur dopo alcuni difformi pronunzie, questa Corte, con
giurisprudenza ormai consolidata, ha affermato che gli allevamenti avicoli
rientrano tra le attivita' agrarie, specialmente per quanto concerne le
assicurazioni sociali e i relativi contributi, solo quando siano
esercitati in collegamento funzionale con la coltivazione di un fondo (sent.
10 gennaio 1981 n. 230; 2 luglio 1980 n. 4201; 3 maggio 1979 n. 2359; 17
ottobre 1978 n. 4659; 9 dicembre 1976 n. 4577; 18 aprile 1972 n. 1235; 9
novembre 1971 n. 3152) Ne' possono indurre in diverso avviso le nuove norme
citate dal ricorrente in materia tributaria e nella disciplina della
comunita' europea Per quanto concerne l'art. 28 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 597 sull'imposta del reddito delle persone fisiche,
va osservato che esso ha mantenuto e confermato la necessita' del
collegamento dell'allevamento con la coltivazione di un fondo agricolo,
richiedendo per la definizione del relativo reddito come agrario che
l'allevamento stesso sia effettuato "con mangimi ottenuti per almeno un
quarto dal terreno", e cioe' con una dipendenza, sia pure parziale, da
quest'ultimo A sua volta l'art. 34 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633,
sull'imposta sul valore aggiunto si e' riferito genericamente ai "prodotti
agricoli e ittici" oggettivamente considerati con una norma speciale,
che, di per se' non importa modifica per le imposte previste e regolate
da altre leggi (come quelle sull'imposta di registro) Circa le norme in
materia comunitaria, gia' questa Corte, nel confermare il citato indirizzo
giurisprudenziale (Sez. Un. 10 ottobre 1979 n. 5246) ha precisato che esso
non trova ragione di essere modificato pure in relazione all'art. 2, I comma della L. 3 maggio 1971 n. 419, relativa alla applicazione dei
regolamenti comunitari n. 1619/68 e 95/69 sulla commercializzazione
delle uova, secondo il quale "i titolari di imprese avicole, singoli o
associati, che dedichino direttamente ed abitualmente, in modo prevalente,
la loro attivita' o quella dei propri familiari all'allevamento
delle specie avicole, sono considerati imprenditori agricoli".
Invero, ha ritenuto questa Corte, confermando tale principio anche con
altra sentenza emessa in relazione alla richiesta applicazione della
stessa norma (24 marzo 1980 n. 1973), che l'attivita' di allevamento del
bestiame va considerata come propria di una impresa agricola alla
stregua della completa disciplina contenuta negli artt. 206 e 207 del D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, corrispondenti all'art. 2135 c.c., tra l'altro,
richiamato espressamente in quest'ultimo, sempre nella menzionata materia
delle assicurazioni sociali Al riguardo, e' stato posto in rilievo che la
Corte di Giustizia della Comunita' Europea, con decisione 28 febbraio 1978,
aveva dichiarato che non e' possibile ricavare dal diritto comunitario una
definizione uniforme di "azienda agricola" universalmente valida per
l'intero settore delle disposizioni legislative e regolamentari
concernenti la produzione agricola ed ha considerato "priva di oggetto" la
questione sottoposta Ne consegue che la citata disposizione della legge del
1971, mentre da un lato ha per oggetto solo la "commercializzazione
delle uova", e cioe' la successiva utilizzazione del prodotto e non la fase
produttiva, dall'altro appare diretta per quella assimilazione
all'attuazione di una disciplina e definizione di carattere comunitario
dell'azienda agricola che, invece, secondo la suddetta corte della
comunita' stessa, non era stata recepita con efficacia universale per le
singole legislazioni nazionali nell'ordinamento comunitario Pertanto il
ricorso va rigettato e il ricorrente, per la sua soccombenza, va condannato
al pagamento delle spese del giudizio a favore
dell'Amministrazione Finanziaria

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