Sentenza del 21/08/2023 n. 690 - Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche Sezione/Collegio 2
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1 Con sentenza n. 64/1/2008 del 26/2/2008 depositata in Segreteria il 17/6/2008 la Commissione Tributaria Provinciale di Macerata aveva accolto il ricorso della M avverso l'avviso di "recupero dell'aiuto di Stato fruito nel periodo d'imposta 1999 pari ad \? 240.399,54", oltre interessi, emesso dall'Agenzia delle Entrate di Macerata. La decisione è stata poi confermata dalla Commissione Tributaria Regionale delle Marche con sentenza N. 69/02/2009 del 13/3/2009 depositata in Segreteria il 27/3/2009. L'Agenzia delle Entrate aveva quindi proposto ricorso per cassazione e la società intimata aveva resistito con ricorso incidentale. Il Giudice di legittimità, con sentenza N. 15209/2012 del 24/1/2012, ha annullato con rinvio la sentenza e la Commissione Tributaria Regionale delle Marche, con sentenza 104/4/2013 in funzione del Giudice del rinvio, aveva accolto, nel merito, l'appello dell'Ufficio, ritenendo assorbite le censure formali introdotte nel ricorso incidentale dalla società contribuente la quale aveva poi proposto ricorso per cassazione. Con sentenza della Corte di Cassazione sez. Tributaria n. 32103 del 31/10/2018 è stato accolto il ricorso della società contribuente. Il Giudice di legittimità ha ritenuto che le censure formali al provvedimento impugnato introdotte dalla società nell'atto introduttivo e riproposte nel ricorso incidentale per cassazione non dovessero ritenersi assorbite e che il Giudice del rinvio dovesse esaminarle per verificare la legittimità formale del provvedimento impugnato. 2. Con ricorso in riassunzione, la società M ha domandato l'annullamento parziale del provvedimento illo tempore impugnato riproponendo le seguenti censure al provvedimento impugnato già introdotte nel ricorso introduttivo in primo grado: o illegittimità dell'avviso per difetto di motivazione e per omessa allegazione degli atti richiamati in quanto, avuto riguardo alla parte del provvedimento relativa dalla determinazione degli interessi dovuti, l'atto non esplicita alcuna adeguata motivazione, in violazione di quanto previsto dall'art. 7 \- comma 1^ - L. 27/7/2000 n. 212, circa le modalità di conteggio degli interessi limitandosi a richiamare un sito informatico (www.europa.eu.int.); o illegittimità dell'avviso per non avere l'Ufficio scomputato "le imposte già pagate sui dividendi distribuiti alla società S" ed al Comune di M. Evidenzia all'uopo la società ricorrente che il capitale della società M è suddiviso fra comune di M (56%) e S (44%) e che in data 4/5/2020, in sede di chiusura del bilancio d'esercizio 2009, era stata deliberata la distribuzione degli utili per complessive \u00A3. 1.121.631.205 di cui \u00A3. 493.517.721 erano poi state versate alla società S la quale aveva poi corrisposto, su tale ricavo, le imposte di legge: " se si esamina la dichiarazione dei redditi di S i righi relativi ai crediti d'imposta spettanti sui dividendi non recano alcun importo e ciò in quanto, non essendo le imposte state versate dalla società per effetto della moratoria, le stesse sono state corrisposte interamente dalla S che ha percepito i dividendi". Ne consegue, pertanto, che " la pretesa fiscale dell'Ufficio realizza, dunque, una situazione di "doppia imposizione" espressamente vietata dall'art. 123 \- ora art. 163 - _D.P.R. 22/12/1986 n. 917 _". 3. L'Agenzia delle Entrate si è costituita in giudizio controdeducendo: - il ricorso in riassunzione è stato tardivamente proposto sicché deve essere dichiarato inammissibile poiché, nel caso in esame, opera il disposto di cui all'art. 47 bis D.Lvo 31/12/1992 n. 542 in forza del quale tutti i termini processuali relativi a processi aventi ad oggetto atti di recupero di aiuti di Stato sono dimezzati: "Nel caso di specie, la società ricorrente M ha provveduto alla notifica del ricorso in riassunzione all'Agenzia delle Entrate a mezzo p.e.c. in data 21/5/2019; pertanto, a norma degli artt. 47 bis comma 7^ e 22 D.Lvo n. 546/92 avrebbe dovuto provvedere, a pena di inammissibilità, alla costituzione in giudizio presso codesta Commissione Tributaria Regionale entro e non oltre il giorno 5/6/2019, vale a dire entro 15 giorni dalla proposizione del ricorso stesso. Pertanto, in considerazione del fatto che la costituzione in giudizio della società ricorrente risulta essere stata effettuata in data 17/6/2019, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per violazione delle norme sopracitate."; - la dedotta illegittimità dell'atto di recupero per omessa motivazione circa il calcolo degli interessi è infondata in quanto " l'ufficio anche se in una nota a più di pagina, ha precisato che i tassi di riferimento, per il calcolo degli interessi, sono consultabili sul sito internet dell'Unione Europea ha poi esplicitato chiaramente a pag. 7 della comunicazione/ingiunzione il metodo di calcolo degli interessi ed il _relativo tasso applicato _"; - non assume alcun rilievo il fatto che la società S abbia sottoposto a tassazione i dividendi in quanto "_ la doppia imposizione_ che si verrebbe a creare con il recupero dell'aiuto non è in capo al soggetto che distribuisce il dividendo (M), ma in capo al percettore degli utili (S) Unico soggetto eventualmente legittimato ad agire per tutelare la propria posizione.". 4. Con memoria d'udienza la società ricorrente in riassunzione ha replicato alle controdeduzioni formulate dall'Amministrazione Finanziaria, osservando che, come ritenuto dalla Suprema Corte con plurime pronunce, i termini dimidiati di cui alle sopracitate disposizioni valgono unicamente ed esclusivamente con riferimento al giudizio cautelare, avuto riguardo alla sedes materiae in cui è collocata la disposizione a contenuto acceleratorio, e ribadendo che l'Agenzia delle Entrate nulla ha osservato circa la questione dell'assoggettabilità a tassazione dei dividendi corrisposti da M al Comune di M e che il divieto di cui all'art. 163 T.U.I.R. (illo tempore art. 127) vale anche qualora la doppia imposizione riguardi due soggetti ma con riferimento allo stesso imponibile. MOTIVI DELLA DECISIONE 5. Così riassunto il contenuto degli atti processuali relativi al presente (ed ennesimo) giudizio di rinvio, occorre preliminarmente esaminare l'eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso. Ritiene questa Corte che l'eccezione sia infondata. Come, invero, già puntualizzato dalla società ricorrente in riassunzione "In tema di contenzioso tributario, l'art. 47 bis del d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto, con effetto dal 9 aprile 2008, dall'art. 2, comma 1, del d.l. n. 59 del 2008, conv., con modif., dalla l. n. 101 del 2008, si interpreta, in considerazione della "sedes materiae" in cui è stato inserito, della finalità di accelerare le controversie in materia di aiuti di stato e della disciplina transitoria, contenuta nei commi 2 e 3 dell'art. 2 del d.l. n. 59 citato, nel senso che i termini dimidiati (ad eccezione di quello per proporre ricorso in appello) si riferiscono unicamente ai casi di concessione della sospensione cautelare da parte della commissione tributaria provinciale." Questa Corte ritiene di non discostarsi da tale principio che condivide; nè può operarsi - come suggerisce l'Ufficio - un'interpretazione estensiva della norma la quale, avendo contenuto derogatorio di disposizioni di carattere generale (ossia la materia dei termini processuali), non può essere applicata al giudizio di riassunzione. Siffatta lettura restrittiva della norma ha trovato, anche di recente, l'avvallo della Suprema Corte. Tanto premesso, si impone a questo punto di definire il devolutum di questo (ennesimo) giudizio di rinvio, tenuto conto del giudicato parziale già formatosi. Come si ricava, invero, dal principio di rinvio cui questa Corte deve attenersi nel presente processo non è (più) in discussione la fondatezza (nel merito) della pretesa dell'Amministrazione Finanziaria posto che la decisione della Commissione Tributaria Regionale delle Marche N. 104/4/2013 che ha accolto l'appello dell'Ufficio riformando la sentenza di primo grado che aveva annullato l'atto impositivo è divenuto definitivo sicché l'avviso impugnato è, nel merito, divenuto inoppugnabile. Si tratta pertanto di esaminare le due critiche riproposte nel ricorso in riassunzione riguardanti: a. la legittimità formale dell'atto con riferimento alla parte in cui vengono determinati gli interessi; b. la legittimità formale dell'atto nella parte in cui si recuperano a tassazione anche i dividendi corrisposti da M al comune di M (\u00A3. 628.113.474) ed alla società S (\u00A3. 493.517.721). Il primo motivo di critica è infondato. Ed invero, dalla lettura dell'atto impugnato si ricava che l'Agenzia delle Entrate ha così esplicitato il calcolo degli interessi determinati in complessivi \? 48.359,14 ed aumentati di \? 15,73 per ogni giorno successivo all'emissione del provvedimento: - "applicazione del tasso del 6,95 in vigore alla data di scadenza ordinariamente prevista per il versamento di saldo delle imposte non corrisposte con riferimento al primo periodo di imposta interessata dal recupero dell'aiuto. Trascorso un quinquennio, il tasso di interesse è stato ricalcolato sulla base del tasso 4,8 in vigore al momento in cui è stato effettuato il ricalcolo"; - "a decorrere dal 16/6/1998 (giorno successivo a quello di scadenza del Europea www.europa.eu.int. Va altresì osservato che nel ricorso introduttivo del primo grado di giudizio3 la società contribuente non aveva contestato il quantum ed il quomodo dei conteggi giacché si era limitata a sostenere di non essere stata posta nelle condizioni di potere conoscere il tasso di interesse assumendo che l'atto impugnato contenesse un rimando ad un atto non allegato. Avuto riguardo, invece, a quanto sopra rappresentato, si deve prendere atto che la prospettazione della società ricorrente in riassunzione non sia esatta in quanto nell'avviso - ingiunzione è esplicitato il saggio di interesse, sono indicati versamento di saldo delle imposte dovute per il periodo di imposta 1997) fino alla data del 30 aprile 2007 (giorno di emissione della presente comunicazione di ingiunzione)". Con nota a più di pagina, infine, l'Ufficio ha spiegato che i tassi di riferimento utilizzati per il calcolo sono consultabili sul sito internet dell'Unione i parametri di calcolo ed il rimando al sito internet \- peraltro agevolmente consultabile - è operato solo al fine di consentire al contribuente di verificare l'esattezza del calcolo che è comunque sviluppato in ogni suo passaggio, anche per quel che concerne il periodo successivo all'emissione dell'atto. In conclusione, non sussiste alcun vizio di motivazione del provvedimento impugnato per quel che concerne il calcolo degli interessi nè può sostenersi, come assume la società ricorrente, che sia stata omessa l'allegazione all'avviso impugnato di un atto necessario ed essenziale per la comprensione del provvedimento medesimo atteso che il sito internet richiamato contiene solo dati numerici e la parte aritmetica del calcolo degli interessi non ha formato oggetto di contestazione nel ricorso introduttivo. Vanno, invece ritenute fondare le censure inerenti al recupero a tassazione dei dividendi distribuiti nell'anno d'imposta oggetto del presente processo dalla società contribuente. Ed invero, quanto alla somma di \u00A3. 628.113.474 corrisposta al Comune di M va preso atto che non vi è contestazione da parte dell'Ufficio (art. 115 c.p.c.) in ordine alla doglianza. In ordine, invece, alla somma di \u00A3. 493.517.721 versata alla società S che l'ha incontrovertibilmente (art. 115 c.p.c.) sottoposta a tassazione, ritiene questa Corte che la critica sollevata (anche) nel ricorso in riassunzione sia fondata. Infatti, anche di recente, la Suprema Corte ha ritenuto ravvisarsi la violazione del divieto di doppia imposizione di cui all'art. 163 T.U.UI.R. quando si sottopone ad imposizione fiscale la stessa somma richiesta a due soggetti in forza del medesimo "titolo"; affinché non si incorra nel divieto de quo occorre, invero, che i due soggetti siano tenuti, a titolo diverso, a sottoporre a fiscalità la medesima somma: "In tema di imposte sui redditi, la doppia imposizione si verifica soltanto nell'ipotesi di due avvisi di accertamento che assoggettino a tassazione il medesimo presupposto, non quando l'imposta venga chiesta in pagamento a fronte di due diversi titoli a due soggetti diversi. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto che non integrassero gli estremi di una doppia imposizione la richiesta dell'imposta autoliquidata da un soggetto interposto in una compravendita immobiliare e l'avviso di accertamento della plusvalenza notificato al ricorrente, qualificato come interponente e percettore finale del corrispettivo di vendita.)." Orbene, nel caso in esame è del tutto evidente che l'Agenzia delle Entrate, pur avendo S sottoposto a tassazione quale reddito la somma sopra indicata, ritiene di richiedere a M la medesima imposizione fiscale sulla medesima somma sempre in forza del medesimo titolo. Rispetto alle valutazioni sopra espresse non può ricavarsi alcuna contrapposta argomentazione dall'atto di controdeduzioni dell'Agenzia delle Entrate, la quale, come sopra letteralmente riportato, si è limitata a confermare la legittimità del suo operato sic et simpliciter. Ne consegue allora che le richieste della contribuente vanno accolte. La reciproca soccombenza e la complessità processuale della presente vicenda giustificano la decisione di compensare le spese processuali del giudizio di cassazione (la cui determinazione è stata rimandata a questo Giudice del rinvio da parte del Giudice di legittimità) e del presente giudizio di rinvio. P.Q.M. la Corte Tributaria di secondo grado delle Marche, giudicando in sede di rinvio, in parziale riforma della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Macerata n. 64/1/2008 del 26/2/208 depositata in Segreteria il 17/6/2008, in accoglimento parziale dell'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate avverso tale sentenza, annulla l'ordinanza ingiunzione N. 30924/07 emessa dall'Agenzia delle Entrate di Macerata limitatamente al recupero a tassazione delle somme corrisposte a titolo di dividendi al Comune di M ed a S. Spese del giudizio definito con sentenza della Corte di Cassazione n. 32103/18 e del presente giudizio compensate fra le parti.
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