Sentenza del 17/10/2005 n. 20033 - Corte di Cassazione

Testo

                      Svolgimento del processo  

 La Parrocchia  della  B.V. di S.L. di Querciola ha impugnato gli avvisi di  

accertamento Ici relativi ad una unita' immobiliare urbana ritenuta dalla
parrocchia esente perche' pertinenza della Chiesa, destinata a casa canonica
ed utilizzata per lo svolgimento di attivita' quale il catechismo,
l'educazione cristiana, le attivita' missionarie e le altre attivita'
pastorali inerenti alla cura delle anime.
Il comune, invece, ha sostenuto l'assoggettabilita' a tributo
dell'immobile non destinato a casa canonica, essendo il parroco risultato
residente in un comune limitrofo.
La Commissione provinciale ha accolto il ricorso, e la sentenza e' stata
confermata dalla Commissione regionale per un duplice profilo:

    i) il  primo,  perche'  la  casa  canonica  costituisce  una pertinenza  

della Chiesa parrocchiale e a nulla rileva che essa sia o meno abitata dal
parroco. L'art. 7, comma 1, lettera d), del decreto legislativo, infatti,
non pone alcuna condizione per l'esenzione dei fabbricati destinati
all'esercizio del culto e delle loro pertinenze;
ii) il secondo, perche' dagli atti processuali e' emerso che la
canonica era utilizzata dal parroco, ancorche' residente in altro comune,
non solo come abitazione, ma anche per lo svolgimento di attivita' di
carattere religioso previste dall'art. 16, lettera a), della L. n. 222/1985,
per cui l'immobile doveva considerarsi esente anche ai sensi dell'art. 7, comma 1, lettera i), del D.Lgs. n. 504/1992.
Il comune ha proposto ricorso.
La Parrocchia ha resistito con controricorso.

                         Motivi della decisione  

 Con il   primo   motivo  il  ricorrente  ha  dedotto  violazione  e  falsa  

applicazione dell'art. 7, comma 1, lettera d), del D.Lgs. n. 504/1992 e
dell'art. 2697 del codice civile in quanto nella specie:

    a)non si tratta di un edificio di culto ne' di una pertinenza di esso;  
    b)si tratta  di  un fabbricato accatastato in categoria A/4 (abitazione  

di tipo popolare), che non puo' fornire "quella utilita' tipica della
pertinenza alla cosa principale quando quest'ultima risulta essere una
chiesa" e che in concreto non fornisce quella utilita' dal momento che e'
emerso che il parroco abita altrove;
c)la Parrocchia doveva fornire la prova del diritto alla esenzione,
essendo erroneo ritenere che la prova della inesistenza del rapporto
pertinenziale fosse a carico del comune.

 La Parrocchia  ha  resistito  sostenendo che la destinazione dell'immobile  

quale canonica e' stata effettuata con decreto vescovile emesso ai sensi
dell'art. 29, ultimo comma, della L. n. 222/1985 a seguito della
soppressione dei benefici parrocchiali, per cui si e' realizzata una
modalita' di costituzione del vincolo pertinenziale, vincolo che mai e'
venuto a cessare neanche allorche' il parroco per un fatto personale ha
fissato la propria residenza anagrafica in altro comune.
La censura e' infondata e deve essere rigettata.
Giova rilevare che di recente si e' formato un orientamento consolidato
secondo il quale la situazione di fatto prevale rispetto all'accatastamento
del bene (Cass. sentenze n. 19375/2003, n. 17035/2004, n. 19161/2004, n.
5755/2005), sicche' la categoria A/4 assegnata al bene di cui qui si
discute non ha importanza determinante per escludere il bene dalla esenzione.
Secondo quel che comunemente accade si puo' ritenere sussistente una
presunzione, ovviamente suscettibile di prova contraria (nella specie
mancata), secondo la quale una casa sita nei pressi della Chiesa normalmente
serve e viene utilizzata per l'abitazione del parroco addetto a quella
Chiesa.
Il vincolo pertinenziale e' un vincolo che si crea tra due beni a
prescindere dalla persona fisica che in quel momento svolge le funzioni di
parroco e che, temporaneamente, potrebbe anche non risiedere in quella casa.
Quindi, e' del tutto irrilevante che nella specie il parroco, nel periodo al
quale si riferisce l'accertamento) avesse la residenza anagrafica in altro
comune, essendo il vincolo pertinenziale collegato ai beni e non alle
persone che si trovano ad operare in quei fabbricati (Chiesa e casa
canonica). D'altra parte, per come ha rilevato la Commissione tributaria
regionale, l'art. 7, comma 1, lettera d), non pone per l'esenzione della
pertinenza alcuna condizione.
Con il secondo motivo il comune ha dedotto violazione e falsa
applicazione degli artt. 7, commi 1, lettera i), e 2, del D.Lgs. n. 504/1992
e 2697 del codice civile in quanto non e' stata fornita la prova dello
svolgimento di attivita' aventi diritto alla esenzione.
Anche questa censura e' infondata dal momento che, sempre secondo quel
che comunemente accade, sussiste una presunzione secondo la quale in una
casa canonica, sita nei pressi di una Chiesa, vengono svolte le attivita' di
carattere religioso previste dall'art. 16, lettera a), della L. n. 222/1985,
richiamato dall'art. 7, comma 1, lettera i). Ovviamente, si tratta di una
presunzione relativa, suscettibile di prova contraria, prova che il comune
non ha fornito. Peraltro, la Commissione tributaria regionale ha evidenziato
che dagli atti processuali risulta che la casa di che trattasi viene
utilizzata dal parroco non solo come abitazione, ma anche per le attivita'
religiose.
Con il terzo motivo il ricorrente ha dedotto omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia,
avendo il giudice di merito giudicato in assenza completa di prove.
Il motivo e' infondato e deve essere rigettato poiche' la Commissione
tributaria regionale ha indicato, sia pure succintamente, le ragioni per le
quali ha adottato quella decisione. Sussistono giusti motivi per compensare
le spese.

                                 P.Q.M.  

 Rigetta il ricorso. Compensa le spese.

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