Sentenza del 20/11/2015 n. 23761 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Testo

Svolgimento del processo

A seguito della stipula di contratto d'appalto -avente ad oggetto la costruzione di stampi da utilizzare nella produzione di testate cilindriche- tra la società committente T., con sede in Gran Bretagna, e la appaltatrice C. s.r.l., residente in Italia, quest'ultima, su richiesta della stessa committente, incaricava della realizzazione della fabbricazione degli stampi e delle testate cilindriche la subappaltatrice fonderia Battistini s.r.l.. Realizzati e consegnati i prodotti finali, C. s.r.l. provvedeva, quindi, ad emettere fatture nei confronti di Triumph, senza liquidazione dell'IVA in quanto operazioni di cessione intracomunitaria non imponibili, ai sensi del D.L. n. 331 del 1993, art. 41, comma 1, lett. a), conv. in L. n. 427 del 1993.

L'Ufficio di Comacchio dell'Agenzia delle Entrate, a seguito delle risultanze della verifica emerse dal PVC redatto dalla Guardia di Finanza in data 28.6.2006, notificava a C. s.r.l. avviso di accertamento per gli anni dal 2000 al 2005 contestando la sussistenza dei presupposti normativi della non imponibilità, in quanto gli stampi erano rimasti presso la ditta subappaltatrice al termine delle lavorazioni, e non erano stati trasferiti nel territorio dello Stato membro della società inglese cessionaria, come richiesto dalla normativa tributaria.

L'avviso era opposto dalla società che risultava vittoriosa in entrambi i gradi di giudizio.

La Commissione tributaria della regione Emilia-Romagna, con sentenza 31.5.2010 n. 55, rilevava in particolare che la società contribuente aveva fornito prova che la realizzazione degli stampi e la costruzione dei prodotti finali concernevano il medesimo contratto di appalto, che prevedeva l'affidamento in subappalto dei lavori,con la conseguenza che il presupposto del trasferimento degli stampi nel territorio dello Stato membro della cessionaria, doveva essere verificato, non al termine di efficacia del contratto di appalto di fornitura, ma al termine del ciclo produttivo, e cioè della completa usura o distruzione dello stampo nel corso del tempo: nella specie tale evento non si era ancora realizzato in quanto la produzione dei beni era continuata con la stipula, anche nell'anno 2008, di ulteriori contratti di fornitura -conclusi direttamente dalla Triumph con la Battistini- aventi ad oggetto testate cilindriche prodotte con i medesimi stampi.

La sentenza di appello, notificata in data 1.7.2010, è stata ritualmente impugnata per cassazione dalla Agenzia delle Entrate con un unico motivo, per violazione di norme di diritto.

Resiste con controricorso la società contribuente.

Motivi della decisione

La eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione, per vizio di nullità della notifica (eseguita invalidamente direttamente presso la sede della società contribuente, in difetto delle condizioni previste dall'art. 330 c.p.c., comma 3), che la parte resistente non ritiene sanato dalla propria costituzione in giudizio essendo stato notificato il controricorso soltanto dopo la scadenza del termine di impugnazione ordinaria, è infondata, venendo a confondere la società resistente le conseguenze giuridiche della "nullità" con quelle della "inesistenza" della notifica. Per giurisprudenza consolidata di questa Corte sussiste radicale inesistenza della notifica soltanto quando la stessa venga effettuata con consegna di copia dell'atto in luogo o a persona privi di qualsiasi rapporto con il suo destinatario, mentre, nel caso in cui essa sia stata eseguita in un luogo (cfr. Corte cass. 5 sez. 1.6.2007 n. 12908 -notifica eseguita al procuratore non domiciliatario, anziché presso il domicilio eletto-) od a persona (cfr. Corte cass. 1 sez. 29.7.2011 n. 16759 -notifica eseguita a procuratore diverso da quello domiciliatario, ma con studio in comune-) non privi di "astratto collegamento" con il destinatario, ricorre mera nullità della notifica, sanabile con effetto "ex tunc", ai sensi dell'art. 156 c.p.c., comma 3, a seguito del raggiungimento dello scopo dell'atto, che si verifica tanto nel caso in cui il resistente si sia ritualmente costituito in giudizio (cfr. Corte cass. 5 sez. 4.4.2008 n. 8777 -essendo irrilevante ai fini della sanatoria che la costituzione in giudizio sia avvenuta ai solo fine di eccepire la nullità-), quanto nel caso di rinnovazione della notifica invalida cui la parte istante provveda spontaneamente o in esecuzione dell'ordine impartito dal giudice (cfr. Corte cass. 1 sez. 15.1.2007 n. 621; id. 2 sez. 2.12.2009 n. 25350).

Consegue che, nella fattispecie in esame, la notifica della impugnazione alla parte personalmente anziché presso il procuratore nel domicilio eletto, come prescritto dall'art. 330 c.p.c., comma 1, comporta un vizio di invalidità -e non la inesistenza- del procedimento notificatorio (giurisprudenza consolidata, da ultimo:

Corte cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 16801 del 24/07/2014) che risulta sanato ex art. 156 c.p.c., comma 3, con effetto "ex tunc", dalla avvenuta costituzione in giudizio della parte resistente, atteso che l'efficacia retroattiva sanante del ricorso per cassazione si produce anche se il controricorso risulti notificato oltre il termine di cui all'art. 370 cod. proc. civ. (non avendo tale termine iniziato il suo decorso proprio a causa della nullità della notifica del ricorso), ovvero anche se sia stato notificato oltre il termine annuale dalla pubblicazione della sentenza, di cui all'art. 327 cod. proc. civ. (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 14539 del 19/11/2001; id. Sez. 5, Sentenza n. 6417 del 01/04/2004; id. Sez. 3, Sentenza n. 908 del 18/01/2005; id. Sez. 5, Sentenza n. 27452 del 19/11/2008).

Manifestamente dilatoria la eccezione di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 -e sembra anche la eccezione di improcedibilità ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 - del ricorso per cassazione, dedotta sul presupposto della omessa indicazione da parte della Agenzia delle Entrate ricorrente della fase processuale in cui erano stati prodotti i documenti citati (PVC; e circolare n. 13/1994 dell'Ag.Entrate).

La rilevata omissione della parte ricorrente non ha interessato, infatti, alcuno specifico atto processuale o documento "posto a fondamento del motivo" di ricorso, che risulta incentrato esclusivamente sulla errata interpretazione ed applicazione fatta dal Giudice di merito della disposizione del D.L. n. 331 del 1993, art. 41, comma 1, lett. a), (vizio di "error juris" ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), essendosi limitata la Agenzia fiscale a fare propri nel ricorso gli stessi argomenti giuridici esposti nella circolare amministrativa n. 13 del 23.2.1994, il cui contenuto è stato riportato alle pag. 9 e 10 del ricorso: tale documento, pertanto, non viene in rilievo, nel presente giudizio, quale parametro del sindacato di legittimità richiesto in ordine alla prospettata censura (nè potrebbe, non rivestendo la natura di fonte di diritto, trattandosi di "atto amministrativo"), nè è stato, peraltro, dedotto con il motivo in esame anche un vizio logico della motivazione della sentenza, tale per cui il documento viene ad assumere funzione probatoria di fatti od attività riferibili alla Amministrazione finanziaria rilevanti nella ricostruzione della fattispecie concreta. La circolare amministrativa viene infatti in rilievo nel ricorso, al pari delle opinioni dottrinarie e dei precedenti giurisprudenziali, esclusivamente in funzione del contenuto ideologico e dunque della interpretazione delle norme e degli argomenti giuridici in essa svolti, utilizzati dalla Agenzia ricorrente nella esposizione delle ragioni in diritto a supporto del motivo, ai sensi dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4): il riferimento contenuto nel ricorso alla circolare amministrativa, non assolve, pertanto, ad alcuna esigenza processuale e potrebbe anche del tutto essere omesso senza per questo pregiudicare l'esame delle ragioni giuridiche esposte a sostegno della censura.

Ad analoga conclusione deve pervenirsi anche in relazione alla indicazione contenuta nel ricorso per cassazione al PVC in data 28.6.2006, trattandosi di un mero richiamo in funzione descrittiva della vicenda storica, essendo le circostanze di fatto del tutto pacifiche tra le parti che controvertono esclusivamente sulla interpretazione della norma tributaria applicata al caso di specie.

La mancanza di una relazione funzionale diretta tra i documenti citati e la censura in diritto, esclude ogni rilevanza alla omessa indicazione del luogo processuale in cui detti documenti sono strati prodotti nel corso del giudizio ( art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) ed alla omessa allegazione di tali atti al ricorso per cassazione ( art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4).

E' appena il caso, poi, di rilevare la infondatezza della ulteriore censura di inammissibilità del ricorso in quanto asseritamente rivolto con il motivo a denunciare la violazione di una circolare amministrativa: premesso che eventuali errori nella indicazione delle norme di diritto violate, contenuti nella rubrica del motivo di ricorso, non sono ex se idonei a precludere l'esame della censura di legittimità, che deve invece essere correttamente individuata alla stregua della intera esposizione e della critica in concreto fatta valere nei confronti della sentenza impugnata, osserva il Collegio che la censura appare inequivocamente rivolta a contestare la errata interpretazione, fornita dalla CTR, delle norme di legge indicate in rubrica, intendendo prospettare l'Agenzia ricorrente la diversa - asseritamente corretta-interpretazione delle stesse già indicata nella predetta circolare amministrativa.

Con l'unico motivo di ricorso la Agenzia delle Entrate deduce il vizio di violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 1, lett. a); del D.L. n. 331 del 1993, art. 41, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Osserva la ricorrente che gli stampi erano oggetto del contratto di appalto stipulato tra C. s.r.l. e T., e la cessione della proprietà degli stessi è stata fatturata dalla appaltatrice alla committente, senza tuttavia che alla cessazione del predetto contratto fosse seguito il materiale trasferimento anche di tali beni nel territorio della società britannica, essendo rimasti in custodia gli stampi presso la ditta B. s.r.l. subappaltatrice della fornitura, che in seguito aveva successivamente stipulato con la Triumph altri contratti ed eseguito diverse forniture utilizzando detti stampi. In difetto della materiale consegna degli stampi, o della loro consunzione nel processo produttivo, o ancora della loro distruzione pattuita dai contraenti all'esito della esecuzione della fornitura dei prodotti finiti, difettava il presupposto applicativo della non imponibilità della operazione di cessione intracomunitaria.

Il motivo è fondato.

Il corrispettivo dello stampo, indicato autonomamente in fatture, implica che il documento commerciale attesta una operazione di cessione del bene - stampo a titolo oneroso che, in applicazione della disciplina degli scambi intracomunitari vigente nel "periodo transitorio", esonera il cedente dal versamento dell'IVA, laddove il bene sia ceduto ad acquirente comunitario e sia effettivamente spedito o trasferito materialmente dal territorio dello Stato nel territorio dello Stato membro di residenza del cessionario.

Al riguardo il D.L. n. 331 del 1993, art. 41, comma 1, lett. a) conv. in L. n. 427 del 1993, nel testo vigente ratione temporis, qualificava "cessioni non imponibili…….a) le cessioni a titolo oneroso di beni, trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro, dal cedente o dall'acquirente, o da terzi per loro conto, nei confronti di cessionari soggetti di imposta o di enti, associazioni ed altre organizzazioni indicate nel D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 4, comma 4, non soggetti passivi d'imposta; i beni possono essere sottoposti per conto del cessionario, ad opera del cedente stesso o di terzi, a lavorazione, trasformazione, assiemaggio o adattamento ad altri beni". Il materiale trasferimento del bene oggetto della cessione nel territorio del diverso Stato membro, integra pertanto un elemento costitutivo del diritto del soggetto nazionale cedente a sottrarre la operazione alla liquidazione ed al pagamento della imposta nello Stato, ed in difetto di tale elemento la operazione di cessione resa a favore di soggetto comunitario si intende effettuata nel territorio nazionale, con conseguente applicazione del regime fiscale ordinario (il cedente nazionale è soggetto passivo d'imposta).

Trattandosi nella specie di beni ad utilizzo ripetuto necessari all'adempimento del contratto di fornitura, si è reso necessario interpretare il presupposto normativo in relazione al duplice aspetto: a) della immediata fatturazione del corrispettivo relativo alla costruzione ed alla cessione dello stampo; b) della mancata immediata consegna al committente dello stampo in quanto bene destinato ad essere impiegato nella fabbricazione del diverso prodotto finito oggetto del contratto di fornitura (nel caso di specie: testate cilindriche). Coerentemente alla "ratio legis" della non imponibilità della operazione intracomunitaria, si è quindi ritenuto di considerare unitariamente la fattispecie negoziale laddove con il medesimo contratto venga richiesto al fornitore del prodotto finito di realizzare anche lo stampo necessario a produrlo, differendo alla cessazione del rapporto contrattuale il presupposto del "materiale trasferimento nel territorio dell'altro Stato membro" dello stampo, e prevedendo altresì la ipotesi che lo stampo venga "consumato" o "distrutto" in conseguenza del processo di lavorazione del prodotti finito ovvero in esito alla esecuzione del contratto ovvero al termine della durata dello stesso (qualora fossero previste forniture periodiche od a consegne ripartite nel tempo), in tal caso ritenendo egualmente assolto il presupposto indicato nel venir meno della stessa esistenza di un autonomo bene suscettibile di trasporto o spedizione.

Risulta invece del tutto estranea alla fattispecie normativa la ipotesi in cui l'acquirente comunitario del bene-stampo, pur non avendolo ricevuto in consegna nel territorio dello Stato membro di residenza, lo affidi in uso od in custodia allo stesso cedente o ad altro soggetto residente nello Stato di origine del bene, in vista di eventuali e successivi rapporti contrattuali aventi ad oggetto la fornitura di analoghi od identici prodotti finali, mediante utilizzo degli stessi stampi.

Le scelte operative del committente si collocano infatti al di fuori della singola operazione economica -pure unitariamente considerata-, afferendo ad altri e diversi rapporti contrattuali, peraltro del tutto eventuali, che danno origine ad ulteriori distinte operazioni economiche fiscalmente rilevanti, e non possono pertanto condizionare "ad libitum" la esigenza della Amministrazione finanziaria -che trova fondamento nel generale principio di certezza dei rapporti giuridici- di definire il regime fiscale del rapporto tributario insorto con la operazione di cessione della stampo e la emissione della relativa fattura.

Deve, pertanto, ritenersi errata in diritto la sentenza della CTR laddove intende rinvenire la "ratio legis" della disposizione sulla non imponibilità delle cessioni intracomunitarie, nel differimento del presupposto di legge (trasferimento materiale del bene nel territorio del cessionario) fino all'esaurimento fisico del bene in considerazione delle peculiari caratteristiche di obsolescenza, prescindendo dall'elemento giuridico determinante considerato dalla fattispecie normativa astratta e che è costituito dal negozio giuridico (nella specie contratto di appalto) traslativo del diritto sul bene, cui è sottesa la operazione economica (realizzazione del bene-stampo strumentale all'adempimento del contratto di fornitura del prodotto finale) per la quale deve essere verificato il presupposto del materiale trasporto del bene dallo Stato membro di origine a quello, diverso, di destinazione, ai fini della non imponibilità IVA riconosciuta dal D.L. n. 331 del 1993, art. 41, comma 1, lett. a), conv. in L. n. 427 del 1993 alle operazioni di cessione intracomunitaria. Non è dato quindi frazionare artificiosamente il rapporto giuridico nel quale si sostanzia la operazione di cessione, isolando l'obbligo di trasferimento materiale dello stampo dalla efficacia del contratto al quale accede, costituendo materia di prova -deferita in via esclusiva alle parti contraenti- la dimostrazione che il rapporto contrattuale, in ordine al quale vengono emesse le fatture, si configuri o meno come rapporto di durata e preveda prestazioni ripetute nel tempo, o che il contratto stabilisca un termine finale per l'adempimento della consegna dei beni, o ancora che detto termine sia stato convenzionalmente prorogato, e che l'utilizzo degli "stampi" sia proseguito per l'adempimento delle prestazioni contrattuali, con conseguente differimento della materiale consegna degli stessi al cessionario al termine previsto per la cessazione del rapporto.

Va dunque affermato il seguente principio di diritto:

"nel caso di stipula di contratto di appalto tra operatori economici comunitari residenti in diversi Stati membri, che preveda anche l'affidamento della costruzione di modelli, forme, stampi od altri attrezzi strumentali al procedimento di fabbricazione del prodotto finale, da cedere al committente unitamente a questi ultimi, il presupposto del materiale trasporto del bene-strumentale (ove quest'ultimo non sia andato distrutto o consumato nel processo di fabbricazione) dallo Stato membro di origine a quello, diverso, di destinazione, ai fini della non imponibilità IVA riconosciuta dal D.L. n. 331 del 1993, art. 41, comma 1, lett. a), conv. in L. n. 427 del 1993 -nel testo applicabile ratione temporis - alle operazioni di cessione intracomunitaria, deve essere verificato con riferimento al tempo della cessazione del rapporto contrattuale in questione, e non anche al tempo della cessazione di eventuali distinti contratti stipulati dalle stesse parti, anche se aventi ad oggetto la fornitura di ulteriori beni della stessa specie da ottenere mediante l'utilizzo dei medesimi modelli, forme, stampi o attrezzature, dovendo ritenersi esaurita la operazione di cessione intracomunitaria con la estinzione del rapporto contrattuale avente ad oggetto la realizzazione del bene- strumentale".

In conclusione il ricorso va accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non occorrendo procedere ad ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa dalla Corte nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto del ricorso introduttivo e la condanna della parte resistente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, compensate le spese dei gradi di merito.

P.Q.M.

La Corte:

- accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla società contribuente che condanna alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 8.000,00 per compensi, oltre le spese prenotate a debito, dichiarate interamente compensate tra le parti le spese relative ai gradi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 ottobre 2015.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2015

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