Sentenza del 29/07/2016 n. 15870 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Testo

Svolgimento del processo

L'Agenzia delle Entrate propone ricorso nei confronti di A. impianti srl, oggi in liquidazione, avverso la sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Regionale di Bologna, sezione distaccata di Parma, del 19 febbraio 2010 nella controversia sorta a seguito di una verifica fiscale a carico della A. impianti srl, in cui risultava, fra l'altro, l'emissione di una fattura nei confronti della Simac srl per la cessione di parte di un mulino verticale. L'operazione risultava inesistente perché avente ad oggetto beni in demolizione, con passaggi strumentali per creare un costo artificioso. L'Agenzia delle Entrate provvedeva quindi al recupero dell'Iva corrispondente al corrispettivo della fattura ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7 ancorchè si trattasse di fattura non imponibile ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8.

La CTR confermava la sentenza di primo grado che aveva escluso che fosse dovuta Iva su tale falsa fattura in quanto "L'inesistenza delle operazioni in regime di esenzione da Iva non può comportare l'applicazione del disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7, con conseguente debenza dell'imposta indicata in fattura, in quanto tale norma disciplina il diverso caso di operazioni assoggettate all'imposta".

Deduce con unico motivo la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7, in relazione all'art. 360 c.p.c. , n. 3), osservando che, non essendosi verificata alcuna cessione di beni trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro, non si è realizzato il presupposto per la non imponibilità della somma asseritamente versata. Per tale ragione la somma indicata in fattura andava assoggetta ad Iva.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Questa Corte ha già affermato che "La disposizione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7, secondo la quale, se viene emessa fattura per operazioni inesistenti, l'imposta è dovuta per l'intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura, non si applica alle fattispecie in cui le operazioni "simulate" siano anche "esenti", in quanto un'operazione di per sì "non imponibile" non muta certo tale qualità per il solo fatto di essere stata simulata, ed in quanto, inoltre, ad altrimenti concludere, si finirebbe per introdurre, nel sistema, una sostanziale sanzione non prevista dal legislatore. (Sez. 1, Sentenza n. 11141 del 13/12/1996, Rv. 501299)".

Tale Interpretazione deve essere confermata, osservandosi che la regola "che il corrispondente tributo viene, in realtà, ad essere considerato "fuori conto", e la relativa obbligazione, conseguentemente, "isolata" da quella risultante dalla massa di operazioni effettuate, ed estraniata, per ciò stesso, dal meccanismo di compensazione tra IVA "a valle" ed IVA "a monte", che presiede alla detrazione d'imposta di cui all'art. 19 D.P.R. cit." per cui il soggetto emittente è costituito "debitore d'imposta, pur in assenza del suo ordinario presupposto, sulla base del solo principio di cartolarit" (Sez. 5, Sentenza n. 3197 del 18/02/2015 Rv. 634513) non può certo comportare che la falsa fattura assuma un contenuto diverso da quello apparente.

Si tratta di una fattura falsa che, secondo la citata norma, rileva per il suo contenuto cartolare quale presupposto di imposta e, appunto in quanto cartolarmente "falsa fattura esente, "non può essere assoggettata ad Iva. Nulla per le spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

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