Sentenza del 29/07/2016 n. 15870 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Massime

IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO IVA - OBBLIGHI DEI CONTRIBUENTI - FATTURAZIONE DELLE OPERAZIONI - IN GENERE - FATTURAZIONI PER OPERAZIONI INESISTENTI MA DI PER SÌ ESENTI - ASSOGGETTAMENTO AD IMPOSTA EX - COM7"ART 21 COMMA 7 DEL DPR N 633 DEL 1972 - ESCLUSIONE

In tema d'IVA, l'art. 21, comma 7, del d.P.R. n. 633 del 1972, ai sensi del quale se viene emessa fattura per operazioni inesistenti, l'imposta è dovuta per l'intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura, non si applica alle fattispecie in cui le operazioni "simulate" siano anche "esenti", in quanto un'operazione di per sì "non imponibile" non muta certo tale qualità per il solo fatto di essere stata simulata ed in quanto altrimenti si finirebbe per introdurre nel sistema una sostanziale sanzione non prevista dal legislatore.

Massima tratta dal CED della Cassazione


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In tema d'IVA, l'art. 21, settimo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in base al quale, se vengono emesse fatture per operazioni inesistenti, l'imposta è dovuta per l'intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura, va interpretato nel senso che il corrispondente tributo viene ad essere considerato "fuori conto" e la relativa obbligazione, conseguentemente, "isolata" da quella risultante dalla massa di operazioni effettuate e, per ciò stesso, estraniata dal meccanismo di compensazione tra IVA "a valle" ed IVA "a monte", che presiede alla detrazione d'imposta di cui all'art. 19 d.P.R. citato (e ciò anche perché l'emissione di fatture per operazioni inesistenti ha sempre costituito condotta penalmente sanzionata come delitto). Tale regola prevale su qualsiasi regime speciale o agevolativo, quale quello ex art. 34 del citato d.P.R. 633 del 1972, in tema di debito d'imposta del produttore agricolo.

Massima tratta dal CED della Cassazione

In tema di I.V.A., l'art. 21, settimo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, ai sensi del quale, se vengono emesse fatture per operazioni inesistenti, l'imposta stessa e' dovuta per l'intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura, va interpretato nel senso che il corrispondente tributo viene considerato "fuori conto" e la relativa obbligazione "isolata" da quella risultante dalla massa di operazioni effettuate, senza che possa operare, per tale fatto, il meccanismo di compensazione, tra I.V.A. "a valle" ed I.V.A. "a monte", che presiede alla detrazione d'imposta di cui all'art. 19 del d.P.R. citato, e cio' anche in considerazione della rilevanza penale della condotta consistente nell'emissione di fatture per operazioni inesistenti. Massima tratta dal CED della Cassazione.

La disposizione di cui all'art. 21, settimo comma, del DPR n. 633 del 1972, secondo la quale, se viene emessa fattura per operazioni inesistenti, l'imposta e' dovuta per l'intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura, non si applica alle fattispecie in cui le operazioni "simulate" siano anche "esenti", in quanto un'operazione di per se' "non imponibile" non muta certo tale qualita' per il solo fatto di essere stata simulata, ed in quanto, inoltre, ad altrimenti concludere, si finirebbe per introdurre, nel sistema, una sostanziale sanzione non prevista dal legislatore.

Il reato previsto dal quarto comma dell'art.50 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n.633 per emissione di fatture inesistenti, non puo' essere escluso per il solo fatto che, successivamente all'emissione della fattura, sia stata emessa nota di variazione ai sensi dell'art.26 del citato decreto n.633, in quanto l'annullamento delle fatture mediante la predetta procedura non garantisce che sia stato impedito l'uso distorsivo delle fatture stesse. L'ipotesi della fatturazione di operazioni inesistenti - penalmente sanzionata - va nettamente distinta da quella della fatturazione anticipata, prevista dall'art.6, quarto comma del D.P.R. 26 ottobre 1972 n.633 e, come tale, pienamente legittima in quanto, mentre la fattura anticipata e' destinata a rappresentare una operazione futura, la fattura emessa per operazioni inesistenti ha contenuto documentale preordinatamente avulso dalla realta' storica.

La rettifica con nota di credito prevista dall'art. 26, comma 3, del decreto IVA presuppone che l'operazione per la quale sia stata emessa fattura, operazione da rettificare perché venuta meno in tutto o in parte, sia vera e reale e non già del tutto inesistente. Ne deriva che in caso di operazioni inesistenti vige il divieto di utilizzare entro un anno note di credito per evitare il pagamento di IVA indebitamente fatturata. La giurisprudenza unionale ha specificato che in caso di operazioni inesistenti esiste il diritto di rettificare qualora l'emittente la fattura, che non era in buona fede, abbia, in "tempo utile", eliminato completamente il rischio di perdite di gettito fiscale. Ebbene, tale concetto non coincide, nè può corrispondere, col termine di un anno previsto dal comma 3 dell'art. 26. Perché la speciale procedura di variazione prevista dall'art. 26 presuppone, come si desume univocamente dalla considerazione della funzione perseguita dalla norma, che l'operazione per la quale sia stata emessa fattura sia un'operazione vera e reale e non già del tutto inesistente. E perché il concetto di "tempo utile" è equivalente al termine massimo previsto dal comma 1 dell'art. 23 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l'annotazione delle fatture emesse nell'apposito registro: difatti, solo in tal modo la pretesa di sottrarsi al pagamento dell'IVA dovuta su fatture emesse per operazioni inesistenti potrebbe essere riconosciuta fondata, perché solo in tal modo il documento viene sottratto al commercio giuridico e si evita non solo il danno ma anche il rischio di danno all'Erario.

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