Sentenza del 15/11/2022 n. 7341 - Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania Sezione/Collegio 4
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con separati ricorsi, poi riuniti, XXX ha impugnato gli avvisi di accertamento relativi all'imposta IMU per gli anni 2014 - 2017, notificati dal Comune di Salerno. Oggetto della contestazione risultano essere aree (di cui la ricorrente è comproprietaria nella misura del 7,00%) site in Salerno e comprese nel Piano Urbanistico Comunale cui è stato riconosciuto il corrispondente diritto edificatorio da esercitare su aree rientrate nel Comparto Edificatorio di tipo perequativo CPS X sub X, con la correlata area di trasformazione sita in località XXX, con valore venale di \? 94,92 al mq, giusta delibera di Giunta Comunale n. X del 23/02/2007. La Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, con sentenza n. 759/05/202, depositata il 25 febbraio 202, ha accolto i ricorsi, ritenendo che la motivazione dell'avviso risulta priva di una qualsiasi congruità e non vi è stata alcuna comunicazione al contribuente del valore assegnato al presunto diritto edificatorio, anche condizionato. L'ente ha proposto appello deducendo, la legittimità dell'accertamento che, sotto il profilo motivazionale, ha rinviato agli atti prodromici conosciuti e/o conoscibili dal contribuente, come nel caso in esame in cui l'avviso richiama (tra gli atti soggetti a pubblicità legale) la delibera di G. M. n. XXX/2007, contenente la Relazione di stima da cui sono stati desunti i valori delle aree fabbricabili ai fini dell'accertamento dell'imposta ICI/IMU.
In concreto, il terreno è stato ritenuto edificabile in ragione del "principio della perequazione urbanistica" per effetto del quale tutti i suoli compresi in un Comparto Edificatorio, indipendentemente dallo loro formale ed apparente destinazione (es: area di trasformazione, area destinata a standard, area destinata a viabilità, ecc.) generano sempre Diritti Edificatori Propri (DEP) che equivalgono a Superfici Lorde di Solaio (SLS) realizzabili, nei termini previsti dallo strumento urbanistico, anche in zone diverse del territorio rispetto all'area oggetto di accertamento. Il giudice di prime cure non ha affatto compreso il suddetto meccanismo erroneamente ritenendo che il riconoscimento di diritti edificatori da esercitare in altra area costituisca un "vincolo" sui suoli di proprietà privata incidente sotto il profilo della loro negoziabilità, non avendo viceversa compreso che il regime della perequazione opera in senso opposto a quanto lamentato dal ricorrente e pedissequamente accolto dal giudice tributario, operando una sostanziale equiparazione - ai fini del valore venale - tra i suoli formalmente rimasti nella proprietà e quelli ove deve attuarsi la trasformazione.
Tra le proprietà private ed il Comune non si opera alcuno "scambio di equivalenti" nè ha senso parlare di meccanismo di "congruità" da rispettare in quanto il Comune ha semplicemente provveduto a disciplinare le modalità delle attività costruttive, dopo aver impostato la pianificazione comunale secondo il criterio della "perequazione" improntata al superamento della disparità di trattamento dei suoli in quanto tutti i suoli esprimono una capacità edificatoria, indipendentemente dall'uso (pubblico o privato) che il Piano prescrive per essi. Cosicché il collegio giudicante avrebbe dovuto attenersi ai criteri di determinazione del valore venale di cui dell'art. 5, comma 5 del d. lgs. n. 504/1992 (applicabile all'imposta IMU ai sensi dell'art. 13, comma 3 del D.L. n. 201/2011, convertito dalla legge n. 214/2011) cui si riporta la Relazione di stima approvata con la delibera n. XXX/2007, che espressamente precisa (in premessa) che i valori delle aree fabbricabili sono determinati nel rispetto dei criteri indicati dall'art. 7 del Regolamento Comunale adottato in ottemperanza alla disposizione di cui all'art. 5, comma 5 del d. lgs. n. 504/1992. Invece, il giudice di primo grado, decidendo per l'accoglimento del ricorso sotto il profilo del difetto di motivazione, ha di fatto disapplicato la delibera n. 240/2007 accogliendo doglianze che controparte avrebbe dovuto prospettare al giudice amministrativo e non a quello tributario che, in materia, non ha il potere di disapplicare l'atto se non quando questo sia palesemente affetto da illegittimità sotto il profilo dell'eccesso di potere o da altro vizio tipico dei provvedimenti amministrativi. Peraltro, il giudice si è limitato ad annullare gli avvisi di accertamento e, con essi, la pretesa fiscale, senza rideterminarla nel quantum. Si è costituita la contribuente, limitandosi a chiedere, genericamente, il rigetto dell'appello. All'udienza odierna, la causa è stata decisa come da dispositivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L'appello è infondato. La Commissione Provinciale ha evidenziato non solo l'assenza di motivazione, ma anche, sostanzialmente, ritenendo che ci sia stata, di fatto, una permuta, l'assenza di una fattispecie suscettibile di imposizione ai fini IMU. Occorre premettere che, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 11 quaterdecies, comma 16, del d.l. n. 203 del 2005, conv. con modif. dalla I. n. 248 del 2005, e dell'art. 36, comma 2, del d.l. n. 223 del 2006, conv. con modif. dalla I. n. 248 del 2006, che hanno fornito l'interpretazione autentica dell'art. 2, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 504 del 1992, l'edificabilità di un'area, ai fini dell'applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev'essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall'approvazione dello stesso da parte della Regione e dall'adozione di strumenti urbanistici attuativi (Cass. n. 26895/2021)
Nella determinazione della base imponibile, è tuttavia necessario tener conto della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio (Cass., Sez. 5, n. 6702 del 10/03/2020; Sez. un., n. 25506 del 2006). Si è tuttavia precisato che deve escludersi la natura edificabile di un'area che tale sia in base al PRG, ma per la quale il piano paesaggistico regionale preveda vincoli di inedificabilità assoluti (Cass., Sez. 5, n. 34242 del 20/12/2019; n. 33012 del 14/12/2019).
Ciò considerato, le Sezioni unite della Corte di cassazione, nella sentenza n. 23902 del 29/10/2020, hanno chiarito che compensazione e perequazione urbanistica costituiscono istituti tra loro diversi. Si è infatti affermato che "mentre il diritto edificatorio di origine perequativa viene riconosciuto al proprietario del fondo come una qualità intrinseca del suolo (che partecipa fin dall'inizio di un indice di edificabilità suo proprio, così come prestabilito e 'spalmato' all'interno di un determinato ambito territoriale di trasformazione), il diritto edificatorio di origine compensativa deriva dall'adempimento di un rapporto sinallagmatico in senso lato, avente ad oggetto un terreno urbanisticamente non edificabile, ristorato con l'assegnazione al proprietario di un quid volumetrico da spendere su altra area.
Nel caso del diritto edificatorio di origine compensativa, particolarmente evidente è la progressività dell'iter perfezionativo della fattispecie, dal momento che quest'ultima si articola - seguendo la metafora aviatoria utilizzata in materia dagli urbanisti - in una fase (o area) di 'decollo' costituita dall'assegnazione del titolo volumetrico indennitario al proprietario che ha subito il vincolo; di una fase (o area) di 'atterraggio', data dalla individuazione ed assegnazione del terreno sul quale il diritto edificatorio può essere concretamente esercitato; di una fase di 'volo' rappresentata dall'arco temporale intermedio durante il quale l'area di atterraggio ancora non è stata individuata, e pur tuttavia il diritto edificatorio è suscettibile di circolare da sì". Ebbene, "solo nella perequazione l'indice di edificabilità viene attribuito 'al fondo' divenendo una qualità intrinseca di questo, e solo nella perequazione la fattispecie di edificabilità può dirsi perfetta fin dall'origine, non necessitando di successiva individuazione ed effettiva assegnazione di aree surrogatorie di atterraggio". E ciò giustifica la loro tassabilità ai fini ICI, stante la rilevanza, dal punto di vista tributario, della mera potenzialità edificatoria, ravvisabile nell'attribuzione di un indice perequativo costante di edificabilità ai suoli ricompresi nel comparto o, comunque nell'area interessata dal piano di intervento (Sez. un. n. 27575 del 2018; 15693 del 2017. Adde Sez. 6-5 n. 15312 del 2021). Viceversa, nel caso della compensazione urbanistica, ove "si assiste alla massima volatilità dello ius aedificandi rispetto alla proprietà del suolo", si è esclusa l'imponibilità ai fini ICI, come area edificabile, del terreno dal quale origina il diritto edificatorio compensativo. Questo, infatti, "non ha natura reale, non inerisce al terreno, non costituisce una sua qualità intrinseca ed è trasferibile separatamente da esso". In concreto, è indubbio che il terreno di proprietà della contribuente, per cui è causa, è stato inserito nella zona destinata a verde attrezzato, con conseguente esclusione di qualsiasi capacità edificatoria. Cosicché i diritti edificatori riconosciuti ai proprietari sono relativi ad altri terreni e non a quelli oggetto all'imposizione e sono, pertanto, compensativi dell'originaria capacità edificatoria perduta di questi ultimi. Ne discende l'esclusione, di questi, da qualsiasi imposizione ai fini IMU. L'appello deve essere rigettato, ma la particolarità delle questioni affrontate giustifica l'integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.
P.Q.M.
rigetta l'appello; compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
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