Sentenza del 03/03/2000 n. 2390 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Massime

ATTI AMMINISTRATIVI - FORMA - DOCUMENTAZIONE DELL'ATTIVITA' AMMINISTRATIVA - INDICAZIONE DELLA PERSONA FISICA TITOLARE DELL'ORGANO O SOTTOSCRIZIONE - NECESSITA' "AD SUBSTANTIAM" - ESCLUSIONE

La documentazione dell'attivita' amministrativa, soprattutto quando essa consista in certificazioni o accertamenti di fatto, o nella riproduzione del contenuto di altri atti, non richiede, "ad substantiam", l'indicazione della persona fisica titolare dell'organo o addirittura la sottoscrizione della stessa, essendo sufficiente la sicura riconducibilita' del documento (e quindi dell'atto di cui viene riprodotto il contenuto) all'amministrazione. * Massima tratta dal CED della Cassazione.


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Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

La presunzione di acquisto di beni, prevista dall'art. 53 comma 4, nell'ammettere, tra l'altro, la prova contraria del contribuente di averli ricevuti in base ad un rapporto di rappresentanza, limita la dimostrazione della sussistenza di tale rapporto alla sola prova documentale di determinati atti tassativamente elencati e cioe' atto pubblico, scrittura privata registrata, lettera annotata in apposito registro, in data anteriore a quella in cui e' avvenuto il passaggio dei beni, presso l'Ufficio IVA competente in relazione al domicilio fiscale del rappresentante o del rappresentato. *Massima redatta dal Servizio di documentazione Economica e Tributaria.

L'illeggibilita' della firma del conferente la procura alla lite, apposta in calce od a margine dell'atto con il quale sta in giudizio una societa' esattamente indicata con la sua denominazione, e' irrilevante, non solo quando il nome del sottoscrittore risulti dal testo della procura stessa o dalla certificazione d'autografia resa dal difensore, ovvero dal testo di quell'atto, ma anche quando detto nome sia con certezza desumibile dall'indicazione di una specifica funzione o carica, che ne renda identificabile il titolare per il tramite dei documenti di causa o delle risultanze del registro delle imprese. In assenza di tali condizioni, ed inoltre nei casi in cui non si menzioni alcuna funzione o carica specifica, allegandosi genericamente la qualita' di legale rappresentante, si determina nullita' relativa, che la controparte puo' opporre con la prima difesa, a norma dell'art. 157 cod. proc. civ., facendo cosi' carico alla parte istante d'integrare con la prima replica la lacunosita' dell'atto iniziale, mediante chiara e non piu' rettificabile notizia del nome dell'autore della firma illeggibile; ove difetti, sia inadeguata o sia tardiva detta integrazione, si verifica invalidita' della procura ed inammissibilita' dell'atto cui accede. *Massima tratta dal CED della Cassazione.

Il verbale di ispezione e' atto istruttorio privo di autonomia nell'ambito dell'attivita' accertativa delle imposte sui redditi, la quale si concreta nell'accertamento, che e' l'atto definitivo della procedura, e come tale e' impugnabile. Tale accertamento, espressione di un'attivita' amministrativa non retta dal principio della tipicita' degli atti istruttori, a norma dell'art. 39, secondo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, puo' fra l'altro discendere, oltre che dal verbale di ispezione, da dati e notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell'ufficio finanziario (nel caso di specie la Corte ha ritenuto correttamente motivata la sentenza di merito che faceva riferimento a quanto emerso attraverso questionario, senza attribuire rilievo al fatto che la ispezione si fosse conclusa senza la redazione di un regolare verbale). *Massima redatta dal Servizio di documentazione Economica e Tributaria.

L'accertamento tributario, in quanto atto amministrativo scritto, e' esistente anche quando, pur mancando, nel documento che incorpora la relativa dichiarazione, il sigillo, o timbro dell'Ufficio, e pur essendo illeggibile la firma del titolare dell'Ufficio, la dichiarazione sia, per l'insieme delle circostanze di fatto che ne accompagnano la formulazione, inequivocabilmente riferibile all'organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio essa e' stata adottata. Infatti, l'apposizione del sigillo e', al pari della carta intestata, un profilo esteriore del documento e non un requisito essenziale per la sua esistenza; e la leggibilita' della firma, non e' requisito essenziale per l'imputabilita' della volonta' dichiarativa al titolare dell'Ufficio, e quindi per l'esistenza dell'atto amministrativo. Tuttavia, l'attivita' volta ad accertare se una specifica dichiarazione, a firma illeggibile e sfornita di sigillo, sia imputabile al titolare dell'ufficio e, quindi, dell'organo, e sia un atto amministrativo esistente, costituisce accertamento di fatto precluso al giudice della legittimita'. Massima tratta dal CED della Cassazione.

La registrazione d'ufficio di un contratto d'accollo, che l'Amministrazione sostenga stipulato mediante scrittura privata non autenticata, postula il possesso (o la visione) del documento sottoscritto dai contraenti, ossia dal debitore e dal terzo assuntore dell'obbligazione (art. 1273 cod.civ.), e non e' consentita sulla base di documenti diversi, ancorche' idonei a fornire la certezza "storica" di quella stipulazione. Ne' la legittimita' di tale registrazione puo' essere sostenuta con il richiamo dell'art. 22 del d.P.R. n. 131 del 1986, in tema di tassazione dell'atto enunciato, posto che le relative disposizioni, ove inerenti a scritture negoziali, riguardano il caso in cui la scrittura soggetta a registrazioni enunci l'esistenza di un altro contratto tra le stesse parti e, dunque, presuppongono che il documento enunciato abbia valenza contrattuale e sia dotato delle sottoscrizioni dei soggetti partecipanti alle due stipulazioni. * ----- * Massima tratta dal CED della Cassazione.

IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE IRPEF - REDDITI DI CAPITALE - IN GENERE - SOCIETA' DI CAPITALI - A RISTRETTA BASE SOCIETARIA - PRESUNZIONE DI DISTRIBUZIONE DEGLI UTILI AI SOCI - CONFIGURABILITA'

Nel caso di una societa' di capitali, pur non sussistendo - a differenza di quanto previsto per le societa' di persone - una presunzione legale di distribuzione dell'utile ai soci, l'appartenenza della societa' ad una stretta cerchia familiare puo' costituire, sul piano degli indizi, elemento di prova dell'avvenuta distribuzione degli utili in questione. * Massima tratta dal CED della Cassazione.


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

Nel caso di societa' di capitali, pur non sussistendo - a differenza della societa' di persone - una presunzione legale di distribuzione degli utili ai soci, viene generalmente ammesso che l'appartenenza della societa' ad una stretta cerchia di persone possa costituire, sul piano degli indizi, prova della loro avvenuta distribuzione. *Massima redatta dal Servizio di documentazione Economica e Tributaria.

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di societa' di capitali a ristrettissima base familiare, pur non sussistendo - a differenza delle societa' di persone - una presunzione legale di distribuzione degli utili ai soci, non puo' considerarsi illogica - tenuto conto della "complicita'", che normalmente avvince un gruppo cosi' composto - la presunzione (semplice) di distribuzione degli utili extracontabili ai soci. (In applicazione di tale principio, la Corte ha cassato con rinvio la sentenza della Commissione tributaria regionale che aveva negato - in astratto - la possibilita' di far ricorso alla prova presuntiva in un caso di societa' a responsabilita' limitata con ristretta base familiare). * Massima tratta dal Ced della Cassazione.

In tema di redditi di capitale, nel caso di societa' a ristretta base sociale, e' ammissibile la presunzione di distribuzione ai soci degli utili non contabilizzati, la quale non viola il divieto di presunzione di secondo grado, poiche' il fatto noto non e' costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi induttivamente accertati nei confronti della societa', ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarieta' e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione sociale. * Massima tratta dal Ced della Cassazione.

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, a fronte della sicura iniziale presenza di una pluralita' di soci in una societa' a responsabilita' limitata, l'amministrazione finanziaria non puo' legittimamente ritenere, sulla base della sola dichiarazione di alcuni tra i soci originari, contestata dagli interessati, che le quote si sono concentrate nelle mani di due soli soci, legati da rapporti di parentela, e, quindi, presumere, data tale circostanza, la distribuzione ai soci familiari degli accertati utili extrabilancio. Massima tratta dal CED della Cassazione

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di societa' di capitali a ristrettissima base familiare, pur non sussistendo - a differenza delle societa' di persone - una presunzione legale di distribuzione degli utili ai soci, non puo' considerarsi illogica - tenuto conto della "complicita'", che normalmente avvince un gruppo cosi' composto - la presunzione (semplice) di distribuzione degli utili extracontabili ai soci. Pertanto, una volta stabilito che la titolarita' delle azioni e l'organizzazione aziendale sono concentrate in una stretta cerchia familiare, il giudice di merito non puo' escludere la distribuzione ai soci di utili non contabilizzati, limitandosi ad enunciare l'inapplicabilita' dell'art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917. * Massima tratta dal CED della Cassazione.

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