Sentenza del 18/01/2002 n. 523 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5
Testo
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con processo verbale di constatazione e avviso di rettifica, l'Ufficio
Iva di Roma disconosceva un credito Iva di lit. 38.006.000, nel presupposto
che tale credito, riportato nella dichiarazione relativa al 1985, non
risultava riportato nella precedente dichiarazione relativa al 1984, ma
soltanto in quella relativa al 1983. Conseguiva l'applicazione delle pene
pecuniarie di importo pari al credito disconosciuto coi relativi interessi.
La contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria di primo
grado, che lo accoglieva. L'ufficio presentava appello e la Commissione
Tributaria Regionale riformava la decisione impugnata, col rigetto del
ricorso della contribuente: la Commissione di appello motivava nel senso
che dalla dichiarazione Iva anno 1984 non risultava il credito della
dichiarazione 1983 ne' il riporto di detto credito all'anno successivo.
Pertanto la societa' ha definitivamente perso il diritto alla detrazione del
credito per l'anno 1985 e successivi.
Ha proposto ricorso per Cassazione la ===, deducendo un motivo e
presentando memoria aggiunta. Controparte non si e' costituita.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l'unico motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa
applicazione, a sensi dell'art. 360 n. 3 CPC, degli artt. 28 e 30 D.P.R. n.
633.72, 14 delle disposizioni preliminari al Codice Civile. Secondo la
ricorrente, occorre non confondere il diritto alle detrazioni dal credito di
imposta. Il primo e' disciplinato dall'art. 28 del D.P.R. n. 633.72, il
secondo dall'art. 30. Soltanto l'art. 28 prevede una decadenza, mentre
l'art. 30 prevede la possibilita' di scelta, per il contribuente, di
chiedere il rimborso ovvero portarlo in detrazione per l'anno successivo,
senza peraltro comminare alcuna decadenza. Ne' e' possibile, in materia,
estendere una decadenza per analoga, in quanto le norme sulla decadenza
sono da considerarsi speciali od eccezionali rispetto alle regole generali.
La ricorrente cita la dottrina a lei favorevole e la giurisprudenza di
questa Corte. Fa presente che, in base al D.P.R. n. 443.97, la questione
sarebbe risolta perche' la norma prevede la possibili ta' per il
contribuente di riportare a credito, per gli anni a venire, i crediti
chiesti a rimborso e non rimborsati perche' non riportati nelle
dichiarazioni degli anni successivi.
Con la memoria aggiunta, la === riferisce che con circolare in data
30.11.2000 n. 222.e.2000.245325, il Ministero delle Finanze ha accettato la
tesi qui fatta valere col ricorso.
Il ricorso della === e' fondato. Nella specie non si' tratta di
detrazioni non computate per il mese di competenza ed in sede di
dichiarazione annuale - art. 28 del D.P.R. n. 633.72 - ma di eccedenza di
imposta versata rispetto all'imposta dovuta annualmente, che e' stata
esposta nella dichiarazione 1983, non ripetuta nella dichiarazione 1984 e
riportata nuovamente nella dichiarazione 1985.
L'art. 30 del D.P.R. n. 633.72 prevede che se l'imposta dovuta e'
inferiore all'mposta pagata, il contribuente puo' chiederne il rimborso
ovvero portarla in detrazione nell'anno successivo. Il contribuente ha
quindi una possibili'ta' di scelta: eserci'tare il diritto alla detrazione
oppure chiedere il rimborso.
L'art. 28 del citato D.P.R. n. 633.72 prevede che il contribuente perde
il diritto alle detrazioni non esercitate entro il termine di cui all'art.
L'art. 19, a sua volta, stabilisce detto termine nella dichiarazione
relativa all'anno successivo (secondo anno successivo a partire dal 1.1.98
stante l'avvenuta modifica legislativa di cui sopra la parte ha fatto cenno).
Con riguardo ad una fattispecie analoga, questa Corte ha ritenuto che se
un contribuente a credito non presenta la dichiarazione annuale, puo'
computare lli'mposta detraibile nella dichiarazione dell'anno successivo,
atteso che, ai sensi del quarto comma dell'art. 28 D.P.R. n. 633.72, il
diritto alla detrazione si perde solo quando questa non venga computata sia
nel mese di competenza che in sede di dichiarazione annuale. Inoltre, la
stessa mancata detrazione dal credito nella dichiarazione successiva a
quella relativa all'anno in cui il credito e' maturato, non fa venire meno
il diritto al rimborso del credito stesso. Infatti, la perdita di un tale
diritto, avendo natura di vera e propria decadenza (e cioe' di sanzione)
dovrebbe essere espressamente prevista dalla legge, mentre una previsione al
riguardo manca nell'art. 30 cit., ne' e' riscontrabile in altre norme dello
stesso D.P.R.. Inoltre la negazione del diritto al rimborso determinerebbe
un indebito incameramento del credito da parte dell'erario.
Una delle caratteristiche della decadenza e' questa: che se il soggetto
compie l'attivita' richiesta entro il termine stabilito a pena, per
l'appunto, di decadenza, il diritto e' salvo una volta per tutte;
diversamente, la prescrizione viene interrotta dall'atto ma inizia
nuovamente a decorrere.
Condizione necessaria e sufficiente ad evitare la decadenza, a sensi del
citato art. 28. e' che il contribuente esponga il credito nella prima (oggi
seconda) dichiarazione utile. Cio' fatto, la decadenza e' evitata. Deve
affermarsi il principio che ove un contribuente fruisca di un credito di
imposta per un determinato anno e lo esponga nella dichiarazione annuale, se
omette di riportarlo nella dichiarazione relativa all'anno successivo non
perde il diritto alla detrazione, in quanto la decadenza e' comminata dalla
norma soltanto nel caso in cui il credito o l'eccedenza di imposta versata
non venga riportata nella prima dichiarazione utile.
La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata con rinvio anche per
le spese, ad altra sezione della Commissione Tri'butaria Regionale del Lazio.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese,
ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio.
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