Sentenza del 14/09/1991 n. 9606 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 1

Testo

MOTIVI DELLA DECISIONE Nel merito, l'Amministrazione ricorrente
ripropone, senza prospettare sostanziali nuove argomentazioni, una
questione cui questa Corte ha gia' dato soluzione, con precedenti pronunce
(v. Cass. sent. 28 ottobre 1980, n.
5777 nonche', sotto alcuni aspetti, Cass. sent. 8 settembre 1986, n. 5476),
alle quali si ritiene di dovere dare continuita'.
In particolare, con l'unico mezzo di cassazione la ricorrente deduce la
violazione e la falsa applicazione degli artt. 23 e 25 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ed argomenta su tre posizioni logiche essenziali, e
cioe':
a) il curatore, in quanto amministratore del patrimonio fallimentare, a
norma dell'art. 31 legge fallimentare subentra all'imprenditore, dichiarato
fallito, in tutte le operazioni di ordine documentale contabile, nonche'
nelle spese e nelle operazioni di ordine commerciale; poiche' i sostituti di
imposta, come da elenco dell'art. 23 D.P.R. n. 600/1973, sono caratterizzati
da un obbligo contabile documentale cui sono assoggettati, nonche'
dall'esercizio, il piu' delle volte, di attivita' commerciale, dette
caratteristiche debbono individuarsi anche nella funzione del curatore;
b) l'ultimo comma dell'art. 10 D.P.R. n. 600/1973 fa riferimento a tutte le
situazioni indicate nei commi precedenti e, tra esse, oltre ai liquidatori
sociali, al curatore fallimentare, qualificandolo espressamente come
sostituto d'imposta;
c) se non si seguisse la linea indicata, il differente regime cui sarebbero
sottoposti i pagamenti di compensi e retribuzioni ai lavoratori dipendenti
ed autonomi, determinerebbe una situazione "assurda", con notevole
pregiudizio per l'Erario.
Le tre affermazioni di principio, su cui si fonda la soluzione del problema
prospettato dall'Amministrazione ricorrente, non sono condivisibili; non le
argomentazioni dirette, perche' traggono spunto da un'erronea
interpretazione sia degli artt. 23 e 25 D.P.R. n. 600/1973, sia delle
funzioni del curatore; non l'argomentazione a contrariis di cui al
sopraindicato punto c), volta che la diversita' sistematica puo' ben trovare
giustificazione nella funzione fondamentale del fallimento come procedura
esecutiva concorsuale senza che, peraltro, sussista danno sostanziale per
l'Erario, vigendo pur sempre l'obbligo della soddisfazione dell'imposta
(previa dichiarazione) da parte del titolare del rapporto di imposta stesso,
volta che in casi particolari non sia individuabile un sostituto, tenuto ad
effettuare le ritenute ed i relativi versamenti.
In particolare, l'argomentazione sub a) trae fonte, evidentemente,
dall'opinione della non tassativita' dell'elencazione dei sostituti
d'imposta, quale emerge dall'art. 23 del D.P.R. n. 600/1973 (elencazione
rilevante, per richiamo espresso - art. 25 stesso decreto - anche per le
ritenute sulle imposte da reddito da lavoro autonomo, per quanto interessi
la presente disamina); sul carattere non eccezionale di tale normativa, di
cui si sostiene l'analogica interpretazione ed applicazione.
L'opinione non puo' essere condivisa, in quanto contrastante col principio
della tassativita' degli obblighi tributari e delle relative sanzioni, cui
inerisce il carattere personale dell'obbligazione tributaria e la necessita'
della specifica indicazione dei soggetti cui fanno carico gli adempimenti
fiscali, la cui omissione dia adito a sanzioni (v. art. 47 D.P.R. n. 600/1973 relativo alle violazioni inerenti alle dichiarazioni dei sostituti
d'imposta).
In definitiva, l'obbligo della ritenuta alla fonte e della correlativa
corresponsione al fisco, come disciplinati in tutte le varie ipotesi del
titolo terzo del D.P.R. n. 600/1973, da' luogo al fenomeno della
sostituzione, qualificabile come una particolare modalita' di esazione di
imposta cui determinati soggetti sono tenuti, non in virtu' di un
particolare rapporto con il soggetto di imposta (anche se sul presupposto di
tale rapporto), ma in virtu' di un particolare rapporto con lo Stato, per
conto del quale il sostituto e' tenuto ad operare a seguito di espressa
designazione normativa. Indubbiamente, come sostiene la ricorrente, la
figura del sostituto d'imposta non trova ragione nella natura del reddito,
fonte dell'obbligazione tributaria, ma nella posizione particolare del
sostituto nei confronti del soggetto primario del rapporto d'imposta,
posizione caratterizzata dalla tenuta di una contabilita' controllata, o
facilmente controllabile, dalla quale potere dedurre con certezza se, e
quali, erogazioni siano state fatte, se e quali ritenute dovessero
effettuarsi. Il criterio indicato, peraltro, e' solo il motivo alla base
della designazione normativa di alcuni soggetti come sostituti al fine
dell'ottimizzazione dell'esazione tributaria, disposizione essa stessa
espressione del principio generale della tassativita' degli obblighi
tributari, senza che il criterio alla base della scelta normativa possa
essere enunciato dall'interprete e posto a base di un'estensione analogica
delle ipotesi di sostituzione nell'esazione.
In tale inquadramento della situazione, resta solo da constatare che il
curatore fallimentare non e' compreso tra i soggetti espressamente designati
in una qualsiasi delle norme del titolo terzo del D.P.R. n. 600/1973,
relative alle varie fattispecie di ritenute alla fonte.
Ne' sotto differente profilo puo' sostenersi che al curatore competa la
qualifica di sostituto d'imposta, in relazione alle somme ripartite ai
creditori per rapporto di lavoro dipendente o autonomo, in virtu' di una
generale obbligazione di sostituzione al fallito negli adempimenti
contabili, e cio' in conseguenza della funzione di amministratore del
patrimonio del fallito che gli compete (art. 31 legge fallimentare).
Questa impostazione di fondo, relativa alla funzione del curatore, non
raramente impronta l'azione, nei confronti della curatela, della pubblica
Amministrazione, dimentica del fatto che anche il curatore e' un pubblico
ufficiale (art. 30 legge fallimentare), le cui funzioni sono quelle, ed
esclusivamente quelle previste dalla legge, e tra le quali non esiste
affatto la sostituzione al fallito negli adempimenti cui questi sarebbe
stato tenuto, qualora l'impresa fosse continuata. Ne' detto obbligo
generale di sostituzione puo' trarsi dalla funzione di amministrazione del
patrimonio del fallito, volta che detta funzione e' svolta, dal punto di
vista soggettivo, non come rappresentante o curatore del fallito, ma come
componente dell'Ufficio fallimentare; e' svolta, inoltre, da un punto di
vista funzionale, per il perseguimento delle finalita', a rilevanza
pubblica, cui la concorsualita' sistematizzata sopperisce, finalita' tra le
quali non si individua affatto, come criterio generale, la sostituzione
nelle inadempienze contabili o formali (ed anche nei confronti delle
Amministrazioni pubbliche), in cui il fallito sia incorso, prima del
fallimento, ovvero alle quali il fallito non abbia potuto adempiere a causa
dell'inizio della procedura concorsuale.
Non vi e', ne' puo' esservi, tra gestione di impresa fallita ed
amministrazione fallimentare da parte del curatore, quella continuita'
altrimenti individuabile nelle societa', tra attivita' di impresa e
liquidazione del patrimonio, se non altro perche' il liquidatore e' organo
(e quindi, rappresentante) dell'entita' soggettiva (la societa')
unitariamente operante nelle due fasi di perseguimento dell'oggetto sociale
e di liquidazione; al curatore, al contrario, che non e' organo sociale (ne'
legale rappresentante dell'imprenditore), come organo della procedura
esecutiva concorsuale fa carico l'Amministrazione e la liquidazione del
patrimonio del fallito per le finalita' istituzionali della procedura
concorsuale, non necessariamente coincidenti con la continuita' operativa,
tipica della societa' in liquidazione.
Cio' sia detto in linea generale, senza considerare ulteriormente che i
sostituti d'imposta sono tenuti alla ritenuta alla fonte (artt. 23 e 25
D.P.R. n. 600/1973) in quanto "corrispondono compensi" e nel momento in cui
li corrispondono. Gioca, quindi, come oggetto e momento originario
dell'obbligazione sostitutiva, l'adempimento di un'obbligazione inerente ad
un rapporto di diritto sostanziale di cui il sostituto sia, o divenga, parte
al momento della corresponsione e che lo obbliga alla tenuta di una precisa
contabilita'. Il curatore, con esclusione del caso di gestione dell'impresa
in esercizio provvisorio (art. 90 legge fallimentare), allorche' pone in
riparto un credito di lavoro, e vi da' esecuzione, non corrisponde un
compenso, ma opera, al di fuori di un rapporto di diritto sostanziale che lo
coinvolga direttamente, per finalita' satisfattive in forma coattiva dei
creditori concorrenti.
Alla mancanza della qualifica soggettiva del sostituto d'imposta
corrisponde, pertanto, anche la carenza dell'elemento oggettivo atto a dare
contenuto all'obbligo di sostituzione, secondo le disposizioni richiamate
del D.P.R. n. 600/1973. Infine (argomento sub b) non puo' ritenersi che il
quinto comma dell'art. 10, D.P.R. n. 600/1973 sia direttamente attributivo
al curatore della qualifica del sostituto d'imposta. La formulazione
letterale della norma non e' estensiva degli obblighi del sostituto a tutte
le ipotesi di liquidazione cui si riferisce la rubrica dell'articolo in
esame, ma si limita a richiamare, anche in caso di liquidazione, la
prescrizione dell'art. 9 nei termini ivi previsti. Il quarto comma dell'art.
9 prevede i termini per la presentazione della dichiarazione dei sostituti
d'imposta.
Conseguentemente, la chiave di lettura del quinto comma dell'art. 10 si
spiega nel senso che, mentre le dichiarazioni iniziali e finali dei redditi
nei vari casi di liquidazione (ed in essi il fallimento e la liquidazione
coatta amministrativa) debbono effettuarsi in termini espressamente previsti
dalla norma, i sostituti d'imposta debbono continuare a depositare la
dichiarazione loro propria nei termini ordinari previsti dal ricordato
articolo 9, quarto comma.
Non, quindi, previsione di ipotesi di sostituzione di imposta in tutte le
situazioni liquidative previste dai primi 4 commi dell'art. 10, ma
protrazione di un termine di prestazione dei sostituti, se ed in quanto la
fattispecie del sostituto sia individuabile nei singoli casi di
liquidazione.
Cio' costituisce la normalita' per la liquidazione sociale formalizzata,
nella quale sussiste un organo rappresentativo dell'ente ed operante durante
la liquidazione; cio' e' ravvisabile anche per il fallimento, nel caso di
esercizio provvisorio; dalla situazione, peraltro, esula la funzione
ordinaria del curatore, come gia' rilevato, in quanto non autonomamente
qualificabile sostituto del fallito (sostituto del sostituto d'imposta).
In ordine al punto sub c), oltre a quanto rilevato in ordine alla mancanza
di sostanziale danno per lo Stato (salvo che per quanto attiene al ritardo
nella corresponsione), giova ricordare che il sistema emergente dalla
soluzione data al problema, non ha caratteristiche anacronistiche ed
"assurde", ove si consideri che anche in situazione di normalita' debiti di
imposta della stessa natura (lavoro dipendente o autonomo) possono, o no,
essere sottoposti alle modalita' di esazione con ritenuta alla fonte a
seconda che l'erogatore dei compensi sia, o no, qualificabile come sostituto
d'imposta (per es. a seconda che sia, o no, imprenditore). Non essendo il
curatore, sostituto d'imposta, l'esazione dei relativi tributi, come in
tutti i casi della mancanza del sostituto, segue le regole ordinarie di
esazione.

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