Ordinanza del 24/05/2021 n. 14159 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5
RITENUTO IN FATTO
Txxxx Italia s.r.l. adiva la Commissione Tributaria Provinciale di Caserta, impugnando un avviso di accertamento relativo all'anno di imposta 2008, con il quale l'Agenzia delle Entrate accertava, ex art.39 comma 1, lett. d) e 40 D.P.R. 600/73, un maggior reddito d'impresa della società cui conseguivano maggiori tributi a titolo di Ires, Iva ed Irap, oltre accessori.
Il Giudice di primo grado accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo del 30% il valore dell'accertamento.
L'Agenzia delle Entrate proponeva appello e la contribuente appello incidentale; la Commissione Tributaria Regionale della Campania, con sentenza n.205/45/13 depositata il 6.6.2013, rigettava l'appello principale e accoglieva quello incidentale sul presupposto della mancata allegazione, all'avviso di accertamento, del PVC della Guardia di finanza e della mancata prova della consegna dello stesso alla contribuente.
Avverso la decisione l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidando il suo mezzo a cinque motivi.
La contribuente non ha spiegato difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si deduce nullità della sentenza ex art. 36 comma 2 del D.Lgs. n. 546/1992, 132 c.p.c. e 118 att. c.p.c. in relazione all'art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.
Lamenta che la CTR aveva sostanzialmente omesso di motivare le ragioni dell'accoglimento dell'appello incidentale per la pretesa violazione dell'art. 7 dello Statuto del Contribuente per mancata allegazione del p.v.c. e mancata prova della consegna dello stesso.
La censura non è fondata.
Al riguardo va ricordato che il vizio di motivazione ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (Cost., art. 111, sesto comma), e cioè dell'art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (in materia di processo civile ordinario) e dell'omologo art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l'iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata.
La sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico, o quelle che presentano un "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e che presentano una "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile" (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n.21257 del 2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire "di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l'iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato" (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un "ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo", logico e consequenziale, "a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi" (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata).
Va altresì ricordato che "La riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall'art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in Legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione.
Nella specie la sentenza impugnata ha motivato sulla pretesa violazione dell'art. 7 dello Statuto del Contribuente e si sottrae alla censura.
2. Con il secondo motivo si deduce omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all'art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.
3. Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. della Legge n. 212/200, dell'art. 3 della Legge n.241/1990, dell'art. 42 del D.P.R. 600/73 e 56 del D.P.R. n.633/72 in relazione all'art.360 comma 1 n. 3 c.p.c.
Lamenta che la CTR aveva omesso di esaminare la circostanza che, con istanza di riunione con altri due giudizi, aventi ad oggetto l'impugnazione di analoghi avvisi per le annualità 2006 e 2007, si era precisato che il comune PVC, consegnato all'amministratore unico della società che aveva sottoscritto, veniva depositato nel procedimento riferito alla annualità più vecchia; la CTR aveva inoltre ritenuto che l'ufficio non avesse assolto all'obbligo motivazionale, richiamando, per relationem il contenuto del PVC.
Le censure, suscettibili di trattazione congiunta, sono fondate.
Nel regime introdotto dall'art. 7 della legge 27 luglio 2000, n.212, l'obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche "per relationem", ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all'atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l'insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell'atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente - ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale - di individuare i luoghi specifici dell'atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento " (così Cass. n. 6914 del 25/03/2011; conf. Cass. Cass. n. 13110 del 25/07/2012; Cass. n. 9032 del 15/04/2013; Cass. n. 9323 del 11/04/2017; si veda anche Cass. n. 21066 del 11/09/2017);
Ed ancora è stato, altresì, chiarito che "in tema di motivazione degli avvisi di accertamento, l'obbligo dell'Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell'avviso (art. 7, legge 27 luglio 2000, n. 212) va inteso in necessaria correlazione con la finalità "integrativa" delle ragioni che, per l'Amministrazione emittente, sorreggono l'atto impositivo, secondo quanto dispone l'art. 3, terzo comma, legge 7 agosto 1990, n. 241: il contribuente ha, infatti, diritto di conoscere tutti gli atti il cui contenuto viene richiamato per integrare tale motivazione, ma non il diritto di conoscere il contenuto di tutti quegli atti, cui si faccia rinvio nell'atto impositivo e sol perché ad essi si operi un riferimento, ove la motivazione sia già sufficiente (e il richiamo ad altri atti abbia, pertanto, mero valore "narrativo"), oppure se, comunque, il contenuto di tali ulteriori atti (almeno nella parte rilevante ai fini della motivazione dell'atto impositivo) sia già riportato nell'atto noto. Pertanto, in caso di impugnazione dell'avviso sotto tale profilo, non basta che il contribuente dimostri l'esistenza di atti a lui sconosciuti cui l'atto impositivo faccia riferimento, occorrendo, invece, la prova che almeno una parte del contenuto di quegli atti, non riportata nell'atto impositivo, sia necessaria ad integrarne la motivazione" (così Cass. n. 26683 del 18/12/2009; conf. Cass. n. 22118 del 29/10/2010; Cass. n. 7654 del 16/05/2012).
Nella specie l'ufficio, nelle controdeduzioni del giudizio di primo grado, aveva formulato una istanza di riunione con altri due giudizi, relativi ad avvisi di accertamento riferiti alle annualità 2006 e 2007, emessi sulla base dello stesso pvc, precisando che quest'ultimo, con prova della consegna all'amministratore unico della società, era stato allegato al giudizio per l'anno più risalente, ovvero il 2006.
La CTR non ha accertato tale circostanza, nè ha motivato sul punto.
In ogni caso, dalle parti dell'avviso riprodotte in ossequio del principio di autosufficienza, si evince che l'ufficio aveva richiamato le risultanze della Guardia di Finanza riproducendo il contenuto essenziale necessario e sufficiente per sostenere il contenuto dell'atto impositivo e consentire il diritto di difesa della contribuente.
La CTR ha affermato genericamente che la sintesi degli accertamenti di polizia tributaria non consentivano di comprendere le modalità di indagine eseguite e la natura dei fatti materiali contestati, senza chiarire quali elementi, essenziali alla compiuta comprensione degli addebiti formulati fossero necessari ad integrare la motivazione dell'atto.
I motivi due e tre e devono essere, pertanto accolti, con assorbimento della trattazione degli altri due motivi e la sentenza cassata, con rinvio alla CTR della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso, rigettato il primo e assorbiti il quarto e il quinto; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso nella Camera di consiglio del 27.01.2021
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