Ordinanza del 24/05/2021 n. 14159 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Massime

ACCERTAMENTO - MANCATA ALLEGAZIONE PVC - MOTIVAZIONE PER RELATIONEM - RICHIAMO RISULTANZE PVC - RIPRODUZIONE CONTENUTO ESSENZIALE NECESSARIO - LEGITTIMITÀ

Nel regime introdotto dall'art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, l'obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all'atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l'insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell'atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente, ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell'atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento. Inoltre, in tema di motivazione degli avvisi di accertamento, l'obbligo dell'Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell'avviso va inteso in necessaria correlazione con la finalità integrativa delle ragioni che, per l'Amministrazione emittente, sorreggono l'atto impositivo, secondo quanto dispone l'art. 3, terzo comma, legge 7 agosto 1990, n. 241: il contribuente ha, infatti, diritto di conoscere tutti gli atti il cui contenuto viene richiamato per integrare tale motivazione, ma non il diritto di conoscere il contenuto di tutti quegli atti, cui si faccia rinvio nell'atto impositivo e solo perché ad essi si operi un riferimento, ove la motivazione sia già sufficiente (e il richiamo ad altri atti abbia, pertanto, mero valore narrativo), oppure se, comunque, il contenuto di tali ulteriori atti (almeno nella parte rilevante ai fini della motivazione dell'atto impositivo) sia già riportato nell'atto noto. Pertanto, in caso di impugnazione dell'avviso sotto tale profilo, non basta che il contribuente dimostri l'esistenza di atti a lui sconosciuti cui l'atto impositivo faccia riferimento, occorrendo, invece, la prova che almeno una parte del contenuto di quegli atti, non riportata nell'atto impositivo, sia necessaria ad integrarne la motivazione. Nella specie l'ufficio, nelle controdeduzioni del giudizio di primo grado, aveva formulato una istanza di riunione con altri due giudizi, relativi ad avvisi di accertamento riferiti ad altre annualità, emessi sulla base dello stesso pvc, precisando che quest'ultimo, con prova della consegna all'amministratore unico della società, era stato allegato al giudizio per l'anno più risalente.

Massima redatta a cura del CERDEF


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

In tema di accertamento tributario "per relationem", nella disciplina anteriore all'art. 7 della l. n. 212 del 2000 la legittimità dell'avviso postula la conoscenza o la conoscibilità da parte del contribuente dell'atto richiamato, purché il suo contenuto serva ad integrare la motivazione dell'atto impositivo, con esclusione quindi dei casi in cui essa sia già sufficiente e il richiamo ad altri atti abbia pertanto solo valore narrativo o il contenuto di ulteriori atti sia già riportato nell'atto noto. Ai fini dell'annullamento il contribuente deve quindi provare non solo che gli atti ai quali fa riferimento l'atto impositivo o quelli cui esso rinvia sono a lui sconosciuti, ma anche che almeno una parte del contenuto di essi sia necessaria ad integrare direttamente o indirettamente la motivazione del suddetto atto impositivo, e che quest'ultimo non la riporta, per cui non è comunque venuto a sua conoscenza. (Fattispecie in tema di avviso di rettifica per omessa fatturazione di ricavi che rinviava ad un p.v.c. redatto dalla G.d.F. nei confronti di soggetto terzo non allegato al predetto avviso).

Massima tratta dal CED della Cassazione

In tema di INVIM (e cosi' pure di registro e di imposta di successione), l'obbligo della motivazione dell'avviso di accertamento di maggior valore (la cui inosservanza determina, anche in difetto di espressa comminatoria, nullita' dell'atto, con il consequenziale dovere del giudice tributario, davanti al quale sia impugnato, di dichiararne l'invalidita', astenendosi dall'esame sul merito del rapporto) mira a delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ufficio nell'eventuale successiva fase contenziosa, ed altresi' a consentire al contribuente l'esercizio del diritto di difesa. Al fine indicato, pertanto, e' necessario e sufficiente che l'avviso, indipendentemente dal mezzo grafico usato (quindi anche con apposizione di timbri), enunci il criterio astratto in base al quale e' stato determinato il maggior valore, con le specificazioni che si rendano in concreto necessarie per il raggiungimento di detti obiettivi, ed inoltre, in caso di ricorso a criteri diversi da quelli espressamente menzionati dalla legge, evidenzi, sia pure implicitamente, le ragioni che rendano inutilizzabili tali criteri legali nel singolo rapporto, salvo poi restando, in sede contenziosa, l'onere dell'ufficio di provare gli elementi di fatto giustificativi del quantum accertato, nel quadro del parametro prescelto, e la facolta' del contribuente di dimostrare l'infondatezza della pretesa anche in base a criteri non utilizzati dall'ufficio.* ----- * Massima tratta dal CED della Cassazione.

Il processo tributario, ancorche' formalmente costruito come giudizio di impugnazione dell'atto impositivo, tende all'accertamento sostanziale del rapporto controverso, cui, pertanto, il giudice adito deve provvedere, a meno che l'atto stesso non sia affetto da vizi formali a tal punto gravi, da precludere la formazione di detto rapporto, come nel caso in cui vi sia difetto assoluto o totale carenza di motivazione, che comporta per il giudice il dovere di pronunciare soltanto l'annullamento dell'atto impositivo (nella specie la suprema corte ha escluso che un siffatto vizio di motivazione possa ravvisarsi con riguardo ad atto di accertamento di maggior valore soggetto alla normativa previgente al d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634 e contenente l'individuazione dei singoli beni e la specificazione del valore a ciascuno di essi attribuiti dall'amministrazione, elementi sufficienti ad assolvere l'obbligo della motivazione, nella consistenza all'epoca desumibile da detta normativa, senza necessita' di esternazione del procedimento valutativo adottato o di indicare le ispezioni documentali eseguite).

L'avviso soddisfa l'obbligo della motivazione quando pone il contribuente nella condizione di conoscere esattamente la pretesa impositiva, individuata nel suo "petitum e nella causa petendi", attraverso una fedele e chiara ricostruzione degli elementi costitutivi dell'obbligazione tributaria, senza che l'atto possa esaurirsi nell'enunciazione di una imposizione fiscale di per sì. In tema di ICI l'obbligo di allegazione all'atto impositivo, o di riproduzione al suo interno di ogni altro atto dal primo richiamato, avendo la funzione di rendere comprensibili le ragioni della decisione, riguarda i soli atti necessari per sostenere quelle ragioni intese in senso ampio e, quindi, non limitate a quelle puramente giuridiche ma comprensive anche dei presupposti di fatto. Ne deriva che sono esclusi dall'obbligo dell'allegazione solo gli atti irrilevanti a tal fine e gli atti (in specie quelli a contenuto normativo, anche secondario quali le delibere o i regolamenti comunali) giuridicamente noti per effetto ed in conseguenza dell'avvenuto espletamento delle formalità di legge relative alla loro pubblicazione.

Nei gradi di merito del processo tributario gli uffici periferici dell'Agenzia delle Entrate sono legittimati direttamente alla partecipazione al giudizio e possono essere rappresentati sia dal direttore, sia da altro soggetto delegato, anche ove non sia esibita in favore di quest'ultimo una specifica delega, salvo che non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all'ufficio dovendosi altrimenti presumere che l'atto provenga dallo stesso e ne esprima la volontà.

L'inammissibilità, per difetto di specificità dei motivi, dell'atto di appello è, nel contenzioso tributario, limitata al solo caso in cui nell'appello si ometta il minimo riferimento alle statuizioni di cui è chiesta la riforma, ovvero a quello in cui il gravarne non contenga alcuna parte argomentativa che, mediante la censura espressa e motivata, miri a contestare il percorso logico-giuridico della sentenza impugnata. Nel processo tributario, infatti, gli elementi di specificità dei motivi possono essere ricavati, anche per implicito, dall'intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni.

Nella valutazione delle prove, l'apprezzamento del giudice è "prudente" nella misura in cui tale valutazione non è arbitraria (non secondo criteri soggettivi), ma è condotta secondo regole condivise nella comunità sociale in cui egli vive ed opera. Si dice, in proposito, che il giudice deve avvalersi delle c.d. "regole d'esperienza", quali regole sociali condivise, con valenza intersoggettiva. E tali regole servono al giudice sia per valutare l'attendibilità delle c.d. prove dirette che per formulare le c.d. presunzioni semplici (prove indirette).

Nel caso debba eseguirsi una notificazione ad una società cessata, tale notificazione non può essere effettuata con il rito degli "irreperibili assoluti" se nel medesimo Comune in cui la società destinataria dell'atto aveva la propria sede risiede anche la persona fisica sua legale rappresentante. In tale ipotesi, infatti, il messo deve previamente ricercare il legale rappresentante, dando atto di tali ricerche nella relata di notifica, e, solo successivamente, in caso di ricerche infruttuose, procedere con il rito degli "irreperibili assoluti" ai sensi dell'art. 60, c. 1, lett. e) d.p.r. n. 600/73 (con affissione dell'atto nella casa comunale).

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