Sentenza del 23/12/2022 n. 946 - Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria Sezione/Collegio 3
Richieste delle parti:
Per l'appellante Agenzia delle Entrate:
'Voglia Codesta Onorevole Commissione Tributaria Regionale di Genova, in totale riforma dell'impugnata sentenza, confermare l'operato dell'Ufficio.
Con vittoria delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio'.
Per la resistente sig.ra D P:
'Voglia L'Illustrissima Commissione Tributaria Regionale per la Liguria - Genova respingere l'appello avversario e per l'effetto confermare la sentenza impugnata.
Con vittoria delle spese e degli onorari di causa, oltre IVA e CPA come per legge'.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La signora D P ricorreva avverso il provvedimento di irrogazione sanzioni n. TL5IR0200001, notificatole il 7/2/2017, mediante il quale l'Agenzia delle Entrate le irrogava la sanzione prevista dall'art. 5, comma 4, del D. L. n. 167/90, avendo la contribuente omesso la presentazione della dichiarazione fiscale e, in particolare, la compilazione per l'anno 2005 del quadro RW inerente le attività finanziarie detenute all'estero.
In particolare l'Ufficio fondava la propria azione accertatrice sulle risultanze dell'attività investigativa della Guardia di Finanza nell'ambito di una verifica sui soggetti di cui alla cd. 'Lista Falciani 2', in esito alla quale era emerso che la Signora D P deteneva all'estero presso la Banca H del Principato di Monaco la somma di euro 40.575,91.
La CTP di Imperia accoglieva la tesi difensiva della contribuente evidenziando l'irretroattività delle norme citate dall'Ufficio a sostegno del proprio operato in quanto la violazione contestata, commessa nel 2006 con riferimento all'anno 2005, sarebbe antecedente di tre anni rispetto all'entrata in vigore dell'art. 12 D. L. n. 78/2009.
Appella l'Ufficio sostenendo che l'art. 12, comma 2-ter, del D.L. n. 78/09, limitandosi a variare i tempi di contestazione delle violazioni, non avrebbe determinato alcuna lesione del principio di tutela dell'affidamento o del diritto di difesa del contribuente in quanto non ha introdotto novità nè ha apportato modifiche rispetto ad obblighi preesistenti.
La Signora D P, pertanto, non sarebbe stata assoggettata a sanzioni previste da legge entrata in vigore successivamente alla commissione del fatto, essendo la violazione (e la relativa sanzione) espressamente contemplata dal D. L. n. 167 del 1990, le cui disposizioni erano chiaramente in vigore nel momento di realizzazione dell'illecito.
Resiste la contribuente ribadendo la natura sostanziale e non meramente procedurale della disposizione di cui all'art. 12 D. L. 78/2009 con conseguente divieto di applicazione retroattiva.
Evidenzia che si sarebbe in presenza di una norma di natura essenzialmente penale che l'Agenzia delle Entrate, nell'atto impugnato, pretende di applicare retroattivamente ad una violazione sorta quando il raddoppio del termine non esisteva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L'appello è fondato.
Preliminarmente evidenzia il Collegio come la Corte di Cassazione abbia più volte affermato l'utilizzabilità, nel contenzioso con il contribuente, delle risultanze della cd. 'lista Falciani' (Cass. n. 31779/2019; Cass. n. 29314/2022).
Ciò premesso, sempre secondo un ormai consolidato indirizzo della Suprema Corte, al quale il Collegio intende aderire: 'In tema di sanzioni amministrative pecuniarie di natura tributaria, il termine di decadenza per il potere accertativo che l'art. 5, commi 4 e 5, del d.l. n. 167 del 1990, conv., con modif., nella l. n. 227 del 1990, contempla per l'omissione della dichiarazione annuale per gli investimenti e le attività finanziarie all'estero di cui all'art. 4 dello stesso decreto, deve essere individuato, tra quelli indicati dall'art. 20 del d.lgs. n. 472 del 1997, non nel termine che fa riferimento al tempo della commissione della violazione, ma in quello maggiore previsto per l'accertamento del tributo dovuto, tenuto conto del raddoppio dei termini introdotto dall'art. 12, commi 2-bis e 2-ter, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., nella l. n. 102 del 2009, applicabile, trattandosi di norma di carattere procedimentale, anche nei periodi d'imposta precedenti a quello della loro entrata in vigore.' (Cass. 28/11/2018, n. 30742; Cass. 16/03/2022 n. 8653).
Nello stesso senso, è stato ribadito che 'La presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dall'art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla l. n. 102 del 2009, in vigore dal 1° luglio 2009, non ha natura procedimentale ma sostanziale - sia perché le norme in tema di presunzioni sono collocate, nel codice civile, tra quelle sostanziali, sia perché una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l'effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione - con la conseguenza che essa non ha efficacia retroattiva. Viceversa, hanno natura procedimentale e non sostanziale e soggiacciono perciò al principio "tempus regit actum", le previsioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter del medesimo art. 12, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l'omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all'estero, sicché esse si applicano anche per i periodi d'imposta precedenti alla loro entrata in vigore (il 1° luglio 2009), quando venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dalla applicabilità della presunzione legale di cui all'art. 12, comma 2.' (Cass. 14/11/2019, n. 29632; conformi, ex plurimis, Cass. 28/11/2018, n. 30742; Cass. 06/02/2020, n. 2804; Cass. 26/06/2020, n. 12745).
Ha errato pertanto la CTP in quanto, pur vertendosi in materia di sanzioni, applicando criteri confacenti piuttosto alla presunzione di evasione di cui all'art. 12, comma 2, d.l. n. 78 del 2009, ha ritenuto che i commi 2-bis e 2-ter del medesimo art. 12 fossero applicabili esclusivamente alle violazioni commesse dal 2010 e, nella sostanza, non fossero norme di carattere procedimentale ed esulassero dal principio tempus regit actum, con riferimento al momento dell'accertamento e, nel caso di specie, della contestazione ed irrogazione delle sanzioni.
Deve pertanto essere accolto l'appello dell'Agenzia delle Entrate di Imperia che ha regolarmente esercitato la propria podestà impositiva in quanto l'atto di contestazione è stato notificato non ancora decorso il termine per l'irrogazione delle sanzioni previste in caso di violazioni in materia di monitoraggio fiscale e la Signora D P non è stata assoggettata a sanzioni previste da legge entrata in vigore successivamente alla commissione del fatto, essendo la violazione (e la relativa sanzione) espressamente contemplata dal D. L. n. 167 del 1990, le cui disposizioni erano pacificamente in vigore nel momento di realizzazione dell'illecito.
Essendosi la giurisprudenza della Suprema Corte consolidata successivamente alla proposizione del ricorso della contribuente le spese del giudizio possono essere parzialmente compensate tra le parti e contenute nel mero rimborso all'Ufficio del contributo unificato.
P.Q.M.
Accoglie l'appello dell'Agenzia delle Entrate.
Condanna la contribuente al pagamento delle spese del giudizio nei limiti del rimborso all'appellante del contributo unificato.
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