Sentenza del 01/03/2006 n. 4569 - Corte di Cassazione
1. Fatto, svolgimento del processo e motivi del ricorso
1.1. Il Ministero dell'economia e delle finanze ricorre contro il sig.
M.S., per ottenere la cassazione della sentenza specificata in epigrafe. La
parte intimata resiste con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso
incidentale.
1.2. In fatto, M.S. ha impugnato un avviso di accertamento, con il
quale, in data 29 luglio 1997, il competente ufficio del registro contestava
al contribuente l'omesso versamento dell'imposta straordinaria sui beni di
lusso, di cui all'art. 8 del D.L. n. 384/1992, in relazione al possesso di
una motocicletta Honda 600. Il contribuente sosteneva che la motocicletta
non era assoggettabile ad imposta, in quanto bene strumentale, come tale
esonerata dal tributo ai sensi del comma 5 del citato art. 8.
Eccepiva, inoltre, che l'avviso era stato notificato oltre il termine di
decadenza triennale. La Commissione tributaria adita in primo grado ha
accolto il ricorso, ritenendo l'Amministrazione finanziaria decaduta dal
potere di accertamento. La Commissione tributaria regionale, poi, ha
confermato la prima decisione, argomentando che, in mancanza di un termine
di decadenza specificamente previsto dalla normativa che ha introdotto
l'imposta straordinaria in esame (cosiddetto superbollo su mezzi di
trasporto considerati di lusso), dovesse trovare applicazione, per analogia,
il termine di decadenza triennale previsto per l'accertamento e liquidazione
delle tasse automobilistiche (art. 5, comma 51, del D.L. 30 dicembre 1982,
n. 953: "L'azione dell'Amministrazione finanziaria per il recupero delle
tasse dovute dal 1 gennaio 1983 per effetto dell'iscrizione di veicoli o
autoscafi nei pubblici registri e delle relative penalita' si prescrive con
il decorso del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere
effettuato il pagamento").
1.3. A sostegno dell'odierno ricorso, l'Amministrazione finanziaria
denuncia:
a)il difetto di giurisdizione delle Commissioni tributarie adite;
b) erronea applicazione, in via analogica, del termine di decadenza
previsto per l'esercizio dell'azione per il recupero dell'imposta
straordinaria.
1.4. Con il ricorso incidentale, il contribuente lamenta la
compensazione delle spese, da parte dei giudici di merito, nonostante
l'esito, per lui, totalmente vittorioso del giudizio.
Diritto e motivi della decisione
2.1 Preliminarmente, i due ricorsi, proposti contro la stessa sentenza,
devono essere riuniti ex art. 335 del codice di procedura civile.
Il ricorso principale appare fondato in relazione al secondo motivo (sub
b. Sono, invece, infondati il primo motivo del ricorso principale (sub a
ed il ricorso incidentale.
2.2. Il primo motivo di ricorso dell'Amministrazione finanziaria e'
manifestamente infondato, in quanto l'art. 8, comma 8, del D.L. 19 settembre
1992, n. 384, istitutivo dell'imposta straordinaria, dispone espressamente
che "… per il contenzioso si applicano le disposizioni del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636". Come e' noto, a far
data dal 1 aprile 1996 (art. 1 del D.L. n. 403/1995, convertito nella L.
495/1995), le competenze degli organi di giurisdizione in materia
tributaria, previsti dal citato D.P.R. n. 636/1972, sono state trasferite
alle Commissioni tributarie provinciali e regionali di cui ai decreti
legislativi n. 545/1992 e n. 546/1992 (vd., in particolare, art. 1 del
D.Lgs. n. 545/1992). In tal senso vd. Cass. n. 9554/2003: "Spetta al giudice
tributario la giurisdizione in tema di imposta straordinaria sui beni di
lusso, di cui all'art. 8 del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con
modificazioni, nella L. 14 novembre 1992, n. 438, a seguito dell'entrata in
vigore del modificato art. 2 del D.Lgs. n. 546 del 1992, il quale ha
abbandonato il precedente criterio di collegamento con specifici tributi ed
ha optato per la coincidenza della giurisdizione con l'intera area del
contenzioso tributario, anche con riferimento alle controversie gia'
pendenti al momento della 'riforma' del riparto della giurisdizione sui
tributi ed eventualmente proposte davanti a giudice privo di giurisdizione,
al momento dell'attivazione della causa. Infatti, il principio della
perpetuatio iurisdictionis, di cui l'art. 5 del codice di procedura civile
e' espressione, rende irrilevanti, ai fini della giurisdizione, i mutamenti
legislativi successivi alla proposizione della domanda, i quali operano solo
nel caso in cui il sopravvenuto mutamento dello stato di diritto privi il
giudice della giurisdizione che egli aveva quando la domanda e' stata
introdotta, non gia' nel caso, inverso, in cui esso comporti l'attribuzione
della giurisdizione al giudice che ne era inizialmente privo".
2.3. Il secondo motivo, invece appare fondato. La Commissione tributaria
regionale ha applicato, analogicamente, all'imposta straordinaria sul
possesso dei beni di lusso, il termine di decadenza triennale previsto per
l'esercizio dell'azione di recupero delle tasse dovute per effetto
dell'iscrizione di veicoli o autoscafi nei pubblici registri.
Come e' noto, l'art. 12, comma 2, delle preleggi stabilisce che "Se una
controversia non puo' essere decisa con una precisa disposizione, si ha
riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se
il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali
dell'ordinamento giuridico dello Stato".
Nel caso di specie, occorre verificare se la mancata previsione di un
termine per procedere all'accertamento ed al recupero dell'imposta
straordinaria, nei confronti dei contribuenti inadempienti, possa essere
sopperita facendo riferimento al termine di decadenza triennale previsto per
il pagamento della tassa di iscrizione.
Secondo i giudici di appello, l'imposta straordinaria sul possesso di
beni considerati di lusso e la tassa sul possesso degli autoveicoli,
presenterebbero elementi di "similarita' ed affinita'", costituiti dal fatto
che entrambi i tributi hanno come presupposto il "possesso" di un bene e che
l'imposta straordinaria era dovuta nella misura di tre volte le tasse
automobilistiche.
Osserva il Collegio che:
a) il primo elemento di collegamento analogico, il "possesso" di un
bene, e' presupposto tipico delle imposte "dirette" in genere (sul reddito o
sul patrimonio); per cui, non puo' essere preso in considerazione come
elemento specifico che possa consentire un riferimento privilegiato con la
disciplina delle tasse automobilistiche;
b) il secondo elemento, poi, non fa leva su alcun elemento
strutturale dei due tributi, bensi' fornisce una mera indicazione relativa
alle modalita' di calcolo dell'imposta straordinaria, dovuta "nella misura
di tre volte le tasse automobilistiche", per gli autoveicoli, e comunque non
riguarda tutti i beni assoggettati ad imposta straordinaria (per le
imbarcazioni da diporto, ad esempio, il tributo straordinario era dovuto
nella misura di cinque volte la tassa di stazionamento).
In definitiva, gli elementi utilizzati dalla Commissione tributaria
regionale, non sono tali da legittimare l'applicazione analogica del termine
di decadenza triennale previsto per il recupero delle tasse automobilistiche.
2.4. Ritiene il Collegio che, al di la' della denominazione comunemente
attribuita all'imposta straordinaria sui cosiddetti beni di lusso
("superbollo"), non vi sono altre analogie tra i due tributi, che invece
appartengono a due tipologie fiscali completamente diverse. La tassa
automobilistica e' una vera e propria tassa, che trova la sua causa
giuridica nella controprestazione che lo Stato fornisce mediante iscrizione
nell'apposito pubblico registro (Pra), che ne consente, tra l'altro, la
circolazione. Infatti, l'art. 5, commi 30 e 31, del D.L. 30 dicembre 1982,
n. 953 (convertito, con modificazioni, in L. 28 febbraio 1983, n. 53),
stabilisce che i veicoli sono soggetti alle tasse stabilite dalla tariffa
annessa alla L. n. 463/1955, "per effetto dell'iscrizione" nel relativo
pubblico registro e che l'"obbligo di corrispondere il tributo cessa con la
cancellazione" dal registro stesso.
L'imposta straordinaria sui cosiddetti beni di lusso, invece, e' una
vera e propria imposta, dovuta in ragione del fatto che il legislatore ha
preso in considerazione tali beni in quanto il loro possesso e' stato
considerato espressione di capacita' contributiva (e non come mezzi per
circolare), cosi' come avviene per il cosiddetto redditometro (strumento di
accertamento sintetico utilizzato nei confronti di soggetti che dispongono
di beni sintomatici di capacita' contributiva); tanto e' vero che il comma 5
dell'art. 8 del D.L. n. 384/1992, prevedeva, espressamente, l'esonero
dall'imposta "per i beni utilizzati esclusivamente come beni strumentali
nell'esercizio dell'attivita' propria dell'impresa", in quanto non piu'
espressione di capacita' contributiva, ma mero strumento di produzione (pur
restando soggetti alla cosiddetta tassa di possesso automobilistica).
Inoltre, dal punto di vista strutturale i due tributi posti a confronto
presentano anche un'ulteriore differenza, in quanto la tassa ha carattere di
periodicita', mentre l'imposta si esauriva in un prelievo eccezionale una
tantum.
In definitiva, dal raffronto tra le due figure di tributo emergono piu'
differenze che analogie. Per cui, il quesito relativo all'individuazione del
termine di decadenza, nel caso di specie, deve essere risolto sulla base di
altro percorso argomentativo, facendo riferimento ai poteri dell'ufficio
finanziario incaricato della riscossione, dell'accertamento e della
applicazione delle eventuali sanzioni.
Tale ufficio e' l'ufficio del registro. Infatti, la dichiarazione del
possesso dei beni soggetti al tributo straordinario doveva essere
presentata, con contestuale pagamento, all'ufficio del registro competente
in base al domicilio fiscale (art. 8, comma 6, del D.L. n. 384/1992).
Allo stesso ufficio del registro, poi, era demandata l'applicazione
delle soprattasse (oggi sanzione pecuniaria ex art. 26 del D.Lgs. n.
472/1997), e doveva provvedervi notificando il processo verbale di
accertamento (art. 8, comma 8, del D.L. n. 384/1992), in caso di omessa
presentazione della dichiarazione o di mancato o insufficiente pagamento nei
termini (art. 8, comma 7, del D.L. n. 384/1997).
Come e' noto, l'ufficio del registro, in caso di totale evasione
dell'imposta dovuta, come nella specie, deve agire entro il termine di
decadenza di cinque anni dal giorno in cui si e' verificato il presupposto
di imposta (art. 76, comma 1, del D.P.R. n. 131/1986). Pertanto, ritiene il
Collegio che tale termine debba valere anche nel caso di omesso pagamento
dell'imposta straordinaria in esame.
Conseguentemente, posto che il pagamento dell'imposta straordinaria (in
uno alla dichiarazione) doveva avvenire entro il 15 dicembre 1992, il
termine utile per notificare l'avviso di accertamento per l'omesso
pagamento, scadeva il 15 dicembre 1997 e, quindi, la notifica a M.S.,
effettuata il 29 luglio 1997, deve ritenersi tempestiva.
2.5. Il ricorso incidentale di M.S. appare infondato perche', a norma
dell'art. 92, comma, del codice di procedura civile il giudice, se ritiene
che concorrono giusti motivi, puo' sempre compensare, anche totalmente, le
spese tra le parti.
2.5. In definitiva, il ricorso principale va accolto in relazione al
secondo motivo. Vanno invece respinti il primo motivo del ricorso principale
ed il ricorso incidentale.
In forza del principio di diritto affermato (secondo cui deve ritenersi
tempestivo l'avviso di accertamento dell'imposta straordinaria di cui
all'art. 8 del D.L. n. 384/1992, notificato entro il termine di decadenza
quinquennale, previsto dall'art. 76, comma 1, del D.P.R. n. 131/1986), la
notifica dell'avviso di accertamento, nella specie, risulta effettuata
tempestivamente.
Inoltre, l'eccezione della natura strumentale del bene tassato (che
avrebbe comportato l'esonero dal tributo), non risulta riproposta dal
contribuente sotto forma di appello incidentale subordinato. Consegue che la
causa puo' essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 374 del codice di
procedura civile, nel senso che il ricorso introduttivo del contribuente
deve essere respinto, previa cassazione della sentenza impugnata in
relazione al motivo accolto.
2.6. Sussistono giusti motivi per compensare le spese dell'intero
giudizio, attesa la novita' della questione.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il primo motivo del ricorso
principale ed il ricorso incidentale. Accoglie il secondo motivo del ricorso
principale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e,
decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.
Compensa le spese dell'intero giudizio.
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