Sentenza del 17/10/1986 n. 6096 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 1
Svolgimento del processo - Con atto pubblico del 19.7.73 il Comune di R.
procedette alla concessione del diritto di escavazione ed estrazione di
ghiaia, sabbia e terreno da riempimento sulla sua proprieta' terriera
denominata S. in S. di R. in favore della S.p.a. C. S. B. per la durata di
un decennio.
Registrato l'atto a tassa fissa, successivamente l'ufficio del registro di
Forli' ingiunse, con atto notificato il 13.1.76, il pagamento della somma di
L. 42.000.000 a titolo di imposta suppletiva, sostenendo che sull'atto
negoziale fosse applicabile l'imposta proporzionale di registro in base
all'art. 1 tariffa all. A del D.P.R. 26.10.72 n. 634 sulla base di due
considerazioni: a) da un lato, la mancanza di qualita' di imprenditore
commerciale nel Comune di R. escludeva che fosse utilizzabile la normativa
dell'imposta sul valore aggiunto (IVA); b) dall'altro, la concessione del
diritto di escavazione, essendo assimilabile, almeno agli effetti tributari,
ad un atto costitutivo di diritto reale su cosa altrui, andava assoggettato
all'aliquota prevista, appunto, dall'art. 1 e non da quella dell'art. 2
della tariffa all. A summenzionata.
Proposta opposizione. La Commissione Tributaria di 1 grado accolse il
ricorso della societa', ritenendo applicabile l'aliquota dell'1,50% ai sensi
dell'art. 2 succitato, sui corrispettivi effettuati dall'inizio del
contratto al 31.12.74 nonche' l'I.V.A. su quelli relativi al periodo
successivo.
La decisione fu completamente modificata da quella della Commissione
Tributaria di 2 grado, la quale, ritenne applicabile l'aliquota prevista
dall'art. 1 (5% aumentata all'8% con l'art. 7, 1 comma D.L. 6.7.74 n. 254,
in vigore dal 9.7.74, convertito nella L. 17.8.74 n. 383) della tariffa
suddetta per l'intera durata del contratto.
La Corte di Appello di B. con la decisione del 20.4.82 ora impugnata,
modificando la precedente statuizione, considero' che ricorressero i
presupposti di fatto e di diritto per l'applicazione dell'art. 2 piu' volte
menzionato, accogliendo in tale modo, la censura proposta dalla societa' in
via subordinata.
Quanto alla questione, che interessa ai fini della decisione del ricorso in
questa sede proposto e che riguarda l'assoggettabilita' del contratto "de
quo" all'I.V.A. anziche' all'imposta di registro, come sostenuto dalla
ricorrente in via principale davanti alla Corte di B. questa, interpretando
il combinato - disposto dagli artt. 1 e 4, 2 e 4 comma del D.P.R. 26.10.72
n. 633 (IVA), escluso, a un lato, che il Comune di Ravenna potesse essere
considerato un Ente pubblico avente per oggetto esclusivo o principale
l'esercizio di attivita' commerciali o agricole, dall'altro, che esso avesse
stipulato il contratto di concessione della cava nell'esercizio di attivita'
commerciale o agricola "mediante una distinta organizzazione".
Aggiunse che il convincimento: che non fosse applicabile, pertanto,
l'imposta IVA, non poteva essere negativamente influenzato dalla
soppressione dell'inciso: "mediante una distinta organizzazione" (incluso
nel 3 comma dell'art. 4 D.P.R. 633/72) operata dall'art. 1 del D.P.R.
23.12.74 n. 687, perche' gli effetti di tale abolizione riguardavano gli
atti negoziali successivi all'entrata in vigore del decreto 687/74 (1.1.75)
e non pure quelli anteriori, come il contratto "de quo", stipulato il
19.7.73.
Sostenne, infine, che non era da condividersi l'ulteriore assunto della
societa' secondo cui l'imposta di registro avrebbe dovuto incidere sulle
"escavazioni del terreno" anteriori all'emanazione del suddetto decreto
687/74 e l'IVA sulle operazioni successive, dato che il contratto in esame
non poteva non subire, per tutta la sua durata, il trattamento tributario
previsto dalla legge dell'epoca delle sue conclusioni.
Contro tale pronuncia la S.p.A. C. ha proposto ricorso per cassazione sulla
base di un unico motivo illustrato con memoria.
L'Amministrazione delle Finanze resiste con controricorso.
Motivi della decisione - Con l'unico motivo di ricorso la S.p.a. C.S.B.
denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 3 comma D.P.R.
633/72 (IVA - come modificato dal D.P.R. 687/74) 19, 20, 26 e 38 D.P.R.
634/72 (Registro) in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. censura la sentenza
impugnata nel punto in cui il giudice "a quo" ha escluso che l'imposizione,
tributaria, quanto alla sua qualificazione giuridica (Registro ed IVA),
dovesse essere distinta corrispondentemente a due periodi; quello anteriore
all'entrata in vigore del D.P.R. n. 687/74 e quello successivo; a partire,
cioe', dal 1.1.75 sulla considerazione che il contratto, per l'intera sua
durata, convenzionale, non potesse non subire l'ininterrotto trattamento
previsto dalla legge dell'epoca della sua conclusione (19.7.73) (di quando,
cioe', il D.P.R. 687/74 non era ancora entrato in vigore).
Si duole che la Corte del merito non abbia considerato che il contenuto del
contratto, qualificato come vendita di genere, prevedendo (art. 3) una
concessione decennale, con decorrenza non dalla stipula ma dalla consegna
del terreno, (26.6.74) ed il pagamento del prezzo ragguagliato, alla
quantita' dei materiali estraibili, induceva ad escludere che si fosse
voluta una vendita unitaria, trattandosi, invece, di tante operazioni di
vendita quante fossero le "cessioni dei beni" nel tempo e nella misura
considerato.
La censura nei limiti della sua impostazione, non puo' essere condivisa dal
momento che essa parte dalla falsa premessa della certezza di un presupposto
essenziale e pregiudiziale: "che per il comune di R. non ricorrendo, alla
data della prima cessione dei beni (26.6.74) la condizione oggettiva
dell'esercizio di attivita' commerciale mediante una distinta organizzazione
(3 comma dell'art. 4, D.P.R. 633/72 non ancora modificato dall'art. 1 del
D.P.R. 687/74): onde l'esclusione dell'assoggettamento all'IVA,
successivamente sarebbe sorta in virtu' dell'abrogazione dell'inciso":
mediante una distinta organizzazione operata dall'art. 1 D.P.R. 687/74, con
la conseguenza dell'assoggettamento all'IVA delle cessioni dei beni
successive al 1.1.75 (epoca della entrata in vigore della novella
legislativa).
Ora, anche a prescindere dalla considerazione che, con riferimento al
rapporto negoziale "de quo", il Comune di R. non ha svolto un'attivita'
commerciale neppure dopo la modificazione legislativa (non potendo, certo,
la soppressione delle parole "mediante una distinta organizzazione" togliere
valore alla prova che comunque il Comune non esercitasse un'attivita'
commerciale), e' evidente che la mancanza di detta situazione oggettiva
bastava al momento della stipula del contratto, perche' il successivo
rapporto dovesse soggiacere alla sola disciplina giuridica esistente, e
percio' cognita alle parti a tale data.
Caduta cosi' la certezza del presupposto essenziale suindicato, viene meno
la necessita' di esaminare il problema posto dalla ricorrente circa la
possibilita' di scissione del contratto in piu' operazioni di vendita, una
volta considerato che comunque la condizione oggettiva di cui si trovava il
comune di R. intervenuto alla stipula dell'atto nell'esclusiva qualita' di
proprietaria concedente dell'area non avrebbe potuto subire modificazioni in
virtu' di novella legislativa, priva peraltro di efficacia retroattiva.
Il ricorso va, pertanto, rigettato e la ricorrente va condannata al
pagamento delle spese nella misura di L. 42.000.000 oltre a L. 1.200.000 per
onorario in favore della costitutiva Amministrazione delle Finanze.
Registrati al nostro portale per accedere al motore di ricerca delle sentenze.
RegistratiSentenze.io 2023