Sentenza del 27/09/2005 n. 18853 - Corte di Cassazione
Svolgimento del processo
La societa' cooperativa a responsabilita' limitata Consorzio
ortofrutticolo di M. ricorreva avverso un avviso di liquidazione, con il
quale il comune di M. le aveva intimato il pagamento di un importo per
omesso versamento dell'imposta comunale sugli immobili (Ici) per l'anno
1994, deducendo che i quattro fabbricati oggetto della pretesa tributaria
non erano assoggettabili all'imposta in questione in quanto fabbricati
rurali. Essi infatti erano utilizzati per la lavorazione e trasformazione
dei prodotti agricoli conferiti dai soci della cooperativa, la quale
pertanto, pur non possedendo un proprio fondo, svolgeva un'attivita'
agricola per connessione, realizzando in tale modo la necessaria
correlazione - rilevante a fini agevolativi - tra fabbricato e terreno
agricolo prevista dall'art. 39 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 per la
configurabilita' di una costruzione rurale.
Resisteva il comune di M. affermando che i fabbricati in questione,
iscritti nel catasto edilizio urbano, dovevano ritenersi soggetti all'Ici, a
norma dell'art. 2, lettera a), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504.
La Commissione tributaria provinciale di Verona rigettava il ricorso.
Proponeva appello il Consorzio ortofrutticolo di M., che ribadiva la
propria natura agricola, in quanto la sua attivita' costituiva il
proseguimento di quella dei soci, che nella cooperativa conferivano i
prodotti da loro coltivati, e il carattere rurale dei fabbricati dal
medesimo consorzio posseduti, attesa la loro natura strumentale rispetto
all'attivita' agricola dei soci.
La Commissione tributaria regionale del Veneto, Sezione staccata di
Verona, rigettava l'appello, affermando che:
a) le disposizioni agevolative in materia di imposte dirette
richiamate dai Consorzio non si applicavano all'Ici, che era regolata dalle
specifiche norme dettate dal D.Lgs. n. 504 del 1992;
b) in tali norme non si rinvenivano disposizioni di favore per i
fabbricati rurali;
c) i fabbricati di proprieta' del consorzio erano iscritti nel
catasto edilizio urbano e cio' costituiva il presupposto per l'applicazione
dell'imposta, mentre le disposizioni che prevedevano esenzioni o riduzioni
d'imposta non trovavano applicazione nel caso di specie.
Propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, il Consorzio
ortofrutticolo di M. societa' cooperativa agricola (gia' societa'
cooperativa a responsabilita' limitata). Resiste con controricorso il comune
di M.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
A) Con il primo motivo il consorzio ricorrente - denunciando violazione
e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 5 del D.Lgs. n. 504 del 1992 e
dell'art. 9, comma 3-bis, del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito
nella L. 26 febbraio 1994, n. 133 - censura la sentenza impugnata e deduce
che:
1) erroneamente i giudici di appello hanno affermato che per
l'esclusione dei fabbricati rurali dall'Ici sarebbe necessaria una espressa
norma di esenzione, che tuttavia la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 504 del
1992 non prevede;
2) in realta' detti fabbricati non rientrano nel presupposto
dell'imposta comunale sugli immobili in base al complessivo disposto degli
artt. 1, 2 e 5 del D.Lgs. n. 504 del 1992;
3) in particolare l'art. 2, nello stabilire che per fabbricato si
intende l'unita' immobiliare iscritta o da iscrivere nel catasto edilizio
urbano, afferma implicitamente, argomentando a contrario, che non configura
presupposto d'imposta il possesso di fabbricati rurali, che all'epoca di
entrata in vigore del decreto istitutivo dell'Ici non erano iscritti in
detto catasto, ai sensi dell'art. 4 del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652 e
dell'art. 38 del D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142;
4) inoltre, in base all'art. 5, comma 7, del citato D.Lgs. n. 504 del
1992 il valore dei fabbricati normalmente necessari per attivita' agricole -
indipendentemente da quelli in concreto utilizzati, perche' le rendite di
ciascun terreno, esprimendo una redditivita' media e ordinaria, non sono
determinate in base alle caratteristiche specifiche della singola azienda
agricola e, in particolare, alla redditivita' in concreto di ciascun
fabbricato rurale effettivamente presente nella stessa - e' compreso nel
valore, e quindi nella base imponibile, da prendere a riferimento per il
computo dell'Ici sui terreni agricoli, con la conseguenza che l'esclusione
da detta imposta dei fabbricati rurali dipende direttamente
dall'applicazione del principio generale del divieto di duplicazione
d'imposta;
5) i fabbricati utilizzati dalla cooperativa sono rurali, in quanto
strumentali allo svolgimento dell' attivita' agricola, mentre non
costituiscono circostanze ostative alla loro esclusione dall'Ici
l'iscrizione degli stessi nel catasto edilizio urbano, in quanto l'art. 9
del D.L. n. 557 del 1993, convertito nella L. n. 133 del 1994, stabilisce
che anche i fabbricati rurali devono essere iscritti in detto catasto,
ridenominato catasto dei fabbricati, ne' la separata appartenenza, da un
lato, dei fabbricati alla cooperativa e, dall'altro, dei terreni - da cui
provengono i prodotti da questa manipolati, trasformati e venduti - ai soci,
poiche' il comma 3-bis del citato art. 9 dispone che "ai fini fiscali deve
riconoscersi carattere rurale alle costruzioni strumentali alle attivita'
agricole di cui all'art. 29 del testo unico delle imposte sui redditi,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.
917", senza richiedere alcuna ulteriore condizione.
B) Con il secondo motivo il ricorrente eccepisce l'illegittimita'
costituzionale della disciplina dell'Ici relativa ai fabbricati rurali per
violazione degli art. 3 e 53 della Costituzione, se interpretata nel senso
dell'applicabilita' dell'imposta ai fabbricati strumentali delle cooperative
agricole, comportando tale applicabilita' la duplice tassazione di un
medesimo cespite in capo a due diversi soggetti (soci agricoltori e
cooperativa), e per violazione degli artt. 3 e 45, qualora l'intestazione ad
una cooperativa agricola di un fabbricato rurale fosse di ostacolo
all'esclusione dall'Ici di detto fabbricato, esclusione che invece
spetterebbe se il fabbricato rurale appartenesse ad un imprenditore agricolo
individuale.
C) I due motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto strettamente
connessi, ad avviso del collegio sono infondati e non meritano accoglimento,
anche se sulla base di argomentazioni di diritto parzialmente diverse da
quelle enunciate dalla sentenza di appello qui impugnata, la cui motivazione
deve essere conseguentemente corretta, a norma dell'art. 384, comma 2, del
codice di procedura civile, nei termini che seguono.
Risulta dalla sentenza di appello, ed e' circostanza pacifica in atti,
che l'avviso di liquidazione impugnato dal Consorzio ortofrutticolo di M.
concerne l'anno d'imposta 1994.
Pertanto la disciplina normativa che regola la fattispecie e', ratione
temporis, quella dettata dagli artt. 1, 2 e 5 del D.Lgs. n. 504 del 1992,
concernente l'istituzione, a decorrere dall'anno 1993, dell'imposta comunale
sugli immobili coordinata con le disposizioni dell'art. 9 del D.L. n. 557
del 1993, convertito nella L. n. 133 del 1994, che ha istituito il catasto
dei fabbricati (comma 1), modificando la precedente disciplina del catasto
edilizio urbano, e ha stabilito nuove e specifiche condizioni "ai fini del
riconoscimento della ruralita' degli immobili agli effetti fiscali" (comma
3).
D) In base alle richiamate norme del D.Lgs. n. 504 del 1992, presupposto
dell'Ici e' "il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni
agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi
compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio e' diretta
l'attivita' dell'impresa" (art. 1, comma 2), intendendosi per fabbricato
"l'unita' immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto
edilizio urbano" (art. 2, lettera a e per terreno agricolo "il terreno
adibito all'esercizio delle attivita' indicate nell'art. 2135 del codice
civile" (art. 2, lettera c. Ai fini della determinazione della base
imponibile dell'imposta, per i fabbricati iscritti in catasto il valore di
riferimento e' costituito "da quello che risulta applicando all'ammontare
delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1 gennaio dell'anno
d'imposizione, i moltiplicatori determinati con i criteri e le modalita'
previsti dal primo periodo dell'ultimo comma dell'art. 52 del testo unico
delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con D.P.R.
26 aprile 1986, n. 131" (art. 5, comma 2). Invece, "per i terreni agricoli,
il valore e' costituito da quello che risulta applicando all'ammontare del
reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1 gennaio dell'anno
d'imposizione, un moltiplicatore pari a settantacinque" (art. 5, comma 7).
Dalle citate disposizioni si evince complessivamente che:
1) secondo l'originario sistema delineato dal [D.Lgs. n. 504 del 1992](decodeurn?urn=urn:doctrib::DLG:1992;504)
e tenuto conto della disciplina normativa del catasto edilizio urbano
(R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652; D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142) vigente,
ratione temporis, al 1 gennaio 1993, data di entrata in vigore dell'imposta
comunale sugli immobili (art. 50 del D.Lgs. n. 504 del 1992), i fabbricati
rurali non erano soggetti all'Ici, nel senso che il possesso di tali
fabbricati non costituiva presupposto del tributo, in quanto gli stessi alla
data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 504 del 1992 non erano iscritti nel
catasto edilizio urbano a norma dell'art. 4 del R.D.L. n. 652 del 1939 e
degli artt. 38 e 39 del D.P.R. n. 1142 del 1949;
2) la ragione di tale esclusione si rinviene nel gia' richiamato
disposto dell'art. 5, comma 7, del D.Lgs. n. 504 del 1992 che, prevedendo
per i terreni agricoli il calcolo della base imponibile con riferimento al
valore determinato dal reddito dominicale moltiplicato per settantacinque,
sottopone al tributo non soltanto la rendita derivante dal valore del suolo,
ma anche quella parte di reddito, conteggiata forfetariamente, conseguente
allo svolgimento sul terreno dell'attivita' agricola e comprensiva del
valore delle immobilizzazioni e quindi anche dei fabbricati strumentali allo
svolgimento di detta attivita' agricola. Pertanto, ai fini dell'applicazione
dell'Ici ai terreni agricoli, il reddito dominicale e' comprensivo della
redditivita' delle costruzioni rurali asservite al terreno e strumentalmente
funzionali alle necessita' del fondo (vd. circolare del Ministero
dell'economia e delle finanze 20 marzo 2000, n. 50/E).
E' evidente, in base a guanto precede, che la scelta del legislatore di
determinare, ai fini dell'Ici il reddito dominicale secondo modalita'
comprensive anche del valore dei fabbricati strumentali all'attivita'
agricola, ha imposto coerentemente - ai fine di evitare una illegittima
duplicazione di imposta - di escludere i fabbricati rurali dall'autonomo
assoggettamento al tributo.
E) Venendo al caso di specie e sulla base della richiamata normativa -
poiche' dalla sentenza impugnata risulta, senza contestazioni da parte del
consorzio, che i fabbricati in questione, oggetto dell'avviso di
liquidazione, erano iscritti nel catasto edilizio urbano ed e' pacifico in
atti, per ammissione dello stesso ricorrente, che dette unita' immobiliari,
di proprieta' del consorzio, non appartenevano ai titolari dei terreni a cui
erano funzionalmente collegate (terreni, infatti, di proprieta' dei soci del
Consorzio), in difformita' da quanto espressamente stabilito dall'art. 39
del D.P.R. n. 1152 del 1949 (vigente ratione temporis, come gia' rilevato in
precedenza (vd., retro, paragrafo D), alla data di entrata in vigore delle
disposizioni del decreto legislativo istitutivo dell'Ici (1 gennaio 1993,
che per l'attribuzione della qualifica di rurale ad un fabbricato prevedeva
espressamente, tra le altre condizioni, che le costruzioni appartenessero al
medesimo proprietario del terreno a cui erano asservite - deve ritenersi che
detti fabbricati, al momento dell'entrata in vigore della normativa sull'Ici
non avessero, dal punto di vista catastale, caratteristiche rurali e che per
l'anno d'imposta 1993, immediatamente antecedente a quello (1994) a cui si
riferiva l'avviso di liquidazione oggetto del presente giudizio, essi
fossero assoggettati all'imposta comunale sugli immobili.
F) Alla stessa conclusione deve tuttavia pervenirsi, ad avviso del
collegio e diversamente da quanto affermato dalla cooperativa ricorrente,
per l'anno 1994, pur tenendo conto delle rilevanti modifiche normative
introdotte nella disciplina catastale dei fabbricati dall'art. 9 del D.L. n.
557 del 1993, convertito nella L. n. 133 del 1994.
Con tale normativa si e' infatti disposto che "al fine di realizzare un
inventario completo ed uniforme del patrimonio edilizio, il Ministero delle
finanze provvede al censimento di tutti i fabbricati o porzioni di
fabbricati rurali e alla loro iscrizione, mantenendo tale qualificazione,
nel catasto edilizio urbano, che assumera' la denominazione di 'catasto dei
fabbricati'" (art. 9, comma 1, primo periodo).
Si e' inoltre stabilito che "ai fini del riconoscimento della ruralita'
degli immobili agli effetti fiscali, i fabbricati o porzioni di fabbricati
devono soddisfare le seguenti condizioni:
a) il fabbricato deve essere posseduto dal soggetto titolare del
diritto di proprieta' o di altro diritto reale sul terreno, ovvero detenuto
dall'affittuario del terreno stesso o dal soggetto che ad altro titolo
conduce il terreno cui l'immobile e' asservito o dai familiari conviventi a
loro carico risultanti dalle certificazioni anagrafiche;
b) l'immobile deve essere utilizzato, quale abitazione o per funzioni
strumentali all'attivita' agricola, dai soggetti di cui alla lettera a),
sulla base di un titolo idoneo, ovvero da dipendenti esercitanti attivita'
agricole nella azienda a tempo indeterminato o a tempo determinato per un
numero annuo di giornate lavorative superiore a cento, assunti nel rispetto
della normativa in materia di collocamento;
c) il terreno cui il fabbricato e' asservito deve avere superficie
non inferiore a 10.000 metri quadrati ed essere censito al catasto terreni
con attribuzione di reddito agrario. Qualora sul terreno siano praticate
colture specializzate in serra, ovvero la funghicoltura, il suddetto limite
viene ridotto a 3.000 metri quadrati;
d) il volume di affari derivante da attivita' agricole del soggetto
che conduce il fondo deve risultare superiore alla meta' del suo reddito
complessivo. Il volume di affari dei soggetti che non presentano la
dichiarazione ai fini dell'imposta sul valore aggiunto si presume pari al
limite massimo di cui all'articolo 34, terzo comma, del decreto del
presidente della repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
e) i fabbricati ad uso abitativo, che hanno le caratteristiche delle
unita' immobiliari urbane appartenenti alle categorie A/1 ed A/8, ovvero le
caratteristiche di lusso previste dal decreto del Ministro dei lavori
pubblici 2 agosto 1969, adottato in attuazione dell'articolo 13 della legge
2 luglio 1949, n. 408, e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 218 del 27
agosto 1969, non possono comunque essere riconosciuti rurali" (art. 9, comma
3).
E' altresi' previsto che, fermi restando i requisiti di cui sopra, "si
considera rurale anche il fabbricato che non insiste sui terreni cui
l'immobile e' asservito, purche' entrambi risultino ubicati nello stesso
comune o in comuni confinanti" (art. 9, comma 4).
G) Dal complesso di tali disposizioni, entrate in vigore dal 30 dicembre
1993, data di pubblicazione del D.L. n. 557 del 1993 sulla Gazzetta
Ufficiale (vd. art. 17 dello stesso decreto-legge) (e indipendentemente
dalla circostanza - in questa sede non decisiva, apparendo invece rilevanti
i principi, immediatamente efficaci, fissati dalla nuova normativa in ordine
alle condizioni richieste "ai fini del riconoscimento della ruralita' degli
immobili agli effetti fiscali" (art. 9, comma 3, del D.L. n. 557 del 1993,
convertito nella L. n. 133 del 1994) - che solo in epoca successiva sono
stati approvati i regolamenti necessari ai funzionamento del catasto dei
fabbricati (vd. il "Regolamento recante norme di costituzione del catasto
dei fabbricati", di cui al D.M. 2 gennaio 1998, n. 28, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale del 24 febbraio 1998, e il "Regolamento recante norme per
la revisione dei criteri di accatastamento dei fabbricati rurali, a norma
dell'art. 3, comma 156, della legge 23 dicembre 1996, n. 662", di cui al
D.P.R. 23 marzo 1998, n. 139, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 108,
del 12 maggio 1998, si evince quanto segue:
1) anche i fabbricati rurali, diversamente da quanto previsto nella
precedente disciplina, devono essere iscritti, mantenendo tale
qualificazione, nel catasto edilizio urbano, che prende il nome di catasto
dei fabbricati (art. 9, comma 1, primo periodo);
2) cio' tuttavia non significa che i fabbricati rurali siano,
diversamente che in passato, soggetti ad autonoma imposizione Ici, atteso
che e' rimasta invariata, senza subire influenze dalla nuova disciplina del
catasto dei fabbricati, la disposizione (art. 5, comma 7, del D.Lgs. n. 504
del 1992), per effetto della quale, ai fini della determinazione della base
imponibile Ici per i terreni agricoli, il reddito dominicale si considera,
come osservato in precedenza (vd. paragrafo D), n. 2, comprensivo della
redditivita' delle costruzioni rurali asservite ai terreno e strumentalmente
funzionali alle necessita' del fondo, e considerato che, altrimenti,
l'opposta interpretazione comporterebbe per un medesimo fabbricato rurale
un'illegittima duplicazione d'imposta;
3) pertanto anche sotto la nuova disciplina del catasto dei
fabbricati, il possesso di fabbricati rurali non costituisce presupposto per
l'applicazione dell'Ici e tale tributo, relativamente a detti fabbricati,
continua ad essere ricompreso nell'imposta che grava sui terreni agricoli a
cui i fabbricati rurali medesimi sono strumentali;
4) a fini catastali e fiscali l'individuazione del fabbricato come
rurale prescinde dall'iscrizione o meno dell'unita' immobiliare nel catasto
edilizio urbano, ridenominato catasto dei fabbricati, nel quale vanno ora
iscritti anche i fabbricati rurali, ma dipende dalla rispondenza dell'unita'
immobiliare che si assume avere caratteristiche rurali alle condizioni
individuate dall'art. 9 del D.L. n. 557 del 1993, convertito nella L. n. 133
del 1994, e in particolare a quelle indicate nei commi 3, lettere a)-e), e
4, in precedenza indicate.
H) Con riferimento al caso in esame, assumono specifico rilievo le
condizioni relative alla connessione oggettiva e funzionale tra il
fabbricato e l'attivita' agricola che si svolge sul terreno, nel senso che
l'unita' immobiliare deve essere utilizzata quale abitazione o per funzioni
strumentali all'attivita' agricola (art. 9, comma 3, lettera b, e
all'identita' soggettiva tra il possessore del fabbricato, da un lato, e il
titolare del diritto di proprieta' o di altro diritto reale sul terreno,
oppure il conduttore del terreno medesimo, dall'altro (art. 9, comma 3,
lettera a.
A tale riguardo, il Consorzio ortofrutticolo di M. afferma che le unita'
immobiliari possedute e gravate da Ici in base all'avviso di liquidazione
del comune sono in realta' fabbricati rurali, in quanto strumentali
all'attivita' agricola e considerato che il loro valore e' ricompreso in
quello dei terreni dei soci, con la conseguenza che detti fabbricati non
sarebbero soggetti al menzionato tributo.
La tesi del ricorrente e' pero' priva di fondamento.
A sostegno della propria pretesa il consorzio avrebbe dovuto dimostrare,
nel corso del giudizio di merito, la sussistenza delle condizioni previste
dalla legge, in precedenza specificamente enunciate (vd. paragrafo F, per
il "riconoscimento della ruralita' degli immobili agli effetti fiscali"
(art. 9, comma 3, primo periodo, del D.L. n. 557 del 1993 citato).
In realta', in base a quanto risulta dalla sentenza di appello e dalle
stesse considerazioni difensive del ricorrente, nei giudizi di merito non
risulta che il contribuente abbia dedotto e dimostrato - e che le
Commissioni tributarie abbiano accertato - la ricorrenza delle condizioni di
cui alle lettere c) e d) del comma 3 dell'art. 9 del D.L. n. 557 del 1993,
concernenti, rispettivamente, le caratteristiche, per estensione e modalita'
di accatastamento, del terreno a cui i fabbricati della cooperativa
sarebbero asservititi, e il volume di affari derivanti da attivita' agricole
dei soggetti proprietari o conduttori di tali terreni. Di tali condizioni
oggettive, essenziali per il riconoscimento della qualita' rurale dei
fabbricati, nulla si afferma nella sentenza di appello, ne' negli scritti
difensivi del ricorrente, il quale neppure ha precisato nel ricorso per
cassazione, nel rispetto del principio di autosufficienza di questo, in
quali atti dei giudizi di merito tale circostanze siano state eventualmente
dedotte e documentate, mancando anche di dedurre un eventuale vizio di
omessa motivazione o di omessa pronuncia sul punto da parte dei giudici di
appello.
Non risultano inoltre rispettate, sulla base dei presupposti di fatto
accertati nella sentenza di appello, le condizioni soggettive e ed oggettive
delineate alle lettere a) e b) del comma 3 dell'art. 9 del D.L. n. 557 del
1993.
I) In particolare, non vi e' identita' soggettiva tra il possessore dei
fabbricati (la cooperativa denominata Consorzio ortofrutticolo di M.) e i
proprietari, ovvero i conduttori o utilizzatori, dei terreni a cui i
fabbricati sarebbero funzionalmente strumentali (i soci della stessa
cooperativa), attesa la personalita' giuridica di cui gode la cooperativa e
che la distingue soggettivamente dai singoli soci che compongono la
compagine societaria.
Il consorzio ricorrente afferma l'esistenza nel caso di specie della
identita' soggettiva tra possessore dei fabbricati e proprietari o detentori
dei terreni agricoli, facendo riferimento alla causa mutualistica della
cooperativa, che escluderebbe una contrapposizione di interessi tra la
societa' e i soci e determinerebbe invece, in forza di vincoli statutari,
una integrazione tra l'attivita' svolta dalla cooperativa tramite i
fabbricati, e finalizzata allo svolgimento in forma collettiva di alcune
fasi delle imprese dei soci, e quella esercitata dai soci stessi sui
rispettivi terreni, cosi' pervenendosi ad una "coincidenza sostanziale" tra
i possessori dei terreni e gli utilizzatori dei fabbricati - nel senso che i
primi sarebbero anche utilizzatori dei secondi - "in forza di un vincolo
sociale la cui peculiarita' realizza l'asservimento" dei fabbricati ai
terreni.
La tesi del Consorzio ortofrutticolo di M. non puo' tuttavia essere
condivisa.
In primo luogo il ricorrente, ipotizzando una coincidenza sostanziale
tra cooperativa, quale possessore dei fabbricati, e soci, quali proprietari
dei terreni, ma anche utilizzatori dei fabbricati della cooperativa, non
tiene conto che:
a) i soci sono portatori di un peculiare interesse - distinto da
quello della cooperativa e attuato per il tramite di rapporti di scambio con
questa intrattenuti, normalmente a titolo oneroso - a che l'attivita'
d'impresa sia orientata al soddisfacimento delle loro richieste di
prestazioni (cosiddette prestazioni mutualistiche) ed alle condizioni piu'
favorevoli consentite dalle esigenze di economicita' nella condotta
dell'impresa sociale (Cass. 8 settembre 1999, n. 9513);
b) la cooperativa, quale soggetto di diritto munito di personalita'
giuridica, ha specifiche esigenze organizzative, di efficienza e
conservazione dell'impresa (vd. ancora Cass. n. 9513 del 1999), che
impongono di demandare all'apprezzamento discrezionale dell'organo
amministrativo o dell'assemblea ogni valutazione sulle modalita'
organizzative dell'impresa stessa, cosi' restando escluso - in via di
principio e fatte salve eventuali diverse disposizioni statutarie, la cui
esistenza, pero', nella fattispecie non e' stata dedotta ne', tanto meno,
dimostrata - il diritto soggettivo del socio sia alla fruizione delle
prestazioni della cooperativa e al conseguimento del vantaggio mutualistico
(Cass. n. 9513 del 1999), che alla diretta utilizzazione delle strutture e
dei locali aziendali, fermo restando che la discrezionalita' dell'organo
amministrativo e della maggioranza assembleare e' temperata dal principio di
correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto e che il singolo
socio dispone del mezzi di tutela predisposti dal diritto societario
(impugnazione della delibera assembleare, azione di responsabilita' contro
gli amministratori, controllo giudiziario secondo l'art.
2545-quinquiesdecies del codice civile - non applicabile pero', ratione
temporis, alla fattispecie in esame - qualora la gestione dell'impresa
sociale non sia improntata al rispetto dello scopo mutualistico, e sia
comunque affetta da gravi irregolarita' che possano arrecare danno alla
societa'), inoltre la causa mutualistica - attraverso la quale il socio non
persegue un fine puramente speculativo, ma mira di regola ad un risultato
economico e ad un vantaggio patrimoniale diverso dal lucro, o comunque
peculiare e variante a seconda del ramo di attivita' cooperativa esercitato
dalla societa' e che non e' costituito (o almeno non lo e' prevalentemente)
dalla piu' elevata remunerazione possibile del capitale investito, ma dal
soddisfacimento di un comune preesistente bisogno economico, con la
congiunta consecuzione di un risparmio di spesa per i beni o i servizi
acquistati o realizzati dalla propria societa' (come nelle cooperative di
consumo), oppure di una maggiore retribuzione per i propri beni o servizi
alla stessa ceduti (come nelle cooperative di produzione e di lavoro) (vd.
Cass. n. 9513 del 1999) - costituisce lo strumento per stabilire una
connessione funzionale tra le separate e distinte attivita' economiche della
cooperativa e dei soci, ma non vale a giustificare la identificazione tra
soggetti diversi, soprattutto quando da tale identificazione soggettiva si
vogliono trarre conseguenze, come nel caso di specie, in ordine alla
individuazione dei presupposti applicativi di un determinato tributo (anche
secondo Cass. 21 gennaio 2005, n. 1330, in motivazione, non puo'
"confondersi la personalita' giuridica autonoma della cooperativa… con
quella fisica dei singoli soci").
L) Quanto alla connessione oggettiva tra fabbricati e terreno agricolo,
stabilita dall'art. 9, comma 3, lettera b), del D.L. n. 557 del 1993, nel
senso che i primi devono essere utilizzati quale abitazione o per funzioni
strumentali all'attivita' agricola svolta sul terreno, afferma il Consorzio
che l'attivita' dallo stesso svolta avrebbe natura agricola secondo la
nozione di cui all'art. 29, comma 2, lettera c), del D.P.R. 22 dicembre
1986, n. 917, sostanziandosi nella manipolazione, con modalita' conformi
all'esercizio normale dell'agricoltura, e alla successiva vendita dei
prodotti (pomacee e drupacee) coltivati e conferiti dai soci, dovendosi
conseguentemente considerare come rurali - a norma di quanto disposto dal
comma 3-bis dell'art. 9 del D.L. n. 557 del 1993, introdotto dall'art. 2 del
D.P.R. 23 marzo 1998, n. 139, con il quale si e' stabilito che "ai fini
fiscali deve riconoscersi carattere rurale alle costruzioni strumentali alle
attivita' agricole di cui all'articolo 29 del testo unico delle imposte sui
redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917" - il fabbricato dove tale attivita' di manipolazione viene
compiuta e le altre unita' immobiliari destinate a uffici, a servizi per i
prestatori d'opera e ad alloggio del custode, la cui presenza anche notturna
garantirebbe la sorveglianza e la sicurezza dei locali principali.
Anche tale argomentazione difensiva del ricorrente non puo' tuttavia
essere condivisa.
La natura agricola dell'attivita' di manipolazione e trasformazione da
parte della cooperativa dei prodotti dei soci, in quanto rientrante
"nell'esercizio normale dell'agricoltura secondo la tecnica che lo governa"
(art. 29, comma 2, lettera c), del D.P.R. n. 917 del 1986, ma si veda anche
l'art. 2135, comma 2, del codice civile entrambi nel testo vigente ratione
temporis secondo il quale si considerano attivita' agricole per connessione
quelle "dirette alla trasformazione o all'alienazione dei prodotti agricoli,
quando rientrano nell'esercizio normale dell'agricoltura"), cosi' come la
strumentalita', rispetto all'attivita' agricola svolta dalla cooperativa o
dai soci, delle unita' immobiliari in questione, non risultano essere state
accertate dai giudici di merito, secondo quanto si evince dalla sentenza di
appello, ne' sul punto vi e' in questa sede di legittimita' doglianza di
omessa pronuncia o di mancanza di motivazione da parte del ricorrente, il
quale neppure ha indicato nel ricorso per cassazione, nel rispetto del
principio di autosufficienza, in quali atti del giudizio di merito tali
circostanze di fatto siano state dedotte e fatte oggetto di richiesta di
accertamento.
La difesa del Consorzio sul punto si basa pertanto sulla inammissibile
prospettazione, in sede di legittimita', di questioni di fatto nuove (le
concrete modalita' di utilizzazione delle unita' immobiliari da parte della
cooperativa e la riconducibilita' dell'attivita' di manipolazione e
trasformazione dei prodotti dei soci nell'ambito dell'esercizio normale
dell'agricoltura), non dedotte e comunque rimaste estranee al thema
decidendum dei giudizi di merito e all'accertamento compiuto dai giudici di
I e II grado.
M) Si aggiunga che il disposto del comma 3-bis dell'art. 9 del D.L. n.
557 del 1993, introdotto dall'art. 2 del D.P.R. 23 marzo 1998, n. 139 - che
comunque, facendo riferimento alle costruzioni strumentali alle attivita'
agricole di cui all'art. 29 del D.P.R. n. 917 del 1986, richiama anch'esso
le attivita' di manipolazione, trasformazione e alienazione di prodotti
agricoli, che rientrino nell'esercizio normale dell'agricoltura -
costituendo norma a carattere innovativo e non interpretativo, non ha
efficacia retroattiva, diversamente da quanto sostenuto dai ricorrente, e
trova pertanto applicazione per gli anni d'imposta successivi alla sua
entrata in vigore, ma non per l'accertamento di cui trattasi riferito, come
gia' precisato, al 1994.
Infatti il carattere interpretativo autentico di una disposizione
normativa dipende esclusivamente dal suo contenuto, caratterizzato
dall'enunciazione di un apprezzamento interpretativo circa il significato di
un precetto antecedente, cui la norma si ricollega nella formula e nella
ratio, e da un momento precettivo, con il quale il legislatore impone questa
interpretazione, escludendone ogni altra non solo per il futuro ma anche per
il passato, e che ha percio' sempre efficacia retroattiva, a meno che la
stessa norma non disponga altrimenti (Cass., SS.UU., 4 marzo 1983, n. 1622;
Cass. 12 giugno 1986, n. 3928; 20 giugno 2003, n. 9895).
Nella specie manca nel disposto del citato comma 3-bis dell'art. 9 del
D.L. n. 557/1993 sia l'apprezzamento interpretativo del significato di un
precetto antecedente, sia il momento precettivo con cui il legislatore
conferisce valore normativo all'interpretazione prescelta. Manca addirittura
nella specie il collegamento e l'integrazione con una disposizione anteriore
che comporti il necessario congiunto operare di due norme, posto che il
legislatore, con l'art. 2 del D.P.R. n. 139 del 1998, si e' limitato a
disporre la sostituzione del precedente comma 3 dell'art. 9 citato con il
nuovo testo e a introdurre il comma 3-bis, escludendo quindi esplicitamente
il concorso integrato di due disposizioni e il congiunto operare delle
stesse (Cass. 6 aprile 1982, n. 2132), con l'evidente intento di riconoscere
a fini fiscali, ma solo per il futuro, non essendo stato prevista alcuna
efficacia retroattiva della disposizione, il carattere rurale di tutte le
costruzioni strumentali alle attivita' agricole di cui all'art. 29 del
D.P.R. n. 917 del 1986.
Sono infine irrilevanti, ai fini del riconoscimento dell'efficacia
retroattiva del citato comma 3-bis e diversamente da quanto sostenuto in
memoria dal ricorrente, l'approvazione del regolamento per la costituzione
del catasto dei fabbricati con D.M. 2 gennaio 1998, n. 28, comunque
antecedente al D.P.R. 23 marzo 1998, n. 139, con il quale, all'art. 2, e'
stato introdotto il comma 3-bis dell'art. 9 del D.L. n. 557/1993, convertito
nella L. n. 133/1994, come anche la disciplina stabilita dall'art. 9, comma
9, del citato D.L. 557/1993, riguardante i fabbricati gia' rurali che
abbiano perso i requisiti di ruralita' fissati dai commi 3, 4, 5 e 6 dello
stesso articolo, ma che non fa riferimento al comma 3-bis, introdotto
successivamente, e agli ulteriori requisiti di ruralita' da tale
disposizione previsti. Infine la sentenza n. 9760 del 18 giugno 2003 di
questa Corte, richiamata dal ricorrente per aver fatto applicazione del
comma 3-bis ad una fattispecie risalente all'anno 1996 e quindi antecedente
al D.P.R. n. 139 del 1998, non affronta esplicitamente e motivatamente la
questione della natura interpretativa e dell'efficacia retroattiva di tale
disposizione.
N) Le considerazioni che precedono inducono univocamente ad escludere la
natura rurale dei fabbricati oggetto del presente giudizio e a ritenere gli
stessi assoggettati all'imposta comunale sugli immobili, restando in tal
modo altresi' esclusa in radice la violazione del divieto di duplice
tassazione sollevata dal ricorrente, ma ipotizzabile solo con riferimento ad
un fabbricato rurale, il cui valore sia stato computato in un primo momento
per la determinazione della base imponibile relativa all'Ici applicata al
terreno agricolo a cui il fabbricato stesso si ritenga asservito e,
successivamente, conteggiato anche per l'autonoma sottoposizione al tributo
del medesimo fabbricato rurale.
Nella specie non ricorrono comunque i presupposti di un'illegittima
duplice tassazione, ostandovi la diversa titolarita' dei fabbricati,
intestati alla cooperativa, e dei singoli terreni, di proprieta' dei soci,
che non consente di ritenere che il valore dei primi possa essere
conteggiato ai fili della determinazione del valore, e quindi della base
imponibile a fini Ici, dei singoli terreni appartenenti ai soci, ossia a
soggetti diversi dal proprietario dei fabbricati che si assumono a detti
terreni asserviti.
O) Ritiene il collegio che la soluzione a cui si e' in questa sede
pervenuti non si ponga in contrasto con quanto deciso da questa Corte nella
sentenza 21 gennaio 2005, n. 1330, ampiamente citata da entrambe le parti
nelle rispettive memorie. In primo luogo il giudizio di cui alla citata
sentenza ha riguardato un fatto oggettivamente diverso, trattandosi di un
accertamento ai fini Ici, relativo agli anni 1993 e 1994 e concernente
fabbricati appartenenti ai soci di una cooperativa agricola, insistenti su
di un terreno di proprieta' della stessa cooperativa e da questa utilizzati
per la manipolazione e trasformazione di prodotti agricoli e zootecnici
(allevamento di pollame). Quindi nella fattispecie regolata dalla citata
sentenza n. 1330/2005 e' ravvisabile, diversamente dai caso oggetto del
presente giudizio, un'ipotesi di coincidenza tra proprietario del terreno
(la cooperativa) e il soggetto utilizzatore dei fabbricati insistenti sullo
stesso terreno, fabbricati formalmente intestati ai soci, ma sostanzialmente
nella disponibilita' concreta della medesima cooperativa e da questa
utilizzati per la sua attivita', nel rispetto della condizione stabilita dal
comma 3, lettera a), dell'art. 9 del D.L. n. 557/1993, convertito nella L.
n. 133/1994 rispetto che invece non ricorre nella fattispecie oggetto del
presente giudizio (vd., retro, paragrafo I.
Nel contesto di tali accertati elementi di fatto, la Corte, dopo aver
affermato che, con riferimento all'anno 1993, ai fini della qualificazione
come rurale di un fabbricato era necessaria, ai sensi dell'art. 38 del
D.P.R. n. 1142/1949, ancora applicabile ratione temporis, l'identita'
soggettiva, nella fattispecie pero' mancante, tra il proprietario dei
fabbricati e il proprietario dei terreni, ha correttamente precisato, che
con riferimento all'anno 1994, in conseguenza dell'entrata in vigore delle
disposizioni di cui all'art. 9 del D.L. n. 557/1993, ferma restando la
necessita' dell'identita' soggettiva tra possessore dei fabbricati e
utilizzatore dei terreni, detta identita' non doveva riguardare
necessariamente i proprietari degli uni e degli altri, essendo stati
"ammessi dalla nuova normativa altri titoli di possesso di fabbricati
ricompresi in terreni agricoli, quali la titolarita' di un diritto reale
sugli stessi… ovvero altro titolo, che potrebbe eventualmente risultare
dall'atto costitutivo della societa' o dagli atti necessari all'ottenimento
della licenza edilizia", ed ha annullato la sentenza di appello per aver
erroneamente affermato che anche dopo l'entrata in vigore del D.L. n.
557/1993 sarebbe stata ancora necessaria l'identita' soggettiva tra il
proprietario dei fabbricati e quello dei terreni e per aver omesso ogni
accertamento sull'esistenza delle altre condizioni di legge ritenute
necessarie, analogamente a quanto in precedenza affermato nel presente
giudizio (vd. retro, paragrafo H, per il riconoscimento della qualifica di
fabbricato rurale (art. 9, comma 3, del D.L. n. 557/1993), rimettendo gli
atti ai giudici di appello per un nuovo e motivato esame delle
caratteristiche degli immobili.
P) Da quanto precede discende anche la irrilevanza, nel presente
giudizio, delle eccezioni di illegittimita' costituzionale della disciplina
dell'Ici relativa ai fabbricati strumentali delle cooperative agricole,
sollevate dal ricorrente con riferimento agli artt. 3 e 53 della
Costituzione, sotto il profilo della configurabilita' - in realta' esclusa,
per quanto osservato in precedenza - di una duplice tassazione di un
medesimo cespite (il fabbricato rurale), e in relazione agli artt. 3 e 45
della Costituzione, qualora si ritenesse che l'intestazione alla cooperativa
di un fabbricato rurale fosse ostativo alla esclusione dall'Ici di detto
fabbricato, esclusione che invece andrebbe riconosciuta al fabbricato rurale
appartenente al singolo socio o ad un imprenditore agricolo individuale, con
conseguente irrazionalita' della norma, sindacabile sotto il profilo del
principio di uguaglianza e del trattamento sfavorevole riservato ad un
soggetto, la cooperativa a base mutualistica, la cui funzione sociale e'
riconosciuta e ritenuta meritevole di tutela dalla Costituzione (art. 45).
Infatti, come osservato in precedenza (vd. retro, paragrafo N, sulla
base delle circostanze di fatto accertate nel giudizio di merito e alla luce
della normativa applicabile ratione temporis alla fattispecie, e' da
escludere che i fabbricati in questione, oggetto dell'avviso di liquidazione
notificato al consorzio ricorrente e del successivo giudizio instaurato dal
contribuente, possano qualificarsi come fabbricati rurali.
Le sollevate questioni di legittimita' costituzionale, comunque, sono
anche manifestamente infondate.
In particolare, la prospettata violazione del divieto di duplice
Tassazione, con i conseguenti profili attinenti alla lesione dei principi
costituzionali di uguaglianza e di imposizione fiscale secondo capacita'
contributiva (artt. 3 e 53 della Costituzione), presupponendo che uno stesso
bene sia gravato due volte dal medesimo tributo, non e' nella specie
configurabile, ostandovi, come rilevato in precedenza (vd. retro, ancora
paragrafo N, la diversa titolarita' dei fabbricati, intestati alla
cooperativa, e dei singoli terreni, di proprieta' dei soci.
Inoltre, la dedotta violazione degli artt. 3 e 45 della Costituzione ha
come presupposto un'argomentazione di diritto che e' estranea alle ragioni
per le quali deve ritenersi che, nella fattispecie, le unita' immobiliari
del Consorzio ortofrutticolo di M. siano soggette all'Ici. Infatti
l'assoggettamento di detti immobili a tale imposta non discende, come
sostenuto dal ricorrente, dalla mera intestazione formale alla cooperativa
di un fabbricato rurale che, se intestato ad un imprenditore agricolo
individuale, sarebbe stato invece sicuramente escluso dal tributo, ma dalla
considerazione che la particolare disciplina dall'Ici applicabile ai
fabbricati rurali presuppone - oltre all'esistenza in fatto (nella specie da
escludersi sulla base delle risultanze del giudizio di merito, come in
precedenza rilevato, vd. retro, paragrafo N delle condizioni perche' un
fabbricato possa essere considerato rurale ai fini fiscali - anche e
soprattutto, alla luce della peculiare norma sulla determinazione del valore
dei terreni agricoli ai fini del calcolo della base imponibile dell'Ici a
tali terreni applicabile (art. 5, comma 7, del D.Lgs. n. 504 del 1992) e per
le argomentazioni in precedenza svolte (vd. retro, ancora paragrafo N,
l'identita' soggettiva tra possessore del fabbricato e proprietario o
utilizzatore dei terreno a cui il fabbricato risulta funzionalmente
asservito, identita' che nella specie non ricorre tra cooperativa,
proprietaria dei fabbricati, ma non utilizzatrice dei terreni dei soci, e i
soci stessi, proprietari dei terreni agricoli, ma non proprietari o
possessori dei fabbricati della cooperativa.
Sulla base di tutte le considerazioni che precedono, il ricorso deve
essere rigettato, ma ricorrono giusti motivi per la integrale compensazione
tra le parti delle spese relative alla presente fase processuale.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le
spese processuali della presente fase.
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