Sentenza del 25/02/2008 n. 4751 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5
Svolgimento del processo
1.- Con ricorso alla commissione tributaria di primo grado di Trento la
signora C.F., erede del signor F.R., deceduto il 26.5.1999, impugno'
l'avviso notificatole il 3.3.2000 dal locale ufficio delle entrate, con cui
l'imposta di successione era liquidata in L. 652.509.524, assumendo - come
gia' aveva fatto inutilmente con istanza di autotutela - che l'imponibile
presunto, pari al 10% del valore globale netto dell'asse ereditario, dovesse
essere ridotto in misura corrispondente al valore da lei dichiarato (L.
145.164.000) per denaro, gioielli e mobili compresi nell'attivo ereditario.
2.- La sentenza n. 10 del 2001, con cui la commissione adita aveva
accolto il ricorso, impugnata dall'ufficio - secondo il quale la presunzione
in parola sarebbe superabile solo mediante redazione d'inventario analitico
-, fu confermata, con la sentenza indicata in epigrafe, pronunziata in
contraddittorio delle parti, dalla commissione tributaria di secondo grado
di Trento, che respinse l'appello avendo osservato che, onde evitare la
duplicazione d'imposta, il valore di denaro, gioielli e mobili dichiarato
dallo stesso erede dev'essere dedotto dall'imponibile legalmente presunto.
3.- Per la cassazione di tale sentenza, l'amministrazione finanziaria
dello Stato e l'agenzia delle entrate presentano ricorso, con unico motivo,
cui resiste la nominata contribuente mediante controricorso.
Motivi della decisione
4.- Con l'unico motivo di ricorso le amministrazioni ricorrenti
censurano la sentenza della commissione tributaria, ai sensi dell'art. 360
c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31
ottobre 1990, n. 346, art. 9 (T.U. delle disposizioni concernenti l'imposta
sulle successioni e donazioni), e dell'art. 769 c.p.c. e segg., assumendo:
4.1.- che - a seguito delle modifiche introdotte dalla L. 17 dicembre
1986, n. 880, art. 5, al vecchio testo del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637,
art. 8 - l'incremento, nella misura del dieci per cento, dell'imponibile
ereditario netto, per effetto della presenza, legalmente presunta, di
denaro, gioielli e mobili di corrispondente valore, puo' essere evitato dal
contribuente, in base all'attuale disposizione, solo attraverso la redazione
di un inventario analitico;
4.2.- che quindi, non essendo stato redatto, nel caso di specie,
l'inventario con le formalita' previste dal codice di rito, la maggiorazione
del 10%, sarebbe stata correttamente applicata dall'ufficio al valore
globale netto imponibile dell'asse ereditario, comprensivo dei beni mobili
dichiarati;
4.3.- che, in subordine, la commissione non avrebbe dovuto, almeno,
annullare del tutto la componente mobiliare (presuntiva) dell'imponibile, in
considerazione del maggior valore presunto di tale componente (10%
dell'asse) rispetto a quello dichiarato.
5.- La sentenza impugnata - confermando quella di primo grado che aveva
accolto la tesi della contribuente - rigetta l'appello erariale osservando:
5.1.- "che la presunzione di cui trattasi non trova applicazione nel
caso in cui l'erede dichiari essa stessa i valori a cui si riferiscono i
beni mobili";
5.2.- che, "In questo caso la presunzione puo' integrare il valore
dichiarato non sommarsi ad esso, con duplicazione d'imposta".
6.- Il motivo di censura e' infondato, ed il ricorso deve essere
pertanto rigettato.
6.1.- La norma di cui si tratta (D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 9)
premesso che l'attivo ereditario e' costituito da tutti i beni e i diritti
che formano oggetto della successione, esclusi quelli specificamente
esentati dall'imposta (primo comma) - stabilisce, per quanto interessa:
6.1.1.- che denaro, gioielli e mobilia si presumono compresi nell'attivo
"per un importo pari al dieci per cento del valore globale netto imponibile
dell'asse ereditario anche se non dichiarati o dichiarati per un importo
minore";
6.1.2.- che tale presunzione non si applica ("salvo che") se l'esistenza
di detti beni risulti, per un importo diverso (dal 10%, dell'asse), da
inventario analitico redatto a norma dell'art. 769 c.p.c. e segg..
6.2.- La mancanza, incontestata, di un inventario analitico redatto a
norma dell'art. 769 c.p.c. e segg., comporta l'applicabilita' della
presunzione legale menzionata al par. 6.1.1; cosicche' la sola questione da
risolvere e' quella concernente la portata di tale presunzione, a fronte di
una dichiarazione di valori mobiliari da parte dell'erede, non assistita da
inventario.
6.2.1.- Dal punto di vista logico-giuridico, le sole ipotesi consentite
dalla norma, cui applicare la presunzione in mancanza d'inventario, sono le
seguenti: omessa dichiarazione di esistenza dei suddetti beni mobili;
dichiarazione dei medesimi, per un valore inferiore a quello presunto;
dichiarazione di valori mobiliari superiori a quello presunto (ipotesi
estranea alla presente controversia).
6.2.2.- Nel primo caso, e' indiscutibile l'incremento dell'imponibile
nella misura del dieci per cento, quale che sia il valore effettivo di
denaro, gioielli e mobilia esistenti nell'asse. Infatti, neppure
l'amministrazione sarebbe ammessa, come in passato (Cass. n. 5773/2000), a
provare un valore di tali beni superiore a quello presunto.
6.2.3.- Nella seconda ipotesi, corrispondente al caso di specie, la
presunzione, mancando l'inventario, e' certamente applicabile (ed in tal
senso deve essere corretta la motivazione, sul punto, della sentenza
impugnata: v. sopra, par. 5.1); pertanto sarebbe inaccoglibile la richiesta
dell'erede di pagare l'imposta in ragione di quanto dichiarato, anziche' in
ragione di un imponibile presuntivamente aumentato del dieci per cento.
6.2.4.- In merito, tuttavia, non esiste contesa, giacche' la resistente
afferma di non aver "mai sollevato alcuna contestazione in proposito, ossia
in ordine all'applicabilita' della presunzione" (controricorso, pag. 8). La
controversia s'incentra, invece, sulla formazione dell'attivo ereditario
(par. 6.1), in presenza di denunzia di beni mobili: se, cioe', l'aumento
presuntivo di un decimo debba essere calcolato al netto, ovvero al lordo,
del valore di tali beni.
6.2.5.- La prima osservazione e' suggerita dalla formulazione letterale
della norma, in virtu' della quale l'incremento legale dell'attivo
ereditario - per l'esistenza presunta di beni mobili che in esso "si
considerano compresi" (e dunque non debbono essere ulteriormente aggiunti)
-, e' indipendente dalla dichiarazione dei beni stessi ("anche se non
dichiarati o dichiarati per un importo minore").
Tale espressione - chiaramente superflua, se riferita
all'applicabilita', anche in tali casi, della presunzione legale - acquista
significato solo in funzione della necessita', evidentemente avvertita dal
legislatore, di evitare disparita' impositive fra l'erede che non dichiari
affatto l'esistenza dei menzionati valori mobiliari e colui che invece la
dichiari, ma in misura inferiore a quella presunta.
6.2.6.- Infatti, in mancanza di tale precisazione esplicita, il primo
(non dichiarante) vedrebbe calcolata l'imposta sull'attivo dichiarato (o
accertato), aumentato del dieci per cento; laddove il secondo (dichiarante
parziale) subirebbe, senza ragione, un trattamento fiscale deteriore,
giacche' la stessa percentuale sarebbe calcolata sull'attivo ereditario
incrementato dal valore dei beni mobili dichiarati.
6.2.7.- D'altra parte, se e' vero che l'attivo ereditario e' costituito
"da tutti i beni e i diritti" caduti in successione (par. 6.1) - quindi
anche, potenzialmente, da denari, gioielli e mobilia -, e' altrettanto vero
che solo con riguardo a questi ultimi e' stata dettata la norma (art. 9,
cit., comma 2) che considerata la specialita' di tali beni, in ragione della
connaturata facilita' di occultamento (Cass. n. 8345/2006) - ne presume
l'esistenza e la consistenza, in termini d'incremento dell'imponibile in
misura fissa (salvo inventario). Tali disposizioni, contenute in una norma
speciale perche' riferita a specifici beni, prevalgono pertanto, secondo
corretti criteri ermeneutici, sulle previsioni della norma generale.
6.2.8.- Devesi ritenere illegittima, in conclusione, la pretesa del
fisco di calcolare la percentuale presuntiva del dieci per cento sull'attivo
ereditario, dopo avere ad esso aggiunto il valore dichiarato dall'erede per
denaro, gioielli e mobilia compresi nell'asse ereditario; dovendo invece
essere interpretata la suddetta norma nel senso che il valore presunto di
tali beni comprende quello eventualmente dichiarato.
Sicche' - fermo restando che l'imposta principale di successione
dev'essere sempre liquidata, per quanto riguarda i beni mobili, sul valore
presunto, calcolato nel modo suddetto, anche in presenza di un valore
dichiarato inferiore a quello presunto - l'eventuale imposta complementare,
in quest'ultimo caso, dev'essere liquidata sulla differenza fra il valore
presunto e quello dichiarato.
6.3.- Il profilo di censura proposto in via subordinata (par. 4.3) e'
ugualmente infondato.
6.3.1.- La commissione a qua, stabilendo che "la presunzione puo'
integrare il valore dichiarato non sommarsi ad esso, con duplicazione
d'imposta", non ha inteso infatti, evidentemente, annullare del tutto la
componente mobiliare (presuntiva) dell'imponibile, ma limitare l'imposta
relativa a tale componente, riconoscendola legittima solo sulla differenza
fra maggior valore presunto e valore dichiarato.
7.- Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato.
7.1.- Le spese del presente giudizio di Cassazione, liquidate in
dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di cassazione Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in
solido, al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, liquidate
in complessivi Euro 1.600,00 (milleseicento), di cui Euro 1.500,00
(millecinquecento) per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
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