Sentenza del 26/02/2004 n. 3904 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Testo

Fatto -  La  C.S.  S.p.a.  chiedeva all'Ufficio Iva di Palermo il rimborso  

di L. 203.745.000, asseritamente pagata. in eccesso in sede di dichiarazione
per l'anno 1979, a causa di un errato calcolo dell'Iva detraibile in
presenza di operazioni esenti, conseguente all'entrata in vigore del D.P.R. 29 gennaio 1979, n. 24, modificativo dell'art. 19 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Contro il silenzio-rifiuto dell'Amministrazione la contribuente
proponeva ricorso alla Commissione tributaria di primo grado di Palermo,
affermando che l'imposta sarebbe stata indebitamente versata per errata
interpretazione della sopraindicata normativa fiscale.
La Commissione tributaria adita accoglieva il ricorso e condannava
l'Amministrazione al rimborso dell'imposta indebitamente pagata.
La Commissione tributaria di secondo grado di Palermo rigettava
l'appello dell'Ufficio, che proponeva ricorso davanti alla Commissione
tributaria centrale, la quale accoglieva invece l'impugnazione, cosi'
motivando:
1 - la societa' contribuente, avente per oggetto la produzione e
vendita di leganti idraulici e materie affini, era controllata dalla S.p.a.
I…, avente lo stesso oggetto sociale e alla quale aveva conferito mandato
di commissione per la vendita di prodotti, mandato di rappresentanza per gli
acquisti e mandato specifico per la propria gestione tecnico-amministrativa,
comprendente tra l'altro la locazione di case sociali per i dipendenti e
comodati provvisori a terzi di cave;
2 - la societa' C.S., nella dichiarazione annuale del 1979, ritenendo
frutto di attivita' propria dell'impresa i corrispettivi delle locazioni di
cui sopra e gli interessi derivanti dai conti correnti, indicava in L.
206.351.000 la percentuale non detraibile;
3 - successivamente, in base a chiarimenti sulla nuova normativa di
cui al D.P.R. n. 24/1979 contenuti in talune risoluzioni ministeriali,
considerava le predette operazioni come strumentali per l'attivita'
d'impresa e quindi esenti da Iva;
4 - conseguentemente calcolava come non detraibile dalla somma
dichiarata solo l'importo di L. 2.606.000 e chiedeva il rimborso della somma
di L. 203.745.000;
5 - la richiesta di rimborso non poteva pero' essere presa in
considerazione dall'Ufficio, a causa della preclusione derivante dall'art. 28, penultimo comma, del D.P.R. n. 633/1972, in forza del quale il
contribuente perde il diritto alle detrazioni non computate ne' nei mesi di
competenza, ne' nella dichiarazione annuale;
6 - nella specie non poteva trovare applicazione neppure l'art. 37, penultimo comma, dello stesso D.P.R. n. 633/1972, che dispone che una nuova
dichiarazione integrativa, correttiva o sostitutiva puo' essere prodotta
entro trenta giorni dalla scadenza del termine previsto per la
presentazione, in quanto nessuna dichiarazione integrativa, correttiva o
sostitutiva era stata presentata, con conseguente decadenza della
contribuente dal diritto di operare la detrazione e con l'inammissibilita'
della ripetizione della corrispondente somma anche ai sensi degli artt. 2033
e 2041 del codice civile.
Avverso detta decisione la I… S.p.a., quale incorporante della C.S.
S.p.a., ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un solo articolato
motivo, illustrato con memoria.
Ha resistito con controricorso l'Amministrazione finanziaria.

 Diritto -  Con  l'unico  motivo  di  ricorso, la I... S.p.a. - denunciando  

violazione e falsa applicazione degli artt. 28, comma 3, e 37, comma 5, del
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nonche' dell'art. 16, comma 6, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 - deduce che:
a) la domanda di rimborso in questione trae origine da un errore
incolpevole in cui la contribuente e' incorsa nel calcolare la percentuale
di indetraibilita' dell'Iva ai sensi dell'art. 19, ultimo comma, del D.P.R. n. 633/1972, come modificato dal D.P.R. n. 24/1979;
b) dalla correzione di detto errore e' risultato che la societa' ha
diritto ad una maggiore detrazione e quindi al rimborso richiesto;
c) il punto in contestazione riguarda la possibilita' che il diritto
ad una maggiore detrazione sia soddisfatto per il tramite di una domanda di
rimborso proposta successivamente alla presentazione della dichiarazione nei
termini dell'allora vigente art. 16 del D.P.R. n. 636/1972, ovvero se tale
diritto possa ritenersi precluso dalle disposizioni relative alla decadenza
del diritto alla detrazione, come ritenuto dalla Commissione tributaria
centrale;
d) la decisione impugnata e' pero' erronea in quanto nella specie non
ricorrono le condizioni di applicabilita' dell'art. 28 del D.P.R. n. 633/1972, in base al quale il contribuente perde il diritto alle detrazioni
che non siano. state computate ne' nei mesi di competenza ne' in sede di
dichiarazione annuale;
e) in particolare, nella specie la contribuente non ha omesso ne'
l'annotazione di alcuna delle fatture di acquisto da cui discende l'Iva
detraibile, ne' la presentazione della dichiarazione annuale, ma ha soltanto
commesso un errore di valutazione nel determinare la percentuale di
indetraibilita' dell'imposta sul presupposto, rivelatosi poi erroneo per
successivi chiarimenti ministeriali conseguenti alla nuova normativa di cui
al D.P.R. n. 24/1979, che una certa attivita' esente rientrasse invece nel
calcolo dell'Iva indetraibile;
f) nella specie il diritto al rimborso non deriva dall'allegazione di
fatti e circostanze nuove, ma da una diversa valutazione dei dati forniti in
dichiarazione, senza necessita' dunque di alcuna dichiarazione integrativa.
Il motivo e' fondato.
In tema di detrazione e di rimborso dell'Iva, la giurisprudenza di
questa Corte ha affermato i seguenti principi, pienamente condivisi dal
Collegio:
a) ai sensi dell'art. 28, comma 4, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nel testo applicabile ratione temporis alla fattispecie, il diritto
alla detrazione si perde solo quando questa non venga computata ne' nel mese
di competenza, ne' in sede di dichiarazione annuale (Cass. 20 gennaio 1997,
n. 544; 25 febbraio 1998, n. 2063; 4 febbraio 2000, n. 1204; 28 gennaio
2002, n. 1029);
b) in ogni caso la perdita del diritto alle detrazioni, ai sensi del
citato art. 28, comma 4, del D.P.R. n. 633/1972, non pregiudica il diritto
del contribuente al rimborso di quanto versato in eccesso, in applicazione
dell'art. 30, comma 2. dello stesso decreto (Cass. 9 febbraio 2001, n.
1823), poiche' la perdita del diritto al rimborso, avendo natura di vera e
propria decadenza dovrebbe essere prevista espressamente dalla legge, mentre
una previsione al riguardo manca nel citato art. 30 e non e' riscontrabile
in altre norme del medesimo decreto presidenziale (Cass. 25 febbraio 1998,
n. 2063).
In materia di Iva, inoltre, come anche con riferimento alle imposte sui
redditi (Cass. SS.UU. 25 ottobre 2002, n. 15063; SS.UU. 6 dicembre 2002, n.
17394; Cass. 23 maggio 2003, n. 8153), si e' ritenuto che la dichiarazione
del contribuente affetta da errore, di fatto o di diritto, commesso dal
dichiarante nella sua redazione, sia emendabile e ritrattabile, atteso che
detta dichiarazione non ha valore confessorio, ne' costituisce fonte
dell'obbligazione tributaria inserendosi invece nell'ambito di un piu'
complesso procedimento di accertamento e di riscossione) e che i principi
della capacita' contributiva e di buona amministrazione rendono
intollerabile un sistema legislativo che impedisca al contribuente di
dimostrare, entro un ragionevole lasso di tempo, l'inesistenza di fatti
giustificativi del prelievo (Cass. 12 giugno 2002, n. 8362).
Alla luce dei principi enunciati e sulla base di quanto accertato in
fatto nel corso del giudizio di merito,secondo gli elementi desumibili dalla
decisione della Commissione tributaria centrale qui impugnata, e' da
ritenersi che la societa' contribuente non sia decaduta dal diritto al
rimborso delle somme versate in eccesso a titolo di Iva non detraibile.
Infatti la contribuente - pur avendo conteggiato per difetto, sia nelle
liquidazioni mensili che nella dichiarazione annuale, l'ammontare dell'Iva
detraibile, essendo incorsa in errore nella determinazione della percentuale
di indetraibilita' dell'imposta in presenza di operazioni esenti, ai sensi
dell'art. 19 del D.P.R. n. 633/1972, come modificato dal D.P.R. n. 24/1979 -
ha successivamente provveduto, una volta rilevato l'errore commesso, a
effettuare un nuovo conteggio dell'Iva detraibile e a rettificare la
dichiarazione annuale con la presentazione dell'istanza di rimborso. La
S.p.a. C.S. ha cosi' soddisfatto la condizione implicitamente posta
dall'art. 28, comma 4, del D.P.R. n. 633/1972 ai fini della conservazione
del diritto alla detrazione - ma rilevante anche per il riconoscimento
dell'alternativo diritto al rimborso dell'imposta detraibile versata in
eccedenza, secondo quanto previsto dall'art. 30, comma 2, dello stesso D.P.R. n. 633/1972 - e in base alla quale l'importo dell'Iva detraibile, se
non computato nelle liquidazioni mensili, deve essere indicato almeno nella
dichiarazione annuale.
La Commissione tributaria centrale ha ritenuto che l'eventuale
dichiarazione correttiva avrebbe dovuto essere presentata entro il termine
stabilito dall'art. 37 del D.P.R. n. 633/1972 e quindi entro trenta giorni
dalla scadenza del termine fissato per la presentazione della dichiarazione.
Tale assunto e' infondato, alla luce del richiamato principio di
emendabilita' della dichiarazione erronea, che abbia comportato per il
contribuente oneri diversi e piu' gravosi di quelli che, in base alla legge,
devono restare a suo carico. Detta emendabilita' non puo' ritenersi
sottoposta al limite temporale di cui al menzionato art. 37, commi 5 e 6,
del D.P.R. n. 633/1972, il quale riguarda la rimozione di omissioni o la
eliminazione di errori suscettibili di comportare un pregiudizio per
l'erario, ma non la rettifica di dichiarazioni oggettivamente errate e
quindi idonee a pregiudicare il dichiarante (in senso analogo, con
riferimento alla emendabilita' della dichiarazione dei redditi, Cass. SS.UU.
25 ottobre 2002, n. 15063; 6 dicembre 2002, n. 17394), tenuto altresi' conto
che la negazione del diritto al rimborso determinerebbe un indebito
incameramento del credito da parte dell'erario (Cass. 25 febbraio 1998, n.
2063).
La decisione impugnata, nell'escludere il diritto al rimborso della
contribuente, ha erroneamente interpretato e applicato le norme di cui agli
artt. 28, comma 4, e 37, commi 5 e 6, del D.P.R. n. 633/1972 e deve essere,
pertanto annullata.
Gli atti vanno conseguentemente rimessi alla Commissione tributaria
regionale della Sicilia, territorialmente competente (Cass. 18 luglio 1996,
n. 6476; 14 maggio 2002, n. 6937), che decidera' sulla base dei principi in
precedenza menzionati e provvedera' anche a regolare le spese di questo
giudizio.

 P.Q.M. -  La  Corte  accoglie  il  ricorso.  Cassa la sentenza impugnata e  

rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimita', alla
Commissione tributaria regionale della Sicilia.

Registrati al nostro portale per accedere al motore di ricerca delle sentenze.

Registrati

Sentenze

Sentenze nel nostro database:
507,035

Cerca

Giudici

Giudici nel nostro database:
2,876

Cerca

Autorità

Tribunali nel nostro database:
331

Cerca

Sentenze.io 2023