Sentenza del 26/02/2004 n. 3904 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Massime

IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO IVA - OBBLIGHI DEI CONTRIBUENTI - DICHIARAZIONI - IN GENERE - RETTIFICA ED EMENDA DA PARTE DEL CONTRIBUENTE - AMMISSIBILITA' - FONDAMENTO - FATTISPECIE

Anche in materia di IVA e' valido il principio, gia' affermato con riferimento alle imposte sui redditi, secondo il quale la dichiarazione del contribuente, affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione, e' - in linea di principio - emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e piu' gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico, atteso che la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell'acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti; che essa costituisce un momento dell'<> procedimentale volto all'accertamento dell'obbligazione tributaria; e che i principi della capacita' contributiva e di buona amministrazione rendono intollerabile un sistema legislativo che impedisca al contribuente di dimostrare, entro un ragionevole lasso di tempo, l'inesistenza di fatti giustificativi. Ne consegue che detta emendabilita' non puo' ritenersi sottoposta al limite temporale di cui all'art. 37, commi quinto e sesto, del d.P.R. n. 633 del 1972, il quale riguarda la rimozione di omissioni o la eliminazione di errori suscettibili di comportare un pregiudizio per l'erario, ma non la rettifica di dichiarazioni oggettivamente errate e quindi idonee a pregiudicare il dichiarante, anche in ragione del fatto che la negazione del diritto al rimborso determinerebbe un indebito incameramento del credito da parte dell'erario. (In applicazione di tale principio, la Corte ha rigettato il ricorso dell'Amministrazione finanziaria contro la sentenza di merito che aveva riconosciuto il diritto della societa' contribuente ad ottenere il rimborso dell'IVA indebitamente pagata e condannato l'Amministrazione Finanziaria al suo pagamento). Massima tratta dal CED della Cassazione.


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La dichiarazione d'imposta, nella specie quella di cui all'art. 8, comma 1, del d.lgs. 507/92, ove sia affetta da errore di fatto, nella specie errore relativo alle dimensione delle insegne pubblicitarie, commesso dal dichiarante nella sua redazione, è in linea di principio emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico, atteso che, in primo luogo, la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell'acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti, in secondo luogo, che essa costituisce un momento dell'iter procedimentale volto all'accertamento dell'obbligazione tributaria e, in terzo luogo, che i principi della capacità contributiva e di buona amministrazione rendono intollerabile un sistema legislativo che impedisca al contribuente di dimostrare, entro un ragionevole lasso di tempo, l'inesistenza di fatti giustificativi.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

Anche in materia di IVA è valido il principio, già affermato con riferimento alle imposte sui redditi, secondo il quale la dichiarazione del contribuente, affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione, è in linea di principio emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico, atteso che la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell'acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti. Infatti, la dichiarazione costituisce un momento dell'iter procedimentale volto all'accertamento dell'obbligazione tributaria e i principi della capacità contributiva e di buona amministrazione rendono intollerabile un sistema legislativo che impedisca al contribuente di dimostrare, entro un ragionevole lasso di tempo, l'inesistenza di fatti giustificativi. Ne consegue che detta emendabilità non può ritenersi sottoposta al limite temporale di cui all'art. 37, commi quinto e sesto, del D.P.R. n. 633 del 1972, il quale riguarda la rimozione di omissioni o la eliminazione di errori suscettibili di comportare un pregiudizio per l'erario, ma non la rettifica di dichiarazioni oggettivamente errate e quindi idonee a pregiudicare il dichiarante, anche in ragione del fatto che la negazione del diritto al rimborso determinerebbe un indebito incameramento del credito da parte dell'erario. Inoltre, ai fini del rimborso dell'eccedenza d'imposta IVA, è sufficiente che il contribuente manifesti la propria volontà di esercitare il relativo diritto mediante l'esposizione del credito di imposta nella dichiarazione annuale che, da tale momento, è anche esigibile, in quanto l'eventuale presentazione del modello "VR" ha la sola funzione di sollecitare l'attività di verifica dell'Amministrazione in ordine alla correttezza dei dati riportati nella dichiarazione e di rendere possibile l'avvio del relativo procedimento di esecuzione.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

La dichiarazione dei redditi del contribuente, affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione, alla luce del d.P.R. n. 600 del 1973, nel testo applicabile "ratione temporis", e' - in linea di principio - emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e piu' gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico. Cio' in quanto: la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell'acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti, e costituisce un momento dell'"iter" procedimentale volto all'accertamento dell'obbligazione tributaria; l'art. 9, commi settimo e ottavo, del d.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente in quel tempo, non pone alcun limite temporale all'emendabilita' e alla ritrattabilita' della dichiarazione dei redditi risultanti da errori commessi dal contribuente; un sistema legislativo che intendesse negare in radice la rettificabilita' della dichiarazione, darebbe luogo a un prelievo fiscale indebito e, pertanto, non compatibile con i principi costituzionali della capacita' contributiva (art. 53, comma primo, Cost.) e dell'oggettiva correttezza dell'azione amministrativa (art. 97, comma primo, Cost.)(In applicazione di tale principio la Corte ha accolto il ricorso dell'impresa contribuente che, con istanza presentata all'Intendenza di Finanza, aveva richiesto il rimborso di quanto "erroneamente" pagato a titolo di IRPEG e di ILOR in materia di interessi, maturati nel vigore del d.P.R. n. 597 del 1973, su crediti d'imposta vantati nei confronti dell'Amministrazione, qualificati - anche nel corso delle fasi del giudizio di merito - come aventi natura "compensativa", e percio' esenti da tributo in base alla disciplina anteriore, ma che erano stati inclusi nel reddito imponibile, e percio' tassati, ai sensi del sopravvenuto art. 56 del d.P.R. n. 917 del 1986, applicabile retroattivamente, ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. n. 42 del 1988, in quanto "la relativa dichiarazione, validamente presentata" dal contribuente era risultata conforme alla subentrata disposizione di cui all'art. 56 cit.). Massima tratta dal CED della Cassazione.

La dichiarazione dei redditi affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione, alla luce del d.P.R. n. 600 del 1973 - nel testo applicabile "ratione temporis" -, e', in linea di principio, emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e piu' gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico. Cio' in quanto: la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell'acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti, e costituisce un momento dell'iter procedimentale volto all'accertamento dell'obbligazione tributaria; l'art. 9, settimo ed ottavo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, nel testo applicabile "ratione temporis", non pone alcun limite temporale all'emendabilita' e alla ritrattabilita' della dichiarazione dei redditi risultanti da errori commessi dal contribuente; un sistema legislativo che intendesse negare in radice la rettificabilita' della dichiarazione darebbe luogo ad un prelievo fiscale indebito e, pertanto, non compatibile con i principi costituzionali della capacita' contributiva e dell'oggettiva correttezza dell'azione amministrativa (artt. 53 e 97 Cost.) (nella fattispecie, la Suprema Corte ha respinto il ricorso del Ministero delle finanze avverso la sentenza della commissione tributaria, che aveva riconosciuto il diritto del contribuente al rimborso - chiesto nei termini di legge - del maggior importo trattenuto dall'INADEL a titolo di IRPEF sulla liquidazione dell'indennita' premio di servizio, la quale non era stata indicata nella dichiarazione dei redditi per mero errore materiale). * Massima tratta dal CED della Cassazione.

La dichiarazione dei redditi del contribuente, affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione, alla luce del D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo applicabile "ratione temporis", e' - in linea di principio - emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e piu' gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico. Cio' in quanto: la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell'acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti, e costituisce un momento dell'"iter" procedimentale volto all'accertamento dell'obbligazione tributaria; l'art. 9, commi sette e otto, del d.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente in quel tempo, non pone alcun limite temporale all'emendabilita' e alla ritrattabile della dichiarazione dei redditi risultanti da errori commessi dal contribuente; un sistema legislativo che intendesse negare in radice la rettificabilita' della dichiarazione, darebbe luogo a un prelievo fiscale indebito e, pertanto, non compatibile con i principi costituzionali della capacita' contributiva (art. 53, comma primo, Cost.) e dell'oggettiva correttezza dell'azione amministrativa (art. 97, comma primo, Cost.) (in applicazione di tali principi la Corte ha ritenuto ritrattabile e rettificabile la dichiarazione, in relazione ad una fattispecie in cui un'impresa commerciale aveva incluso - fra le componenti positive del reddito d'impresa - anche gli interessi maturati su crediti d'imposta, relativi ad anni precedenti, non saldati puntualmente dall'Amministrazione finanziaria, e cio' nonostante - oltretutto - l'esistenza di un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimita', secondo cui gli interessi - alla stregua della normativa vigente fino al primo gennaio 1988 - non integrassero reddito imponibile). Massima tratta dal CED della Cassazione. In termini v. Cassazione, sentenza n.15063 del 25/10/2002, S.U.

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