Ordinanza del 02/07/2018 n. 17215 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 6
Rilevato
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall'art. 380 bis c.p.c., delibera di procedere con motivazione semplificata;
che M.M. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che aveva rigettato il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Roma. Quest'ultima, a sua volta, aveva respinto l'impugnazione del contribuente avverso un avviso di accertamento IRPEF per l'anno 2008.
Considerato
che il ricorso è affidato a tre motivi;
che, col primo, il M. assume una palese discrasia tra dispositivo e motivazione: si sarebbe così determinata un'inesistenza giuridica/nullità radicale della sentenza della CTR nonché la violazione e falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c.;
che, col secondo, il ricorrente assume l'insufficienza e grave contraddittorietà della motivazione;
che, col terzo, il contribuente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., giacché l'Agenzia delle Entrate non avrebbe assolto al suo onere probatorio;
che l'Agenzia si è costituita con controricorso;
che il primo motivo è inammissibile, poiché si traduce in un affastellamento di circostanze diverse, senza neppure indicare il vizio oggetto del ricorso per cassazione a cui tali circostanze dovrebbero riferirsi, rendendo così impossibile l'immediata rilevabilità del nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza logica denunciata ed il fatto ritenuto determinante (Sez. 5, n. 28242 del 18/12/2013), tanto più che il dispositivo appare del tutto coerente con gli argomenti sviluppati nella motivazione della sentenza impugnata;
che il secondo motivo è inammissibile, giacché il ricorrente non indica quale parte della sentenza impugnata sarebbe affetta dall'anomalia denunciata;
che il terzo motivo è inammissibile;
che, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall'art. 366 c.p.c., nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio sulla congruità della motivazione dell'avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso, che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l'esame del ricorso (Sez. 5, n. 16147 del 28/06/2017; Sez. 5, n. 9536 del 19/04/2013);
che, anche a voler ritenere che il contenuto della doglianza si riferisca all'atto accertativo della pretesa fiscale, mancherebbe comunque il doveroso richiamo ai passi di cui sopra;
che va pertanto dato atto dell'inammissibilità del ricorso (Sez. U, n. 7155 del 21/03/2017);
che a tale declaratoria segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della contro ricorrente;
che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, và dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, a favore dell'Agenzia delle Entrate, in Euro 5.000, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dì atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2018
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