Sentenza del 10/02/2004 n. 2527 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Massime

FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA - LIQUIDAZIONE - EFFETTI - PER L'IMPRESA - ORGANI SOCIALI - FUNZIONI - CESSAZIONE - RAPPRESENTANZA PROCESSUALE - LIQUIDATORE - FATTISPECIE

La messa in liquidazione coatta amministrativa di una societa' configura l'evento della perdita della capacita' di stare in giudizio, ai sensi dell'art. 299 cod. proc. civ., atteso che, a norma dell'art. 200 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, detto stato comporta (fra l'altro) la cessazione delle funzioni dell'assemblea e degli organi amministrativi e di controllo della societa' medesima e, comunque, l'attribuzione al commissario liquidatore - e non piu', quindi, alla persona fisica che la rappresentava fin quando era in bonis - della capacita' di stare in giudizio nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale. Ne consegue, nella specie, la inammissibilita' del ricorso per cassazione non proposto, ne' notificato, nei confronti della "s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa". *Massima tratta dal CED della Cassazione.


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In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la notifica di un avviso di liquidazione emesso nei confronti di una societa' posta in liquidazione coatta amministrativa dev'essere effettuata, ai sensi dell'art. 145 cod. proc. civ., richiamato dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, nei confronti della societa' stessa, non gia' presso la sua sede legale, bensi' presso il domicilio del commissario liquidatore: l'assoggettamento alla procedura concorsuale, infatti, pur non determinando la nascita di un soggetto nuovo e diverso, comporta l'immediata cessazione dell'attivita' d'impresa, con la presa in consegna dei beni da parte dell'organo pubblico delegato alla gestione, ed il venir meno delle funzioni dell'assemblea e degli organi di amministrazione e controllo, con l'attribuzione della rappresentanza legale e della legittimazione processuale al commissario liquidatore; in tale situazione, venendo meno, con la chiusura degli uffici e l'allontanamento del personale amministrativo, il presidio degli amministratori e del personale presso la sede dell'impresa, il centro motore dell'attivita' opera, secondo l'"id quod plerumque accidit", presso il domicilio del commissario liquidatore, sicche' pretendere che la notifica debba essere sempre e comunque tentata presso la sede legale costituirebbe una vuota formalita' priva di qualunque significato sostanziale. *Massima redatta dal Servizio di documentazione economica e tributaria.

La proroga del termine di notifica dell'impugnazione - tardiva alla luce dell'art. 327 cod. proc. civ. - ai sensi dell'art. 328, terzo comma, cod. proc. civ., richiesta soltanto nella fase "dibattimentale" del giudizio di legittimita', allo scopo di poter provare l'eventuale perdita della capacita' di stare in giudizio della originaria parte processuale, per fusione di societa' eventualmente intervenuta dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza impugnata, non puo' essere concessa perche' la relativa istanza e' tardiva: e cio' non soltanto in presenza dell'eccezione di inammissibilita' del ricorso tempestivamente formulata dalla controricorrente, ma anche in quanto il ricorrente, per superare l'inammissibilita' del ricorso avrebbe dovuto comunque documentare "in limine" l'avvenuta fusione della societa' parte originaria con altra societa', configurante un'ipotesi di successione a titolo universale idonea all'attivazione del meccanismo processuale previsto dal detto terzo comma dell'art. 328 del codice, laddove nella specie il ricorso e' stato notificato nei confronti di un soggetto denominato in modo da poter configurare una semplice trasformazione senza estinzione della societa' parte originaria, con successione a titolo particolare nel diritto controverso. L'esame della ricorrenza, in concreto, dell'una o dell'altra ipotesi di successione, di cui rispettivamente agli artt. 110 e 111 cod. proc. civ., con conseguenze ed esiti differenti, infatti, non puo' trovare ingresso nel giudizio per cassazione ai sensi e per gli effetti dell'art. 328, terzo comma, trattandosi di un accertamento di fatto, inammissibile come tale in detta sede. *Massima tratta dal CED della Cassazione.

Nelle cause promosse da o nei confronti di una societa' di capitali, la sopravvenienza del suo scioglimento o anche della sua cancellazione non implica che la stessa perda la sua qualita' di parte del processo in precedenza instaurato, rappresentata, in quanto tale - in applicazione analogica dell'art. 2456 cod. civ. - dal liquidatore. Da cio' consegue che, nel caso di successiva impugnazione proposta esclusivamente dal successore a titolo particolare nel diritto controverso, bene venga disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti della suddetta societa', e che, nel caso di inottemperanza ad un tal ordine, l'impugnazione stessa si renda inammissibile ai sensi dell'art. 331, secondo comma cod. proc. civ. Massima tratta dal CED della Cassazione.

L'azione di responsabilita' nei confronti del liquidatore di una societa' con riguardo ai crediti per imposta sul reddito delle persone giuridiche, i cui presupposti si siano verificati a carico della stessa, ancorche' accertati successivamente, che l'art. 36 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, al pari dell'abrogato art. 265, d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, riconosce all'amministrazione finanziaria nel caso che il liquidatore abbia esaurito le disponibilita' della liquidazione senza provvedere al loro pagamento, e' esercitabile alla duplice condizione che i ruoli, in cui siano iscritti i tributi a carico della societa', possano essere posti in riscossione e che sia acquisita legale certezza che i medesimi non siano stati soddisfatti con le attivita' della liquidazione medesima. Il carattere proprio di tale obbligazione, che deriva dall'inosservanza da parte del liquidatore di uno specifico obbligo di legge su lui gravante, comporta, inoltre, che una tale responsabilita' possa essere invocata dall'amministrazione finanziaria, una volta realizzatesi le due condizioni, nell'ordinario termine decennale di prescrizione, non essendo la stessa equiparabile a quella derivante dalla responsabilita' verso i creditori, di cui agli artt. 2394 e 2456 cod. civ., ne' qualificabile come coobbligazione nei debiti tributari, ma riconducibile alle norme degli artt. 1176 e 1218 cod. civ.. * Massima tratta dal CED della Cassazione.

A seguito del fallimento di una societa', che e' causa di scioglimento ma non di estinzione della medesima, rimangono in vita gli organi sociali con i loro poteri rappresentativi. Inoltre, alla dichiarazione di fallimento consegue,per il fallito, una perdita della capacita' processuale che ha carattere non assoluto ma relativo e puo' essere eccepita solo dalcuratore nell'interesse della massa dei creditori. Ne deriva che, se,nell'inerzia del curatore, agisce in giudizio per la societa' fallita il suo rappresentante legale, non puo' essere rilevato ne' su eccezione della controparte ne' d'ufficio un difetto di capacita' processuale. (Nella specie, intervenuto il fallimento di societa' in accomandita semplice nel corso di un procedimento davanti alla Commissione tributaria di secondo grado, la societa', in persona del socio accomandatario, pure dichiarato fallito, aveva impugnato la decisione di tale Commissione davanti alla Corte d'appello; la S.C. - in base al riportato principio - ha ritenuto tale impugnazione ritualmente proposta).

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