Sentenza del 29/06/1982 n. 3912 - Corte di Cassazione

Massime

ACCERTAMENTO RITENUTE ALLA FONTE ARRETRATI DI RETRIBUZIONE DERIVANTI DA SENTENZA DI CONDANNA LIQUIDAZIONE DA PARTE DEL GIUDICE INAPPLICABILITA'

Gli arretrati di retribuzione a favore del lavoratore derivanti da sentenza di condanna e liquidati da parte del giudice non sono assoggettabili a ritenuta alla fonte di cui all'art.23, secondo comma, lett.c), del D.P.R.29 settembre 1973, n.600, in quanto la ritenuta deve essere applicata al momento del pagamento di tali arretrati da parte del datore di lavoro.


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La rivalutazione monetaria ex art. 429, terzo comma, cod. proc. civ., quale componente essenziale del credito di lavoro tardivamente soddisfatto, partecipa della natura retributiva del credito originario e trova fonte esclusiva e diretta nella prestazione dell'attivita' lavorativa. Ne consegue che il relativo importo deve essere assoggettato a tutte le norme giuridiche proprie del credito di lavoro, comprese quelle di cui agli artt. 46, primo comma, e 48, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, in forza delle quali il reddito di lavoro dipendente, costituito da "tutti i compensi ed emolumenti, comunque denominati, percepiti nel periodo d'imposta in dipendenza del lavoro prestato", e' soggetto alla ritenuta a titolo di acconto che il datore di lavoro e' obbligato ad operare all'atto del pagamento, a norma dell'art. 23, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600.

La rivalutazione monetaria ex art. 429, terzo comma, cod. proc. civ., quale componente essenziale del complesso credito di lavoro tardivamente soddisfatto, partecipa della natura retributiva del credito originario e trova fonte esclusiva e diretta nella prestazione dell'attivita' lavorativa. Ne consegue che il relativo importo deve essere assoggettato a tutte le norme giuridiche proprie del credito di lavoro, comprese quelle di cui agli artt. 46, primo comma, e 48, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, in forza delle quali il reddito di lavoro dipendente, costituito da "tutti i compensi ed emolumenti, comunque denominati, percepiti nel periodo d'imposta in dipendenza del lavoro prestato", e' soggetto all'imposta sul reddito delle persone fisiche e quindi alla ritenuta a titolo di acconto che il datore di lavoro e' obbligato ad operare, all'atto del pagamento, a norma dell'art. 23, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600. * Massima tratta dal Ced della Cassazione.

Le somme liquidate a titolo di rivalutazione monetaria costituiscono una componente essenziale del credito di lavoro cui afferiscono al fine di adeguare la retribuzione nominale a quella reale. Tali somme, pertanto, rientrano come la retribuzione nominale, nella nozione di reddito da lavoro dipendente, prevista dall'art. 46, 1 co., DPR 597/73, sul quale il datore di lavoro e' tenuto ad operare la ritenuta di acconto, come sostituto di imposta, a norma dell'art. 23, 2 co, DPR 600/73.

Le somme dovute dal datore di lavoro al lavoratore per rivalutazione monetaria a norma dell'art. 429, 3 co, del C.P.C, sono soggette, all'atto del pagamento, alla ritenuta di acconto Irpef di cui all'art. 23, co 2, DPR 600 del 1973 con applicazione, ove il credito si riferisca ai pregressi periodi di imposta, dell'aliquota propria del sistema di tassazione separata di cui agli artt. 12, lett d) e 13, co. 1, del DPR 597 del 1973.

Le somme liquidate dal datore di lavoro, a titolo di rivalutazione monetaria, ex art. 429 C.p.c., rientrano nella nozione di reddito di cui agli artt. 46 e segg. del D.P.R. 597/73 e, pertanto, il datore di lavoro e' tenuto ad operare le ritenute di cui all'art. 23 del D.P.R. 600/73. Gli interessi passivi, corrisposti per il tardivo pagamento del credito di lavoro, non vanno assoggettati allo stesso regime fiscale dei redditi di lavoro dipendente, essendo oggetto di una obbligazione autonoma.

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