Sentenza del 30/09/2019 n. 24276 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Testo

FATTI DI CAUSA

1. - P.I. ha impugnato l'atto di accertamento relativo all'ICI 2009 notificatole dalla SOGET s.p.a., deducendo la illegittimità dell'affidamento del servizio di accertamento e riscossione alla SOGET, con conseguente carenza di legittimazione impositiva attiva in capo a quest'ultima.

2. - In primo grado il ricorso è stato respinto; la P. ha proposto appello e la CTR della Campania, con sentenza depositata il 23.12.2015, ha accolto le ragioni della contribuente sul rilievo che il Comune non ha allegato i documenti giustificativi del conferimento alla SOGET del potere di accertamento e riscossione.

3. - Ricorre per cassazione la SOGET affidandosi a due motivi.

Non si costituiscono il Comune di Angri e la contribuente.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. - Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell'art. 360 c.p.c., n. 1), deducendo il difetto di giurisdizione per violazione dei limiti interni ed esterni della giurisdizione tributaria.

Secondo la società ricorrente la giurisdizione delle Commissioni è limitata alle questioni relative ai tributi e non alla legittimità degli atti di affidamento del servizio di accertamento, la cui valutazione è rimessa al giudice amministrativo; e in ogni caso la CTR non avrebbe il potere di disapplicazione dell'atto di affidamento perché il potere di disapplicazione incidentale ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 7, riguarda solo gli atti amministrativi di contenuto normativo e generale, non anche quelli di affidamento in concreto del servizio.

4.1. - Il motivo è inammissibile e comunque infondato; esso non coglie pienamente la ratio decidendi della CTR, che non ha annullato l'atto di affidamento del servizio, nè lo ha disapplicato, ma ha ritenuto che non vi fosse prova dell'atto medesimo. Il giudice di secondo grado ha quindi annullato l'avviso di accertamento ICI, ritenendo l'insussistenza del potere amministrativo di imposizione in capo alla concessionaria, in quanto il Comune non avrebbe documentato la fonte del potere della concessionaria. La CTR ha individuato un vizio intrinseco all'avviso di accertamento ICI, atto, questo, pacificamente annullabile ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19, costituito dalla carenza del potere impositivo. Pertanto non può dirsi che siano stati violati i limiti della giurisdizione tributaria.

5. - Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione del principio dell'onere della prova, di cui all'art. 2697 c.c.. La società lamenta che la CTR abbia annullato l'avviso di accertamento sulla base di non provate contestazioni sull'asserita carenza di titolarità dei poteri in capo alla concessionaria, mentre l'atto di accertamento era completo perché conteneva l'esatta indicazione della determina comunale di attribuzione dei poteri di accertamento (determina dirigenziale n. 82 del 15 marzo 2011).

Il motivo è fondato.

Va premesso che, per consolidato orientamento di questa Corte, qualora il Comune, in applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, che regola la podestà regolamentare generale, affidi (ritenendo ciò "più conveniente sotto il profilo economico o funzionale") il servizio non solo di riscossione delle imposte locali ma anche di accertamento, mediante apposita convenzione, ai soggetti terzi indicati nella norma suddetta, quest'ultimo potere spetta al soggetto concessionario e non al Comune; ed all'attribuzione di tali poteri consegue, quale ineludibile conseguenza, non solo la legittimazione sostanziale, ma anche la legittimazione processuale per le controversie che involgano tali materie (Cass. nn. 12773/18, 11514/18, 25305/2017 e molte altre).

Posto che l'avviso di accertamento in questione contiene in effetti gli estremi della determina di affidamento del servizio, era onere della contribuente specificare sotto quale profilo quest'ultimo atto fosse illegittimo (v. Cass. n. 13848/04). La CTR non ha fatto buon governo dei principi in tema probatorio addossando al Comune un onere di allegare i "documenti giustificativi" dell'attribuzione alla SOGET del servizio di accertamento, non necessari nel caso in cui si tratti di atti generali, soggetti a pubblicità legale, e quindi da presumere conoscibili, e che è sufficiente richiamare nell'avviso di accertamento (Cass. 3052/2018).

Ne consegue l'accoglimento del secondo motivo del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto nè essendo state qui dedotte altre questioni, la decisione nel merito, con rigetto dell'originario ricorso della contribuente.

Le spese dei gradi di merito possono compensarsi, stante il progressivo consolidarsi in corso di causa degli orientamenti citati. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza della contribuente nei confronti della società di riscossione e si liquidano come da dispositivo; nulla invece sulle spese per il Comune che non si è costituito.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originario ricorso della contribuente.

Compensa interamente le spese del doppio grado di merito e condanna P.I. alle spese del giudizio di legittimità in favore della società ricorrente, che liquida in Euro 1.000,00 oltre rimborso forfetario ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2019

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