Sentenza del 13/02/1998 n. 1512 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio Sezioni unite

Massime

PROFESSIONISTI - PROFESSIONI SANITARIE - DENTISTI ED ODONTOTECNICI - MEDICI ISCRITTI AL CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA SUCCESSIVAMENTE AL 28 GENNAIO 1980 - TERMINE STABILITO DALL'ART 19 DELLA DIRETTIVA DEL CONSIGLIO 25 LUGLIO 1978 N 78/686/CEE - PROROGA PREVISTA DALLA LEGGE 31 OTTOBRE 1988 N 471 FINO ALL'ANNO ACCADEMICO 1984/85 - INAPPLICABILITA' PER VIOLAZIONE DEL DIRITTO COMUNITARIO - QUESTIONE DI COSTITUZIONALITA' - MANIFESTA INFONDATEZZA

Dalla sentenza della Corte di giustizia delle Comunita' europee 1 giugno 1995, c. 40/93 - che ha statuito che, prorogando, con legge 31 ottobre 1988 n. 471, fino all'anno accademico 1984/85, nei confronti dei laureati in medicina e chirurgia, il termine stabilito (nel 28 gennaio 1980) dall'art. 19 della direttiva del Consiglio 25 luglio 1978 n. 78/686/Cee, la Repubblica italiana e' venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi del detto articolo e dell'art. 1 della direttiva del consiglio 25 luglio 1978 n. 78/687/Cee, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative per le attivita' di dentista - consegue il divieto assoluto di applicare il regime legale interno dichiarato incompatibile con la disciplina comunitaria. Ne' dall'inapplicabilita' della legge n.471/88, cit., e dalla conseguente applicazione della disciplina comunitaria deriva una disparita' di trattamento tra medici iscritti al corso di laurea prima dell'anno accademico 1980/81 e quelli iscritti successivamente fino all'anno 1984/85, ne' e' ravvisabile alcuna limitazione del diritto al lavoro sicche' manifestamente infondata e', sotto entrambi i profili, la relativa eccezione di illegittimita' costituzionale, atteso che, in generale, nel passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina, e' legittimo fissare limiti temporali di applicabilita' dell'una e dell'altra e che, in particolare, la prescrizione dettata dall'art. 19 della cit. direttiva n. 78/686/Cee era sufficientemente precisa, tale da rendere edotti i nuovi iscritti al corso di laurea in medicina che la laurea, conseguita al termine di un corso di studi iniziato successivamente al 28 gennaio 1980, non avrebbe dato diritto all'iscrizione all'albo degli odontoiatri. (Nella specie la S.C. ha confermato la decisione della Commissione centrale dell'Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri che aveva respinto la domanda di iscrizione all'albo degli odontoiatri di un medico, immatricolato al corso di laurea in medicina e chirurgia nell'anno 1983-84, domanda presentata oltre il termine del 31 dicembre 1991 fissato dalla cit. legge n. 471/88). *Massima tratta dal CED della Cassazione.


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

Le "royalties" percepite in Italia da una societa' con sede negli USA, nel vigore della disciplina transitoria di cui allo scambio di note intervenute tra i due Stati il 13 dicembre 1974 ed approvato con la legge 6 aprile 1977, n.233 (prima della Convenzione di Roma del 17 aprile 1984, ratificata e resa esecutiva con la legge 11 dicembre 1985, n. 763), si sottraggono all'IRPEF e all'IRPEG, ma non all'ILOR, la quale, pertanto, e' dovuta, dato che l'art. 1 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, escludendone la debenza per i redditi assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, si riferisce ai proventi che effettivamente subiscano tale ritenuta, non a quelli che, pur essendo ad essa astrattamente esposti, godano in concreto di esenzione; ed atteso altresi' che, da un lato, la fonte convenzionale, nel prevenire la doppia imposizione, non si riferisce alla tassazione locale e, da un altro, che tale disciplina non contrasta neppure con il principio comunitario di non discriminazione in base alla nazionalita'. (Nell'aderire a tale principio fissato dalle SSUU, con la composizione di un contrasto interpretativo, la Corte ha cassato senza rinvio la sentenza di appello, che aveva accolto la domanda di rimborso della somma pagata dalla societa' resistente a titolo di ILOR, per l'anno 1985, sui redditi di licenza percepiti ad opera di residenti nel territorio italiano). Massima tratta dal CED della Cassazione

In tema di rimborso della tassa di concessione governativa per l'iscrizione delle societa' nel registro delle imprese, e' illegittima la detrazione, dall'importo spettante come rimborso, delle somme previste per l'iscrizione dell'atto costitutivo e degli altri atti sociali, per gli anni dal 1985 al 1992, dall'art. 11, comma primo, della legge 23 dicembre 1998, n. 448. Tale norma, infatti, si pone in contrasto con la disciplina comunitaria (come interpretata dalla Corte di giustizia con sentenza del 10 settembre 2002, nelle cause riunite C - 216/99 e C - 222/99) dettata dagli artt. 10 e 12 della direttiva del Consiglio del 17 luglio 1969, n. 69/335/CEE, con conseguente obbligo di disapplicazione, atteso che essa si risolve nella previsione di una vera e propria tassa, in quanto l'importo relativo e' del tutto avulso dal costo del servizio e, soprattutto, in quanto l'obbligo del pagamento prescinde del tutto dalla concreta prestazione di un servizio e non tiene affatto conto - come richiesto dalla citata normativa comunitaria - di altri diritti a suo tempo versati, intesi anch'essi a retribuire lo stesso servizio fornito. Inoltre, anche la misura del tasso degli interessi sulle somme dovute in restituzione, stabilita nel 2,50 per cento dal comma terzo del medesimo art. 11 della legge n. 448 del 1998 (che richiama il tasso legale vigente alla data di entrata in vigore della legge) e decorrente dalla data di presentazione dell'istanza, e' contraria alla normativa comunitaria sopra richiamata, essendo meno favorevole per il contribuente sia rispetto alla misura degli interessi stabilita dall'art. 1 della legge 26 gennaio 1961, n. 29, in materia di rimborso di somme pagate per tasse e imposte indirette sugli affari, sia rispetto a quella fissata, in via generale, dall'art. 1284 cod. civ. per le ipotesi di ripetizione di indebito oggettivo tra privati. Massima tratta dal CED della Cassazione.

In tema di rimborso della tassa di concessione governativa per l'iscrizione nel registro delle imprese, la detrazione, dall'importo complessivo - da rimborsare per incompatibilita' con il diritto comunitario - delle somme versate in pagamento della tassa relativa a ciascun anno solare successivo all'iscrizione, delle somme previste dall'art. 11 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e' illegittima. Tale norma, infatti, che ha - fra l'altro - imposto retroattivamente, per gli anni dal 1985 al 1992, una tassa di concessione governativa per l'iscrizione nel registro delle imprese degli atti societari diversi dall'atto costitutivo, si pone in contrasto con la normativa comunitaria (come interpretata dalla Corte di giustizia, da ultimo, con la sentenza del 10 settembre 2002, nelle cause riunite C-216/99 e C-222/99) e va pertanto disapplicata, atteso che il tributo introdotto dalla norma in esame non puo' essere annoverato tra i diritti remunerativi, che, ai sensi dell'art. 12 della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, n. 69/335/CEE, gli Stati membri possono istituire in deroga all'art. 10 della direttiva stessa, dovendosi escludere che lo stesso sia stato determinato - sia pure forfettariamente - in base al costo del servizio reso. * Massima tratta dal CED della Cassazione.

La richiesta di rimborso della tassa di concessione governativa per la iscrizione delle societa' nel registro delle imprese per ogni anno solare successivo alla iscrizione (tassa prevista dall'art. 3 del D.L. 19 Dicembre 1984, n. 853, convertito in legge 17 Febbraio 1985, n. 17, e successive modificazioni ed illegittima in quanto contrastante con la direttiva del Consiglio CEE n. 335 del 17 Luglio 1969) e' soggetta al termine di decadenza triennale previsto dall'art. 13, comma secondo, del d.P.R. 26 Ottobre 1972, n. 641, termine che decorre dal giorno del pagamento del tributo, non gia' da quello in cui la direttiva e' stata, con D.L. n. 331 del 1993 convertito in legge 427 del 1993, trasposta nell'ordinamento italiano, senza che tale disposizione possa ritenersi incompatibile con i principi del diritto comunitario o della Costituzione. Ed infatti, il contribuente italiano che, in esecuzione di una norma interna, ha effettuato il versamento relativo ad una imposta ritenuta contrastante con una direttiva comunitaria, ha la possibilita' di formulare la domanda di rimborso anche prima che alla direttiva stessa venga data attuazione nello Stato italiano, purche' essa direttiva sia incondizionata e precisa, e sia trascorso un tempo ragionevole dalla sua emanazione. In tale ipotesi, il giudice nazionale ha infatti il potere - dovere di disapplicare la norma interna, e riconoscere la fondatezza della pretesa al rimborso, anche se il legislatore nazionale abbia emanato norme incompatibili con la direttiva. Massima tratta dal CED della Cassazione.

Il diritto di ottenere - in dipendenza del contrasto della relativa disciplina impositiva con la direttiva CEE 17 luglio 1969 n. 335 - il rimborso della tassa annuale di concessione governativa per l'iscrizione nel registro delle imprese, versata da una societa' ai sensi del D.L. 19 dicembre 1984 n. 853 (convertito nella legge 17 febbraio 1985 n. 17) e successive modificazioni, e' soggetto al termine triennale di decadenza, di cui all'art. 13 secondo comma del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 641, posto che tale termine e' applicabile ad ogni ipotesi di rimborso di pagamenti di imposta non dovuti e considerato che ogni dubbio in proposito risulta, comunque, eliminato dall'espresso richiamo che di quel termine e' stato fatto nell'art. 11 secondo comma della legge 23 dicembre 1998 n. 443. L'applicabilita' del suddetto termine e', peraltro, compatibile con i principi dell'ordinamento comunitario, giacche' il diritto comunitario non vieta ad uno Stato membro di apporre alle azioni di ripetizione di tributi riscossi in sua violazione un termine di decadenza derogatorio del normale termine di prescrizione dell'azione di ripetizione dell'indebito tra privati, a condizione che esso trovi - come nella specie - applicazione anche alle azioni di ripetizione di tributi riscossi indebitamente, che siano fondate sul diritto interno di ciascuno Stato. Detta applicabilita', inoltre, non giustifica alcun dubbio di costituzionalita' della norma del citato art. 13 secondo comma, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 23, 24 e 113 della Costituzione e la relativa questione dev'essere dichiarata manifestamente infondata. CONF Cass. sent. n. 10231/98 VEDI Cass. sent. n. 5742/98 VEDI Cass. sent. n. 8522/98 VEDI Cass. SU sent. n. 3458/96 * Massima tratta dal CED della Cassazione.

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