Sentenza del 13/12/1995 n. 12782 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 1

Massime

CONTENZIOSO TRIBUTARIO - PROCEDIMENTO - DIVIETO DI SOSPENSIONE DEL PROCESSO TRIBUTARIO DISPOSTO DALL'ART 12 DEL DL N 429 DEL 1982 - NATURA PROCESSUALE DELLA NORMA - CONSEGUENZA APPLICABILITA' AI PROCESSI TRIBUTARI IN CORSO

L'art. 12 del D.L. 10 luglio 1982 n. 429, convertito in legge 7 agosto 1982 n. 516, il quale dispone che - in deroga a quanto stabilito dall'art. 3 del codice di procedura penale del 1930 - il processo tributario non puo' essere sospeso, e' norma di carattere processuale e, pertanto, applicabile ai processi tributari in corso a momento della sua entrata in vigore.


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

Ai sensi dell'art. 654 del codice di procedura penale - il quale aveva portata modificativa dell'art. 12 del D.L. n. 429 del 1982 (convertito nella legge n. 516 del 1982), poi espressamente abrogato dall'art. 25 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 -, l'efficacia vincolante del giudicato penale non opera nel processo tributario, poiche' in questo, da un lato, vigono limitazioni della prova (come il divieto della prova testimoniale), e, dall'altro, possono valere anche presunzioni inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna. * Massima tratta dal Ced della Cassazione.

L'art. 654 dell'attuale codice di procedura penale, il quale, in tema di limiti soggettivi dell'efficacia del giudicato penale nei processi civili od amministrativi, sostituisce l'art. 28 del codice previgente, stabilendo che detta efficacia si produce soltanto nei confronti di coloro che abbiano concretamente partecipato al processo penale (in veste d'imputato, di parte civile o di responsabile civile), opera, in difetto di espressa deroga, anche per i reati previsti da leggi speciali (art. 207 disp. att.), ed ha, pertanto, portata modificativa dell'art. 12 primo comma del D.L. 10 luglio 1982 n. 429 (convertito in legge 7 agosto 1982 n. 516 e modificato dal D.L. 15 di cembre 1982 n. 916, convertito in legge 12 febbraio 1983 n. 27), che disciplinava l'autorita' del giudicato penale in materia tributaria secondo le disposizioni del ricordato art. 28 cod.proc.civ. abrogato.(*) ----- (*) Massima tratta dal CED della Cassazione.

L'art. 654 dell'attuale codice di procedura penale, il quale, in tema di limiti soggettivi dell'efficacia del giudicato penale nei processi civili od amministrativi, sostituisce l'art. 28 del "vecchio" codice, e stabilisce che detta efficacia si produce soltanto nei confronti di coloro che abbiano concretamente partecipato al processo penale (in veste d'imputato, di parte civile o di responsabile civile), opera, in difetto di espressa deroga, anche per i reati previsti da leggi speciali (art. 207 disp. att.), ed ha portata modificativa dell'art. 12 primo comma del d.legge 10 luglio 1982 n. 429 (convertito in legge 7 agosto 1982 n. 516 e modificato dal d.legge 15 dicembre 1982 n. 916, convertito in legge 12 febbraio 1983 n. 27), ove, in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, regola l'autorita' di quel giudicato secondo le disposizioni di detto previgente art. 28.

L'applicazione dell'imposta fatta, in base alla disciplina di condono introdotta con D.L. 5 novembre 1973 n. 660, convertito con modifiche in legge 19 dicembre 1973 n. 823, da un ufficio incompetente, implicando violazione del criterio disposto dall'art. 1, terzo comma, dello stesso provvedimento normativo che incide sull'applicazione dell'imposta, non e' soggetta alla regola dell'immodificabilita' da parte dell'Ufficio sancita dall'art. 11, secondo comma, dello stesso D.L..

In tema di cosiddetto condono tributario, secondo la disciplina del d.l. 5 novembre 1973 n. 660, convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 1973 n. 823, l'art. 3, quarto comma, di detto decreto, ove prevede la determinazione dell'imponibile al netto delle detrazioni contemplate dall'art. 8 del d.l. 30 agosto 1968 n. 918, convertito con modifiche dalla legge 25 ottobre 1968 n. 1089, con riguardo ai nuovi investimento effettuati nel periodo oggetto di definizione, si riferisce esclusivamente al caso considerato nel precedente primo comma, e cioe' a quello in cui non sia stato ancora notificato l'atto di accertamento; mentre, se tale notifica sia stata effettuata, sicche' la determinazione dell'imponibile resti soggetta alle disposizioni dell'art. 2 lett. a) dello stesso decreto, non sono invocabili le indicate detrazioni.

IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE IRPEF - BASE IMPONIBILE - DETERMINAZIONE DEI REDDITI E DELLE PERDITE - TASSAZIONE DEI PROVENTI PROVENIENTI DA REATO DISPOSTA DALL'ART 14 QUARTO COMMA DELLA LEGGE N 537 DEL 1993 - NATURA INTERPRETATIVA DELLA NORMA

In tema di imposte sui redditi, l'art. 14, quarto comma, della legge 24 dicembre 1993 n. 537, che ha sottoposto a tassazione i proventi provenienti da reato, costituisce interpretazione autentica della normativa contenuta nel d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 e criterio ermeneutico decisivo per giungere ad identica conclusione anche con riferimento al d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597.


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

In tema di imposte sui redditi, l'art. 14, comma 4, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, laddove stabilisce che nelle categorie di reddito di cui all'art. 6, primo comma, del t.u.i.r. approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, devono intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o attivita' qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non gia' sottoposti a sequestro o confisca penale, e che i "relativi redditi sono determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna categoria", costituisce interpretazione autentica della normativa contenuta nel d.P.R. n. 917 del 1986 e criterio ermeneutico decisivo per giungere ad identica conclusione anche in riferimento alla precedente disciplina di cui agli artt. 1 e 6 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, e 1 del d.P.R. 29 settembre 1973, n.599. Massima tratta dal CED della Cassazione.

La disposizione di cui all'art. 115, comma secondo, lett. c) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 - a tenore della quale sono esclusi dall'applicazione dell'imposta locale sui redditi i compensi imputati ai collaboratori delle imprese familiari - dispiega efficacia retroattiva ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, nel caso in cui si tratti di compensi relativi ai periodi di imposta successivi al primo gennaio 1985 e la dichiarazione dei redditi all'epoca presentata risulti conforme alle disposizioni di cui all'art. 5, comma quarto, del suddetto d.P.R. n. 917. CONF Sen. Cass. n. 9724/93. CONF SS.UU. Sen. Cass. n. 9459/92.

In tema di imposte sui redditi, l'art. 14, quarto comma, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, laddove stabilisce "nelle categorie di reddito di cui all'art. 6, comma primo, del T.U. delle imposte sui redditi n. 917 del 1986, devono intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o attivita' qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non gia' sottoposti a sequestro o confisca penale" e che "relativi redditi sono determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna categoria", costituisce interpretazione autentica della normativa contenuta nel d.P.R. n. 917 del 1986 e criterio ermeneutico decisivo per giungere ad identica conclusione anche in riferimento alla precedente disciplina di cui agli artt. 1 e 6 del d.P.R. n. 597 del 1973 e 1 del d.P.R. n. 599 del 1973.

In tema di imposte sui redditi, l'art. 14 quarto comma della legge 24 dicembre 1993 n. 537, il quale, in via d'interpretazione autentica dell'art. 6 del d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, considera tassabili anche i proventi derivanti da illecito penale, se non gia' sottoposti a confisca, comprende tanto le ipotesi di confisca facoltativa, quanto quelle di confisca obbligatoria (art. 240 cod. pen.), e, quindi, include nel reddito imponibile pure il prezzo del reato, obbligatoriamente soggetto a tale misura (quando essa non sia stata adottata). Tale disposizione interpretativa, ancorche' non vincolante rispetto alla precedente disciplina (artt. 1 e 6 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597 ed art. 1 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 599), integra criterio ermeneutico influente, alla stregua della sostanziale identita' della stessa in ordine alla determinazione dei presupposti della tassazione, e, pertanto, impone di considerare parte di detto imponibile il "pretium sceleris" anche nel vigore della normativa previgente al citato d.P.R. n. 917 del 1986.

La norma dell'art. 115, secondo comma, lettere c) del testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 - che, per la prima volta, dispone l'esenzione dall'I.L.O.R. dei redditi dei collaboratori dell'impresa familiare - ha effetto retroattivo in virtu' della disposizione transitoria dettata dall'art. 36 del d.P.R. 4 febbraio 1988 n. 42, ma tale efficacia non puo' farsi risalire oltre la data del primo gennaio 1985 ed estendersi a periodi di imposta precedenti a quella data.

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