Sentenza del 30/04/2014 n. 9426 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Testo

Svolgimento del processo

Con sentenza 27.12.2006 n. 166 la Commissione tributaria della regione Lazio ha rigettato l'appello proposto dall'Ufficio di Rieti della Agenzia delle Entrate e confermato la decisione impugnata che aveva annullato in parte l'avviso emesso nei confronti di C. R., titolare dell'omonima ditta individuale, con il quale veniva rettificata la dichiarazione relativa all'anno 1995, con ripresa a tassazione, ai fini IVA, delle indebite detrazioni d'imposta liquidata su operazioni passive aventi ad oggetto spese per riparazione veicoli e per acquisto carburante per autotrazione, nonché spese per utenza telefonica, in quanto ritenuti costi non deducibili, difettando la prova della inerenza allo svolgimento dell'attività imprenditoriale.

I Giudici territoriali ritenevano che la omessa identificazione nelle fatture e nelle schede carburanti dei veicoli utilizzati dalla impresa, in difetto di allegazione da parte dell'Ufficio di un diverso impiego, non impedivano di riconoscere la relazione di strumentante tra i detti costi e l'attività svolta dal contribuente (forniture all'ingrosso di paglia e fieno) che implicava il necessario uso di automezzi adibiti al trasporto.

Avverso tale sentenza, non notificata, ha proposto ricorso per cassazione la Agenzia delle Entrate deducendo due motivi ai quali resiste il contribuente con controricorso.

La Agenzia fiscale ha depositato memoria illustrativa.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la Agenzia fiscale deduce il vizio di violazione e falsa applicazione della L. 21 febbraio 1977, n. 31, art. 2, del D.M. 7 giugno 1977, art. 2 e del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 54, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deducendo che all'esito della verifica fiscale era emerso che le schede-carburante risultavano incomplete dei dati identificativi (telaio o targa) dei veicoli e che alcuni importi documentati, relativi a spese per carburante e riparazioni, riguardavano il veicolo targato RI ------ che non risultava tra i beni ammortizzabili impiegati nell'esercizio della impresa. Rileva pertanto la parte ricorrente che, essendo prescritta dal regolamento di attuazione la specifica indicazione sulla scheda carburante degli estremi identificativi del veicolo, in difetto di tale adempimento aveva errato la CTR a ritenere detraibile l'IVA relativa a tali costi in quanto certamente riferibili ai veicoli impiegati nello svolgimento dell'attività imprenditoriale.

1.1 Il motivo è fondato.

1.2 La L. 21 febbraio 1977, n. 31, art. 2 di conversione del D.L. 23 dicembre 1976, n. 852, demanda alla fonte normativa secondaria di stabilire "norme dirette a disciplinare la documentazione relativa agli acquisti di carburanti per autotrazione, effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione da parte di soggetti all'imposta sul valore aggiunto", specificando che tale documentazione è "sostitutiva" della fattura prescritta dalla normativa IVA "e dovrà contenere tutti gli elementi atti ad identificare la operazione" e che, per quanto concerne gli obblighi di compilazione e conservazione e la violazione dei relativi adempimenti, tale documentazione deve intendersi assoggettata allo stesso regime normativo della fattura.

Le norme regolamentari dettate dal D.M. 7 giugno 1977, n. 6287 - applicabile "ratione temporis" - hanno individuato il modello della "scheda-carburante" (sostitutivo della fattura) quale documento tipizzato volto a rappresentare le operazioni relative agli "acquisti di carburanti per autotrazione effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione da parte di soggetti all'imposta sul valore aggiunto" (art. 1, comma 1), specificando che "Per ciascun veicolo a motore utilizzato nell'esercizio dell'attività dell'impresa, dell'arte o della professione deve essere istituita una scheda mensile contenente, oltre agli estremi di individuazione del veicolo, anche la ditta, denominazione o ragione sociale, domicilio fiscale e numero dipartita IVA del soggetto d'imposta che acquista il carburante, nonché per i soggetti domiciliati all'estero l'ubicazione della stabile organizzazione in Italia" (art. 2, comma 1), e prescrivendo, inoltre, la registrazione quindicinale delle operazioni annotate sulla "scheda-carburante" nel registro di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 25.

In particolare il D.M. n. 6287 del 1977, art. 1, prevede che "Gli acquisti di carburanti per autotrazione effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione da parte di soggetti all'imposta sul valore aggiunto debbono risultare da apposite annotazioni eseguite, nei termini e con le modalità' stabiliti nei successivi articoli, in una scheda conforme al modello allegato. 2. Le annotazioni di cui al comma precedente sono sostitutive della fattura di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 22 e successive modificazioni. 3. Salvo il disposto di cui al successivo art. 5, è fatto divieto ai gestori di impianti stradali di distribuzione di carburanti per autotrazione di emettere per la cessione di tali prodotti la fattura prevista dall'art. 21 del decreto indicato nel comma precedente".

1.3 La funzione delle annotazioni eseguite sulla "scheda-carburante" è, pertanto, quella di evidenziare i dati identificativi del veicolo, i dati identificativi del soggetto passivo d'imposta che acquista il carburante (art. 2, comma 1), "la data del rifornimento", "il tipo e la quantità di carburante acquistato", "l'ammontare del corrispettivo comprensivo della imposta" (art. 2, comma 2), la indicazione ("anche a mezzo di apposito timbro") dell'esercente dell'impianto di distribuzione e del luogo in cui è ubicato, con attestazione "per convalida" della operazione, mediante sottoscrizione dell'esercente predetto (art. 2, comma 3).

1.4 Il sistema normativo sopra delineato non consente margini di dubbio interpretativo: la "scheda-carburante", al pari della fattura relativa ad operazioni passive, è documento indispensabile non soltanto ai fini della detrazione IVA D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 19, ma anche ai fini probatori della relazione di "inerenza" della spesa all'attività d'impresa che consente la deducibilità del componente negativo del reddito d'impresa (art. 75, comma 5 vecchio T.U.I.R., attuale D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 5), in quanto documento al quale è demandata ex lege la rappresentazione del fatto storico dell'acquisto di determinate quantità di carburante per il rifornimento dello specifico veicolo indicato nella scheda: si è dunque in presenza di una limitazione legale della fonte di prova (scheda-carburante quale documento che non ammette equipollenti) che trova diretta fonte nella previsione di legge ( D.L. 23 dicembre 1976, n. 852, art. 2, conv. in L. 21 febbraio 1977, n. 31).

1.5 Come è stato già chiarito da questa Corte "Non è infatti impedito al Legislatore nazionale di individuare forme vincolate di rappresentazione dei fatti (sanzionando eventuali condotte violative degli obblighi relativi alla compilazione, tenuta e conservazione: D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 1) ove le stesse risultino giustificate razionalmente dalla esigenza di provvedere nella particolare materia fiscale a specifici interessi quali, nella specie, quello della efficienza e speditezza dei controlli della PA rendendo più agevole e snella la attività di verifica da parte degli Uffici finanziari" (cfr. Corte cass. 5 sez. 18.12.2013 n. 28243, in motivazione). Limitazioni legali alla libertà delle parti di ricerca e di utilizzo delle fonti di prova trovano, peraltro, riscontro, oltre che nel giudizio civile (art. 2721 segg. in tema di prova testimoniale; le diverse ipotesi in cui la forma dell'atto è espressamente richiesta "ad probationem"), anche nella stessa disciplina del giudizio tributario: il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, esclude, infatti, la ammissibilità del giuramento e della prova testimoniale, e tali limitazioni sono state ritenute dal Giudice delle Leggi conformi al diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost., in relazione alla peculiarità del rapporto tributario e della situazione di dritto sostanziale controversa (cfr. Corte cost. sent. depositata in data 21.1.2000 n. 18 "… .insussistente è la asserita violazione del parametro di cui all'art. 24 Cost.. Questa Corte ha infatti ripetutamente affermato che l'esclusione della prova testimoniale nel processo tributario non costituisce, di per sì, violazione del diritto di difesa, potendo quest'ultimo, ai fini della formazione del convincimento del giudice, essere diversamente regolato dal legislatore, nella sua discrezionalità, in funzione delle peculiari caratteristiche dei singoli procedimenti (sentenza n. 128 del 1972; ordinanze n. 6 del 1991, n. 76 del 1989 e n. 506 del 1987)…." che puntualizza ulteriormente come l'eventuale effetto impeditivo alla prova del fatto con altri mezzi, determinato dalla limitazione legale, "…non potrebbe di per sì ascriversi a vizio di legittimità costituzionale della norma, essendo conseguenza necessitata della scelta, come si è detto discrezionale, del legislatore riguardo all'ammissibilità ed ai limiti dei singoli mezzi di prova. Scelta del resto presente anche nel processo civile, in relazione a determinati fatti o rapporti la cui prova può essere fornita solamente per iscritto (si vedano ad esempio, ex multis, gli artt. 1659, 1846, 1888, 1919 cod. civ.)….").

1.6 Non sembra, invece, riconoscibile nel sistema delineato dalla L. n. 31 del 1977 e dalle norme regolamentari di attuazione (D.M. 7 giugno 1977, n. 6287, sostituito successivamente - ma senza rilevanti modifiche - dal D.P.R. 10 novembre 1997, n. 444 "regolamento recante norme per la semplificazione delle annotazioni da apporre sulla documentazione relativa agli acquisti di carburante per autotrazione") la volontà del Legislatore di introdurre attraverso la scheda-carburante anche una "prova legale" (sub specie di presunzione "juris et de jure"), intesa in senso stretto come accertamento incontrovertibile del fatto da provare e tale da incidere, limitandolo, sul principio del libero convincimento del Giudice ex art. 116 c.p.c., comma 1, analogamente alle altre tipologie di prova legale rinvenibili nel sistema probatorio delineato dalle norme codicistiche di diritto sostanziale e processuale (art. 2730, art. 2733 c.c., comma 2 e art. 2735 c.c. - dichiarazioni confessorie; art. 2736, art. 2738 c.c., comma 2 ed art. 239 c.p.c., comma 1 - giuramento decisorio; artt. 2699, 2700, 2714 c.c. - atti ad efficacia probatoria privilegiata-; art. 2720 c.c. -in tema di atto di ricognizione -) che trovano giustificazione, come è stato osservato in dottrina, nella funzione pratica di agevolare la risoluzione delle controversia, eliminando "a monte" la incertezza sui "facta probanda" (escludendo la possibilità di fornire prove contrarie ovvero precludendo la indagine in ordine alla attendibilità della fonte od alla idoneità del mezzo a rappresentare il fatto), e nel fondamento teorico - oggetto peraltro di critica da autorevole dottrina che ha evidenziato il carattere contro - epistemico di tali limitazioni legali - della assolutizzazione di massime di esperienza o di leggi generali.

1.7 Premesso che occorre distinguere il fatto che il documento in questione intende provare (spesa per rifornimento di carburante di un determinato veicolo) dal differente presupposto di fatto ("inerenza" della spesa all'esercizio della impresa) che legittima l'esercizio del diritto alla detrazione IVA (versata in rivalsa) ed alla deduzione del costo di acquisto del carburante quale componente negativo del reddito d'impresa (essendo necessario a tale fine dimostrare ulteriormente che il veicolo rifornito pertiene al complesso dei beni aziendali), deve escludersi che la scheda- carburante costituisca "prova legale" del fatto sopra indicato, in quanto - avuto riguardo alla stessa modalità di formazione del documento - una diversa soluzione verrebbe a porsi in insanabile contrasto con il principio generale secondo cui non è consentito alla parte precostituirsi unilateralmente la prova da fare valere in giudizio.

Piuttosto la modalità di formazione del documento sembra avvicinare la scheda-carburante alla "dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà" concernente fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato (cfr. del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, artt. 47 e 48, TU in materia di documentazione amministrativa), da cui tuttavia diverge, sia in quanto l'atto non è formato alla presenza del funzionario pubblico competente a ricevere la dichiarazione, sia in quanto alla formazione interviene anche un soggetto terzo (esercente l'impianto di distribuzione) cui viene affidato dalla norma il compito di attestare la veridicità della operazione, essendo chiamato ad apporre la propria firma "per convalida" dei dati oggetto di annotazione nella scheda-carburante.

Orbene considerato che il modello scheda-carburante è stato predeterminato, quanto al contenuto, in funzione dei controlli relativi alle dichiarazioni fiscali e che i dati annotati nella scheda (ove correttamente compilata) sono ritenuti idonei a rappresentare la operazione concernente l'acquisto di un quantitativo di carburante, al prezzo indicato comprensivo dell'IVA, destinato al rifornimento di un determinato veicolo, al documento in questione va riconosciuto il seguente regime probatorio, tanto sul piano del procedimento amministrativo di accertamento impositivo, quanto su quello dell'eventuale giudizio introdotto avverso l'atto impositivo:

a) il contribuente può fornire prova della spesa sostenuta per il rifornimento del veicolo e della imposta versata in rivalsa, esclusivamente mediante la scheda-carburante completa di tutti gli elementi indicati dalla norma, non essendo ammessi documenti equipollenti od altre fonti di prova;

b) il fatto così provato, vincola l'Amministrazione finanziaria che nella verifica della correttezza della detrazione d'imposta e della deducibilità della spesa, non può prescindere da tale prova nè valutarla insufficiente, fatta ovviamente salva la eventuale contestazione della falsità materiale od ideologica del documento (estranea alla efficacia probatoria della scheda-carburante è la diversa questione di fatto della "inerenza" della spesa, documentata nella scheda, all'esercizio dell'attività d'impresa: dovendo aliunde essere dimostrato che il veicolo rifornito costituisce bene strumentale della azienda).

1.8 Tanto premesso, l'assunto della parte resistente (che lamenta peraltro la indetraibilità IVA: ipotesi inconferente rispetto all'oggetto della presente controversia concernente la indeducibilità dal reddito di spese ritenute non inerenti), recepito integralmente nella motivazione della sentenza impugnata, secondo cui la "inerenza" della spesa non necessiterebbe di dimostrazione, risultando in "re ipsa" dal tipo di attività svolta dal contribuente - non contestata dall'Ufficio - avente ad oggetto la fornitura di paglia e fieno per l'alimentazione degli animali e dunque implicante l'uso di veicoli per il trasporto della merce, è manifestamente privo pregio, atteso che la controversia non ha ad oggetto le modalità di svolgimento dell'attività economica (\� del tutto banale la osservazione - generica ed astratta - per cui la consegna dei prodotti ai clienti, nelle diverse località di destinazione, richieda l'uso di mezzi di trasporto), quanto piuttosto la specifica prova della riferibilità in concreto dei costi di acquisto di carburante ai mezzi di trasporto appartenenti ed effettivamente impiegati dalla impresa per la esecuzione delle forniture di merce, e non anche ad altri mezzi di trasporto di proprietà di terzi (e dunque estranei alla azienda contribuente) ovvero anche di proprietà della impresa ma non destinati all'esercizio dell'attività commerciale, ipotesi quest'ultima che, nel caso di specie, trova evidente riscontro nelle risultanze della verifica fiscale condotta nei confronti della ditta individuale, essendo stato accertato che erano stati portati in deduzione dal reddito anche costi relativi a riparazioni meccaniche ed acquisto carburanti di un veicolo (identificato attraverso la targa) che non era iscritto nel registro dei beni ammortizzabili, strumentali all'esercizio dell'attività imprenditoriale.

1.9 Ne segue che la incompleta compilazione della scheda-carburante, nella quale è stata omessa la indicazione del veicolo al quale il rifornimento del carburante si riferisce, rende assolutamente incerta la prova della riferibilità della spesa ad uno dei veicoli aziendali strumentali all'esercizio della attività economica e preclude quindi l'accertamento della legittimità della deduzione dal reddito d'impresa dei relativi costi: la esistenza di veicoli a motore appartenenti alla impresa (comprovata dalle fatture di acquisto degli automezzi) non è, infatti, sufficiente a fondare il diritto alla deduzione dei costi per carburante, come, peraltro, emerge evidente dalla prescrizione della norma regolamentare secondo cui "per ciascun veicolo a motore utilizzato" deve essere istituita una corrispondente scheda in cui sono riportati i quantitativi di carburante acquistato ed il corrispettivo comprensivo della imposta, prescrizione che è funzionale all'attività di controllo degli Uffici finanziari che, in relazione alla deducibilità dei componenti negativi di reddito, si estende anche alla "congruità" della spesa valutata in relazione all'ammontare dedotto rispetto ai ricavi od all'oggetto della impresa (cfr. Corte cass. Sez., 5, Sentenza n. 4554 del 25/02/2010; id.).

1.10 Né ha pregio il rilievo della parte resistente secondo cui alcuna norma di legge sanziona la incompletezza dei dati riportati nella scheda carburante con la perdita del diritto alla detrazione IVA.

1.11 Occorre osservare infatti che l'art. 17 della Direttiva Comunità Europea del 17/05/1977 n. 388 - nel testo vigente ratione temporis - (Sesta direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari. Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme) dispone che "1. Il diritto a deduzione nasce quando l'imposta deducibile diventa esigibile.

2. Nella misura in cui i beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall'imposta di cui è debitore: a) l'imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta all'interno del paese per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;………." ( D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, nel testo vigente ratione temporis dispone al comma 1 che "Per la determinazione dell'imposta dovuta a norma dell'art. 17, comma 1 o dell'eccedenza di cui all'art. 30, comma 2, è ammesso in detrazione, dall'ammontare dell'imposta relativa alle operazioni effettuate, quello dell'imposta assolta o dovuta dal contribuente o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni e ai servizi importati o acquistati nell'esercizio dell'impresa, arte o professione") e la norma è stata costantemente interpretata dalla Corte di giustizia nel senso che "affinché l'IVA sia detraibile, le operazioni effettuate a monte devono presentare un nesso diretto e immediato con le operazioni a valle che conferiscono un diritto a detrazione. Così il diritto a detrarre l'IVA gravante sull'acquisto di beni o servizi a monte presuppone che le spese effettuate per acquistare questi ultimi facciano parte degli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni tassate a valle che conferiscono il diritto a detrazione (v. sentenze Cibo Participations, cit., punto 31; del 26 maggio 2005, Kretztechnik, C-465/03, Racc. pag. 1-4357, punto 35; dell'8 febbraio 2007, Investrand, C-435/05, Racc. pag. 1- 1315, punto 23; Securenta, cit., punto 27, e SKF, cit., punto 57)…" (cfr. Corte di Giustizia, sentenza in data 6.9.2012, causa C-496/11, Portugal Telecom SGPS s.a.). Ne segue che il "requisito di inerenza" della prestazione di servizio o del bene acquistato costituisce condizione essenziale ai fini dell'esercizio del diritto alla detrazione, come peraltro ribadito dal consolidato principio enunciato da questa Corte secondo cui il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, comma 1, consentendo, per le operazioni passive, cioè per i beni o servizi importati o acquistati, al contribuente di portare in detrazione l'imposta addebitatagli a titolo di rivalsa dal venditore o prestatore quando si tratti di acquisto effettuato nell'esercizio di impresa, richiede, oltre alla qualità di imprenditore dell'acquirente, l'inerenza del bene o servizio acquistato all'attività imprenditoriale, intesa come strumentalità del bene o servizio stesso, ed inoltre non introduce deroga ai comuni criteri in tema di onere della prova, lasciando la dimostrazione di detta inerenza o strumentalità a carico dell'interessato, senza che la sussistenza dei predetti requisiti possa presumersi in ragione della sola qualità di società commerciale dell'acquirente (cfr. da ultimo Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 16853 del 05/07/2013. Giurispr. Consolidata: Corte Cass. 5 sez. 27.7.2007 n. 16730; id. 5 sez. 17.2.2010 n. 3706; id. 5 sez. 31.1.2013 n. 2362) o del tipo di attività esercitata, essendo invece richiesto di verificare in concreto l'inerenza e la strumentalità del bene acquistato rispetto alla specifica attività imprenditoriale (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 16697 del 03/07/2013).

1.12 La controversia va dunque risolta alla stregua del consolidato principio di diritto enunciato da questa Corte secondo cui la possibilità di dedurre dal reddito d'impresa i costi relativi all'acquisto di carburanti, destinati ad alimentare i mezzi impiegati per l'esercizio dell'attività imprenditoriale, e conseguentemente il diritto di portare in detrazione la relativa IVA versata in rivalsa, sono subordinati al fatto che le cosiddette "schede carburanti", che l'addetto alla distribuzione è tenuto a rilasciare, siano complete in ogni loro parte e debitamente sottoscritte senza che l'adempimento, a tal fine disposto, ammetta equipollente alcuno ed indipendentemente dall'avvenuta contabilizzazione dell'operazione nelle scritture dell'impresa (cfr. Corte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21769 del 09/11/2005; id. Sez. 5, Sentenza n. 26539 del 05/11/2008; id. Sez, 5, Sentenza n. 6606 del 15/03/2013. Conseguenze analoghe vengono tratte in relazione alla detraibilità dell'IVA liquidata nelle schede carburanti dalle quali non emergano i dati identificativi del veicolo: Corte cass. Sez., 5, Sentenza n. 21941 del 19/10/2007).

2. Anche il secondo motivo è fondato.

2.1 La Agenzia fiscale lamenta il vizio di nullità della sentenza, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, avendo la CTR del tutto omesso di esaminare e pronunciare, in violazione dell'art. 112 c.p.c., i motivi di gravame con i quali l'Ufficio (trascritti a pag. 10 del ricorso per cassazione) censurava la sentenza di prime cure per aver annullato in toto l'avviso di rettifica senza tener conto della indetraibilità dell'IVA relativa ai costi sostenuti per un autoveicolo non iscritto nel registro dei beni ammortizzabili della impresa.

2.2 La tesi sostenuta dal resistente secondo cui nella specie non sussisterebbe omissione di pronuncia in quanto la CTR, confermando la impugnata sentenza, avrebbe comunque deciso implicitamente anche sui predetti motivi di gravame, non può essere condivisa.

Se costituisce "jus reception" il principio secondo cui ad integrare gli estremi della omessa pronuncia, che rende annullabile la sentenza, non è sufficiente la semplice mancanza di statuizione del giudice su una richiesta della parte, ma è necessario che siasi omesso completamente il provvedimento che si appalesa indispensabile in riferimento alla risoluzione del caso concreto (cfr. giurisprudenza consolidata: Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 748 del 17/03/1971; id. Sez. 3, Sentenza n. 16254 del 25/09/2012), sicché la violazione non ricorre nel caso in cui il giudice d'appello fondi la decisione su un argomento che totalmente prescinda dalla censura o necessariamente ne presupponga l'accoglimento o il rigetto: infatti nel primo caso l'esame della censura è inutile - rimanendo questa assorbita nella decisione-, mentre nel secondo essa è stata implicitamente considerata - essendo fondata la decisione su una costruzione logico-giuridica incompatibile con la domanda/eccezione- (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 11756 del 19/05/2006), nella Specie non ricorre tuttavia l'ipotesi da ultimo considerata, in quanto la statuizione confermativa della sentenza di prime cure, adottata dal Giudice di appello, prescinde del tutto dalle ulteriori questioni dedotte dall'Ufficio con i motivi di gravame, tenuto conto della espressa limitazione che lo stesso Giudice di appello ha inteso istituire tra detta conferma e "le considerazioni che precedono", interamente ed esclusivamente rivolte all'esame della sola questione concernente "la incompleta compilazione delle schede carburanti" e "la mancata indicazione nelle fatture di tutti gli estremi identificativi degli automezzi utilizzati", come emerge anche dalla individuazione del contenuto della decisione della CTP - riportato dal Giudice di appello nella parte della sentenza relativa allo svolgimento del processo e - circoscritto alla sola questione della incompleta redazione delle schede carburanti (nonché alla parziale deducibilità delle spese per utenza telefonica: statuizione quest'ultima che non è stata oggetto di gravame da parte dell'Ufficio).

La conferma della decisione di prime cure giustificata dalla CTR in relazione alla riconosciuta detraibilità dell'IVA liquidata sui corrispettivi per acquisto carburanti, pure in difetto di indicazione degli estremi identificativi dei veicoli, prescinde del tutto infatti dall'esame e da una pronuncia, finanche implicita, sulla distinta questione relativa alla prova documentale della mancanza di inerenza delle spese sostenute per un automezzo estraneo ai beni aziendali e della conseguente indetraibilità dell'IVA.

2.3 Deve dunque ravvisarsi il vizio processuale denunciato, avendo del tutto omesso la CTR l'esame degli ulteriori motivi di gravame dedotti dall'Ufficio appellante.

3. In conclusione, ritenuti fondati entrambi i motivi di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione tributaria della regione Lazio, in diversa composizione, affinché proceda a nuovo esame, conformandosi ai principi di diritto enunciati al paragrafo 1.7 ed 1.11 della presente motivazione, nonché pronunci sui motivi di gravame dell'Ufficio appellante pretermessi, liquidando all'esito anche le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte:

- accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria della regione Lazio, in diversa composizione, affinché proceda a nuovo esame, conformandosi ai principi di diritto enunciati al paragrafo 1.7 ed 1.11 della presente motivazione, nonché pronunci sui motivi di gravame dell'Ufficio appellante pretermessi, liquidando all'esito anche le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 gennaio 2014.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2014

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