Sentenza del 21/07/2000 n. 9611 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Massime

IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO IVA - ACCERTAMENTO E RISCOSSIONE - ATTRIBUZIONI E POTERI DEGLI UFFICI IVA - ACCESSI ISPEZIONI VERIFICHE - IN GENERE - NORMA EX ART 51 DPR 633/72 INTEGRATA DALL'ART 6 COMMA SECONDO DELLA LEGGE 146/80 - FUNZIONE DI RAZIONALIZZAZIONE E MIGLIORAMENTO DELLE PROCEDURA DI ACCERTAMENTO FISCALE - CONFIGURABILITA' - CONSEGUENZE - CRITERI DI PROGRAMMAZIONE DEI CONTROLLI - VIOLAZIONE - INVALIDITA' DEI CONSEGUENTI ACCERTAMENTI - ESCLUSIONE

L'art. 51 comma primo del d.P.R. n. 633 del 1972, che attribuisce agli uffici IVA poteri di controllo, di vigilanza e sanzionatori, cosi' come integrato dall'art. 6 della legge n. 146 del 1980 (e senza che detta innovazione normativa abbia ridotto i poteri e le attribuzioni degli uffici, limitandosi a stabilire che essi vengano esercitati sulla base di quanto dispone, di anno in anno, il decreto ministeriale cosiddetto "di programma" in relazione alla capacita' operativa degli uffici stessi) va interpretato nel senso che i criteri di programmazione dei controlli impegnano soltanto gli organi ai quali compete il controllo stesso, senza che la violazione di tali criteri possa essere utilmente invocata, dinanzi al giudice tributario, da parte del contribuente, per inficiarne l'esito, poiche' le violazioni delle norme organizzative tendenti a razionalizzare le attivita' di accertamento e controllo in ragione delle risorse disponibili sul territorio o nel tempo non determinano, "ipso facto", la inutilizzabilita' degli elementi acquisiti.(*) ----- (*) Massima tratta dal CED della Cassazione.


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

L'istituzione, ad opera dell'art. 49 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 - che ha attuato le direttive 91/156/CEE, 91/689/CEE e 94/62/CEE, - della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, in sostituzione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, di cui al previgente D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, non ha fatto venir meno, per tutta la durata del periodo transitorio (la cui scadenza, originariamente fissata all'1 gennaio 2000, e' stata prorogata dall'art. 33 della legge 23 dicembre 1999, n. 488), il potere regolamentare dei Comuni di assimilare i rifiuti speciali a quelli urbani, secondo le indicazioni di cui all'art. 21, comma secondo, lett. g), del citato D.Lgs. n. 22 del 1997. Pertanto, l'eventuale deliberazione comunale di assimilazione costituisce, nel periodo transitorio, titolo per la riscossione della tassa nei confronti dei soggetti che tali rifiuti producono, a prescindere dal fatto che il contribuente ne affidi a terzi lo smaltimento; ne' tale disciplina puo' ritenersi in contrasto con le citate direttive comunitarie, in considerazione del limite temporale assegnato dalla legge al detto potere di assimilazione dell'ente locale, la cui legittimita' risulta condizionata alla durata del regime transitorio, non irragionevolmente stabilito dal legislatore - nell'esercizio della sua discrezionalita' - al fine di graduare l'attuazione della disciplina definitiva mediante la previsione di modi e tempi di adattamento. *Massima tratta dal CED della Cassazione.

L'art. 23 della Costituzione, contenente una riserva relativa di legge, vieta che le prestazioni personali o patrimoniali siano imposte direttamente da una fonte secondaria, ma non esclude che il precetto legislativo possa essere da detta fonte integrato, essendo anche ammissibile il rinvio a provvedimenti amministrativi diretti a determinare elementi o presupposti della prestazione, purche' risultino assicurate, mediante la previsione di adeguati parametri, le garanzie in grado di escludere un uso arbitrario della discrezionalita' amministrativa. E' pertanto manifestamente infondata, in riferimento all'art. 23 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12, quinto comma, del D.L. 27 aprile 1990, n. 90 (Disposizioni in materia di determinazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, di rimborsi dell'imposta sul valore aggiunto e di contenzioso tributario, nonche' altre disposizioni urgenti), convertito, con modificazioni, nella legge 26 giugno 1990, n. 165, il quale prevede che con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con quello del tesoro, sono stabiliti i criteri per la rideterminazione, a decorrere dall'anno 1990, dei canoni, proventi, diritti erariali ed indennizzi comunque dovuti per l'utilizzazione di beni immobili del demanio o del patrimonio indisponibile e disponibile dello Stato al fine di aumentarli fino al sestuplo, se derivanti dall'applicazione di tariffe o misure stabilite in virtu' di leggi o regolamenti anteriori al primo gennaio 1982 o da atti o situazioni di fatto posti in essere prima di tale data, ovvero al fine di aumentarli fino al quadruplo se riferiti a date successive. Difatti, l'aumento delle prestazioni patrimoniali deriva direttamente dalla citata norma di legge, la quale detta, per l'esercizio della potesta' regolamentare, decorrenze, oggetto e limiti alla rideterminazione in aumento. *Massima tratta dal CED della Cassazione.

In tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo alla rettifica, con metodo sintetico, del reddito complessivo sulla scorta di elementi e circostanze di fatto certi, utilizzabili anche dal Ministero delle finanze per la fissazione dei coefficienti presuntivi ai sensi dell'art. nell'articolo 38, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, consente il riferimento a redditometri contenuti in decreti ministeriali emanati successivamente ai periodi d'imposta da verificare, senza porre problemi di retroattivita', poiche' il potere in concreto disciplinato e' quello di accertamento, sul quale non viene ad incidere il momento della elaborazione. Le medesime considerazioni si attagliano ai redditometri successivi alla legge n. 413 del 1991 - che ha introdotto modifiche al citato art. 38, non risultando in particolare ipotizzabile la violazione della riserva di legge in materia impositiva di cui all'art. 23 Cost. ne' il principio di irretroattivita' della legge di cui all'art. 11 delle preleggi. Ne', in contrario, depone al riguardo la disposizione di cui all'art. 5, comma terzo, del D.M. 10 settembre 1992 (la quale, nel fare salvi gli effetti degli accertamenti eseguiti in applicazione del precedente redditometro - D.M. 21 luglio 1983 -, stabilisce che "il contribuente puo', tuttavia, chiedere, qualora l'accertamento non sia divenuto definitivo, che il reddito venga rideterminato sulla base dei criteri adottati nell'articolo 3 del presente decreto"), avendo essa palese finalita' transitoria e, salva la definitivita' dell'accertamento, consentendo al contribuente di chiedere all'ufficio l'applicazione dei nuovi criteri (i quali, per gli accertamenti ancora da compiere sono invece destinati senz'altro a regolare l'azione amministrativa), a tale stregua pertanto esclusa proprio l'(automatica) applicabilita' del redditometro precedente. * Massima tratta dal Ced della Cassazione.

In tema di imposte sui redditi, l'art. 35 del d.P.R. 29 settembre 1973 n 600, il quale, in deroga alla segretezza cui sono tenuti gli istituti di credito nei rapporti con i clienti, conferisce agli uffici tributari il potere di chiedere ed ottenere copie di conti correnti e relative notizie soltanto ove concorrono determinati presupposti (con riferimento alla gravita' delle irregolarita' e delle evasioni del contribuente) e previa autorizzazione del presidente della commissione tributaria di primo grado, regola l'accesso al segreto bancario, ma non incide, tanto nell'originario testo, quanto in quello fissato dall'art. 3 del d.P.R. 15 luglio 1982 n. 463, sulla utilizzazione da parte degli uffici medesimi dei dati che siano stati gia' acquisiti, con superamento di detto segreto, in esito ad indagini di polizia giudiziaria e valutaria. Tale utilizzazione deve ritenersi consentita ai sensi dell'art. 33 del d.P.R. n. 600 del 1973, anche prima della riformulazione (di tipo esplicativo) di cui all'art. 2 del d.P.R. n. 463 del 1982 (sul dovere della guardia di finanza di trasmettere agli uffici tributari, dietro autorizzazione dell'autorita' giudiziaria, gli elementi raccolti a carico dell'imputato - contribuente), atteso che il citato art. 33, alla luce dei principi espressi dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 51 del 1992 (in ordine alla portata della delega conferita dall'art. 10 n. 12 della legge 9 ottobre 1971 n. 825), comprende fra i compiti di collaborazione della polizia tributaria la trasmissione di quei dati (purche' non preclusa da esigenze di tutela del segreto istruttorio), anche se inerenti a rapporti bancari, la cui segretezza cede a fronte dell'interesse generale alla scoperta e repressione dell'illecito tributario. *Massima tratta dal ced della Cassazione.

Il terzo ed il quarto comma dell'art. 18 del D.Lgs. n. 504 del 1992, occupandosi fra l'altro dei rimborsi spettanti ai contribuenti, demandano al Ministro delle finanze il compito di stabilire con decreto termini e modalita' di effettuazione. Tale delega, riferita agli adempimenti necessari per il concreto soddisfacimento dei crediti restitutori dei contribuenti, attiene alla regolamentazione "interna", nel rapporto con gli organi preposti alle relative incombenze, mentre non riguarda, ne' potrebbe riguardare in ragione della qualita' del soggetto incaricato e della natura dell'atto delegato, le condizioni per l'insorgenza del diritto al rimborso e per la sua tutela in sede giurisdizionale. Ne deriva che le norme di legge sulla ripetibilita' del versamento indebito e sull'impugnabilita' del silenzio rifiuto non possono subire limitazione o deroga per effetto dell'inerzia dell'Amministrazione debitrice nel disciplinare le proprie attivita' esecutive. ------ * Massima tratta dal CED della Cassazione.

IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO IVA - ACCERTAMENTO E RISCOSSIONE - ATTRIBUZIONI E POTERI DEGLI UFFICI IVA - ACCESSI ISPEZIONI VERIFICHE - IN GENERE

Conf. a sent. Cass. N. 1728 del 2 marzo 1999.


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

Conf. a sent. Cass. N. 509 del 20 gennaio 1999.

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