Sentenza del 05/06/2023 n. 15749 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Massime

AVVISO DI ACCERTAMENTO - IMPONIBILE AI FINI IVA - FRODE CAROSELLO - OPERAZIONI SOGGETTIVAMENTE INESISTENTI - DIRITTO DI DETRAZIONE DELL'IMPOSTA RELATIVA AD UN'OPERAZIONE DI CESSIONE DI BENI - INAPPLICABILITÀ IN CASO DI FORNITORE FITTIZIO - REGIME DEL REVERSE CHARGE - DILIGENZA RICHIESTA AD UN OPERATORE PROFESSIONALE - ESCLUSIONE DELLA CONDOTTA COLPOSA

In tema di IVA, qualora l'Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attenga a operazioni soggettivamente inesistenti, incombe sulla stessa l'onere di provare non solo l'oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza nel destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione d'imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l'ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente. Ove l'Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un'operazione volta ad evadere l'imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto. Inoltre, in riferimento al regime del reverse charge è stato chiarito che in materia di operazioni soggettivamente inesistenti, la direttiva n. 2006/112/CE, letta in combinazione con il principio di neutralità fiscale, dev'essere interpretata nel senso che a un soggetto passivo va negato l'esercizio del diritto a detrazione dell'IVA relativa all'acquisto di beni che gli sono stati ceduti, qualora tale soggetto passivo abbia consapevolmente indicato un fornitore fittizio sulla fattura che egli stesso ha emesso per tale operazione nell'ambito dell'applicazione del regime dell'inversione contabile, se, tenuto conto delle circostanze di fatto e degli elementi forniti da tale soggetto passivo, mancano i dati necessari per verificare che il vero fornitore aveva la qualità di soggetto passivo o se è sufficientemente dimostrato che tale soggetto passivo ha commesso un'evasione dell'IVA o sapeva o avrebbe dovuto sapere che l'operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione s'iscriveva in una simile evasione.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

In tema di Iva, qualora l'A.F. contesti che la fatturazione attiene ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una frode carosello, incombe sulla stessa l'onere di provare la consapevolezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l'ordinaria diligenza, in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente. Ove l'Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un'operazione volta ad evadere l'imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo i criteri di ragionevolezza e proporzionalità, in rapporto alle circostanze del caso concreto. Il copioso scambio di informazioni tra la ricorrente e le società emittenti le fatture soggettivamente inesistenti, susseguitosi nel corso degli anni, esclude la non conoscenza dell'effettiva situazione del contraente con la conseguente consapevolezza di qualsivoglia operazione posta in essere in nome della medesima. La prova della buona fede non può essere basata esclusivamente sulla mancanza di un beneficio economico concreto derivante al cessionario, per essere le operazioni commerciali effettuate a prezzi di mercato, trattandosi di elemento esterno alla fattispecie tipica, inidoneo a dimostrare l'estraneità alla frode. (Conf. Cass. 15369/20; 16469/18). (A.C.).

Riferimenti normativi: d. lgs. 546/92.

Riferimenti giurisprudenziali: Cass. 15369/20; 16469/18.

In tema di Iva, l'Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una frode carosello, ha l'onere di provare, non solo l'oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l'ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l'Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un'operazione volta ad evadere l'imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

In tema di IVA, qualora l'Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attiene ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una frode carosello, incombe sulla stessa l'onere di provare la consapevolezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l'ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l'Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un'operazione volta ad evadere l'imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto.

CED, Cassazione, 2020

In tema di IVA, l'Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga a operazioni soggettivamente inesistenti, ha l'onere di provare, non solo l'oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l'ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente. Una volta assolto tale onere, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non potendo tale onere ritenersi assolto con l'esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un'operazione fittizia.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

L'Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una frode carosello, ha l'onere di provare, non solo l'oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l'ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l'Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un'operazione volta ad evadere l'imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi. Nel caso di specie l'unica circostanza valorizzata è stata collegata alla carenza di sede operativa adeguata allo svolgimento dell'attività asseritamente svolta. Tale constatazione è da se sola inidonea a costituire prova presuntiva, in ordine allo stato soggettivo del contraente, di consapevolezza che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

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