Sentenza del 31/01/2022 n. 2921 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Massime

ICI - AGEVOLAZIONE PER L'IMPRESA AGRICOLA - ATTIVITÀ SVOLTA SOTTO FORMA DI SOCIETÀ SEMPLICE

In tema di società agricole si è avuta un'evoluzione della giurisprudenza di legittimità, in linea con la normativa eurounitaria, secondo cui le disposizioni di cui al D.lgs. n. 228 del 2001 e del D.lgs. n. 99 del 2004 hanno profondamente inciso sulla stessa configurazione del requisito soggettivo per la fruizione delle agevolazioni tributarie. Infatti, con riferimento al requisito soggettivo necessario ai fini del riconoscimento della connotazione agricola del fondo, l'art. 12 della Legge 9 maggio 1975 n. 153 prevede che le società sono considerate imprenditori agricoli a titolo principale qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo dell'attività agricola, ed inoltre nel caso di società di persone qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale. In particolare, in tema di ICI, le agevolazioni previste dall'art. 9 del D.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, consistenti nel considerare agricolo anche il terreno posseduto da una società agricola di persone si applicano qualora detta società possa essere considerata imprenditore agricolo professionale ove lo statuto preveda quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all'art. 2135 cod. civ. ed almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo ovvero abbia conoscenze e competenze professionali, ai sensi dell'art. 5 del regolamento 6 (CE) n. 1257 del 17 maggio 1999, e dedichi alle attività agricole di cui all'art. 2135 cod. civ. almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo, ricavando da dette attività almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro. Con riguardo alla dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è dirimente l'oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 per le unità abitative, o D/10 per gli immobili strumentali), sicché l'immobile che sia stato iscritto come rurale, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall'art. 9 del DL 30 dicembre 1993, n. 557 non è soggetto all'imposta, ai sensi dell'art. 23 comma 1 bis del DL 30 dicembre 2008, n. 207 e dell'art. 2, comma 1, lettera a), del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504; per converso, qualora l'immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale (di non ruralità), è onere del contribuente, che invochi l'esenzione dall'imposta, impugnare l'atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato, restandovi altrimenti quest'ultimo assoggettato, ed allo stesso modo, il Comune deve impugnare autonomamente l'attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l'assoggettamento del fabbricato all'ICI.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

"L'esenzione dal tributo spetta solo agli enti non commerciali che oltre ad essere proprietari dell'immobile sono anche utilizzatori del medesimo, si precisa che l'art. 7 del d. lgs. 504/92 è stato ulteriormente modi?cato dall'art. 91-bis del D.L. n. del 2012, convertito con modi?cazioni dalla L. n. 62/2012. La riforma Monti ha recepito le segnalazioni di infrazione della UE e che ha condotto verso una condizione di esenzione esclusivamente ancorata alla non commercialità. Infatti, il decreto legge n. 1 del 24 gennaio 2012 (che ha disposto l'avvicendamento IMU-ICI) ha sostituito l'inciso "non abbiano esclusivamente natura commerciale" con l'inciso "con modalità non commerciali" e che ormai sancisce che In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l'esenzione prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), è limitata all'ipotesi in cui gli immobili siano destinati in via esclusiva allo svolgimento di una delle attività di religione o di culto indicate nella L. 20 maggio 1985, n. 222, art. 16, lett. a), e pertanto non si applica ai fabbricati di proprietà di enti ecclesiastici, nei quali si svolga attività commerciale o comunque di lucro, non rilevando in contrario nè la destinazione degli utili eventualmente ricavati al perseguimento di fini sociali o religiosi, che costituisce un momento successivo alla loro produzione e non fa venir meno il carattere commerciale dell'attività stessa, nè il principio della libertà di svolgimento di attività commerciale da parte di un ente ecclesiastico - fondato, oltre che sulla L. n. 222 del 1985, art. 16, Iett. a), anche sulla L. 25 marzo 1985, n. 121, in tema di revisione del concordato -, nè la successiva evoluzione normativa Vanno eliminate le sanzioni qualora venga meno l'elemento pscologico".

Riferimenti alla normativa: D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), Art. 10, co. 1, L. n. 212/200; D.L. n. 1 del 24.01.2012;

In tema di ICI, per la dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è rilevante l'oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), per cui l'immobile che sia stato iscritto come "rurale", in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall'art. 9 del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133), non è soggetto all'imposta, ai sensi dell'art. 23, comma 1 bis, del d.l. 30 dicembre 2008, n. 207 (convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14) e dell'art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, sicché qualora l'immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, è onere del contribuente, che pretenda l'esenzione dall'imposta, impugnare l'atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato, restandovi, altrimenti, quest'ultimo assoggettato; allo stesso modo, il Comune deve impugnare autonomamente l'attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l'assoggettamento del fabbricato all'imposta. (Nell'applicare il menzionato principio, la S.C. ha escluso che fabbricati utilizzati per l'esercizio di attività agrituristica siano, per ciò solo, da ritenersi rurali, e dunque esclusi dal campo di applicazione dell'ICI).

Massima tratta dal CED della Cassazione

In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l'immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l'attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, conv. con L. n. 133 del 1994, e successive modificazioni, non è soggetto all'imposta ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a). L'attribuzione all'immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all'imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest'ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo il Comune dovrà impugnare l'attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l'assoggettamento del fabbricato all'imposta. Per i fabbricati non iscritti in catasto l'assoggettamento all'imposta è condizionato all'accertamento positivamente concluso della sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della ruralità del fabbricato previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, e successive modificazioni che può essere condotto dal giudice tributario investito dalla domanda di rimborso proposta dal contribuente, sul quale grava l'onere di dare prova della sussistenza dei predetti requisiti. Tra i predetti requisiti, per gli immobili strumentali, non rileva l'identità tra titolare del fabbricato e titolare del fondo, potendo la ruralità essere riconosciuta anche agli immobili delle cooperative che svolgono attività di manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci.

In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l'art. 1 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, in nessun modo ricollega il presupposto dell'imposta all'idoneita' del bene a produrre reddito o alla sua attitudine ad incrementare il proprio valore o il reddito prodotto, assumendo rilievo il valore dell'immobile, ai sensi del successivo art. 5, ai soli fini della determinazione della base imponibile - e quindi della concreta misura dell'imposta -, con la conseguenza che deve escludersi che un'area edificabile soggetta ad un vincolo urbanistico che la destini all'espropriazione (nella fattispecie, per la realizzazione di un'area industriale) sia per cio' esente dall'imposta. Tale conclusione riceve conferma dalla disciplina dettata dall'art. 16, comma secondo, del citato D.Lgs. n. 504 del 1992 - abrogato a decorrere dal 30 giugno 2003, ai sensi degli artt. 58, comma primo, n. 134, e 59 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, modificati dal D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 302 - e dall'art. 37, comma ottavo, del menzionato d.P.R. n. 327 del 2001, i quali mirano a ristorare il proprietario del pregiudizio a lui derivante nel caso in cui l'imposta versata nei cinque anni precedenti all'espropriazione, conteggiata sul valore venale del bene, sia superiore a quella che sarebbe risultata se fosse stata calcolata sull'indennita' di espropriazione effettivamente corrisposta (ne' tale disciplina, nella parte in cui non si applica al periodo di tempo antecedente agli ultimi cinque anni rispetto alla data dell'espropriazione, pone dubbi di legittimita' costituzionale in riferimento agli artt. 2, 3 e 53 Cost.). *Massima tratta dal CED della Cassazione.

L'art. 1, comma 13, della Legge di stabilità per l'anno 2016 (legge n. 208/2015) esclude dal pagamento dell'IMU i terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza obbligatoria (indipendentemente dalla loro ubicazione), prevedendo anche che non sono assoggettati a tributo i terreni agricoli situati nelle zone montane come individuate dall'art. 15 legge 984/77 ed indicate nella circolare del Ministero delle Finanze n. 9 del 14/06/1993. La equiparazione delle aree fabbricabili ai terreni agricoli ex art. 2 comma 1 lettera b) del d.lgs. n. 504/1992 è pacificamente riconosciuta in giurisprudenza (al permanere degli ulteriori presupposti soggettivi ed oggettivi) anche per le ipotesi di proprietà comune, essendosi chiarito che "in tema di ICI, il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b) si considera agricolo un terreno, pur suscettibile di utilizzazione edificatoria, a condizione che sia posseduto e condotto dai soggetti indicati dell'art. 9, art. 1 (coltivatori diretti od imprenditori agricoli) e che persista l'utilizzazione agro-silvo- pastorale mediante l'esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo. Pertanto, nel caso di comunione di un fondo edificabile in cui persiste la predetta utilizzazione da parte di uno solo dei comproprietari, la predetta esenzione dal pagamento dell'IMU trova applicazione non solo nei confronti del comproprietario coltivatore diretto, ma anche degli altri comunisti che non esercitano sul fondo l'attività agricola.

Pres. Marcello Cosconati ed Est. Michele Caroppoli

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