Qualora un procedimento amministrativo sanzionatorio, concernente i medesimi fatti oggetto di un procedimento penale definito con sentenza passata in giudicato di condanna, si sia concluso, a sua volta, con l'irrogazione di una sanzione, il giudice deve valutare la compatibilità fra il cumulo delle due sanzioni, amministrativa e penale, ed il divieto di "ne bis in idem" stabilito dall'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dall'art. 4 del VII Protocollo della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, tenendo conto dell'interpretazione datane dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea, che valorizza principalmente la presenza di norme di coordinamento a garanzia della proporzionalità del trattamento sanzionatorio complessivo, e dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, per la quale rileva, soprattutto, la vicinanza cronologica dei diversi procedimenti e la loro complementarit nel soddisfacimento di finalità sociali differenti. Ove, invece, il procedimento penale sia terminato con una pronuncia definitiva di assoluzione "perché il fatto non sussiste", il divieto del "ne bis in idem" è pienamente efficace e, pertanto, l'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea non incontra alcuna limitazione ai sensi dell'art. 52 della stessa Carta. Ne derivano l'impossibilità di continuare nell'accertamento dell'illecito amministrativo e la necessità di interrompere il relativo procedimento e l'eventuale successivo giudizio di opposizione, con conseguente non applicazione della disposizione sanzionatoria di diritto interno, circostanza che esclude ogni problema di disapplicazione di disposizioni nazionali in ragione del primato del diritto dell'Unione europea e la rilevanza di questioni di legittimità costituzionale in relazione all'art. 117 Cost. (Nella specie, il ricorrente era una persona fisica che era stata assoggettata alla sanzione amministrativa stabilita dall'art. 187 bis T.U.F., ma era stata assolta, per gli stessi fatti, in via definitiva e con formula piena dal reato previsto dall'art. 184 T.U.F. all'esito di un giudizio nel quale la CONSOB era parte civile).
In base alla sentenza della Grande Sezione della Corte di giustizia dell'Unione Europea del 20 marzo 2018, resa nelle cause riunite C-596/16 e C-597/16, non è compatibile con il principio del "ne bis in idem" di diritto convenzionale ed euro unitario e, in particolare, con l'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, l'instaurazione di un procedimento amministrativo sanzionatorio o la sua prosecuzione - eventualmente anche in sede di opposizione giurisdizionale - in relazione alla commissione dell'illecito amministrativo di cui all'art. 187 bis T.U.F. qualora, con riferimento ai medesimi fatti storici, l'incolpato sia stato definitivamente assolto in sede penale con formula piena dal delitto previsto dall'art. 184 T.U.F.
La sanzione di cui all'art. 187 bis T.U.F., pur se formalmente amministrativa, va considerata, alla stregua sia della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo sia del diritto euro unitario, sostanzialmente penale; nè tale natura è mutata a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 107 del 2018, che ha mitigato il relativo trattamento sanzionatorio, atteso che il massimo edittale "ordinario" è rimasto severo, che è possibile aumentare la sanzione che risulti inadeguata, benché applicata nella misura massima, e che sono previste, altresì, la confisca e le sanzioni accessorie della perdita temporanea dei requisiti di onorabilità e della incapacità temporanea ad assumere incarichi direttivi.
CED, Cassazione, 2018