Sentenza del 07/02/2016 n. 3624 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Testo

Svolgimento del processo

1 Con provvedimento MIUR la società contribuente era ammessa a beneficiare di un credito di imposta a valere sull'anno 2003 per la somma di Euro 205.000,00, in ragione delle assunzioni di personale a tempo pieno L. n. 449 del 1997, ex art. 5.

1.1. Il credito era utilizzato nel maggio 2004 per il pagamento di ritenute di imposta, mentre veniva inserito nella contabilità societaria relativa all'esercizio 2003, cioè l'anno cui era stato imputato con il provvedimento di concessione, ma non veniva indicato nel quadro R.U. della dichiarazione dei redditi nel Modello Unico 2005 (relativo all'anno 2004) e tale errore veniva rilevato in sede di controllo automatizzato e comunicato con nota del 14 settembre 2007.

2. Istruito "il contraddittorio procedimentale, le ragioni ed i successivi adempimenti interattivi della contribuente non erano apprezzati dall'Ufficio che la riteneva decaduta dal beneficio e procedeva al recupero del credito di imposta, irrogando le relative sanzioni.

3. La contribuente quindi reagiva impugnando la cartella esattoriale: a) contestando la previsione di una decadenza dal beneficio fiscale con decreto ministeriale, anziché con fonte primaria, pari cioè a quella che tale beneficio accorda; b) affermando il potere del giudice tributario di accertare l'effettivo debito dovuto per legge; c) in subordine, di aver regolarizzato la dichiarazione per il 2004 con integrazione del 4 dicembre 2007; d) in via gradata lamentando la lesione del principio di leale collaborazione per aver segnalato più volte all'Ufficio la presenza del credito di imposta, di cui doveva quindi ritenersi a conoscenza; e) in ultimo subordine, contestava l'irrogazione delle sanzioni per quella che, in ogni caso, non poteva essere più che violazione meramente formale; f) eccepiva poi i vizi propri della cartella circa la mancata indicazione del responsabile del procedimento e per insufficienza e contraddittorietà di motivazione in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. n. 241 del 1990, art. 3.

4. Costituiti sia l'Agenzia che il concessionario per la riscossione, il giudice di prossimità era favorevole alla contribuente, ritenendo non proporzionata la decadenza dal credito di imposta a fronte della sua esposizione nel Modello 2005 anziché nel Modello 2004, deducendo che la violazione formale non può comportare la conseguenza estintiva, anche a fronte dell'attività collaborativa precedente e successiva - svolta dalla contribuente e concludendo per la disapplicazione del decreto ministeriale che quella decadenza prevede.

5. Appellava l'Ufficio, insistendo per interpretazione letterale della fonte ministeriale che prevede espressamente la decadenza per il mancato rispetto delle formalità nella dichiarazione annuale, non altrimenti emendabili. La contribuente contestava in via pregiudiziale di rito l'ammissibilità dell'appello perché privo di contestazioni precise, mentre riproponeva D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 56, le censure rimaste assorbite.

5.1. Il giudice d'appello respingeva l'eccezione preliminare di inammissibilità per genericità del gravame e confermava la sentenza di primo grado, senza esaminare peraltro le ulteriori eccezioni rimaste assorbite in primo grado perché riproposte in comparsa di costituzione e risposta e non - come riteneva dovuto - con appello incidentale. Respingeva altresì le eccezioni di irregolarità del contraddittorio nei propri confronti eccepite dal concessionario per la riscossione.

6. Ricorre per cassazione l'Avvocatura generale dello Stato, affidandosi ad unico motivo di gravame in ordine all'esegesi normativa circa la decadenza del beneficio del credito di imposta in subjecta materia.

6.1. Propone ricorso incidentale condizionato la contribuente, affermando carenza di motivazione sulla proposta inammissibilità dell'appello per genericità dei motivi, nonché propone ricorso incidentale autonomo, nella parte in cui non sono state esaminate le doglianze rimaste assorbite in primo grado perché non riproposte nel secondo tramite appello incidentale.

E' rimasta intimata la società concessionaria per la riscossione.

Motivi della decisione

1. Con l'unico motivo di gravame, la difesa erariale afferma violazione e falsa applicazione della L. n. 449 del 1997, art. 4, comma 6, e art. 5 e del D.M. n. 275 del 1988, art. 6, nonché della L. n. 212 del 2000, art. 10, in parametro all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Nella sostanza, afferma la piena legittimità del D.M. n. 275 del 1998, art. 6, nel prevedere adempimenti a pena di decadenza del beneficio, in quanto espressamente a ciò delegato dalla fonte primaria.

1.1 Sul punto è più volte intervenuta questa Corte enunciando il principio, cui questo Collegio aderisce ed intende dare continuità, per cui In tema di agevolazioni tributarie, previsto dalla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 4, l'inottemperanza all'invito dell'ufficio finanziario di completare, con gli elementi prescritti, la richiesta del contribuente costituisce causa di non riconoscimento del beneficio, secondo quanto stabilito dal D.M. 3 agosto 1998, n. 311, art. 6, comma 3, atteso che una siffatta norma è diretta espressione del potere, demandato al Ministro delle finanze dalla legge in parola, art. 4, comma 6, di stabilire con D.M. le procedure di controllo, prevedendo "specifiche cause di decadenza dal diritto di credito", e trova la sua "ratio" nell'esigenza di definire entro un tempo determinato l'inerente onere finanziario, altrimenti sospeso "ad libitum". (Cass. 15865/2005, 1555/2015, 28403/2018).

Il ricorso principale è quindi fondato e merita accoglimento.

2. Dev'essere esaminato il ricorso incidentale condizionato proposto dalla contribuente, ove lamenta insufficiente e contraddittoria motivazione su punto controverso e decisivo per il giudizio in parametro all'art. 360 cod. cit., comma 1, n. 5. Nello specifico, si censura essere stato ritenuto ammissibile l'appello erariale (e disattesa la specifica eccezione di parte contribuente) sul motivo che l'Ufficio avesse "riproposto le proprie doglianze, evidenziando i presunti errori del primo giudice": con la prima frase, la CTR avrebbe ammesso la non specificità dei motivi di gravame, mentre con la seconda non avrebbe indicato in modo circostanziato errori rilevati e censure proposte, rendendo un'affermazione apodittica, quale motivazione standardizzata valevole per ogni appello.

2.1 Sul punto è intervenuta questa Corte, precisando come non possa essere dedotto quale vizio di motivazione ciò che è un error in procedendo tale dovendosi intendere il vizio relativo alla nullità dell'atto introduttivo per indeterminatezza (cfr. Cass. S.U. n. 8077/2012, specialmente p. 4, in fine). In tal caso, infatti, i poteri della Corte non si limitano alla cognizione sulla motivazione adottata dal giudice di merito, ma vi è un esame diretto degli atti da parte della Corte, che diviene quindi "giudice del fatto processuale", a condizione che il vizio sia stato dedotto ritualmente ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, secondo i requisiti dell'autosufficienza (cfr. ancora Cass. S.U. 8077/2012, Cass. 15071/2012, 25308/2014).

Il vizio non è stato dedotto nei termini appena richiamati, nè è assistito dai necessari requisiti di autosufficienza necessari allo scrutinio di questa Corte.

Il ricorso incidentale condizionato è pertanto inammissibile e tale va dichiarato.

3. Con il ricorso incidentale, parte contribuente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 343 e 346 c.p.c., nonché del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 49, 54 e 56, in parametro all'art. 360 cod. cit., comma 1, n. 3.

Nella sostanza, si critica la gravata sentenza ove ha ritenuto di non poter conoscere le eccezioni di parte contribuente integralmente vittoriosa, rimaste assorbite e non riproposte con ricorso incidentale, ma in sede di comparsa di costituzione e risposta.

3.1 Nel ribadire che anche questo secondo ricorso incidentale deve ritenersi condizionato, in conseguenza della vittoria integrale di parte contribuente nel precedente grado di giudizio, per cui ogni impugnazione incidentale da essa svolta acquista interesse sono "a condizione" che sia accolto il ricorso principale avversario, preme ricordare che a mente degli D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 54 e 56, le doglianze assorbite in primo grado si ritengono abbandonate se non riproposte in sede di costituzione in grado di appello e che la parte integralmente vittoriosa in primo grado non deve (non è legittimata a) proporre ricorso incidentale su questi profili (cfr. Cass. 23509/2011; 26830/2014; 33006/2018). Pertanto, il collegio deve valutare l'ammissibilità del ricorso incidentale e la permanenza di interesse alla luce dell'accoglimento del ricorso principale, ovvero la definizione mediante correzione della motivazione sul punto ai sensi dell'art. 384 c.p.c.. La contribuente, infatti, si duole che non siano stati esaminati i motivi di gravame rimasti assorbiti fin dal primo grado e di cui segnala la rilevanza, riproponendoli in questa sede.

3.2 Con il primo, lamenta la mancata pronuncia sul potere del giudice di decidere la portata dell'obbligazione tributaria, entro i limiti della domanda di parte, secondo la natura mista soggettiva/oggettiva della giurisdizione amministrativa in genere e tributaria in particolare (Cass. 23171/2010). La questione è inammissibile (improcedibile) per sopravvenuta carenza di interesse in ragione dell'accoglimento del ricorso principale, che statuisce la decadenza della contribuente dal credito di imposta.

3.3 Con il sìcondo articolato profilo si lamenta, per un verso, la carenza di motivazione della cartella esattoriale, per l'altro, la mancata indicazione del responsabile del procedimento.

3.3.1 Sui punti è intervenuta più volte questa Corte, affermando che non occorre altra motivazione della cartella allorquando, come nel caso in esame, la stessa derivi da un mero controllo formale della dichiarazione sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente e, in tal senso, è costantemente orientata la giurisprudenza di questa Corte (v., tra le altre, Cass. n. 25329 del 28/11/2014 "in tema di motivazione della cartella di pagamento, l'atto con cui siano rettificati i risultati della dichiarazione e, quindi, sia esercitata una vera e propria podestà impositiva, va motivato debitamente, dovendosi rendere edotto il contribuente dei fatti su cui si fonda la pretesa, mentre quello con cui si proceda, in sede di controllo cartolare del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis 1973 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, alla liquidazione dell'imposta in base ai dati contenuti nella dichiarazione o rinvenibili negli archivi dell'anagrafe tributaria, può essere motivato con il mero richiamo alla dichiarazione, poiché il contribuente è già in grado di conoscere i presupposti della pretesa. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto adeguata la motivazione della cartella emessa, in sede di controllo automatizzato, all'esito del disconoscimento, da parte dell'Amministrazione finanziaria, del credito IVA indicato dal contribuente con riferimento all'anno precedente, in cui non risultava presentata alcuna dichiarazione)" e, di recente, Cass. 21804/2017).

Il motivo è quindi infondato e va disatteso.

3.3.2 Sotto l'altro profilo, in ordine alla mancata indicazione del responsabile del procedimento, è stato affermato da questa Corte (Cass. 13747/2013), come la cartella esattoriale che ometta di indicare il responsabile del procedimento, se riferita a ruoli consegnati agli agenti della riscossione in data anteriore al 10 giugno 2008, non sia affetta da nullità, atteso che il D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 4-ter (convertito dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31), ha previsto tale sanzione solo in relazione alle cartelle di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, riferite ai ruoli consegnati a decorrere dalla predetta data, norma ritenuta legittima dalla Corte costituzionale, con sentenza 28 gennaio 2009, n. 58. E' pacifico che la cartella sia stata consegnata prima del 10 giugno 2008, poiché è stata impugnata in primo grado con ricorso del 31 marzo 2008 (cfr. p. 3, quartultima riga, controricorso per cassazione).

Sempre secondo quanto affermato da questa Corte (cfr. Cass. 25773/2014; 26473/2014; 4143/2016), in tema di riscossione delle imposte sul reddito, l'omessa sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l'invalidità dell'atto, la cui esistenza non dipende tanto dall'apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che tale elemento sia inequivocabilmente riferibile all'organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, fatto che non è controverso.

Il motivo è quindi infondato e va disatteso.

3.4 Con il terzo ed ultimo profilo si prospetta l'inapplicabilità delle sanzioni per violazione meramente formale, secondo il disposto di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3.

L'accoglimento del ricorso principale, la legittimità della decadenza dal beneficio del credito di imposta per omessa esposizione nella dichiarazione dei redditi relativa all'anno di fruizione comporta la natura non meramente formale della violazione, donde la legittimità dell'irrogazione delle sanzioni amministrative conseguenti.

In altri termini, l'accoglimento del ricorso principale priva di interesse alla cognizione sul profilo dichiarato assorbito in primo grado ed erroneamente ritenuto non conoscibile in secondo. Ne consegue l'inammissibilità (sopravvenuta) del ricorso incidentale.

In conclusione, il ricorso principale è fondato e merita accoglimento, il ricorso incidentale condizionato è infondato e va rigettato, il ricorso incidentale è in parte inammissibile ed in parte infondato, potendo essere definito nel merito.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente decidendo, accoglie il ricorso principale, dichiara inammissibile il primo ricorso incidentale condizionato, dichiara in parte inammissibile ed in parte infondato il secondo ricorso incidentale condizionato, cassa la sentenza impugnata e, non residuando ulteriori elementi di accertamento in fatto, decide nel merito col rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

Condanna la soc. F. s.p.a. alla rifusione delle spese di lite a favore dell'Agenzia delle entrate che liquida in Euro diecimila/00, oltre a spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2019

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