Sentenza del 05/09/2022 n. 26012 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Testo

1. Con sentenza n. 1289/25/2014 depositata in data 11/8/2014 la Commissione tributaria regionale del Veneto accoglieva gli appelli riuniti proposti dall'Agenzia delle Entrate avverso le sentenze nn. 22, 23, 24, 25, 29, 30/1/12 della Commissione tributaria provinciale di Belluno, le quali a loro volta avevano accolto i ricorsi introduttivi di C.M.G.M. aventi ad oggetto sei avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 2002, 2003, 2004, 2005, 2006, 2007 per IVA, IRES e IRAP oltre accessori, emessi a titolo di indebita detrazione di costi.

2. Il giudice d'appello non condivideva le decisioni rese dalla CTP, e confermava gli avvisi di accertamento con riferimento agli anni di imposta 2002-2007 oggetto di ripresa.

3. Avverso tale sentenza la contribuente propone ricorso per cassazione affidato a sei motivi, che illustra con memoria cui resiste con atto di costituzione l'Amministrazione finanziaria; l'Agenzia deposita da ultimo memoria in cui "rinuncia al ricorso", rectius chiede la declaratoria parziale della cessazione parziale della materia del contendere per parziale definizione agevolata della controversia.

Motivi della decisione

4. Preliminarmente, dev'essere dichiarato il difetto di legittimazione di C.M.G.M. quale titolare della omonima ditta individuale CI.ERRE di C.G., in quanto pacificamente cessata in data 31.12.2007, ferma restando la legittimazione di C.M.G.M. in proprio.

5. Nel merito, in primo luogo va dato atto del riconoscimento della cessazione della materia del contendere da parte dell'Amministrazione finanziaria quanto alle domande avanzate dalla contribuente di definizione della controversia D.L. n. 50 del 2017, ex art. 11, limitatamente alle riprese IRAP per gli anni 2002, 2003 e 2004. Per l'effetto, dev'essere dichiarata la cessazione della materia del contendere con riferimento a tale ripresa per i suddetti periodi di imposta.

6. Con il primo e secondo motivo di ricorso - ex art. 360 c.p.c. comma 1, n. 3 - viene dedotta la violazione dell'art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e così la nullità della sentenza impugnata perché priva di motivazione ovvero munita di una motivazione meramente apparente. La ricorrente ritiene che la sentenza impugnata sia nulla anche qualora vi si volesse scorgere una implicita motivazione per relationem, perché comunque priva di autonoma valutazione critica dell'adesione alla decisione di primo grado.

7. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono fondati. Si rammenta che "La riformulazione dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sì, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione" (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053).

8. Orbene, la sentenza impugnata dichiara legittimi gli avvisi di accertamento emessi dall'Agenzia delle entrate, dopo una adeguata esposizione delle difese delle parti e dell'oggetto del processo, limitandosi ad affermare, nelle ultime cinque righe a pag. 3 della sentenza, che la contribuente sarebbe stata nelle condizioni di conoscere i rilievi dell'Ufficio, che questi sarebbero all'evidenza legittimi e che l'operato dell'Agenzia non sarebbe stato efficacemente contrastato dalla ricorrente.

In altri termini, nella sua pure abbastanza diffusa motivazione, la sentenza si limita a riportare le difese delle parti e poi decide apoditticamente, senza fornire alcuna spiegazione delle ragioni per le quali condivide la prospettazione dell'Amministrazione finanziaria, in particolare perché la contribuente sarebbe stata nelle condizioni di conoscere legittimamente i rilievi dell'Ufficio e perché la contribuente sarebbe comunque venuta a conoscenza di ulteriori elementi sulle indagini condotte nei confronti delle cartiere.

9. Inoltre, è stato utilmente censurato che quand'anche si volesse riconoscere che la sentenza impugnata abbia inteso rinviare agli atti di causa e alla decisione resa dal giudice di prime cure, sulla base della motivazione espressa la sentenza impugnata appare egualmente carente in termini assoluti. La sentenza d'appello può ben essere motivata "per relationem" senza che sia apparente la motivazione, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 20883 del 05/08/2019, Rv. 654951 - 01). Quest'ultimo è proprio il caso di specie, in cui la decisione della CTR non dì comunque evidenza di aver fatto propria attraverso una autonoma valutazione critica la sentenza di primo grado, mancando di riportare gli elementi dai quali ha tratto il proprio convincimento per la sua conferma.

10. Con il terzo motivo - in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - si prospetta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39, 40 e 42, del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 56, art. 2697 c.c., comma 2, e artt. 2727 c.c. e segg., alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia e della Corte di Cassazione in tema di fatture per operazioni inesistenti, perché, secondo la contribuente, la connivenza nella frode da parte dell'acquirente dev'essere desunta da elementi obiettivi ulteriori rispetto a quelli riferibili ai fornitori e dotati di gravita, precisione e concordanza, onere non assolto dall'Agenzia, soprattutto considerato che a riprova della effettività degli acquisti e, di conseguenza, a conferma della deducibilità dei relativi costi la contribuente ha addotto diversi elementi di prova, in particolare le fatture.

Il quarto motivo - ai fini dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deduce in relazione al D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. q), l'omesso esame del fatto decisivo per il giudizio e che e stato oggetto di discussione fra le parti, consistente nel fatto che le forniture da parte delle società Sider Piani, S.P.M. e Fer.Com Metalli sono state reali e che i trasporti della ditta Basso sono stati eseguiti, con conseguente deducibilità dei costi per i quali sarebbe stata dimostrata la sussistenza delle tre concorrenti condizioni di inerenza, effettività e obiettiva determinabilità e la buona fede della contribuente, con conseguente esclusione della inesistenza oggettiva e soggettiva delle operazioni contestate.

Il quinto motivo - in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - prospetta la violazione del principio di non contestazione di cui all'art. 115 c.p.c., oltre che l'apparenza della motivazione e la necessità di considerare come provati i patti non contestati attinenti il fabbisogno giornaliero di supporti/piastre di metallo, la congruità del prezzo di acquisto dai fornitori Sider Piani, S.P.M. e Fer.Com Metalli e la regolarità dei pagamenti eseguiti dalla contribuente, nonché i conteggi dei compensi pattuiti con la ditta Basso e la regolarità dei pagamenti eseguiti dalla ricorrente.

Con il sesto motivo - agli effetti dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - si deduce la nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all'art. 112 c.p.c., perché la sentenza di appello non si sarebbe pronunciata sull'eccezione di illegittimità degli avvisi di accertamento relativi agli anni 2002-2004 per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, sul raddoppio dei termini del potere accertativo dell'ufficio.

11. Alla luce dell'accoglimento dei primi due motivi di ricorso per la parte in cui la materia del contendere non è cessata, le restanti censure sono assorbite, la sentenza impugnata dev'essere cassata con rinvio alla CTR del Veneto, in diversa composizione, in relazione ai profili, oltre che per la liquidazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara il difetto di legittimazione di C.M.G.M. quale titolare della omonima ditta individuale CI.ERRE di C.G.;

dichiara la cessazione della materia del contendere circa le riprese IRAP per gli anni di imposta 2002, 2003 e 2004;

per il resto, accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Veneto, in diversa composizione, in relazione ai profili, oltre che per la liquidazione delle spese di lite.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2022.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2022

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