Sentenza del 11/04/2003 n. 5784 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio Sezione lavoro

Massime

PREVIDENZA ASSICURAZIONI SOCIALI - ASSICURAZIONE PER L'INVALIDITA' VECCHIAIA E SUPERSTITI - PENSIONI - IN GENERE - PROVVEDIMENTO DI DINIEGO O REVOCA DELL'INDENNITA' DI ACCOMPAGNAMENTO - GIUDIZIO DIRETTO AL RICONOSCIMENTO DELLA PRESTAZIONE - OGGETTO - VERIFICA DELLA LEGITTIMITA' DELL'ATTO AMMINISTRATIVO - ESCLUSIONE - ACCERTAMENTO AUTONOMO DELLA PRETESA DELL'ASSICURATO - PROVA DELLA SUSSISTENZA DEI REQUISITI DI LEGGE - ONERE A CARICO DELL'ASSICURATO - SUSSISTENZA

Gli atti degli enti previdenziali diretti all'accertamento dell'esistenza o inesistenza del diritto a prestazioni previdenziali o assistenziali non hanno natura di provvedimenti costitutivi o estintivi del diritto, ma di mera certazione dei presupposti di legge, onde, negata o revocata dall'ente la prestazione, l'azione dell'assicurato tendente ad ottenere la suddetta prestazione o il ripristino di essa non coinvolge la verifica della legittimita' del provvedimento di diniego o di revoca, ma ha ad oggetto la fondatezza della pretesa dell'assicurato; ne consegue che, revocata la prestazione assistenziale a causa dell'accertamento dell'inesistenza attuale delle condizioni sanitarie per il riconoscimento del beneficio, nella controversia promossa dall'assicurato al fine di ottenere il ripristino della prestazione non e' il Ministero a dover provare la mancanza del suddetto requisito, ma e' l'assicurato onerato della prova in ordine alla sussistenza dei requisiti di legge per il riconoscimento del trattamento assistenziale richiesto (nel caso di specie, l'indennita' di accompagnamento). Massima tratta dal CED della Cassazione.


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

Con riferimento al pagamento della tassa automobilistica, nel caso di specie, il verbale di visita collegiale riguardante la ricorrente, evidenziava che l'unità Operativa di medicina Legale - Ufficio invalidi civili - aveva valutato una situazione di deficit della capacità di deambulazione emettendo un giudizio positivo e statuendo un grave deficit deambulatorio permanente. Inoltre, il Giudice del Lavoro aveva confermato l'assistenza continua necessaria alla contribuente e la conseguente condanna all'erogazione dell'indennità di accompagnamento. Anche la circolare dell'Agenzia delle entrate n. 21 del 23 aprile 2010 chiarisce che è sufficiente il riconoscimento dei requisiti sanitari per la concessione della provvidenza (indennità di accompagnamento), e non già l'erogazione della stessa per motivare l'esenzione. Pertanto, nella fattispecie, risulta validamente riconosciuto il diritto all'esenzione dal pagamento della tassa auto, in forza delle acclarate gravi limitazioni deambulatorie dell'odierna controricorrente, requisito sanitario risalente ad epoca ben antecedente alla istanza di esenzione ed il diritto trae origine dalla dimostrata ricorrenza delle condizioni previste dalla legge, in favore di determinati soggetti, a cui la Regione è tenuta ad attenersi senza alcun margine di discrezionalità.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

Nelle controversie proposte dopo il 3 settembre 1998 aventi ad oggetto il diritto a prestazioni assistenziali secondo la disciplina di cui all'art. 130 del D.Lgs. n. 112 del 1998, il soggetto legittimato passivamente e' l'INPS, nei cui confronti lo stato di invalidita' va accertato in via incidentale senza necessita' di promuovere un doppio giudizio (per l'accertamento delle condizioni sanitarie e per il conseguimento delle prestazioni); va invece esclusa, in base alla predetta disciplina, l'ammissibilita' di un'azione di mero accertamento dello stato di invalidita' civile, mentre nelle controversie in cui tale stato si configura come un presupposto logico, rispetto ai benefici (diversi dalle prestazioni economiche) richiesti dall'invalido, e' legittimato passivamente il soggetto obbligato per legge a soddisfare la specifica pretesa fatta valere dall'interessato. (Fattispecie relativa a controversia non soggetta, "ratione temporis", alla disciplina di cui all'art. 42 del D.L. n. 269 del 2003, convertito con modificazioni nella legge n. 326 del 2003, che ha previsto il litisconsorzio necessario del Ministero dell'economia e delle finanze nei procedimenti giurisdizionali concernenti l'invalidita' civile). *Massima tratta dal CED della Cassazione.

Spettano in via esclusiva alla giurisdizione della Corte dei Conti, a norma degli artt. 13 e 62 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, tutte le controversie concernenti la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti, comprese quelle nelle quali si alleghi, a fondamento della pretesa, l'inadempimento o l'inesatto adempimento della prestazione pensionistica da parte dell'ente obbligato (ancorche' non sia in contestazione il diritto al trattamento di quiescenza nelle sue varie componenti e la legittimita' dei provvedimenti che tale diritto attribuiscono e ne determinano l'importo), senza che da tale devoluzione possano risultare escluse le controversie volte ad ottenere, anche in via autonoma, il pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi sui ratei del trattamento pensionistico tardivamente corrisposti. In particolare permane la suddetta giurisdizione esclusiva anche nel caso in cui una controversia compresa fra quelle sopra indicate (nella specie, concernente il diritto del pensionato a percepire gli interessi legali e la rivalutazione monetaria sulle somme percepite a titolo di arretrati pensionistici) sia promossa dall'erede del pensionato stesso. Massima tratta dal CED della Cassazione.

Ai fini della concessione della indennita' di accompagnamento, di cui alla legge 11 febbraio 1980, n. 18, il requisito della permanenza della malattia, quale presupposto per la concessione della detta prestazione, non deve essere confuso con quello di definitivita' e immutabilita' dello stato invalidante, ne' puo' essere escluso per la possibilita' di un opportuno trattamento chirurgico. Solo nel caso di volontaria sottoposizione ad intervento chirurgico, il giudice del merito dovra' tener conto degli eventuali esiti positivi dell'intervento, accertando se il recupero totale o parziale dello stato di salute dell'assistito sia tale da escludere il diritto al beneficio spettante in base alla situazione pregressa (Nella specie, la S.C. ha con- fermato la sentenza impugnata che aveva riconosciuto il diritto della ricorrente alla indennita' di accompagnamento in presenza di infermita' emendabili con intervento chirurgico, al quale non risultava che la medesima ricorrente si fosse sottoposta). Massima tratta dal CED della Cassazione.

Nel caso in cui una prestazione sia considerata dalle parti come di lavoro autonomo, con conseguente emissione di fattura e assoggettamento ad IVA, ma successivamente tale rapporto contrattuale venga qualificato, con efficacia di giudicato, come di lavoro subordinato, con la conseguenza della non assoggettabilita' ad IVA, il principio generale per cui il committente ha diritto di ripetere, secondo le disposizioni di diritto comune, dal prestatore l'imposta indebitamente pagata non e' applicabile se, come nel caso di specie, dal giudicato scaturisca che l'assoggettamento ad IVA era stato conseguenza di un inadempimento da parte del presunto committente delle obbligazioni su di lui incombenti come datore di lavoro in relazione all'effettivo rapporto instaurato. Il datore di lavoro, infatti, avrebbe potuto evitare ogni pregiudizio se avesse fin dall'inizio riconosciuto l'esatta natura del rapporto e corrisposto le retribuzioni secondo le modalita' previste per il lavoro subordinato. Deve, quindi, escludersi l'esperibilita' di un'azione restitutoria personale nei confronti del lavoratore (o dei suoi eredi) da parte del datore di lavoro, ferma restante, invece, la possibilita' di esperire l'azione di restituzione dell'IVA direttamente nei confronti dell'Erario, esercitando l'azione di rimborso, di cui nella fattispecie ricorrono i presupposti giuridici e di fatto. Nel caso in cui il rapporto contrattuale sia stato qualificato dalle parti come rapporto di agenzia ma successivamente sia accertata, con efficacia di giudicato, la sua natura di rapporto di lavoro subordinato, non ha fondamento la richiesta del datore di lavoro di restituzione delle indennita' di clientela erogate al presunto agente. Infatti, la considerazione che al rapporto intercorso doveva applicarsi un contratto collettivo diverso da quello di agenzia non assume rilevanza, qualora, come nella specie, le suddette indennita' siano valutate di fatto come un elemento della retribuzione che il datore di lavoro aveva ritenuto opportuno corrispondere al lavoratore.

ASSISTENZA E BENEFICENZA PUBBLICA - PRESTAZIONI ASSISTENZIALI - IN GENERE - INDENNITA' DI ACCOMPAGNAMENTO - PRESUPPOSTO SANITARIO - INFERMITA' PLURIME - VALUTAZIONE COMPLESSIVA DI DIVERSE INFERMITA' COESISTENTI - NECESSITA'

In sede di valutazione della capacita' di lavoro, ai fini della sussistenza del requisito sanitario richiesto per aver diritto a pensione di inabilita', in caso di infermita' plurime il cui eventuale concorso non sia gia' considerato in una apposita tabella, si deve tener conto del quadro morboso complessivo del soggetto e non delle singole manifestazioni morbose, considerate le une indipendentemente dalle altre, ne' puo' procedersi ad una somma algebrica delle percentuali di invalidita' relative a ciascuna delle infermita' riscontrate , dovendosi invece compiere una valutazione complessiva delle stesse, con specifico riferimento alla loro incidenza sulla attivita' svolta in precedenza e su ogni altra che sia confacente al soggetto richiedente, per eta', capacita' ed esperienza. Massima tratta dal CED della Cassazione.


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

In tema di ILOR, ai fini del riconoscimento della deduzione prevista del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 120, comma 4, in favore delle societa' di persone con riferimento alle quote di reddito spettanti ai soci che prestino la propria opera nell'impresa come occupazione prevalente, il concetto di prevalenza dev'essere riferito al solo reddito del socio in quanto tale, e non anche al costo eventualmente affrontato dalla societa' per compensare il lavoro prestato dal socio in qualita' di amministratore o in base ad un rapporto di dipendenza, con la conseguenza che la deduzione non trova applicazione nel caso in cui l'attivita' svolta in qualita' di amministratore risulti prevalente rispetto a quella svolta in qualita' di socio. Tale prevalenza deve essere intesa in senso sia qualitativo che quantitativo, e quindi rapportata all'impegno di tempo ed energie fisiche e mentali che l'attivita' richiede in concreto per essere espletata, rispetto ai quali il corrispettivo economico rappresenta soltanto uno degli elementi di valutazione: pertanto, pur potendosi presumere, secondo l'id quod plerumque accidit, che ad una maggiore remunerazione corrisponda un maggior impegno lavorativo, deve ritenersi sempre ammessa da parte del contribuente la prova contraria che alla prevalenza del corrispettivo riconosciutogli per l'attivita' di amministratore non corrisponde una sostanziale prevalenza di impegno, in quanto ai fini della spettanza della deduzione assume rilievo decisivo l'effettiva prevalenza dell'attivita' di socio, e non gia' la valutazione economica che ad essa viene attribuita. *Massima redatta dal servizio di documentazione economica e tributaria

In tema di ILOR, ai fini del riconoscimento della deduzione prevista del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 120, comma 4, in favore delle societa' di persone con riferimento alle quote di reddito spettanti ai soci che prestino la propria opera nell'impresa come occupazione prevalente, il concetto di prevalenza dev'essere riferito al solo reddito del socio in quanto tale, e non anche al costo eventualmente affrontato dalla societa' per compensare il lavoro prestato dal socio in qualita' di amministratore o in base ad un rapporto di dipendenza, con la conseguenza che la deduzione non trova applicazione nel caso in cui l'attivita' svolta in qualita' di amministratore risulti prevalente rispetto a quella svolta in qualita' di socio. Tale prevalenza deve essere intesa in senso sia qualitativo che quantitativo, e quindi rapportata all'impegno di tempo ed energie fisiche e mentali che l'attivita' richiede in concreto per essere espletata, rispetto ai quali il corrispettivo economico rappresenta soltanto uno degli elementi di valutazione: pertanto, pur potendosi presumere, secondo l'id quod plerumque accidit, che ad una maggiore remunerazione corrisponda un maggior impegno lavorativo, deve ritenersi sempre ammessa da parte del contribuente la prova contraria che alla prevalenza del corrispettivo riconosciutogli per l'attivita' di amministratore non corrisponde una sostanziale prevalenza di impegno, in quanto ai fini della spettanza della deduzione assume rilievo decisivo l'effettiva prevalenza dell'attivita' di socio, e non gia' la valutazione economica che ad essa viene attribuita. *Massima redatta dal Servizio di documentazione economica e tributaria.

Le condizioni previste dall'art. 1 della legge n. 18 del 1980 (nel testo modificato dall'art. 1, comma secondo, della legge n. 508 del 1988) per l'attribuzione dell'indennita' di accompagnamento consistono, alternativamente, nell'impossibilita' di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore oppure nell'incapacita' di compiere gli atti quotidiani della vita senza continua assistenza; ai fini della valutazione non rilevano episodici contesti, ma e' richiesta la verifica della loro inerenza costante al soggetto, non in rapporto ad una soltanto delle possibili esplicazioni del vivere quotidiano, ovvero della necessita' di assistenza determinata da patologie particolari e finalizzata al compimento di alcuni, specifici, atti della vita quotidiana, quindi, requisiti diversi e piu' rigorosi della semplice difficolta' di deambulazione o di compimento degli atti della vita quotidiana e configuranti impossibilita'. Tali requisiti sono richiesti anche per gli ultrasessantacinquenni, poiche' l'art. 6 del D.Lgs n. 509 del 1988 (che ha aggiunto il terzo comma all'art. 2, della legge n. 118 del 1971), lungi dal configurare un'autonoma ipotesi di attribuzione dell'indennita', pone solo le condizioni perche' detti soggetti siano considerati mutilati o invalidi - in analogia a quanto disposto per i minori di anni diciotto dall'art. 2, comma secondo, della legge n. 118 del 1971 nel testo originario - non potendosi, per entrambe le categorie, far riferimento alla riduzione della capacita' lavorativa, senza che possano rilevare valutazioni per fasce d'eta' - con la conseguenza di escludere l'indennita' quando il soggetto abbia raggiunto una fascia di eta' avanzata o di decrepitezza tale che funzioni e compiti vengano meno quasi del tutto - giacche' anche le persistenti difficolta' a compiere le residue funzioni (per quanto ridotte esse siano) legittima il riconoscimento della suddetta indennita'. Massima tratta dal CED della Cassazione.

Ai fini della concessione della indennita' di accompagnamento, di cui alla legge 11 febbraio 1980, n. 18, il requisito della permanenza della malattia, quale presupposto per la concessione della detta prestazione, non deve essere confuso con quello di definitivita' e immutabilita' dello stato invalidante, ne' puo' essere escluso per la possibilita' di un opportuno trattamento chirurgico. Solo nel caso di volontaria sottoposizione ad intervento chirurgico, il giudice del merito dovra' tener conto degli eventuali esiti positivi dell'intervento, accertando se il recupero totale o parziale dello stato di salute dell'assistito sia tale da escludere il diritto al beneficio spettante in base alla situazione pregressa (Nella specie, la S.C. ha con- fermato la sentenza impugnata che aveva riconosciuto il diritto della ricorrente alla indennita' di accompagnamento in presenza di infermita' emendabili con intervento chirurgico, al quale non risultava che la medesima ricorrente si fosse sottoposta). Massima tratta dal CED della Cassazione.

In tema di risarcimento del danno alla persona, la perdita della capacita' lavorativa specifica, che consiste nel concreto venir meno della capaci ta' di guadagno in relazione all'attivita' lavorativa in atto, si differen zia dalla incapacita' lavorativa generica, ricompresa nel danno biologico, che considera la perdita della concorrenzialita' della persona, in relazione alla menomazione della sua integrita' psicofisica. Ne consegue la necessita' di un'autonoma liquidazione di ciascuna delle predette voci di danno. (*) Massima tratta dal CED della Cassazione.

ASSISTENZA E BENEFICENZA PUBBLICA - PRESTAZIONI ASSISTENZIALI - AVENTI DIRITTO - INDENNITA' DI ACCOMPAGNAMENTO - PRESUPPOSTI - INCAPACITA' DI COMPIERE GLI ATTI DELLA VITA QUOTIDIANA - NOZIONE

In ordine ai presupposti per l'attribuzione dell'indennita' di accompagnamento, la nozione di incapacita' di compiere autonomamente le comuni attivita' del vivere quotidiano con carattere continuo comprende anche le ipotesi in cui la necessita' di far ricorso all'aiuto di terzi si manifesta nel corso della giornata ogni volta che sia necessario al soggetto compiere una determinata attivita' della vita quotidiana per la quale non puo' fare a meno dell'aiuto di terzi, per cui si alternano momenti di attesa, qualificabili come di assistenza passiva, a momenti di assistenza attiva. (In applicazione di questo principio di diritto, la S.C. ha cassato per difetto di motivazione la sentenza del giudice di merito che aveva ritenuto insussistente la necessita' di assistenza permanente in favore del soggetto richiedente, non in grado di provvedere autonomamente alle proprie necessita' fisiologiche , e come tale, ad avviso del giudice di merito, bisognoso di assistenza non continua ma "occasionale"). Massima tratta dal CED della Cassazione.


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

In tema di obbligo di iscrizione al Fondo speciale di previdenza per gli impiegati dipendenti dalle esattorie e ricevitorie delle imposte dirette, previsto dalla legge 2 aprile 1958, n. 377, l'art. 8 della menzionata legge n. 377 esclude tale obbligo, a prescindere dalla qualifica o dalle funzioni del lavoratore, per i "dipendenti assunti per lavori di carattere eccezionale o temporaneo, ai sensi di particolari disposizioni di contratto collettivo o di legge", e per i lavoratori che "pur avendo incarichi permanenti, prestano servizio intermittente", ove non sia superata una media annua di prestazioni pari a 180 giorni ad orario normale. Ne consegue che non sussiste l'obbligo di iscrizione al fondo speciale di previdenza ne' per i lavoratori assunti per esigenze di carattere eccezionale o temporaneo, ne' per i lavoratori con rapporto a tempo indeterminato qualificabile, secondo la terminologia attuale, come rapporto a tempo parziale verticale, ove non sia superata una media annua di prestazioni pari a 180 giorni ad orario normale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che ha respinto la tesi dell'appellante in ordine alla configurabilita' dell'obbligo di iscrizione al fondo di categoria di tutti i dipendenti addetti all'attivita' di riscossione, a prescindere dal tipo di contratto e dalla durata dello stesso, in quanto svolgenti funzioni tipiche dell'esattore, con limitazione dell'obbligo ai soli dipendenti assunti per un'attivita' lavorativa eccezionale e temporanea e, in concreto, ai soli messi notificatori, in quanto unica categoria di personale per cui il ccnl prevedeva l'assunzione a termine, e addetti ad attivita' meramente esecutiva. Inoltre, la S.C. ha ritenuto logicamente e adeguatamente motivato il giudizio di fatto secondo cui la ratio della disciplina contrattuale che faceva riferimento all'art. 8 della legge n. 377 ai fini dell'acquisizione del diritto all'inquadramento come funzionario risiedeva nel definire la dimensione dell'unita' produttiva con riferimento alla sua stabile configurazione, a prescindere da occasionali temporanei incrementi imposti da esigenze contingenti). *Massima tratta dal CED Cassazione.

In tema di IVA, l'esercizio di un'attivita' di bar all'interno di un circolo con finalita' ricreative quali quelli aggregati al comitato nazionale AICS - ente che, sorto per il tempo libero dei lavoratori, persegue finalita' istituzionali di tipo culturale, ricreativo, sportivo e assistenziale - deve ritenersi fonte di prestazioni senz'altro conformi alle sue finalita' istituzionali, essendo la possibilita' di usufruire, all'interno di un circolo siffatto, di un servizio (quantomeno basilare) di ristoro deve ritenersi complementare, se non essenziale, alla sussistenza stessa del suo carattere ricreativo. (Nella specie la Suprema Corte ha confermato la pronuncia dei giudici tributari di merito, i quali avevano escluso l'esistenza di un intento speculativo per il fatto che il surplus della spesa di consumazione costituiva un contributo aggiuntivo, deliberato in sede assembleare, per il buon funzionamento delle strutture e attivita' in conformita' dello statuto sociale). (*) CONTRA Cass. 3 maggio 2002, n. 6340. *Massima tratta dal CED della Cassazione.

Le condizioni previste dall'art. 1 della legge n. 18 del 1980 (nel testo modificato dall'art. 1, comma secondo, della legge n. 508 del 1988) per l'attribuzione dell'indennita' di accompagnamento consistono, alternativamente, nell'impossibilita' di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore oppure nell'incapacita' di compiere gli atti quotidiani della vita senza continua assistenza; ai fini della valutazione non rilevano episodici contesti, ma e' richiesta la verifica della loro inerenza costante al soggetto, non in rapporto ad una soltanto delle possibili esplicazioni del vivere quotidiano, ovvero della necessita' di assistenza determinata da patologie particolari e finalizzata al compimento di alcuni, specifici, atti della vita quotidiana, quindi, requisiti diversi e piu' rigorosi della semplice difficolta' di deambulazione o di compimento degli atti della vita quotidiana e configuranti impossibilita'. Tali requisiti sono richiesti anche per gli ultrasessantacinquenni, poiche' l'art. 6 del D.Lgs n. 509 del 1988 (che ha aggiunto il terzo comma all'art. 2, della legge n. 118 del 1971), lungi dal configurare un'autonoma ipotesi di attribuzione dell'indennita', pone solo le condizioni perche' detti soggetti siano considerati mutilati o invalidi - in analogia a quanto disposto per i minori di anni diciotto dall'art. 2, comma secondo, della legge n. 118 del 1971 nel testo originario - non potendosi, per entrambe le categorie, far riferimento alla riduzione della capacita' lavorativa, senza che possano rilevare valutazioni per fasce d'eta' - con la conseguenza di escludere l'indennita' quando il soggetto abbia raggiunto una fascia di eta' avanzata o di decrepitezza tale che funzioni e compiti vengano meno quasi del tutto - giacche' anche le persistenti difficolta' a compiere le residue funzioni (per quanto ridotte esse siano) legittima il riconoscimento della suddetta indennita'. Massima tratta dal CED della Cassazione.

Ai fini della concessione della indennita' di accompagnamento, di cui alla legge 11 febbraio 1980, n. 18, il requisito della permanenza della malattia, quale presupposto per la concessione della detta prestazione, non deve essere confuso con quello di definitivita' e immutabilita' dello stato invalidante, ne' puo' essere escluso per la possibilita' di un opportuno trattamento chirurgico. Solo nel caso di volontaria sottoposizione ad intervento chirurgico, il giudice del merito dovra' tener conto degli eventuali esiti positivi dell'intervento, accertando se il recupero totale o parziale dello stato di salute dell'assistito sia tale da escludere il diritto al beneficio spettante in base alla situazione pregressa (Nella specie, la S.C. ha con- fermato la sentenza impugnata che aveva riconosciuto il diritto della ricorrente alla indennita' di accompagnamento in presenza di infermita' emendabili con intervento chirurgico, al quale non risultava che la medesima ricorrente si fosse sottoposta). Massima tratta dal CED della Cassazione.

L'accettazione tacita di eredita' puo' desumersi soltanto dall'esplicazione di un'attivita' personale del chiamato tale da integrare gli estremi dell'atto gestorio incompatibile con la volonta' di rinunziare, e non altrimenti giustificabile se non in relazione alla qualita' di erede, con la conseguenza che non possono essere ritenuti atti di accettazione tacita quelli di natura meramente conservativa che il chiamato puo' compiere anche prima dell'accettazione, ex art. 460 cod.civ.. L'indagine relativa alla esistenza o meno di un comportamento qualificabile in termini di accettazione tacita, risolvendosi in un'accertamento di fatto, va condotta dal giudice di merito caso per caso (in considerazione delle peculiarita' di ogni singola fattispecie, e tenendo conto di molteplici fattori, tra cui quelli della natura e dell'importanza, oltreche' della finalita', degli atti di gestione), e non e' censurabile in sede di legittimita', purche' la relativa motivazione risulti immune da vizi logici o da errori di diritto. *Massima tratta dal CED della Cassazione.

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