Sentenza del 04/07/2014 n. 15319 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Testo

1. R.M. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana, sezione staccata di Livorno, indicata in epigrafe, con la quale è stata confermata l'inammissibilità del ricorso proposto dal contribuente contro il rigetto di un'istanza di annullamento in autotutela presentata in ordine a cartelle di pagamento emesse a seguito di avvisi di rettifica IVA. Il giudice di merito ha osservato che il mancato esercizio dell'autotutela, la quale costituisce un procedimento amministrativo assolutamente discrezionale, non può essere sindacato in sede giurisdizionale e non rientra tra gli atti impugnabili elencati nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19.

2. L'Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con l'unico motivo proposto, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 (come sostituito dalla L. n. 448 del 2001) e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, lett. g); formula, in conclusione, il seguente quesito di diritto: "se sussiste la giurisdizione del giudice tributario sulle pronunce di legittimità degli atti dell'Amministrazione finanziaria, che esercitano funzioni discrezionali nel procedimento di autotutela promosso con istanza del contribuente, data la loro inclusione nel rapporto tributario".

Il motivo è inammissibile per inidoneità del riportato quesito di diritto, ai sensi dell'art. 366 bis cod. proc. civ. (applicabile ratione temporis).

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, detta norma esige, per le censure di violazione di legge, che il quesito contenga una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata, al fine, quindi, del miglior esercizio della funzione nomofilattica: ne consegue che è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione si rivela inidonea a chiarire quale sia, in relazione alla concreta fattispecie, l'errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale la regola da applicare (tra le tante, Cass., sez. un., n. 26020 del 2008 e n. 19444 del 2009; Cass. n. 774 del 2011).

Nella specie, premesso che sulla giurisdizione si è formato il giudicato implicito e che, quindi, la questione attiene al tema della proponibilità in concreto della domanda, il quesito, anche così inteso, si rivela inadeguato e generico, in quanto privo di qualsiasi riferimento allo svolgimento del rapporto tributario nell'ambito del quale è intervenuta l'istanza di autotutela.

2. L'inammissibilità dell'unico motivo per difetto dei requisiti di cui all'art. 366 bis cit. comporta, come testualmente prevede l'art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel testo applicabile ratione temporis), l'inammissibilità del ricorso.

3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 2700,00 per compensi, oltre alle eventuali spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2014.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2014

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