Sentenza del 12/09/2022 n. 26699 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Testo

La società DA.FI. S.r.l. (di seguito, per brevità società o contribuente), in persona del legale rappresentante pro tempore sig. M.L., fu destinataria di avviso di accertamento da parte dell'Agenzia delle Entrate - Ufficio di Roma (---) - col quale l'Amministrazione finanziaria riprese a tassazione per l'anno 2003 le maggiori imposte ritenute dovute negli importi di Euro 94.894,00 per IRPEG, Euro 11.823,00 per IRAP ed Euro 25416,00 per IVA, oltre sanzioni ed interessi.

L'accertamento, originato da una verifica presso la società, si era poi sviluppato attraverso indagini finanziarie, ritualmente autorizzate, su conti correnti bancari e postali della società ed anche del suo legale rappresentante, nonché socio, sebbene la stessa Amministrazione avesse dato atto che, in sede di contraddittorio, la società avesse prodotto documentazione - in particolare relativa al conto corrente n. 12082 acceso presso l'allora Banca di Roma - ove risultavano regolarmente registrate tutte le operazioni transitate nella contabilità della società medesima.

La società, nel lamentare in primo luogo che per effetto dell'adesione al concordato fiscale biennale ai sensi del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 33, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, doveva ritenersi precluso per le annualità 2003 e 2004 ogni accertamento di natura presuntiva, impugnò l'avviso di accertamento notificatole dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Roma, che accolse il ricorso.

Avverso la sentenza di primo grado ad esso sfavorevole l'Ufficio propose appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale (CTR) del Lazio, che, con sentenza n. 125/37/12, depositata il 22 maggio 2012, non notificata, accolse il gravame.

Avverso detta pronuncia la società ha proposto ricorso cassazione, iscritto a ruolo con il n. RG 820/2013, affidato ad otto motivi, ulteriormente illustrato da memoria, con la quale, in via di mero subordine, ha chiesto applicarsi, quanto alle sanzioni, il trattamento più favorevole discendente dall'applicazione dello ius superveniens di cui al D.Lgs. n. 158 del 2015.

Analogo avviso di accertamento fu notificato alla contribuente DA.FI. S.r.l. per l'anno d'imposta 2004, recante la pretesa dell'importo complessivo di Euro 216.551,00, di cui Euro 101.280,00 per IRES, Euro 13.044,00 per IRAP, Euro 15656,00 per IVA, Euro 86.571,00 per sanzioni, oltre a relativi interessi ed oneri accessori.

Anche detto avviso di accertamento fu impugnato dalla società in forza di motivi analoghi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Roma, che anche in questo caso accolse il ricorso.

Avverso la sentenza di primo grado ad esso sfavorevole l'Ufficio propose appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale (CTR) del Lazio, che, con sentenza n. 127/37/12, depositata il 22 maggio 2012, non notificata, accolse il gravame.

Avverso detta pronuncia la società ha proposto ricorso per cassazione, iscritto a ruolo con il n. RG 821/2013, pure affidato ad otto motivi, ulteriormente illustrato da memoria, con la quale ha ancora, in via di mero subordine, chiesto applicarsi, quanto alle sanzioni, il trattamento più favorevole discendente dall'applicazione dello ius superveniens di cui al D.Lgs. n. 158 del 2015.

Dagli avvisi di accertamento notificati nei confronti della società per ciascuna annualità d'imposta sono quindi scaturiti gli avvisi di accertamento notificati nei confronti del socio M.L. per il maggior reddito ritenuto conseguito nelle due annualità in ragione della quota di capitale detenuta nella società medesima, con il recupero a tassazione delle maggiori IRPEF ed addizionali ritenute dovute, oltre sanzioni ed interessi.

Ciascun atto impositivo fu impugnato dal M.L. e l'adita CTP di Roma, in entrambi i casi, accolse i rispettivi ricorsi proposti dal contribuente.

L'Ufficio propose appello dinanzi alla CTR del Lazio, che accolse ciascun gravame, quello relativo al giudizio vertente sull'annualità 2003 con sentenza n. 128/37/12, quello inerente al giudizio riguardante l'annualità successiva con sentenza n. 126/37/12, entrambe depositate il 22 maggio 2012 e non notificate.

Ciascuna sentenza fu impugnata dal contribuente con separati ricorsi per cassazione, il primo iscritto a ruolo al n. RG 823/2013, il secondo iscritto al n. RG 826/2013, ciascuno articolato su cinque motivi di ricorso, ulteriormente illustrati da memoria.

Detti giudizi, originariamente avviati alla trattazione in Camera di consiglio e per i quali il P.G. aveva già depositato le proprie conclusioni scritte chiedendo il rigetto di ciascun ricorso, sono stati quindi rinviati a nuovo ruolo per consentirne la trattazione congiunta con quelli aventi ad oggetto gli avvisi di accertamento notificati alla società per le stesse annualità d'imposta.

In ciascuno di tutti i summenzionati giudizi l'Agenzia delle entrate si è limitata a depositare mero atto di costituzione al solo fine dell'eventuale partecipazione all'udienza di discussione.

Infine, dall'avviso di accertamento notificato nei confronti della società per l'anno d'imposta 2003, è conseguito anche avviso di accertamento notificato nei confronti dell'altra socia M.D. per il maggior reddito ritenuto conseguito in detta annualità in ragione della quota di capitale detenuta dalla predetta nella società medesima, con il recupero a tassazione delle maggiori IRPEF ed addizionali ritenute dovute, oltre sanzioni ed interessi.

L'atto impositivo fu impugnato dalla contribuente dinanzi alla CTP di Roma, che accolse il ricorso.

Avverso la sentenza di primo grado ad esso sfavorevole l'Ufficio propose appello dinanzi alla CTR del Lazio, che, con sentenza n. 132/37/12, depositata il 29 maggio 2012, non notificata, respinse il gravame.

L'Agenzia delle entrate ha impugnato detta sentenza con ricorso per cassazione, iscritto a ruolo al n. RG 18841/2013, affidato ad un unico motivo, cui la contribuente resiste con controricorso, cui ha fatto seguito, in prossimità dell'udienza fissata per la discussione, il deposito di memoria ex art. 378 c.p.c..

Fissata la trattazione dei summenzionati giudizi per l'udienza pubblica del 23 novembre 2021, essa si è quindi svolta in Camera di consiglio, del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, ex art. 23, comma 8 bis, quale inserito dalla Legge di Conversione 18 dicembre 2020, n. 176, art. 6, e del D.L. 23 luglio 2021, n. 105, art. 7, convertito, con modificazioni, dalla L. 16 settembre 2021, n. 126, senza l'intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti private, non essendo stata formulata nei termini richiesta di discussione orale.

Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Fulvio Troncone, ha presentato conclusioni scritte per ciascun giudizio, chiedendo rigettarsi i ricorsi proposti dalle parti contribuenti ed accogliersi il ricorso proposto dall'Agenzia delle entrate nei confronti della socia M.D..

Motivi della decisione

1. In via preliminare va disposta la riunione dei giudizi nn. RG 821/2013, 823/2013, 826/2013 e 18841/2013 al n. RG 820/2013, per ragioni di connessione oggettiva e parzialmente soggettiva.

2. Nel giudizio RG 820/2013, vertente sull'accertamento avente come destinataria la società per l'anno d'imposta 2003, con il primo motivo di ricorso la società denuncia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza d'appello per l'omessa pronuncia sull'eccezione pregiudiziale d'inammissibilità dell'appello dell'Ufficio per l'assoluta genericità dei motivi e per l'assenza di specifiche censure rivolte alla sentenza di primo grado, avendo la CTR trascurato totalmente l'esame dell'anzidetta eccezione di rito e la conseguente pronuncia sulla stessa.

3. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia nullità del procedimento e delle sentenze di merito per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 14 e 29, degli artt. 101 e 102 c.p.c. e dell'art. 111 Cost., comma 2, in relazione alla mancata integrazione del contraddittorio o riunione dei ricorsi proposti separatamente dalla società e dai soci avverso gli avvisi di accertamento a loro notificati per il recupero IRPEF del maggior reddito da capitale in relazione alla partecipazione rispettivamente detenuta, trattandosi di società di capitali a ristretta base partecipativa.

4. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, del D.L. n. 269 del 2003, art. 33, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2), art. 37, comma 3 e art. 39, comma 1, lett. c) e d) e comma 2, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2) e art. 54, comma 2, e dell'art. 2729 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata ha statuito l'inapplicabilità dell'inibizione all'accertamento presuntivo, derivante dal concordato preventivo biennale perfezionato dalla società contribuente.

5. Con il quarto motivo la società denuncia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., il vizio d'insufficiente motivazione della sentenza impugnata, sul fatto controverso e decisivo riguardante l'idoneità e consistenza degli elementi indicati dall'avviso di accertamento a proprio preteso fondamento, avendo la decisione impugnata, nel respingere le deduzioni della contribuente, sbrigativamente giustificato l'atto impositivo basando tale decisione solo sull'erronea considerazione che l'avviso di accertamento era stato "emesso sulla base dei dati ed informazioni acquisite ex art. 32, e non sulla base di presunzioni".

6. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2), art. 37, comma 3, art. 39, comma 1, lett. c), d), del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 25, comma 1, e del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 51, comma 2, n. 2) e art. 54, comma 2, in relazione all'omessa rilevazione di elementi idonei a consentire di imputare alla società contribuente le somme transitate sui conti correnti del suo socio amministratore.

7. Con il sesto motivo, premettendo la portata assorbente del vizio denunciato con il mezzo precedente, la società censura, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la sentenza impugnata per insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo riguardante l'identità e consistenza degli elementi indiziari dimostrativi della riferibilità alla società del conto corrente personale del suo socio - amministratore.

8. Con il settimo motivo la ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, degli artt. 2697 e 2909 c.c., dell'art. 115 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, in relazione all'affermata mancata prova del fatto che il socio - amministratore della società contribuente fosse anche il socio e amministratore di altre due società di persone, laddove la CTR ha statuito che il sig. M.L., che, peraltro, non è parte del processo, "non ha fornito neppure la prova di avere rapporti con altre società".

9. Con l'ottavo ed ultimo motivo, infine, la ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il vizio di omessa motivazione dell'impugnata sentenza sul fatto controverso e decisivo riguardante l'avvenuta produzione in giudizio della documentazione sulla non riferibilità alla società contribuente e sull'irrilevanza reddituale delle somme transitate sul conto personale del suo socio- amministratore, avendo la CTR ignorato totalmente la documentazione riepilogata in dettaglio a pag. 61 del ricorso, che, ove debitamente esaminata, offrendo essa giustificazione dell'importo di prelevamenti per complessivi Euro 17.148,88, avrebbe dovuto quanto meno determinare l'abbattimento dell'imponibile nell'indicata misura.

10. Il ricorso iscritto al n. RG 821/2013, vertente sull'accertamento notificato alla società per l'anno 2004, è anch'esso affidato ad otto motivi del tutto analoghi a quelli innanzi indicati a sostegno del ricorso riguardante la precedente annualità d'imposta, dovendosi solo precisare, richiamati in toto i mezzi sopra trascritti, quanto all'ottavo motivo, con specifico riferimento all'anno d'imposta 2004, che con esso - pur sempre dolendosi, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, del vizio di omessa motivazione dell'impugnata sentenza sul fatto controverso e decisivo riguardante l'avvenuta produzione in giudizio della documentazione sulla non riferibilità alla società contribuente e sull'irrilevanza reddituale delle somme transitate sul conto personale del suo socio-amministratore la società ricorrente lamenta che la CTR avrebbe ignorato totalmente la documentazione riepilogata in dettaglio alle pagg. 58-60 del ricorso, che, ove debitamente esaminata, offrendo essa giustificazione dell'importo delle movimentazioni bancarie documentate nella misura di Euro 147.038,00, avrebbe dovuto quanto meno determinare l'abbattimento dell'imponibile nell'indicata misura.

11. Il ricorso iscritto al n. RG 823/2013, vertente sull'accertamento notificato al socio M.L. col quale, in dipendenza dall'accertamento avente come destinataria la società DA.FI. S.r.l. per l'anno 2003, si contestava allo stesso il conseguimento di maggior reddito di capitale imponibile rispetto a quello dichiarato, è basato su cinque motivi.

11.1. I primi due ripropongono le medesime doglianze dei corrispondenti motivi formulati dal M., quale legale rappresentante pro tempore della società, avverso le sentenze che hanno pronunciato nelle controversie relative agli atti impositivi notificati nei confronti della società medesima, motivi che si abbiano pertanto di seguito per espressamente ripetuti e trascritti.

11.2. Con il terzo motivo il ricorrente M.L. in proprio denuncia violazione o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2, ultimo periodo, in relazione alla statuita legittimità dell'avviso di accertamento, motivato per relationem all'avviso di accertamento notificato alla società per la stessa annualità d'imposta.

11.3. Con il quarto motivo il ricorrente M.L. in proprio denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2697, 2727, 2729 e 2909 c.c., del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42 (recte art. 45) comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 42 e dell'art. 53 Cost., in relazione alla statuita ammissibilità e legittimità della presunzione di distribuzione ai soci dei pretesi utili extracontabili accertati a carico della società da loro partecipata, anche in mancanza della definitività e certezza dell'atto impositivo notificato alla società per il medesimo anno d'imposta.

11.4. Con il quinto ed ultimo motivo di ricorso il M.L., sempre in proprio quale socio, denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 42 e dell'art. 53 Cost., in relazione alla statuita ammissibilità e legittimità della presunzione di distribuzione ai soci dei pretesi utili extracontabili accertati a carico della società da loro partecipata, anche in mancanza di ulteriori elementi gravi, precisi e concordanti aggiuntivi rispetto alla mera base familiare della società stessa.

12. Il ricorso iscritto al n. RG 826/2013, vertente sull'accertamento notificato al socio M.L. col quale, in dipendenza dall'accertamento avente come destinataria la società DA.FI. S.r.l. per l'anno 2004, si contestava allo stesso il conseguimento di maggior reddito di capitale imponibile rispetto a quello dichiarato, è basato anch'esso su cinque motivi, del tutto identici a quelli addotti a sostegno del ricorso iscritto al n. RG 823/2013, riguardante il precedente anno d'imposta, che si abbiano quindi di seguito per ripetuti e trascritti.

13. Infine, nel giudizio iscritto al n. RG 18841/2013, vertente sull'accertamento notificato alla socia M.D. con riferimento all'anno d'imposta 2003, l'Agenzia delle entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza della CTR del Lazio n. 132/37/12, depositata il 29 maggio 2012, in forza di un solo motivo di ricorso.

Con il mezzo in esame la ricorrente Amministrazione finanziaria lamenta violazione o falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 3, art. 39, comma 1, lett. d), art. 40, comma 1, 42, comma 1, nonché degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la decisione impugnata, annullando l'avviso di accertamento notificato alla socia M.D., ha erroneamente affermato che la presunzione di distribuzione degli utili extrabilancio ai soci di società a ristretta compagine non è di per sì sufficiente a giustificarne la legittimità, ma richiede di essere suffragata da ulteriori elementi, quali, in particolare, le indagini bancarie.

14. Venendo quindi all'esame del giudizio distinto dal n. RG 820/2013, il primo motivo, che lamenta come violazione dell'art. 112 c.p.c., come è dato leggere nell'articolazione del mezzo, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il vizio di omessa pronuncia nel quale sarebbe incorsa l'impugnata sentenza, con riferimento all'eccezione d'inammissibilità dell'appello dell'Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado, è infondato, costituendo indirizzo consolidato di questa Corte, che va ulteriormente in questa sede ribadito, l'affermazione del principio secondo il quale il vizio di omessa pronuncia è configurabile solo nel caso di mancato esame da parte della sentenza impugnata di questioni di merito e non anche, come nella specie - in cui la ricorrente lamenta l'omessa pronuncia sull'eccezione d'inammissibilità dell'appello proposto dall'Amministrazione finanziaria avverso la sentenza di primo grado per difetto di specificità dei motivi - in caso di mancato esame di eccezioni pregiudiziali di rito (cfr., tra le molte, Cass. sez. 3, 11 ottobre 2018, n. 25154; Cass. sez. 2, ord. 25 gennaio 2018, n. 1876; Cass. sez. 1, 26 settembre 2013, n. 22083).

15. Del pari è infondato il secondo motivo.

15.1. La ricorrente società manifesta, in effetti, essa stessa consapevolezza del fatto che la giurisprudenza di legittimità afferma, nel solco della nota pronuncia delle Sezioni Unite 4 giugno 2008, n. 14815, la sussistenza di litisconsorzio necessario originario sul piano sostanziale solo laddove l'accertamento riguardi società di persone e soci di detta società. Tuttavia assume che nel presente giudizio - riguardante l'accertamento di maggior reddito d'impresa nei confronti di società di capitali a ristretta base partecipativa, essendo essa costituita da due soli soci, il M.L., titolare della quota del 75%, e la nipote (erroneamente indicata come moglie nella sentenza impugnata), M.D., titolare della quota residua del 25%, essendosi separatamente e neppure contestualmente svolti i giudizi concernenti l'accertamento a carico dei soci per la ripresa a tassazione della maggiore IRPEF ritenuta dovuta in ragione del contestato maggior reddito da capitale nella società medesima dovrebbero trovare applicazione i medesimi principi, atteso che, in presenza dell'imputazione del maggior reddito ai soci per effetto della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili, conseguente alla natura della società a ristretta base partecipativa, la difesa dei soci dovrebbe essere posta in condizione di contestare il maggior reddito della società determinato in via presuntiva.

15.2. E' sufficiente in proposito osservare che detto assunto contrasta con l'indirizzo più volte espresso in materia da questa Corte, che, in caso di separata pendenza dei giudizi di accertamento nei confronti di società di capitali a ristretta base partecipativa e dei soci della stessa, ha individuato un rapporto di dipendenza dell'accertamento riguardante i soci rispetto alla società, tale da legittimare l'eventuale sospensione, ex art. 337 c.p.c., del giudizio relativo all'accertamento riguardante il socio laddove sia impugnata la sentenza resa in tema di accertamento sulla società (cfr., in generale, Cas. SU 29 luglio 2021, n. 21763 e, specificamente, nel contenzioso tributario, Cass. sez. 6-5, ord. 6 ottobre 2017, n. 23480; Cass. sez. 6-5, ord. 5 settembre 2016, n. 17613; Cass. sez. 5, 17 luglio 2014, n. 16329), potendo comunque il socio, nel giudizio relativo all'accertamento del proprio reddito da partecipazione, oltre a far valere questioni personali, contestare nel merito l'accertamento del maggior reddito d'impresa della società.

16. Il terzo motivo è inammissibile.

16.1. Effettivamente, come evidenziato dal P.G. nelle proprie conclusioni scritte, la decisione in questa sede impugnata poggia su due distinte, concorrenti rationes decidendi, la prima volta ad escludere che l'accertamento svolto nei confronti della società fosse un accertamento di tipo presuntivo, ciò che sarebbe stato inibito dall'adesione al concordato preventivo fiscale; la seconda concretizzatasi nel rilievo per cui "per l'anno d'imposta in questione il reddito accertato è di gran lunga superiore al 50% del reddito superiore" (recte dichiarato) "e non inferiore come asseriva la società".

16.2. Orbene, è indubbio - lo conferma la stessa società nella memoria depositata in atti - che la contribuente abbia censurato unicamente la prima ratio, sostenendo che, quanto all'IVA, la preclusione dipendente dall'adesione al concordato preventivo fiscale era conseguente al testo stesso del D.L. n. 269 del 2003, citato art. 33, comma 8, che faceva espresso riferimento all'inibizione dei poteri di accertamento in base al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, secondo periodo, dovendo giungersi ad analoga conclusione anche quanto all'accertamento per le imposte dirette, essendo pur sempre l'accertamento fondato su indagini bancarie di tipo presuntivo, non potendo giungersi a conclusioni diverse a seconda della natura della presunzione, mera praesumptio hominis, come prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) presunzione legale, invece, seppure relativa, quella sancita dall'art. 32, comma 1, n. 2), dello stesso Decreto.

16.3. Ha sostenuto in memoria la ricorrente la non sussistenza dell'interesse all'impugnazione dell'altro "concorrente" requisito del superamento del 50% del reddito dichiarato, a fronte del "chiaro contesto di preclusione all'accertamento presuntivo".

Tale assunto non merita condivisione.

16.3.1. Giova riportare preliminarmente il testo dell'art. 33, nelle parti che qui rilevano, del D.L. n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 326 del 2003, nelle diverse formulazioni succedutesi nel corso del 2003 e poi nel 2004, cioè le annualità cui si riferisce il concordato fiscale, avendo presente che l'accertamento per cui è causa nel presente giudizio è riferito all'annualità 2003.

Il citato D.L. n. 269 del 2003, nella sua originaria formulazione in vigore dal 2 ottobre 2003 al 25 novembre 2003, al comma 10 prevede: "Per i soggetti che si avvalgono del concordato preventivo, i redditi d'impresa e di lavoro autonomo possono essere oggetto di accertamento ai fini tributari e contributivi esclusivamente in base del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. a), b), c) e d), primo periodo, artt. 40 e 41-bis. Restano altresì applicabili le disposizioni di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2, primo periodo, commi 3, 4 e 5, nonché quelle previste dal D.P.R. 10 novembre 1997, n. 441".

Nella versione in vigore dal 26 novembre 2003 al 31 dicembre 2003, l'art. 33, avendo subito modifiche, al comma 8, stabilisce: "Per i periodi di imposta soggetti a concordato preventivo, relativamente al reddito d'impresa o di lavoro autonomo, sono inibiti i poteri spettanti all'amministrazione finanziaria in base alle disposizioni di cui: a) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), secondo periodo, e comma 2, lett. a), d) e d-bis), e successive modificazioni; b) al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2, secondo periodo, e successive modificazioni; c) al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 55, comma 2, n. 3, e successive modificazioni".

Da ultimo, del D.L. n. 269 del 2003, art. 33, comma 8, nel testo in vigore a decorrere dal primo gennaio 2004, stabilisce che: "Per i periodi di imposta soggetti a concordato preventivo, relativamente al reddito d'impresa o di lavoro autonomo, sono inibiti i poteri spettanti all'amministrazione finanziaria in base alle disposizioni di cui: a) al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), secondo periodo, e comma 2, lett. a), d) e d-bis), e successive modificazioni; b) al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2, secondo periodo, e successive modificazioni; c) al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 55, comma 2, n. 3), e successive modificazioni".

Sempre con decorrenza dal primo gennaio 2004 è stato quindi inserito, dalla L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 2, comma 10, lett. f) il comma 8 bis del seguente tenore: "Per i medesimi periodi d'imposta di cui al comma 8, relativamente al reddito d'impresa o di lavoro autonomo, sono preclusi gli atti di accertamento qualora il maggiore reddito accertabile sia inferiore o pari al 50 per cento di quello dichiarato".

16.3.2. Si è precisato che tra le due disposizioni (commi 8 e 8 bis) esiste un rapporto di complementarit e non di specialità (cfr. Cass. sez. 5, ord. 9 aprile 2020, n. 7765; Cass. sez. 5, ord. 31 maggio 2018, n. 13885), sicché spetta al giudice accertare se l'accertamento è stato condotto nei limiti di quanto consentito, verificando quindi, a valle, se con riferimento al reddito accertabile nell'esercizio dei poteri non preclusi, il divario abbia superato la soglia del 50% del reddito dichiarato.

16.3.3. La censura della contribuente si è diretta esclusivamente alla contestazione dell'inibizione dell'accertamento presuntivo, senza toccare in alcun modo l'ulteriore affermazione della CTR secondo cui per l'anno d'imposta in questione "il reddito accertato è di gran lunga superiore al 50% del reddito superiore" (recte dichiarato) e non inferiore come asseriva la società", affermazione peraltro inficiata in diritto dall'erroneità del riferimento al reddito accertato e non già a quello accertabile nei limiti dei poteri consentiti, e che la ricorrente aveva pertanto interesse ad impugnare onde evitare che la mancata impugnazione della concorrente ratio decidendi determinasse, in parte qua, la formazione del giudicato interno.

17. Le considerazioni espresse nello scrutinio del mezzo precedente ed il relativo esito comportano l'inammissibilità del quarto motivo per sopravvenuta carenza d'interesse.

18. Il quinto ed il sesto motivo di ricorso possono essere trattati congiuntamente.

Essi sono fondati.

18.1. Il quinto motivo, in relazione alla denunciata violazione o falsa applicazione delle norme di diritto indicate sub 6, il sesto con riferimento al vizio d'insufficiente motivazione in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella sua formulazione, applicabile.ratione temporis, anteriore alla novella apportata del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, aggrediscono, sotto il diverso versante dei rispettivi menzionati profili, la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto legittimo l'accertamento fondato su indagini bancarie basate sulle movimentazioni verificate sul conto corrente personale del socio - amministratore, attraverso il seguente percorso argomentativo.

La CTR, dopo aver premesso - osserva la ricorrente - la scontata quanto irrilevante considerazione che l'Ufficio "\� legittimato ad estendere le indagini bancarie anche ai soci, agli amministratori e agli altri soggetti legati a vario titolo alla società ogni qualvolta emerga la natura fittizia dell'intestazione, nonché la sostanziale riferibilità all'ente dei conti", ha quindi ritenuto corretta l'imputazione alla società delle somme transitate sul conto corrente personale del M. unicamente in relazione al rilievo in base al quale "nel caso in esame risulta che il Sig. M. ha versato sui propri conti denaro in contanti o in assegni".

18.2. Nell'interpretazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3, secondo cui "(i)n sede di rettifica o di accertamento d'ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l'effettivo possessore per interposta persona", questa Corte ritiene che debba essere assicurata ulteriore continuità al principio, affermato specificamente in fattispecie riguardante accertamento nei confronti di società a responsabilità limitata, derivato da indagini bancarie estese ai conti correnti personali dei soci, secondo cui detta estensione è legittima soltanto se sussistano elementi indiziari, la cui allegazione e prova incombe all'Ufficio procedente, che inducano a ritenere che detti conti correnti personali dei soci siano stati utilizzati per occultare operazioni fiscalmente rilevanti (cfr., più di recente, Cass. sez. 5, 18 dicembre 2019, n. 33596).

18.3. Nella fattispecie in esame, la CTR, trascurata a monte ogni considerazione riguardo al fatto che le indagini bancarie aventi ad oggetto il conto corrente facente capo alla società avevano evidenziato movimentazioni che avevano trovato riscontro, tanto in entrata quanto in uscita, nella documentazione offerta in sede di contraddittorio, si è limitata - relativamente all'estensione delle indagini bancarie ai conti correnti dei soci, nel caso di specie al conto corrente personale del socio, nonché amministratore, M. - a ritenere giustificata detta estensione in virtù della considerazione che nel caso in esame risultava che il M. avesse versato sui propri conti denaro in contanti ed assegni, come documentato dall'Ufficio, precisamente, come indicato nella parte espositiva dello svolgimento del processo, Euro 160.000,00 in contanti ed Euro 80.000,00 in assegni.

18.4. Non può revocarsi in dubbio che detta circostanza, di per sì sola considerata, senza che in alcun modo sia stato spiegato il collegamento tra le somme riferite a versamenti in contanti e in assegni, transitate sul conto corrente personale del socio amministratore e l'attività della società in relazione all'oggetto sociale della stessa, non possa integrare le presunzioni gravi, precise e concordanti, richieste del D.P.R. n. 600 del 1973, citato art. 37, comma 3, perché possano essere imputati alla società contribuente, quale effettivo possessore per interposta persona, i redditi di cui appare essere titolare altro soggetto, nella fattispecie il socio amministratore.

18.5. La sentenza impugnata, nella statuizione impugnata, non avendo fatto corretta applicazione delle regole logico - giuridiche alla base del ragionamento inferenziale di cui alla norma citata ed all'art. 2729 c.c., è dunque incorsa nel vizio denunciato con il quinto motivo di ricorso. Essa risulta peraltro inficiata anche dal vizio d'insufficiente motivazione, oggetto di concorrente denuncia con il sesto motivo di ricorso, di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo applicabile ratione temporis, essendo stata la sentenza impugnata pubblicata in data 22 maggio 2012, stante l'evidente carenza logica dell'impianto argomentativo della pronuncia della CTR oggetto di ricorso per cassazione da parte della contribuente, che sulla base della sola circostanza sopra indicata, ha ritenuto potere affermare la riferibilità delle suddette movimentazioni ad operazioni fonte di reddito imponibile esclusivamente per la società di capitali, laddove quest'ultima - senza che la circostanza fosse stata oggetto di contestazione da parte dell'Ufficio, come è dato rilevare dalla copia degli atti del giudizio di merito allegati al ricorso per cassazione di cui all'indice foliario - aveva addotto che il M. era anche amministratore di altre due società di persone, come indicate nèi paragrafo seguente, ciò che avrebbe dovuto comportare quanto meno, in difetto della prova contraria di una più corretta imputazione, la necessità di ripartizione dei dati estratti dal conto corrente in proporzione al volume di affari di ciascun ente (cfr. Cass. 6-5, ord. primo febbraio 2016, n. 1898).

19. L'accoglimento dei suddetti motivi comporta, pertanto, la cassazione della sentenza della CTR del Lazio n. 125/37/12 impugnata dalla società con il ricorso iscritto a ruolo al n. RG 820/2013, con assorbimento dei restanti motivi, che hanno contestato ulteriormente il giudizio espresso dalla CTR, tanto sotto il profilo della violazione o falsa applicazione delle norme di diritto indicate sub 8, quanto in relazione alla concorrente denuncia d'insufficiente motivazione di cui sub 9, riguardo all'ulteriore affermazione, resa dalla sentenza impugnata, circa la mancata prova del fatto che il socio amministratore della società fosse anche il socio ed amministratore di altre due società di persone, precisamente la D.A.F.R.A. S.a.s. di M.D. e la Quattro Erre di M.L. & C. S.n.c..

20. Stante l'identità dei motivi di ricorso addotti a sostegno dell'impugnazione, iscritta a ruolo al n. RG 821/2913, proposta dalla società avverso la sentenza della CTR del Lazio n. 127/37/12 che, resa dal medesimo collegio in pari data alla precedente, ne ricalca pedissequamente l'impianto argomentativo, l'unica differenza essendo relativa all'entità delle movimentazioni bancarie ritenute dall'Ufficio carenti di giustificazione per l'anno 2004, ugualmente vanno rigettati i primi tre motivi di ricorso, dichiarato inammissibile il quarto per sopravvenuta carenza d'interesse, dovendo invece trovare il ricorso accoglimento in relazione al quinto e sesto motivo per le medesime ragioni sopra esposte in ordine al ricorso riguardante la precedente annualità d'imposta, restando assorbiti il settimo ed ottavo motivo.

21. Quanto al giudizio recante il n. RG 823/2013, riguardante l'impugnazione proposta dal M.L. in proprio quale socio avverso la sentenza della CTR del Lazio n. 128/37/12, con riferimento all'accertamento del maggior reddito da capitale imputatogli per l'anno 2003 in ragione della sua partecipazione alla società DA.FI. S.r.l. con il 75% del capitale sociale, i primi due motivi, del tutto analoghi a quelli proposti nelle cause relative all'accertamento societario per la stessa annualità d'imposta, vanno rigettati per le medesime ragioni esposte nei precedenti paragrafi 14 e 15.

22. Il terzo motivo, col quale il ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2, ultimo periodo, in relazione alla statuita legittimità dell'avviso di accertamento, motivato per relationem all'avviso di accertamento notificato alla società per la stessa annualità d'imposta, è infondato e va rigettato.

La statuizione della CTR ha ritenuto che non viziasse l'atto impositivo notificato al contribuente in proprio la mancata allegazione al medesimo del correlativo avviso di accertamento notificato alla società, ricevuto dallo stesso M.L. quale amministratore della società medesima, dovendo ritenersi pienamente conosciuti dallo stesso i presupposti di fatto e le ragioni di diritto concernenti la pretesa avanzata nei confronti della società, cui conseguiva l'imputazione al M. di maggior reddito da capitale rispetto a quello dichiarato per effetto della presunzione di distribuzione tra i soci degli utili extracontabili.

La sentenza impugnata risulta, pertanto, in linea con i principi espressi dalla giurisprudenza di questa Corte in materia, secondo cui "(i)n materia di accertamento tributario di un maggior reddito nei confronti di una società di capitali, organizzata nella forma della società a responsabilità limitata ed avente ristretta base partecipativa, e di accertamento consequenziale nei confronti dei soci, l'obbligo di motivazione degli atti impositivi notificati ai soci è soddisfatto anche mediante rinvio "per relationem" alla motivazione dell'avviso di accertamento riguardante i maggiori redditi percepiti dalla società, ancorchè solo a quest'ultima notificato, giacché il socio, ex art. 2476 c.c., ha il potere di consultare la documentazione relativa alla società e, quindi, di prendere visione dell'accertamento presupposto e dei suoi documenti giustificativi" (cfr. Cass. sez. 5, ord. 2 ottobre 2020, n. 24126; Cass. sez. 6-5, ord. 28 giugno 2019, n. 17463; Cass. sez. 5, Cass. sez. 6-5, ord. 4 giugno 2018, n. 14275).

23. Il quarto motivo, con il quale il ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 2697, 2727, 2729 e 2909 c.c., del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42 (recte art. 45) comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 42 e dell'art. 53 Cost., in relazione alla statuita ammissibilità e legittimità della presunzione di distribuzione ai soci dei pretesi utili extracontabili accertati a carico della società da loro partecipata, anche in mancanza della definitività e certezza dell'atto impositivo notificato alla società per il medesimo anno d'imposta, va invece accolto nei termini conseguenti all'accoglimento del quinto motivo di ricorso nella causa relativa all'accertamento notificato alla società per lo stesso anno d'imposta 2003 (v. supra, par. 18 della presente decisione) stante la ritenuta carenza, sul piano logico-giuridico, del ragionamento inferenziale relativo all'accertamento presuntivo riguardo ai maggiori ricavi e dunque al maggior reddito imponibile assunti come conseguiti dalla società per il predetto anno d'imposta.

24. Il quinto motivo resta assorbito per effetto dell'accoglimento del motivo precedente.

25. Ad esito del tutto conforme a quello espresso riguardo al ricorso iscritto al n. RG 823/2013 la Corte perviene quindi nello scrutinio del ricorso iscritto a ruolo al n. RG 826/2013 vertente sul ricorso, basato su motivi identici a quelli proposti a sostegno del precedente giudizio, in forza delle medesime ragioni esposte nei precedenti paragrafi dal n. 21 al n. 24, qui espressamente richiamate.

26. Va, infine - previo rigetto delle eccezioni preliminari d'inammissibilità per tardività del ricorso erariale e per difetto di autosufficienza sollevate dalla controricorrente - accolto il ricorso proposto dall'Agenzia delle entrate nei confronti della socia M.D. avverso la sentenza della CTR del Lazio n. 132/37/12, depositata il 29 maggio 2003, con la quale era respinto l'appello dell'Ufficio avverso la sentenza di primo grado della CTP di Roma n. 165/39/2010, che aveva accolto il ricorso della contribuente avverso l'avviso di accertamento notificatole sul presupposto del conseguimento di maggior reddito di capitale rispetto a quello dichiarato per l'anno 2003, in ragione della sua partecipazione per la quota del 25% del capitale sociale della DA.FI. S.r.l., per effetto dell'accertamento notificato alla società medesima per lo stesso anno d'imposta.

26.1. Nella fattispecie in esame, infatti, in cui il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado è stato notificato in data 20 aprile 2009, trova, infatti, applicazione, l'art. 327 c.p.c., nella sua originaria formulazione, applicandosi il c.d. termine lungo di un anno, cui va aggiunto il periodo di sospensione feriale allora di 46 giorni (dal primo agosto al 15 settembre), secondo la L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, nella sua originaria formulazione, quale applicabile ratione temporis.

Essendo stata la sentenza impugnata depositata il 29 maggio 2012, il termine ultimo per la proposizione del ricorso per cassazione scadeva quindi il 14 luglio 2013, che, cadendo però di domenica, è prorogato, ex art. 155 c.p.c., comma 3, al primo giorno successivo non festivo, cioè nel caso di specie al 15 luglio 2013, giorno in cui è stato spedito il ricorso per la notifica.

26.2. Contrariamente a quanto esposto dalla controricorrente, il ricorso erariale contiene una sufficiente esposizione dei fatti di causa, anche con riferimento all'avviso di accertamento riprodotto in allegato al ricorso (doc. n. 4).

26.3. Ciò premesso, l'unico motivo di ricorso (v. supra par. 13) è, infatti, fondato e come tale meritevole di accoglimento.

La sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto non bastevole a giustificare l'accertamento nei confronti della contribuente la presunzione di distribuzione degli utili extrabilancio fondata sulla ristretta base partecipativa della società di capitali in forza del vincolo di complicità che lega i soci medesimi, ritenendo necessario l'espletamento di ulteriori indagini bancarie, si pone, infatti, in contrasto, con il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte in materia, secondo cui "\� legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti (cfr., tra le molte, Cass. sez. 5, ord. 24 giugno 2021, n. 18244; Cass. sez. 5, 18 ottobre 2017, n. 24534; Cass. sez. 5, 2 marzo 2011, n. 5076; Cass. sez. 5, 22 aprile 2009, n. 9519; Cass. sez. 5, 15 maggio 2003, n. 7564)", non essendo in ogni caso sufficiente ad integrare detta prova contraria la mera deduzione che l'esercizio sociale ufficiale si sia concluso con perdite contabili (Cass., 22 novembre 2017, n. 27778).

La sentenza impugnata va pertanto cassata in accoglimento del motivo di ricorso come proposto dall'Agenzia delle Entrate, avendo erroneamente affermato la necessità, al fine di sostenere la legittimità dell'accertamento, di ulteriori elementi, come nella specie affermato, quali le indagini bancarie.

27. In conclusione, vanno accolti nei rispettivi termini di cui in motivazione i ricorsi iscritti ai nn. RG 820/2013, 821/2013, 823/2013, 826/2013, nonché il ricorso iscritto al n. RG 18841/2013, in questa sede riuniti, con conseguente cassazione delle sentenze della Commissione tributaria regionale del Lazio ivi rispettivamente impugnate e rinvio dei giudizi riuniti alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per nuovo esame alla stregua dei principi di diritto sopra affermati.

Resta altresì demandata al giudice di rinvio la disciplina delle spese dei giudizi di legittimità qui riuniti.

P.Q.M.

Riuniti i giudizi nn. 821/2013, 823/2013, 826/2013 e 18841/2013 al giudizio n. 820/2013, accoglie i ricorsi riuniti nei rispettivi termini di cui in motivazione.

Cassa le sentenze impugnate in relazione ai rispettivi motivi di ricorso accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese dei giudizi riuniti di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2022

Registrati al nostro portale per accedere al motore di ricerca delle sentenze.

Registrati

Sentenze

Sentenze nel nostro database:
507,035

Cerca

Giudici

Giudici nel nostro database:
2,876

Cerca

Autorità

Tribunali nel nostro database:
331

Cerca

Sentenze.io 2023