Ordinanza del 30/01/2018 n. 2267 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Massime

IVA - CESSIONI NON IMPONIBILI - OPERAZIONI TRIANGOLARI - ACCORDI CONTRATTUALI - NATURA TRIANGOLARE - INTERPRETAZIONE EX ART 1363 CC DELLE CLAUSOLE CONTRATTUALI

In tema di interpretazione del contratto, a norma dell'art. 1363 c.c., secondo cui le clausole si interpretano le une per mezzo delle altre attribuendo a ciascuna il senso risultante dal complesso dell'atto, il giudice non può arrestarsi ad una considerazione atomistica delle singole clausole, neppure quando la loro interpretazione possa essere compiuta, senza incertezze, sulla base del "senso letterale delle parole", poiché anche questo va necessariamente riferito all'intero testo della dichiarazione negoziale, sicché le varie espressioni che in esso figurano vanno tra loro coordinate e ricondotte ad armonica unità e concordanza. Nella fattispecie, la violazione della regola secondo cui "le clausole si interpretano le une per mezzo delle altri" ricorre con riferimento alla clausola "Take or Pay", in quanto considerata isolatamente e non nel sistematico contesto delle previsioni contrattuali e, di seguito, qualificata come clausola penale in assenza di adeguata indagine del ruolo assunto dal soggetto tenuto al pagamento delle somme nell'ambito del complessivo rapporto contrattuale. Pertanto, il ricorso al criterio del comportamento "complessivo" delle parti, ai sensi dell'art. 1362, secondo comma, c.c. è possibile solo quando quelli letterale e del collegamento logico tra le varie clausole si rivelino inadeguati all'accertamento della comune volontà delle parti.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.


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In tema di determinazione dell'imposta di registro, in caso di pluralità di atti non contestuali va attribuita preminenza, in applicazione dell'art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, alla causa reale dell'operazione economica rispetto alle forme negoziali adoperate dalle parti, sicché, ai fini della individuazione del corretto trattamento fiscale, è possibile valutare, ai sensi dell'art. 1362, secondo comma, cod. civ., circostanze ed elementi di fatto diversi da quelli emergenti dal tenore letterale delle previsioni contrattuali. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha riformato la sentenza impugnata che, con riferimento alla complessiva operazione esaminata, - consistita in una costituzione di società con conferimento di azienda e successiva integrale cessione delle sue quote - qualificata dal fisco come cessione di azienda, aveva ritenuto preclusa un'interpretazione fondata anche su elementi extratestuali in virtù della considerazione che l'imposta di registro è imposta d'atto). Massima tratta dal CED della Cassazione.

Rispetto alla determinazione della natura giuridica di un contratto e al suo inquadramento in uno piuttosto che in altro schema negoziale, non assume rilievo decisivo il "nomen iuris" eventualmente adottato dalle parti, dovendo la qualificazione "giuridica" essere effettuata sulla base di quanto disposto dalla legge e, quindi, in termini rigorosamente obbiettivi e del tutto distaccati dalla volonta' privata. Tuttavia detta "qualificazione" trova il suo ineliminabile presupposto nell'accertamento della "comune intenzione" delle parti, secondo i criteri stabiliti dagli artt. 1362 e segg. cod.civ. e, se del caso, anche da elementi estrinseci all'atto considerato, ovvero da situazioni complesse, caratterizzate dal collegamento di piu' fattispecie negoziali. Pertanto deve escludersi che l'amministrazione finanziaria possa (ri)determinare la natura di un contratto, prescindendo dalla volonta' concretamente manifestata dalle parti e magari in contrasto con essa.(*) ----- (*) Massima tratta dal CED della Cassazione.

In tema di imposta di registro, il principio per cui l'interpretazione dell'atto da tassare, pur dovendo essere condotta nel rispetto delle ordinarie regole di ermeneutica, non puo' tener conto di dati extratestuali, non implica debba essere seguito un modo di interpretazione meramente oggettivo, giacche' il contenuto intrinseco del negozio va egualmente determinato secondo le regole suddette, individuando l'intento effettivo delle parti, e quindi il mutamento giuridico dalle stesse perseguito, alla stregua dell'intera dichiarazione negoziale e ponendo in relazione fra loro le varie clausole e proposizioni dell'enunciato.

Ai sensi dell'art. 8 della previgente L. Registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269), corrispondente all'art. 19 di quella vigente (d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 634), l'atto deve essere tassato in base alla sua intrinseca natura ed agli effetti (sebbene non corrispondenti al titolo ed alla forma apparenti), da individuare mediante una valutazione globale dei patti negoziali secondo le regole generali di ermeneutica contrattuale, con esclusione degli elementi estinsechi desumibili aliunde e con irrilevanza degli eventuali socpi ulteriori indirettamente perseguiti; in relazione a detto criterio, siffatta indagine deve riguardare unicamente il contenuto dell'atto quale risulta essere nella sua realta' effettuale e non solo verbale, mentre la ricerca trascendente il titolo e la forma apparenti e' giustificata in quanto negozio sia configurabile un contrasto tra il documento ed il reale negozio voluto dalle parti (nella specie: il supremo collegio, enunciando il surriportato principio, ha ritenuto correttamente esclusa dalla decisione impugnata la ravvisabilita' in una dichiarazione unilaterale di recesso da una societa', ai fini della tassazione con l'imposta di registro, anche della cessione di una quota sociale).

L'art. 22 del d.p.r. 131/1986 dispone che se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell'atto che contiene la enunciazione, l'imposta si applica anche alle disposizioni enunciate. Dunque, la tassazione per enunciazione ha, quale presupposto, l'indicazione, nell'atto soggetto a registrazione, di tutti gli elementi, natura e contenuto, del rapporto giuridico tra le parti, tanto nel caso in cui venga stipulato in forma scritta, quanto in quella orale, con la conseguenza che, ai fini della tassazione, è insufficiente un generico rinvio ad un rapporto tra le stesse parti non denunziato, essendo necessario che le circostanze enunciate siano sufficienti in sì a dare certezza di quel rapporto giuridico, senza ricorrere ad elementi non contenuti nell'atto (Cass. civ. Sez. VI - 5 Ord., 13/11/2020, n. 25706). Stando poi all'interpretazione letterale della norma, l'atto enunciato non sconta l'imposta di registro se non sussiste il requisito dell'identità delle parti (Cass. Civ., V, 4 agosto 2020, n. 16662).

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