Sentenza del 02/02/2018 n. 2565 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Massime

IMPOSTA DI REGISTRO - BONUS PRIMA CASA - IMMOBILI IN CONCRETO NON SUSCETTIBILI DI POTER ESSERE ABITAZIONE

Il bonus prima casa è previsto per tutti gli acquirenti che non vantano possessi di immobili destinati a diventare abitazione principale: sia dal punto di vista oggettivo (effettiva idoneità all'abitabilità), sia dal punto di vista soggettivo (inidoneità per caratteristiche). Quindi, il possesso di un'altra casa non destinata a diventare l'abitazione di famiglia in quanto inidonea a tal fine, non sarà di ostacolo alla fruizione della suddetta agevolazione. Nella fattispecie, l'Agenzia delle Entrate notificava ad una coppia di coniugi due avvisi di accertamento con i quali contestava la decadenza dalle agevolazioni prima casa, e quindi recuperava la differente maggiore imposta. Secondo l'Ufficio, i contribuenti avevano acquistato in precedenza un altro immobile, destinato pure ad abitazione familiare, con la conseguenza che non potevano usufruire di una seconda agevolazione. I provvedimenti venivano impugnati lamentando che in occasione del primo acquisto non era stata utilizzata l'agevolazione prima casa, in quanto l'immobile era privo dei requisiti di abitabilità. I presupposti per ottenere l'agevolazione prima casa consistono nel: a) non essere titolare dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l'immobile da acquistare; b) non vantare i medesimi diritti su altra casa acquistata dallo stesso soggetto oppure dal coniuge, con le agevolazioni. Tuttavia, è possibile usufruire del suddetto beneficio, anche se si possiede già un altro immobile nello stesso Comune. In sostanza, in tema di agevolazioni prima casa, "l'idoneità" della casa di abitazione pre-posseduta va valutata sia in senso oggettivo (effettiva inabitabilità), che in senso soggettivo (fabbricato inadeguato per dimensioni o caratteristiche qualitative), nel senso che ricorre l'applicazione del beneficio anche all'ipotesi di disponibilità di un alloggio che non sia concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche complessive, a soddisfare le esigenze abitative dell'interessato.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

Ai fini del diritto al rimborso dell'IVA, ai sensi dell'art. 30, comma 3, lettera c), D.P.R. n. 633 del 1972, corrisposta per l'acquisto dei beni strumentali all'attività di impresa, è irrilevante se i relativi costi ammortizzabili siano stati sostenuti per opere eseguite su terreno concesso in comodato da terzi, non autonomamente funzionali o asportabili al termine del periodo contrattualmente stabilito, per essere al contrario decisivo che si tratti di spese per opere destinate all'esercizio dell'attività d'impresa. Nella fattispecie, l'Agenzia delle Entrate notificava ad una s.a.s., che aveva eseguito opere edilizie presso un villaggio turistico insistente su terreno concesso in comodato da un terzo proprietario, un avviso d'accertamento con cui veniva effettuato il recupero del rimborso IVA richiesto ai sensi dell'art. 30, comma 3, lettera c), del D.P.R. n. 633/1972. Nello specifico, l'Ufficio riteneva che gli interventi edilizi costituissero spese incrementative su beni di terzi, da iscrivere alla voce altre immobilizzazioni immateriali, non separabili nè suscettibili di autonoma utilizzabilità. In linea generale, in materia d'IVA, in virtù del principio fondamentale di neutralità, il contribuente può portare in detrazione l'imposta assolta sulle spese di ristrutturazione dell'immobile destinato all'esercizio dell'attività d'impresa, anche se non ne è proprietario, ma conduttore o comodatario, essendo irrilevanti la disciplina civilistica e gli accordi intercorsi tra le parti. Pertanto, anche se il bene strumentale manchi di autonoma funzionalità e non possa essere rimosso dal comodatario, prospettare che il trasferimento ad altro soggetto (al comodante del terreno) dei benefici derivanti dal bene strumentale escluda la natura di bene ammortizzabile costituisce un erroneo presupposto logico, per cui è da riconoscere il diritto al rimborso dell'imposta sulle spese sostenute per l'acquisto di tali beni, risultando incontestato nel caso di specie che le opere edilizie eseguite per l'adeguamento del villaggio turistico gestito dalla società ricorrente su terreno di un terzo proprietario fossero strumentali e inerenti all'attività economica esercitata dalla società stessa.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

In materia di esenzione ICI/IMU ex art. 7 lett. i) d.lgs. n. 504/92 la Commissione UE, con decisione del 19 dicembre 2012, nel valutare se possa essere considerata aiuto di Stato in violazione del diritto dell'Unione (art. 107, paragrafo 1, del Trattato), ha precisato che "anche un ente senza fine di lucro può svolgere attività economica" cioè offrire beni o servizi sul mercato: in altre parole, la finalità sociale perseguita non è sufficiente ad escludere la natura economica all'attività esercitata, essendo necessario, per escludere tale carattere e rendere legittima l'esenzione, che l'attività stessa sia svolta a titolo gratuito ovvero dietro versamento di un compenso. Le pronunce della Suprema Corte successive a tale decisione, affermano la compatibilità dell'esenzione con il divieto di aiuti di Stato, fissato dalla normativa unionale, soltanto qualora abbia ad oggetto immobili destinati allo svolgimento di attività non economica, e l'attività sia svolta a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un corrispettivo simbolico.Nel caso di specie trattasi di struttura facente parte di un "Collegio" in possesso del requisito di natura soggettiva ("l'immobile deve essere utilizzato da un Ente non commerciale di cui all'art. 73, comma 1, lett. c) del d.P. R. n. 917/87") e destinato a strutture sportive in uso esclusivo e gratuito ai seminaristi. La Corte respingendo l'appello del Comune di Roma, ha statuito che già la confermata decisione di primo grado, nell'accogliere la tesi del ricorrente Collegio, aveva precisato che si rendeva necessario accertare se l'attività svolta nell'immobile era da qualificarsi non economica nel senso che veniva svolta a titolo gratuito e che non poteva chiedersi al ricorrente una prova negativa circa il carattere non economico dell'attività ben potendo l'Ufficio portare elementi a dimostrazione dell'uso delle strutture da parte di terzi a pagamento, prova invece mancante. La Corte ha ulteriormente statuito che l'immobile di cui trattasi rientrava in un più vasto complesso immobiliare, di proprietà dello stesso Collegio, in relazione al quale il Comune aveva riconosciuto l'applicabilità dell'esenzione, stante la destinazione degli immobili in questione a scopi di culto o di formazione del clero, e mancando in atti qualsiasi elemento, anche indiziante, che possa far dubitare in merito alla destinazione dichiarata dal contribuente nel ricorso introduttivo, non potendo, conseguentemente, il contribuente essere onerato della dimostrazione di un dato negativo, ossia di non svolgere un'attività commerciale. (G.T.).

Riferimenti normativi: ex art. 7 lett. i) d.lgs. n. 504/92, art. 73, comma 1, lett. c) del d.P. R. n. 917/87), art. 107, paragrafo 1, del Trattato"UE.

Riferimenti giurisprudenziali: Cass. sent nn. 13970/2016; 22233/2019; 6795/2020; 24044/2022.

Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. l - parte prima, Tariffa allegata, subordina il riconoscimento del diritto all'agevolazione alla condizione che l'abitazione si trovi nei Comune di residenza oppure che la residenza venga trasferita nei Comune in cui si trova l'abitazione entro il termine di diciotto mesi dall'acquisto. Trattasi, quindi, di un elemento costitutivo della fattispecie. La disposizione è, peraltro, di favore perché permette al contribuente di vedersi riconosciuta l'agevolazione anche nel caso in cui, per i più diversi motivi l'immobile non possa essere ancora abitato, bastando, invece, per conservare il beneficio semplicemente trasferire la residenza nel Comune dove lo stesso è ubicato. La giurisprudenza della Corte (sentenze n. 1588/2018, 2527/2014) è costante nell'affermare che nessuna rilevanza ostativa può riconoscersi al mancato completamento dei lavori di ristrutturazione e che, quindi, i benefici fiscali per l'acquisto della prima casa spettano unicamente a chi possa dimostrare, in base ai dati anagrafici, di risiedere o lavorare nel comune dove ha acquistato l'immobile, senza che a tal fine possano avere rilevanza la residenza di fatto o altre situazioni contrastanti con le risultanze dello stato civile).

In tema di imposta di registro, affinché si possa usufruire dell'agevolazione "prima casa", tra le altre condizioni, in particolare, è necessario che il titolare non debba risultare titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti reali di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare. Al riguardo, l'attribuzione al coniuge, da parte del contribuente, dell'uso della casa coniugale in adempimento di una condizione inserita nell'atto di separazione, non fa perdere il diritto di proprietà, non costituendo alienazione dell'immobile, bensì una modalità di utilizzazione dello stesso per la migliore sistemazione dei rapporti fra i coniugi in vista della cessazione della loro convivenza, con la conseguenza che il contribuente non può usufruire della suddetta agevolazione per l'acquisto nello stesso comune di altro immobile a sì destinato.

In tema di agevolazioni "prima casa", ai fini del mantenimento del beneficio, ex art. 1, Parte Prima, Nota II bis, lett. a), tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, è sufficiente trasferire la residenza nel Comune in cui è ubicata l'abitazione entro il termine di 18 mesi. Pertanto, il contribuente può vedersi riconosciuta l'agevolazione anche nel caso in cui la prima casa non possa essere ancora abitata perché l'affittuario tarda a rilasciare l'immobile ai fini del mantenimento del beneficio è sufficiente trasferire la residenza nel Comune in cui si trova l'abitazione entro il termine di legge. In materia di Imposta di registro la causa di forza maggiore che può giustificare la inottemperanza del contribuente all'onere di trasferire la propria residenza nel comune ove è situato l'immobile acquistato con l'agevolazione "prima casa", entro 18 mesi dall'acquisto, pur potendo riferirsi alla inutilizzabilità dell'immobile acquistato con detta agevolazione, deve tuttavia essere caratterizzata dei requisiti delle non imputabilità al contribuente, della necessità e della imprevedibilità. Il riconoscimento del diritto all'agevolazione ex art. 1, Parte Prima, Nota II bis, lett. a), tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, è subordinato alla condizione che l'abitazione si trovi nel comune di residenza, oppure che la residenza venga trasferita nel comune in cui si trova l'abitazione entro il termine di diciotto mesi dall'acquisto. Il contribuente, peraltro, rilevato che la richiama disposizione è di favore, può vedersi riconosciuta l'agevolazione anche nel caso in cui la prima casa non possa essere ancora abitata, in quanto ai fini della conservazione del beneficio è sufficiente il trasferimento della residenza nel comune ove la stessa è ubicata. Ne consegue la irrilevanza, in relazione alla revoca del beneficio, dell'allegazione di una causa di forza maggiore che ha impedito al contribuente di abitare l'immobile destinato a prima casa entro diciotto mesi dall'acquisto. Il riconoscimento del diritto all'agevolazione ex art. 1, Parte Prima, Nota II bis, lett. a), tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, è subordinato alla condizione che l'abitazione si trovi nel comune di residenza, oppure che la residenza venga trasferita nel comune in cui si trova l'abitazione entro il termine di diciotto mesi dall'acquisto. Il contribuente, peraltro, rilevato che la richiama disposizione è di favore, può vedersi riconosciuta l'agevolazione anche nel caso in cui la prima casa non possa essere ancora abitata, in quanto ai fini della conservazione del beneficio è sufficiente il trasferimento della residenza nel comune ove la stessa è ubicata. Ne consegue la irrilevanza, in relazione alla revoca del beneficio, dell'allegazione di una causa di forza maggiore che ha impedito al contribuente di abitare l'immobile destinato a prima casa entro diciotto mesi dall'acquisto. Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

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