Sentenza del 30/06/2016 n. 13387 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Massime

IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE GIURIDICHE IRPEG - DETERMINAZIONE - OPERAZIONI CON SOCIETÀ ESTERA INFRAGRUPPO CD "TRANSFER PRICING" - MUTUO GRATUITO - COM7"ART 110 COMMA 7 DEL DPR N 917 DEL 1986 - APPLICABILITÀ - FONDAMENTO

In tema di reddito d'impresa, la stipula di un mutuo gratuito tra una società controllante residente e una controllata estera soggiace all'art. 76, comma 5 (ora 110, comma 7), del d.P.R. n. 917 del 1986, finalizzato alla repressione del cd. "transfer pricing", che deve trovare applicazione non solo quando il prezzo pattuito sia inferiore a quello mediamente praticato nel comporto economico di riferimento, ma anche quando sia nullo, atteso che pure in tale ipotesi, peraltro maggiormente elusiva, si realizza un indebito trasferimento di ricchezza imponibile verso uno Stato estero, a cui l'ordinamento reagisce sostituendo il corrispettivo contrattuale nullo con il "valore normale" dell'operazione, costituito in caso di prestito di una somma di danaro dagli interessi al tasso di mercato.

(Massima tratta dal CED della Cassazione)


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In tema di reddito d'impresa, la disciplina del "transfer pricing" prevista dall'art. 110 del d.P.R. n. 917 del 1986 (nella formulazione applicabile "ratione temporis"), opera anche nell'ipotesi di prestito ad una società del gruppo, fattispecie nella quale, essendo il costo rappresentato dal saggio di interesse, questo deve essere determinato in relazione al prezzo normale di mercato, ossia al tasso mediamente praticato nel tempo e nel luogo dell'operazione.

In materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione normativa, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d'imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, la cui ricorrenza deve essere provata dal contribuente. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto elusiva l'operazione con la quale una società estera aveva venduto, alla propria partecipata di diritto italiano, un'altra società che aveva ricevuto per conferimento, senza pertanto sostenere oneri finanziari, in quanto finalizzata all'unico scopo di far gravare sulla acquirente interessi passivi tali da azzerare l'utile della società venduta realizzando, mediante l'aggiramento dell'art. 109, comma 9, lett. a), del d.P.R. n. 917 del 1986, la remunerazione dell'investimento con interessi attivi e non con dividendi).

Massima tratta dal CED della Cassazione

In tema di determinazione del reddito d'impresa, la normativa di cui all'art. 76, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986 (ora 110, comma 7), non integra una disciplina antielusiva in senso proprio, ma è finalizzata alla repressione del fenomeno economico del "transfer pricing" (spostamento d'imponibile fiscale a seguito di operazioni tra società appartenenti al medesimo gruppo e soggette a normative nazionali differenti) in sì considerato, sicché la prova gravante sull'Amministrazione finanziaria non riguarda la maggiore fiscalità nazionale o il concreto vantaggio fiscale conseguito dal contribuente, ma solo l'esistenza di transazioni, tra imprese collegate, ad un prezzo apparentemente inferiore a quello normale, incombendo, invece, sul contribuente, giusta le regole ordinarie di vicinanza della prova ex art. 2697 c.c. ed in materia di deduzioni fiscali, l'onere di dimostrare che tali transazioni siano intervenute per valori di mercato da considerarsi normali alla stregua di quanto specificamente previsto dall'art. 9, comma 3, del menzionato decreto. Massima tratta dal CED della Cassazione.

In tema di determinazione del reddito d'impresa, la disciplina di cui all'art. 76 (ora 110), comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986, finalizzata alla repressione del cd. "transfer pricing", costituisce una clausola antielusiva diretta ad evitare che all'interno del gruppo vengano effettuati trasferimenti di utili mediante l'applicazione di prezzi inferiori al valore normale dei beni ceduti, onde sottrarli alla tassazione in Italia a favore di tassazioni estere inferiori, per cui grava sull'Amministrazione l'onere di provare i presupposti dell'elusione fiscale e, dunque, la superiorit della fiscalità in Italia all'epoca dell'operazione rispetto a quella in vigore nel territorio dello Stato dell'impresa non residente.

Massima tratta dal CED della Cassazione

In tema di determinazione del reddito di impresa, non è deducibile la svalutazione dei crediti il cui inadempimento sia garantito anche con modalità diverse dalla stipula di un contratto di assicurazione, dovendosi intendere l'espressione credito coperto da "garanzia assicurativa", utilizzata dall'art. 71 (ora 106) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, non in senso restrittivo, nel suo significato tecnico giuridico, bensì in senso lato, quale credito rispetto al cui inadempimento il contribuente è comunque garantito con esclusione del relativo rischio. (Così statuendo, la S.C. ha riformato la sentenza impugnata che aveva ritenuto deducibile la svalutazione del credito agrario erogato dalla contribuente, ritenendolo non garantito, negando l'equiparabilità ad una copertura assicurativa della fideiussione prestata dalla sezione speciale del Fondo Interbancario, prevista dal comma 4 dell'ormai abrogato art. 45 del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385). Massima tratta dal CED della Cassazione.

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