Ordinanza del 30/01/2020 n. 2057 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 6

Massime

RICAVI PLUSVALENZE SOPRAVVENIENZE ATTIVE

In tema di determinazione del reddito d'impresa, l'art. 55 (oggi art. 88), comma 4, del TUIR che esclude debbano considerarsi sopravvenienze attive le rinunce ai crediti operate dai soci nei confronti della società, dovendo essere letto in correlazione con i successivi artt. 61, comma 5 (oggi 94, comma 6) e 66, comma 5 (oggi 101, comma 7), non vale ad alterare il regime fiscale del credito che costituisce oggetto di rinuncia, per cui, ove si tratti di crediti da lavoro autonomo del socio nei confronti della società, i quali, sebbene materialmente non incassati, siano, mediante la rinuncia, comunque conseguiti ed utilizzati, sussiste l'obbligo di sottoporne a tassazione il relativo ammontare, con applicazione, ai sensi dell'art. 25 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, della ritenuta fiscale, cui la società è tenuta quale sostituto d'imposta.

Massima tratta da il Fisco


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In tema di imposte sui redditi di capitale, in ragione di quanto previsto dagli artt. 88, comma 4-bis, 94, comma 6, 101, comma 5, TUIR a seguito delle modifiche di cui all'art. 13 legge 14 settembre 2015, n. 147, la rinuncia, operata da un socio nei confronti della società, al credito avente ad oggetto interessi maturati su finanziamenti erogati nei confronti di una società partecipata, non comporta l'obbligo di sottoporne a tassazione il relativo ammontare, con applicazione, ai sensi dell'art. 26, quinto comma, del D.P.R. n. 600 del 1973, della ritenuta fiscale, cui la società è tenuta quale sostituto d'imposta, avendo le nuove disposizioni rimediato all'asimmetria fiscale o salto d'imposta di cui al precedente regime. Infatti, alla luce del mutato quadro normativo, il valore fiscale del credito oggetto di rinuncia è stato posto in correlazione con la detassazione, ossia, in altri termini, a seguito della rinuncia, nello stesso tempo: il socio aumenta il costo della partecipazione solo nei limiti del valore fiscale del credito; la società beneficia di una sopravvenienza attiva non imponibile solo nei limiti di detto valore. Pertanto, la rinuncia di un credito avente valore fiscale pari a zero, come per i crediti legati ad un reddito tassato per cassa, non incrementa il valore fiscale della partecipazione. Di contro, detta rinuncia comporta la tassazione integrale della sopravvenienza attiva in capo alla società partecipata.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

L'art. 8, comma 2, DL 2 marzo 2012 n. 16, convertito dalla Legge 26 aprile 2012, n. 44, per cui non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, avente portata retroattiva, in quanto più favorevole del previgente art. 14, comma 4 bis, della Legge n. 537 del 1993 nonché nell'art. 37 ultimo comma del DPR 600/1973, in base al quale le persone interposte, che provino di aver pagato imposte in relazione a redditi successivamente imputati, a norma del comma terzo, ad altro contribuente, possono chiederne il rimborso, comporta che, la riconosciuta estraneità del bene all'attività commerciale dell'imprenditore, se importa l'indeducibilità dei relativi costi, deve di conseguenza includere l'esclusione dal reddito di impresa dei corrispondenti componenti positivi derivanti dall'utilizzo di quel bene. Nel caso di specie, l'imbarcazione oggetto di contratto, sulla base di quanto accertato, non poteva considerarsi effettivamente prestata alla società e alla sua attività di impresa, essendo stata destinata all'uso personale dei soci. Pertanto, non trova applicazione nella fattispecie l'art. 37 bis comma 2, DPR 600/1973, secondo cui le imposte determinate in base alle disposizioni eluse sono dovute al netto delle imposte dovute per effetto del comportamento inopponibile all'amministrazione.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

La presunzione di cui all'art. 32 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, secondo cui sia i prelevamenti sia i versamenti operati sui conti correnti bancari, non annotati contabilmente, vanno imputati ai ricavi conseguiti, nella propria attività, dal contribuente che non ne dimostri l'inclusione nella base imponibile oppure l'estraneità alla produzione del reddito, si riferisce ai soli imprenditori e non anche ai lavoratori autonomi o professionisti intellettuali, essendo venuta meno, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 2014, la modifica della citata disposizione, apportata dall'art. 1, comma 402 della L. 30 dicembre 2004 n. 311, sicché non è più sostenibile l'equiparazione, ai fini della presunzione, tra attività d'impresa e professionale per gli anni anteriori. Ne consegue, quindi, che anche in assenza di dimostrazione da parte del contribuente i versamenti e/o prelevamenti non giustificati non possano essere considerati reddito da attività professionale.

In tema di imposte sui redditi, gli interessi per dilazione di pagamento, effettuata in favore di soggetto non residente nel territorio dello Stato e privo di stabile organizzazione in Italia, anche ove non si traducano in reddito di capitale, ma d'impresa, vanno assoggettati a ritenuta a titolo d'imposta, ai sensi dell'art. 26, comma 5, del d.P.R. n. 600 del 1973, sia nel testo anteriore alla sostituzione operata dal d.lgs. n. 461 del 1997, sia in quello successivo applicabile "ratione temporis", non rilevando, in contrario, nè l'art. 6, comma 2, nè l'art. 20 (ora 23), comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 917 del 1986, - che prevedono, rispettivamente, che gli interessi per dilazione di pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i crediti su cui sono maturati e che si considerano prodotti nel territorio dello Stato, ai fini dell'applicazione dell'imposta nei confronti dei non residenti, i redditi d'impresa derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni - atteso che l'art. 112 (ora 151), comma 1, del citato d.P.R. n. 917 del 1986 sancisce il principio in base al quale i redditi delle persone giuridiche non residenti assoggettati a ritenuta alla fonte o ad imposta sostitutiva si sottraggono, come per ogni altra categoria di soggetti, alla regola secondo cui sono imponibili in Italia unicamente i redditi prodotti nel territorio dello Stato. Massima redatta a cura del CED della Cassazione

In tema di determinazione del reddito d'impresa, l'art. 55 (oggi art. 88), quarto comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito in legge 26 febbraio 1994, n. 133, che esclude debbano considerarsi sopravvenienze attive le rinunce ai crediti operate dai soci nei confronti della società, dovendo essere letto in correlazione con i successivi artt. 61, quinto comma (oggi 94, sesto comma) e 66, quinto comma (oggi 101, settimo comma), non vale ad alterare il regime fiscale del credito che costituisce oggetto di rinuncia, per cui, ove si tratti di crediti da lavoro autonomo del socio nei confronti della società, i quali, sebbene materialmente non incassati, siano, mediante la rinuncia, comunque conseguiti ed utilizzati, sussiste l'obbligo di sottoporne a tassazione il relativo ammontare, con applicazione, ai sensi dell'art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, della ritenuta fiscale, cui la società è tenuta quale sostituto d'imposta. Massima tratta dal CED della Cassazione.

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