Ordinanza del 23/12/2020 n. 29346 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Massime

ACCERTAMENTO - CESSIONE DI AZIENDA - RENDITA VITALIZIA - PLUSVALENZA TASSABILE

La cessione di azienda con costituzione di una rendita vitalizia in favore del cedente determina, a beneficio dello stesso, una plusvalenza tassabile per il fatto che presenta un valore economico accertabile sulla base di calcoli attuariali, sicché l'erogazione della rendita rappresenta il corrispettivo per l'acquisto dell'azienda e non un costo deducibile dal reddito di impresa. Inoltre, non sussiste un rischio di doppia imposizione essendo la rendita assimilabile ai fini fiscali al reddito di lavoro dipendente. Nel caso di specie, la rendita vitalizia quale corrispettivo della cessione di una farmacia, costituisce un passaggio per l'inizio dell'attività imprenditoriale e quindi può configurare un costo solo dopo l'acquisto dell'azienda. Pertanto, essa può rilevare esclusivamente secondo il regime proprio del valore di avviamento previa iscrizione all'attivo di bilancio con il relativo ammortamento.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.


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Ai sensi dell'art 1872 del codice civile, può essere costituita una rendita vitalizia a titolo oneroso, mediante alienazione di un bene, assumendo essa la funzione di corrispettivo di un'alienazione patrimoniale e in tale fattispecie vanno comprese anche le ipotesi di cessione di azienda. In capo al cedente può configurarsi una plusvalenza tassabile che, pur con elementi di aleatorieta', presenta purtuttavia un valore economico accertabile in base a calcoli attuariali riconosciuti anche in ambito fiscale. D'altra parte in tema di imposte sui redditi è configurabile una plusvalenza tassabile anche nel caso di cessione a titolo oneroso di azienda (nella specie una farmacia) a fronte della costituzione di una rendita vitalizia ed in senso contrario non può essere addotto il rischio di doppia imposizione poiché la rendita vitalizia è assimilabile, ai fini fiscali, al reddito di lavoro dipendente. Inoltre, per quanto concerne il regime fiscale posto a carico del cessionario l'ammontare della rendita vitalizia assunto a corrispettivo, ancorchè dilazionato della cessione stessa, non costituisce ex art. 109 TUIR, costo di gestione deducibile trovando esaustiva rilevanza fiscale quale onere non già di esercizio bensì di acquisizione dell'azienda, così da rilevare esclusivamente secondo il regime proprio del valore di avviamento previa iscrizione all'attivo di bilancio nei limiti del costo di acquisizione e del suo ammortamento.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

In tema di imposte sui redditi, è configurabile una plusvalenza tassabile anche nel caso di cessione di azienda (nella specie, una farmacia) con costituzione di una rendita vitalizia a favore del cedente, ai sensi dell'art. 1872 c.c., posto che essa può costituire il corrispettivo di un'alienazione patrimoniale che, pur assicurando una utilità aleatoria quanto all'ammontare concreto delle erogazioni che verranno eseguite, ha un valore economico agevolmente accertabile con riferimento a calcoli attuariali, secondo criteri riconosciuti dall'ordinamento giuridico; nè può essere considerato di ostacolo alla tassazione il rischio di doppia imposizione, essendo la rendita vitalizia assimilabile a fini fiscali al reddito da lavoro dipendente, in quanto il divieto di doppia imposizione scatta al momento della concreta liquidazione della seconda imposta e solo nel caso in cui l'Amministrazione ritenga di avere diritto a ricevere il doppio pagamento.

Massima tratta dal CED della Cassazione

In tema di imposta sui redditi, è configurabile una plusvalenza da avviamento commerciale tassabile anche nel caso di cessione a titolo oneroso di azienda (nella specie, una farmacia) a fronte della costituzione di una rendita vitalizia, posto che essa costituisce il corrispettivo di un'alienazione patrimoniale che, pur assicurando un'utilità aleatoria quanto all'ammontare concreto delle erogazioni che verranno eseguite, ha un valore economico accertabile mediante calcoli attuariali. Ne deriva, inoltre, l'imputazione per competenza del corrispettivo assumendo rilievo il momento di perfezionamento del contratto attesa la natura intrinsecamente onerosa dell'atto traslativo.

Massima tratta dal CED della Cassazione

In tema d'imposta sui redditi, in ipotesi di cessione d'azienda (o di un ramo di essa), la passività costituita dall'entità del trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato dei dipendenti trasferiti e/o dall'indennità di preavviso e suppletiva di clientela degli agenti, che matura come tale in capo al cedente e, con la stessa natura, è trasferita al cessionario, è ontologicamente diversa dall'avviamento, il cui valore costituisce un elemento patrimoniale attivo per il solo acquirente, trovando la sua causa genetica nella sua acquisizione a titolo oneroso. Ne consegue che a tale passività non può essere esteso il trattamento fiscale dell'avviamento e, quindi, il costo per essa sopportato non può essere oggetto di ammortamento, secondo le regole previste dall'art. 75 (ora 109) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Massima tratta dal CED della Cassazione

La vendita della totalità delle azioni o quote di società si configura come cessione di azienda, in quanto produce gli stessi effetti giuridici ed economici di tale negozio (Cassazione 11877/2017). E questo anche nel caso in cui non vi sia collegamento tra il prezzo di cessione delle partecipazioni e la possibile insorgenza di passività tali da incidere negativamente sul valore dell'azienda e del valore sociale. Per l'operazione non può dunque essere versata la sola imposta di registro in misura fissa (art. 11 della tariffa, parte i, allegata al DPR 131/1986), ma l'imposta di Registro proporzionale, trattandosi di un fenomeno giuridico unitario tendente ad attuare l'effetto della cessione del compendio aziendale.

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