Sentenza del 20/03/2023 n. 213 - Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell'Abruzzo Sezione/Collegio 2

Decisioni

  • 000668/2021 - FAVOREVOLE ALL' UFFICIO

Massime

LA REVOCAZIONE EX - COM4"ART 395 N 4 CPC È LA VIZIATA PERCEZIONE O FALSA SUPPOSIZIONE DELL'ESISTENZA O INESISTENZA DI UN FATTO SOSTANZIALE O PROCESSUALE NON CONTROVERSO TRA LE PARTI LA CUI ESISTENZA O INESISTENZA È INCONTESTABILMENTE ESCLUSA O POSITIVAMENTE STABILITA DAGLI ATTI O DOCUMENTI DELLA CAUSA

L'omesso esame di un fatto sostanziale o processuale può dare luogo ad un vizio di motivazione o alla violazione di norma processuale, ma non integra un errore revocatorio ai sensi dell'articolo 395, n. 4, c.p.c. che, viceversa, consiste nella viziata percezione o nella falsa supposizione (espressa e mai implicita) dell'esistenza o inesistenza di un fatto sostanziale o processuale, non controverso tra le parti, la cui esistenza o inesistenza è incontestabilmente esclusa o positivamente stabilita, dagli atti o documenti della causa (Cass., sez. 3, 26 maggio 2021, n. 14610). Costituisce, invece, ipotesi di revocazione quella per cui l'affermazione contenuta nella sentenza circa l'inesistenza, nei fascicoli processuali (d'ufficio o di parte), di documenti che, invece, risultino esservi incontestabilmente inseriti (in tal caso si trattava di fatture per costi ritenuti indeducibili per difetto di inerenza, non prodotti in giudizio secondo la C.T.R.); tale affermazione, infatti, non si concreta in un errore di giudizio, bensì in una mera svista di carattere materiale, costituente errore di fatto e, quindi, motivo di revocazione a norma dell'art. 395, n. 4, c.p.c., e non di ricorso per cassazione (Cass., sez. 5, 26 gennaio 2021, n. 1562).


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

L'errore revocatorio, di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c., consiste nella viziata percezione o nella falsa supposizione espressa dell'esistenza o inesistenza di un fatto sostanziale o processuale, non controverso tra le parti, la cui esistenza o inesistenza è incontrastabilmente esclusa o positivamente stabilita, dagli atti o documenti della causa. Il motivo di revocazione fatto valere in sede di giudizio può essere quello dell'errore di fatto, a norma dell'art. 395, n. 4, c.p.c.. L'errore di fatto costituisce un valido motivo di revocazione, quando risulta che la decisione impugnata sia fondata su una falsa percezione della realtà, su di una svista materiale dei giudici, tale da aver indotto il giudice ad affermare l'esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti o dai documenti di causa, ovvero l'inesistenza di un fatto decisivo positivamente accertato in essi e sempre che tale fatto non abbia costituito un punto controverso nel processo sul quale sia intervenuta una pronuncia. Nel caso di specie può, quindi, rilevarsi la fondatezza dei motivi di revocazione, considerando che la sentenza riconosce inequivocabilmente un accertamento delle Entrate conseguente ad una revisione massiva delle rendite catastali (art. 1, co. 335, L. n. 311/2004). Il contribuente, invece, deve essere edotto su quali siano i presupposti sui i quali si è fondata la revisione de qua. La Corte di Cassazione ha considerato sussistente il difetto di motivazione dell'atto di revisione catastale, in quanto essa non può limitarsi a contenere l'indicazione della consistenza, la categoria, la classe e la rendita catastale rettificata dall'Ufficio, senza indicare i criteri utilizzati, nel caso concreto, per effettuare le stime, le metodologie comparative e senza permettere al contribuente di far valere il diritto di difesa, costituzionalmente garantito (Cass., ord. n. 23248/2014). (Conf. Corte Cost. 249/17; Cass. 6593/15; 23248/14). (M.GA.).

Riferimenti normativi: art. 345, n. 4, c.p.c.; d.lgs. n. 546/1992, art. 64; l. n. 311/2004, co. 335, art. 1.

Riferimenti giurisprudenziali: Cass. 19524/11; 23248/14; 6593/15; 442/18; 3107/19; 22671/2019; 7766/2020; 14610/2021; Corte Cost. 249/17.

L'errore di fatto rilevante ai fini del giudizio di revocazione deve consistere in un abbaglio dei sensi o in una svista percettiva del tutto evidente ed immediatamente rilevabile dal confronto tra la sentenza revocanda e gli atti processuali. Il riferimento alla presentazione di una non precisata "istanza di rottamazione", di cui si censura l'omesso esame da parte dei Giudici, non rappresenta un vizio da cui possa discendere la revocazione della sentenza in assenza di specifico riferimento all'istituto definitorio utilizzato dal contribuente e al documento del fascicolo di causa da cui tale circostanza risulti. In ogni caso, anche laddove i Giudici abbiano errato nel non dichiarare l'estinzione del giudizio per intervenuta cessazione della materia del contendere, si tratterebbe di un error in iudicando, da far valere con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c. e non con la revocazione.
Parimenti, la menzione di avvenuta "discussione della causa" in caso di trattazione scritta secondo la disciplina emergenziale Covid non configura un errore di fatto giustificante la revocazione, ma, al più, ove effettivamente rilevante ai fini del mancato rispetto del contraddittorio tra le parti, un vizio da denunziare con ricorso per cassazione secondo l'art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c.

Riferimenti normativi: d.lgs. 546/92, artt. 64-67 e c.p.c., art. 395, n. 4)

Deve essere esclusa dal novero dell'errore di fatto rilevante ai fini della revocazione ogni valutazione od omessa valutazione sulla sussistenza di un (preteso) giudicato perché quest'ultimo - sia esso interno od esterno - costituisce la "regola del caso concreto" e partecipa della qualità dei comandi giuridici, sicché l'erronea presupposizione della sua inesistenza, equivalendo ad ignoranza della regula juris, rileva non quale errore di fatto, ma quale errore di diritto, essendo pertanto inidoneo, come tale, a integrare gli estremi dell'errore revocatorio contemplato dall'art. 395, n. 4, c.p.c.

Riferimenti normativi: art. 395, n. 4, c.p.c.

Riferimenti giurisprudenziali: Cass. n. 21639/2004; Cass. n. 23306/2016.

L'errore di fatto previsto dall'art. 395, n. 4, c.p.c., idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste in una falsa percezione della realtà o in una svista materiale che abbia portato ad affermare o supporre l'esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso oppure l'inesistenza di un fatto positivamente accertato dagli atti o documenti di causa, purché non cada su un punto controverso e non attenga a un'errata valutazione delle risultanze processuali. (Nella specie, la S.C. ha escluso che costituisca vizio revocatorio l'errata lettura del contenuto di fonti convenzionali regolatrici del rapporto tributario, con le quali siano riconosciuti al contribuente benefici ed esenzioni, in quanto oggetto di controversia e implicanti la valutazione del giudice).

CED, Cassazione, 2019

L'istanza di revocazione di una pronuncia della Corte di cassazione, proponibile ai sensi dell'art. 391-bis c.p.c., implica, ai fini della sua ammissibilità, un errore di fatto riconducibile all'art. 395, n. 4, c.p.c., che consiste in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l'esistenza (o l'inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso, su cui il giudice si sia pronunciato. L'errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l'altra dagli atti e documenti processuali, sempreché la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio, formatosi sulla base di una valutazione. (In applicazione del sopra esposto principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso ove è stata prospettata l'erronea affermazione dell'intervenuta prescrizione del diritto al recupero di dazi doganali, in ragione del fatto che gli errori indicati non riguardavano la percezione ma la valutazione, in fatto e in diritto, delle risultanze processuali).

Massima tratta dal CED della Cassazione

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