Sentenza del 02/04/2004 n. 6565 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio Sezione lavoro

Massime

ASSISTENZA E BENEFICENZA PUBBLICA - PRESTAZIONI ASSISTENZIALI - IN GENERE - CONTROVERSIE PROPOSTE DOPO IL 3 SETTEMBRE 1998 - LEGITTIMAZIONE PASSIVA DELL'INPS IN VIA ESCLUSIVA - SUSSISTENZA ACCERTAMENTO DELLO STATO INVALIDANTE IN VIA INCIDENTALE NEI CONFRONTI DI QUEST'ULTIMO - NECESSITA' - AZIONE DI MERO ACCERTAMENTO DELLO STATO DI INVALIDITA' CIVILE - INAMMISSIBILITA' - FATTISPECIE RELATIVA A CONTROVERSIA NON SOGGETTA "RATIONE TEMPORIS" ALLA DISCIPLINA DI CUI ALL'ART 42 DL N 269 DEL 2003

Nelle controversie proposte dopo il 3 settembre 1998 aventi ad oggetto il diritto a prestazioni assistenziali secondo la disciplina di cui all'art. 130 del D.Lgs. n. 112 del 1998, il soggetto legittimato passivamente e' l'INPS, nei cui confronti lo stato di invalidita' va accertato in via incidentale senza necessita' di promuovere un doppio giudizio (per l'accertamento delle condizioni sanitarie e per il conseguimento delle prestazioni); va invece esclusa, in base alla predetta disciplina, l'ammissibilita' di un'azione di mero accertamento dello stato di invalidita' civile, mentre nelle controversie in cui tale stato si configura come un presupposto logico, rispetto ai benefici (diversi dalle prestazioni economiche) richiesti dall'invalido, e' legittimato passivamente il soggetto obbligato per legge a soddisfare la specifica pretesa fatta valere dall'interessato. (Fattispecie relativa a controversia non soggetta, "ratione temporis", alla disciplina di cui all'art. 42 del D.L. n. 269 del 2003, convertito con modificazioni nella legge n. 326 del 2003, che ha previsto il litisconsorzio necessario del Ministero dell'economia e delle finanze nei procedimenti giurisdizionali concernenti l'invalidita' civile). *Massima tratta dal CED della Cassazione.


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

In applicazione dell'art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come sostituito dall'art. 12 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e' devoluta alla giurisdizione delle commissioni tributarie la controversia relativa all'impugnazione di una cartella di pagamento recante l'iscrizione a ruolo di contributi per il Servizio sanitario nazionale e delle relative sanzioni. La S.C., nell'affermare tale principio, ha riconosciuto la natura tributaria del contributo predetto, trattandosi di prestazione che non trova giustificazione ne' in una finalita' punitiva perseguita dal soggetto pubblico, ne' in un rapporto sinallagmatico tra la prestazione ed il beneficio ricevuto dal singolo, sussistendo tale imposizione anche se l'interessato, che pure ha il potenziale diritto ad ottenere l'assistenza sanitaria, non vi ricorre; ne consegue l'infondatezza della questione di costituzionalita', con riguardo agli artt. 25 e 102 Cost., non avendo la S.C. ritenuto superato il limite di non snaturare le materie attribuite alle commissioni tributarie, secondo il monito della Corte costituzionale nell'ordinanza n. 144 del 1998, tenuto conto della natura tributaria del contributo in questione. *Massima redatta dal Servizio di documentazione economica e tributaria.

In tema di contenzioso tributario, il rapporto di pregiudizialita' sussistente tra la controversia promossa avverso il provvedimento di attribuzione della rendita catastale ad un immobile da parte dell'Ufficio del Territorio e la controversia promossa avverso l'avviso di liquidazione dell'imposta, calcolata sulla base di detta rendita, emesso dal Comune (nella fattispecie, ICI), anche se abbia dato luogo all'opportuna riunione dei processi ed alla pronuncia di un'unica sentenza, non e' idoneo, in ragione del diverso ambito soggettivo - essendo il Comune carente di autonoma legittimazione nella causa relativa alla rendita catastale - ed oggettivo - essendo diversi i rapporti giuridici in contestazione e le "causae petendi" -, a rendere le controversie medesime inscindibili, comportando una situazione di mero litisconsorzio facoltativo improprio. Pertanto, l'omessa impugnazione in via principale, da parte dell'Ufficio del Territorio, della statuizione sulla controversia pregiudiziale, entro il termine di sessanta giorni stabilito dall'art. 51 del D.Lgs. n. 546 del 1992, comporta il passaggio in giudicato della statuizione medesima, senza che possa assumere rilievo in contrario, nel caso di proposizione dell'appello da parte del Comune, l'eventuale proposizione del gravame dell'Ufficio - da ritenere inammissibile per tardivita' - nel maggior termine prescritto per l'appello incidentale dall'art. 54 del citato D.Lgs. n. 546 del 1992. *Massima tratta dal CED della Cassazione.

Spetta al giudice tributario la giurisdizione in tema di IVA sugli spettacoli ai sensi dell'art. 2 del D.Lgs. n. 546 del 1992, anche alla luce del suo nuovo tenore testuale, a seguito dell'art. 12 legge 448 del 2001, la quale ha abbandonato il precedente criterio di collegamento con specifici tributi ed ha optato per la coincidenza della giurisdizione con l'intera area del contenzioso tributario, cio' indipendentemente dalla circostanza che tale imposta venga - o meno - riscossa insieme all'imposta sugli spettacoli. Infatti, il principio della "perpetuatio iurisdictionis", di cui l'art. 5 cod. proc. civ. e' espressione, rende irrilevanti, ai fini della giurisdizione, i mutamenti legislativi successivi alla proposizione della domanda, i quali operano solo nel caso in cui il sopravvenuto mutamento dello stato di diritto privi il giudice della giurisdizione che egli aveva quando la domanda e' stata introdotta, non gia' nel caso, inverso, in cui esso comporti l'attribuzione della giurisdizione al giudice che ne era inizialmente privo. Ne', nella materia , interferisce la disciplina di cui all'art. 38 d.P.R. n. 640 del 1972, che disciplina i ricorsi amministrativi contro gli atti relativi all'applicazione dell'imposta sugli spettacoli, atteso che l'art. 39 dello stesso d.P.R. n. 640, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 360 del 1994, consente al contribuente l'esperimento dell'azione giudiziaria, anche in mancanza di preventivo ricorso amministrativo. Massima tratta dal CED della Cassazione.

In materia di assistenza pubblica, la legge n. 448 del 1998 ha attribuito al Ministero del Tesoro la legittimazione processuale in tutte le controversie relative ai risultati della verifica della permanenza dei requisiti sanitari previsti nei confronti di titolari di trattamenti economici di invalidita' civile, ancorche' in tali controversie venga richiesta la condanna al ripristino dei benefici economici revocati, non assumendo al riguardo rilievo la circostanza che la revisione dei requisiti sanitari venga effettuata dalla commissione medica dell'unita' sanitaria locale e non gia' dalle commissioni mediche previste dall'art. 11 legge n. 537 del 1993 e dal regolamento emanato con D.P.R. n. 698 del 1994. In tali controversie (nel caso, di ripristino di indennita' di accompagnamento), il Ministero assume la veste di sostituto processuale ex art. 81 cod. proc. civ. del titolare del rapporto obbligatorio - da individuarsi nell'Inps o nelle Regioni ai sensi dell'art. 130 D.L.G. n. 112 del 1998 (richiamato anche dall'art. 80, commi settimo ed ottavo, legge n. 388 del 2000, che ha introdotto modifiche sul piano della ripartizione delle competenze in materia tra tali due enti) - e nei suoi confronti deve essere emessa la decisione, la quale fa tuttavia stato anche nei confronti del sostituito, che rimane la parte sostanziale del rapporto (e che, giusta la peculiare richiamata normativa, puo' intervenire nel processo, ma non anche subentrare al sostituto). Massima tratta dal CED della Cassazione.

Le controversie in materia di accertamenti sanitari dell'invalidita' civile espletati dalle competenti commissioni mediche appartengono al giudice ordinario, come espressamente previsto dall'art. 1, comma ottavo, della legge 15 ottobre 1990, n. 295, non solo quando il riconoscimento di tale qualita' e' funzionale all'erogazione delle prestazioni assistenziali di contenuto pecuniario (di cui alle leggi 30 marzo 1971, n. 118 e 11 febbraio 1980, n. 18), ma anche quando l'interessato deduca l'esistenza della propria condizione invalidante ai fini del collocamento obbligatorio a norma della legge 2 aprile 1968, n. 482 (la cui disciplina e' ora sostituita da quella recata dalla legge 12 marzo 1999, n. 68), e cio' stante la simmetrica corrispondenza dell'ambito della disposta attribuzione giurisdizionale con quello della competenza delle commissioni mediche, alle quali, ai sensi del comma primo del medesimo art. 1 della legge n. 295 del 1990 (e della successiva legislazione confermativa), e' devoluto l'accertamento della condizione di minorazione anche per usufruire di benefici diversi da quelli dell'attribuzione di pensioni, assegni o indennita', ed atteso che tale accertamento e' in ogni caso espressione di discrezionalita' tecnica e non amministrativa, essendo le dette commissioni prive di poteri autoritativi a cui possa contrapporsi un interesse legittimo del soggetto privato. * Massima tratta dal Ced della Cassazione.

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