Sentenza del 20/10/2022 n. 624 - Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell'Abruzzo Sezione/Collegio 6
Con sentenza n.112/1/2020 del 9.11.2020 e depositata l'11.5.2021 la CTP di Pescara respingeva il ricorso presentato da D. avverso l'avviso di accertamento n.x/2018 emesso dall'Ufficio Monopoli di Pescara e con il quale era stata recuperata a tassazione l'imposta Preu per l'anno 2014. Il contribuente ha proposto appello sulla base dei seguenti motivi: 1. illegittimità ed erroneità della sentenza nella parte in cui non viene considerata inutilizzabile il metodo induttivo alla luce dei dati certi e conseguente nullita' dell'accertamento o annullabilita': L'accertamento induttivo è ammissibile soltanto al verificarsi di gravi violazioni determinate dalla stessa legge, ma nel caso in esame, tali violazioni non sono state ne contestate nè tanto meno documentate dall'Ufficio. L'ufficio avrebbe potuto eseguire una rettifica contabile delle singole poste oppure effettuare un accertamento analitico induttivo, ma solo avvalendosi di presunzioni "gravi, precise e concordanti", necessarie per ricostruire i supposti compensi non dichiarati e non, come nel caso in esame, ricorrendo ad un "assioma" non dimostrato e privo di qualsiasi elemento oggettivo, limitandosi a presumere il maggior reddito e/o maggior ricavo annuo dell'attività (Cassazione, 19/12/2002, n. 18058). Nell'avviso di accertamento impugnato, come già detto, non vi è traccia delle c.d. presunzioni fornite dei requisiti di "gravita, precisione e concordanza". 2. illegittimità ed erroneità della sentenza nella parte in cui non viene considerata la nullità dell'atto per irregolarità dell'accertamento da parte della Guardia di Finanza di Vasto. In particolare le verifiche sono iniziate il 01.12.2014 e terminate in data 05.04.2018 (data di emissione del pvc da parte dell'ufficio Monopoli). I controlli, in pratica, si sono protratti addirittura per 1221 (milleduecentoventuno) giorni, quattro lunghissimi anni (inizio accertamento il 01/12/2014, fine verifica il 05/04/2018). Dunque, non v'è chi non veda che si sono protratte, senza tra l'altro alcuna richiesta di proroga, oltre i 30 giorni previsti per legge. Pertanto, dopo il 01.01.2015 (scadenza dei trenta giorni dall'inizio del controllo fiscale) le operazioni delle fiamme gialle e dell'ufficio dei monopoli, sono da considerarsi nulle ed inutilizzabili tutte le operazioni effettuate dai militari. 3. illegittimità ed erroneità della sentenza nella parte in cui non viene considerata la nullità dell'avviso di accertamento in quanto non preceduto da una preventiva richiesta al contribuente di chiarimenti da parte dell'agenzia dogane monopoli. 4. illegittimità ed erroneità della sentenza nella parte in cui il D. viene condannato alle spese di giudizio in favore dall'agenzia dogane e monopoli, costituitosi con un proprio funzionario. Ha chiesto pertanto la riforma dell'impugnata sentenza, con vittoria di spese. Si è costituita la difesa erariale chiedendo di dichiarare la piena legittimità e fondatezza dell'avviso di accertamento e, conseguentemente, la conferma dell'impugnata sentenza. All'udienza di discussione la causa è stata decisa come da dispositivo. MOTIVI DELLA DECISIONE In data 01/12/2014, nel corso di un accertamento tributario e/o amministrativo, la Guardia di Finanza, Compagnia di Vasto (CH), rinveniva all'interno dell'esercizio commerciale "B.", gestito dall' impresa individuale "D.", con sede in (CH), alla Via , numero quattro apparecchi da gioco con vincita in denaro, di cui all'art. 110 - comma 6 lett. a) del T.U.L.P.S. privi sia dei titoli autorizzatori necessari alla loro distribuzione ed installazione in esercizi pubblici (nulla osta di distribuzione e nulla osta di esercizio N.O.D. e N.O.E.) che del collegamento alla rete telematica per mezzo di un "soggetto Concessionario di rete" (cfr. verbale di operazioni compiute, sequestro ed affidamento in custodia giudiziale, doc. n. 1 del fascicolo di primo grado.) In sede di sequestro i quattro apparecchi denominati GLADIATOR, LITTLE ITALY, FOWL PLAY 4 e HUNTED HAUSE, venivano affidati in custodia giudiziale al socio della "H. s.n.c.", presso un garage, sito in San salvo (CH), di proprietà della prefata società e successivamente non rinvenuti. In data 17/01/2016 D., in qualità di titolare dell'esercizio, e la società H. snc, in qualità di proprietaria degli apparecchi sottoposti a verifica e sequestro, venivano resi edotti delle violazioni amministrative constatate e contestate mediante notifica dei relativi verbali. Avverso le contestazioni nulla veniva opposto ed il D. provvedeva al pagamento delle sanzioni amministrative irrogate, in misura agevolata ai sensi dell'art. 16 della legge n.689/81, con effetto liberatorio, entro i sessanta giorni dalla data della notifica dell'atto di contestazione. In data 05/04/2018, in relazione agli atti compiuti dall'organo accertatore (Verbale di verifica della Guardia di Finanza) l'Ufficio provvedeva ad attivare il procedimento di accertamento fiscale emettendo il processo verbale di constatazione con il quale veniva formalizzato l'esito dell'eseguito controllo fiscale, notificato ad entrambe le parti. (prot. n. 7311 del 05/04/2018, doc. n. 3). Da qui l'Avviso di accertamento, oggetto del ricorso, riguardante l'accertamento dell'imposta evasa (PREU) per l'istallazione illegale e la successiva gestione da parte del ricorrente di apparecchi da divertimento (c.d. slot) privi dei titoli autorizzatori e scollegati dalla rete telematica AAMS con l'evidente ed accertato scopo di occultare al fisco le giocate effettuate. Questa, in sintesi, la ricostruzione in fatto. Il primo motivo di appello va respinto. L'art. 39-quater del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha novellato la disciplina concernente l'accertamento in materia di Prelievo erariale unico (PREU), relativo agli apparecchi con vincita in denaro (di cui all'art. 110, comma 6, del T.U.L.P.S.). Al riguardo, il 4° comma del summenzionato articolo prevede che gli avvisi relativi agli accertamenti d'imposta siano notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui sono state giocate, tramite i citati apparecchi, le somme su cui è calcolato il PREU. L'accertamento della base imponibile e, quindi, del PREU evaso in tutte le fattispecie considerate, è determinata dagli Uffici di AAMS secondo quanto disposto dal 3° comma del suddetto art. 39-quater: vale a dire mediante la lettura dei dati relativi alle somme giocate memorizzati dagli stessi apparecchi e, nel caso in cui tali dati non siano memorizzati o leggibili, risultino memorizzati in modo non corretto ovvero siano stati alterati, gli uffici dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato determinano l'ammontare delle somme giocate sulla base dell'importo forfetario giornaliero definito con decreti direttoriali. Appare evidente come il legislatore abbia inteso adottare oltre al metodo diretto basato sulla lettura dei contatori di gioco (quando corretti e non alterati), anche il "metodo induttivo" basato sulla raccolta di gioco presunta e, quindi, definita in via forfetaria. Tale metodo, in specie, individua attraverso i decreti direttoriali sopra menzionati la raccolta media effettuata dagli apparecchi con vincita in denaro su tutto il territorio nazionale. Essendo, dunque, tale raccolta una variabile dipendente esclusivamente dal periodo temporale preso a riferimento, l'accertamento induttivo si completa con l'individuazione dell'intervallo temporale in cui gli apparecchi si presume abbiano maturato imponibile. In particolare, per quanto riguarda l'accertamento induttivo gli Uffici potranno avvalersi degli strumenti maggiormente idonei alla definizione del caso concreto. E nel caso in esame la presenza di 4 apparecchi irregolari ha impedito l'accertamento dell'imponibile sulla base della lettura dei dati relativi alle somme giocate ed è stato applicato il metodo induttivo per il periodo relativo al 22.6.2014 ( data in cui era stato disattivato il collegamento alla rete telematica) all'1.12.2014, data del sequestro. Al contrario il contribuente avrebbe dovuto provare rigorosamente l'erroneità dei conteggi e non limitarsi ad una generica contestazione dell'accertamento rispetto al quale, peraltro, aveva provveduto a definire, in via agevolata, il pagamento delle sanzioni. Nel caso di utilizzo illecito delle apparecchiature, ossia con interventi tali da determinare la trasmissione telematica di dati di gioco difformi da quelli effettivamente realizzati, si verifica che il prelievo viene corrisposto solo per una parte delle giocate (quelle i cui dati sono stati trasmessi), mentre per le altre viene, semplicemente, evaso. Ne deriva, quindi, che l'imposta è e resta unica ed unitaria, integrando il cd. maggior PREU solo l'importo evaso, ma pur sempre dovuto in ragione del maggior volume di gioco svolto. Va peraltro osservato che in primo grado l'ufficio aveva esposto come non era stato possibile effettuare la lettura dei contatori degli apparecchi (circostanza che risulta pacifica) per cui il P.R.E.U. era stato determinato sulla base del "valore giornaliero forfettario" definito con decreto/i del Ministero dell'economica e delle finanza e che ha fissato il valore forfettario in misura pari ad euro 280,00, con il raddoppio previsto ex art.24 co.17 del d.l. n.98/2011. Nell'avviso di accertamento impugnato sono stati indicati gli importi di dettaglio dell'imposta accertata. Anche i motivi sub 2) e 3) dell'appello devono essere respinti. Dalla lettura del p.v. redatto dai militi della Gdf di Vasto, risulta che l'intervento presso l'esercizio commerciale è stato eseguito in data 1.12.2014 e nell'occasione si è anche proceduto ad effettuare il sequestro degli apparecchi (cfr. allegato 3 fascicolo primo grado), tal ché non appare ravvisabile alcuna violazione di legge. Con riguardo al difetto di contraddittorio preventivo, differentemente dal diritto dell'Unione Europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all'Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l'invalidità dell'atto. Ad ogni buon conto in giudizio, il contribuente non ha assolto l'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, sicché l'opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si rivela, nel caso concreto, puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell'interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto. Quanto al motivo sub 4. si osserva che la normativa tributaria si fonda su una diversa e più specifica disciplina. Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15 ha, sempre, normativamente previsto la ripetibilità delle spese, nell'ipotesi in cui l'attività difensiva sia stata svolta da funzionari dell'amministrazione finanziaria o da dipendenti di enti locali, con alcune varianti attinenti, tuttavia (nelle varie novelle succedutesi), alle modalità di determinazione dei compensi. Sinteticamente, va qui precisato che ii tema della condanna alle spese è stata, nel tempo, specificamente affrontata con vari interventi legislativi: 1. il D.L. 8 agosto 1996, n. 437, coordinato con la legge di conversione 24 ottobre 1996, n. 556, prevedeva all'art. 12 (Modifiche alla disciplina sul processo tributario) comma 1, lett. b): "Nella liquidazione delle spese a favore dell'ufficio del Ministero delle finanze, se assistito da funzionari dell'amministrazione, e a favore dell'ente locale, se assistito da propri dipendenti, si applica la tariffa vigente per gli avvocati e procuratori, con la riduzione del venti per cento degli onorari di avvocato ivi previsti. La riscossione avviene mediante iscrizione a ruolo a titolo definitivo dopo il passaggio in giudicato della sentenza". 2. Con successiva modifica, a far data dal 1.1.2013, in forza della L. 24 dicembre 2012, n. 228, all'art. 1, comma 32, la disposizione veniva così precisata: "Nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 15, al comma 2-bis le parole: "si applica la tariffa vigente per gli avvocati e procuratori, con la riduzione del venti per cento degli onorari di avvocato ivi previsti" sono sostituite dalle seguenti: "si applica il decreto previsto dal D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 9, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, per la liquidazione del compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell'importo complessivo ivi previsto". 3. Infine, con la disposizione attualmente vigente, di cui al D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, Misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario, con decorrenza 01/01/2016, all'art. 9, comma 1, lett. f), n. 2-sexies, attualmente in vigore, si prevede: " Nella liquidazione delle spese a favore dell'ente impositore, dell'agente della riscossione e dei soggetti iscritti nell'albo di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 53 se assistiti da propri funzionari, si applicano le disposizioni per la liquidazione del compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell'importo complessivo ivi previsto. La riscossione avviene mediante iscrizione a ruolo a titolo definitivo dopo il passaggio in giudicato della sentenza". Come visto, pur con alcune varianti, attinenti, tuttavia (nelle varie novelle succedutesi), alle modalità di determinazione dei compensi, il principio della ripetibilità delle spese, in caso di contenzioso con enti, assistiti da propri funzionari, è stato sempre confermato. Per completezza, non va omesso che del tema è stata investita anche la Corte Costituzionale (ord. 8/10/2010, n. 292), che, tuttavia, non ha esaminato la questione nel merito, avendo ritenuto il quesito proposto manifestamente inammissibile per carenza di chiarezza motivazionale nell'ordinanza di rimessione. Ora il fatto che in tutte le disposizioni che si sono succedute, pur mantenendo costante il parametro del compenso spettante agli avvocati, si sia stabilito che il compenso debba essere riconosciuto, rende evidente che, in materia tributaria, il processo ha una sua autonomia, non solo per specifiche disposizioni normative, ma anche, evidentemente, per la gestione del processo stesso, che, al di lì di quello che avviene nel contesto di altri procedimenti, richiede una particolare competenza nella trattazione, sia che ci si trovi in presenza di difesa tecnica, sia che questa difesa, sulla base delle stesse norme procedurali, sia svolta da un funzionario o dipendente all'uopo delegato Per tutte le ragioni sopra esposte l'appello deve essere dunque respinto. Ogni ulteriore profilo resta assorbito. Le spese di lite, liquidate in dispositivo, vanno poste a carico della parte soccombente. P.Q.M. La Commissione Tributaria Regionale di L'Aquila, Sezione distaccata di Pescara, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa e rigettata, così provvede: - Respinge l'appello; - Condanna l'appellante al pagamento delle spese del giudizio liquidate complessivamente in \? 3000,00, oltre accessori di legge
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